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Denuncia per calunnia dopo assoluzione: termini e prescrizione

16 Giugno 2018 | Autore:
Denuncia per calunnia dopo assoluzione: termini e prescrizione

Sono stata imputata in un procedimento penale iniziato con una denuncia/querela nell’ottobre 2013 (reato contestato: art. 388 c.p.). Procedimento terminato nel gennaio 2018 con assoluzione “perchè il fatto non sussiste” (da motivazione del giudice, la qualifica soggettiva del reato art. 388 c.p. non era configurabile, non essendo io stata parte del procedimento civile in oggetto). La sentenza, a detta del mio avvocato, non è ancora definitiva, ed il 4 giugno ho depositato denuncia/querela per calunnia. Sono ancora in tempo per la denuncia? Ho speranze di vedere iniziare il processo di primo grado, senza che intervenga la prescrizione? Come si calcolano i termini? 

In linea generale, il reato di calunnia, al quale la lettrice ha fatto riferimento (art. 368 c.p.), si realizza quando un soggetto qualsiasi: 

– attraverso lo strumento della denuncia, querela, richiesta o istanza (anche se anonima o sottoscritta con falso nome); 

– diretta all’autorità giudiziaria o ad un’altra autorità che a quella abbia l’obbligo di riferirne o alla corte penale internazionale; 

– incolpa di un reato un soggetto che egli sa essere innocente ovvero simula a carico di lui le tracce di un reato (che in realtà non esiste). 

È, pertanto necessario che: 

– vi sia la prova della innocenza del soggetto querelato; 

– si accerti che il querelante era a conoscenza di quella innocenza.

Ebbene, nel caso specifico: 

– vi è certamente la prova che sia stata emessa (nei suoi confronti) una sentenza di assoluzione perché il fatto non sussiste, quasi irrevocabile; 

– ma non vi è alcuna prova della consapevolezza (da parte della persona che la lettrice ritiene responsabile della calunnia) della falsità del suo narrato. 

A tal proposito, al fine di fornire alla lettrice una risposta puntuale occorrerebbe leggere la motivazione della sentenza di assoluzione. Qualora, infatti, abbia escluso la sua responsabilità non perché il fatto oggetto della denuncia nei suoi confronti non si sia verificato (o perché lei non abbia tenuto il comportamento che il denunciante ha riferito alle autorità) ma solo (ad esempio) perché non le poteva essere giuridicamente attribuito, non sussisterebbe la calunnia. 

Ma –  si ribadisce – occorrerebbe leggere la sentenza per dare una risposta precisa. 

Quanto alla preoccupazione della lettrice in ordine ai termini per proporre la querela e a quelli di prescrizione, si rappresenta che: 

– il reato di calunnia è procedibile d’ufficio, per cui la stessa avrebbe potuto presentare la denuncia in qualsiasi momento (in quanto non è soggetta a nessun termine di presentazione); 

– la prescrizione decorre dal momento in cui è stata sporta la querela ritenuta calunniosa (nel caso specifico nel 2013) e matura, al massimo, in sette anni e mezzo (considerato che il reato di calunnia prevede una pena edittale che va da due a sei anni di reclusione).

In conclusione, la lettrice ha sporto la denuncia correttamente (considerato che non è previsto alcun termine) ed il reato sarà dichiarato prescritto non prima del 2020 (eventualmente dopo il 2020 qualora vi saranno periodi di sospensione da considerare). 

Il consiglio che si può dare alla lettrice è di attendere il passaggio in giudicato della sua sentenza e di sollecitare il pubblico ministero a cui è stato assegnato il suo fascicolo affinché velocizzi le indagini, magari per prima cosa interrogando lei; si noti, infine, che ogni procura e tribunale ha dei tempi diversi a seconda del carico di lavoro e che, pertanto, non è possibile fare previsioni sulle tempistiche. 

Articolo tratto dalla consulenza resa dall’avv. Sabina Coppola 



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