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Comprare casa donata: rischi e rimedi

17 Giugno 2018 | Autore:
Comprare casa donata: rischi e rimedi

Termini per l’esercizio dell’azione di riduzione (10 anni dalla morte del proprietario) o dell’azione di restituzione nei confronti dei successivi acquirenti dell’immobile (20 anni dalla trascrizione della donazione). 

Se hai già acquistato una casa e l’hai fatto tramite un mutuo bancario, ti sarà stato detto che compare una casa donata è rischioso e che difficilmente un istituto di credito concede il prestito per il rogito. Ti sei chiesto il perché di questa diffidenza? La ragione è molto semplice: le donazioni, al contrario delle vendite, seppur non possono essere revocate dal donante, possono essere attaccate dai suoi eredi o, almeno, da quelli i cui diritti sono stati lesi. La legge infatti riconosce ad alcuni familiari stretti del defunto (i cosiddetti “legittimari”) un quota minima del patrimonio del soggetto deceduto: se questa quota viene a mancare perché il defunto ha, in vita, donato gran parte dei suoi beni, tali donazioni possono essere annullate. Contro questa eventualità, però, ci sono delle soluzioni. Di tanto ci occuperemo in questo articolo in cui ci occuperemo dei rischi e rimedi nel caso in cui si intenda comprare una casa donata. 

Comprare una casa donata: cosa si rischia?

La legge riserva ai familiari più stretti del soggetto defunto, detti legittimari (coniuge, figli e ascendenti del defunto), una quota di eredità, detta legittima, della quale non possono essere privati. Come può verificarsi questa privazione? Potrebbe avvenire a seguito di un testamento che accordi gran parte dei beni a un erede senza tenere in debito conto i diritti degli altri; oppure potrebbe avvenire che il defunto, quando ancora in vita, doni gran parte dei propri beni ad alcuni soggetti, così di fatto “diseredando” (totalmente o parzialmente) i suoi eredi legittimi.

Ebbene, se un erede “legittimario” viene privato, in tutto o in parte, della sua quota di legittima per effetto di una disposizione del testamento o di una o più donazioni effettuate in vita dal defunto, può far valere il proprio diritto all’ottenimento dell’intera quota di legittima mediante un’apposita azione giudiziaria, detta azione di riduzione. Per esercitare l’azione di riduzione, però, bisogna agire entro massimo 10 anni che, in questo caso, decorrono dalla data di decesso del titolare. 

Un esempio potrà chiarire meglio come stanno le cose. Antonio riceve in donazione, da una zia, una casa. Antonio diventa subito proprietario del bene ma nessuno gli garantisce che, un giorno, potrebbe ricevere, dagli eredi della zia, un atto di citazione in tribunale e, all’esito della causa, dove restituire loro l’immobile. Infatti, se gli eredi legittimari dovessero essere stati pregiudicati dalla zia che, regalando il bene ad Antonio, li ha privati della parte minima di eredità spettante loro, potrebbero esercitare l’azione di riduzione contro Antonio. Non solo. L’azione potrà essere esercitata anche contro eventuali acquirenti a cui Antonio abbia voluto vendere successivamente l’immobile, benché questi con la donazione della zia non c’entrano nulla. L’azione rivolta verso i successivi acquirenti non si chiama più «azione di riduzione» ma azione di restituzione.

Qual è la conseguenza di tale situazione? Che se Antonio intende alienare la casa a Giovanni e Giovanni si rivolge alla banca per ottenere un mutuo, difficilmente gli verrà concesso. L’istituto di credito, infatti, temendo l’azione di riduzione degli eredi, giustamente potrebbe paventare il rischio che Giovanni smetta di pagare le rate del prestito. Peraltro la stessa ipoteca della banca non servirebbe a nulla dinanzi alle pretese degli eredi.

A questo punto Antonio ha tre soluzioni per risolvere i suoi dubbi: 

  1. o aspetta 10 anni dalla morte della zia, al termine dei quali nessuna richiesta nei suoi confronti potrà essere più fatta valere; 
  2. o fa firmare agli eredi un atto di rinuncia all’azione di riduzione (vedremo a breve in che termini e a quali condizioni);
  3. oppure, in ultimo, può liberarsi dall’obbligo di restituire in natura le cose donate pagando ai legittimari l’equivalente in denaro.

I legittimari possono rinunciare all’azione di riduzione solo dopo la morte del donante, e mai durante la sua vita; pertanto, se un soggetto dispone in vita di tutto il suo patrimonio con più donazioni a favore di terzi o solo di alcuni dei legittimari, i legittimari che non hanno ricevuto nulla o che hanno ricevuto beni di valore alla quota di legittima per difendere i propri diritti devono attendere la morte del donante. A tal fine dovranno proporre una causa contro il donatario. Tuttavia se il donatario ha, a sua volta, ceduto (donato o venduto) a terzi gli immobili donati, il legittimario, se e in quanto il donatario non abbia altri beni sui quali soddisfare le proprie ragioni, potrà chiedere ai successivi acquirenti la restituzione del bene (azione di restituzione).

Gli eredi legittimari non hanno libertà di scegliere contro chi esercitare l’azione di riduzione ma devono procedere secondo l’ordine di data delle donazioni cominciando dall’ultima. Tornando all’esempio di poc’anzi, se la zia di Antonio, dopo aver donato a questi la sua casa, ha fatto ulteriori donazioni ad altri nipoti, andrà prima impugnata l’ultima e poi, via via, quelle anteriori sino ad arrivare a quella in favore di Antonio.

Quando è possibile l’azione di riduzione sul bene donato? 

Gli eredi legittimari lesi nei propri diritti possono agire con l’azione di riduzione solo rispettando alcuni termini. In particolare: 

  • l’azione di riduzione non può avvenire oltre 10 anni dal decesso del donante;
  • l’azione di restituzione non può essere esercitata oltre 20 anni dalla trascrizione della donazione. 

Quindi, solo trascorsi i 20 anni, l’acquirente di un immobile venduto da chi lo ha ricevuto in donazione potrà dirsi finalmente al sicuro. 

Lo stesso principio vale anche per le ipoteche che il donatario abbia iscritto o trascritto sull’immobile donatogli: se l’azione di riduzione è intrapresa dopo 20 anni dalla trascrizione della donazione, le ipoteche restano efficaci.

Il termine di 20 anni è sospeso nei confronti del coniuge e dei parenti in linea retta del donante, qualora essi abbiano notificato e trascritto, nei confronti del donatario e dei suoi aventi causa, un atto stragiudiziale di opposizione alla donazione.

Comprare casa donata: verifiche da fare prima dell’acquisto e rimedi

Per evitare i problemi che abbiamo descritto prima, prima di comprare un immobile è necessario, e sin dalla firma del compromesso (il cosiddetto “contratto preliminare”) è opportuno effettuare delle verifiche al fine di sapere se il venditore ha acquisito il bene tramite donazione o se comunque nella “catena” dei trasferimenti che precedono l’acquisto del proprio dante causa sia stata effettuata una donazione.

A questo punto dobbiamo distinguere tre diverse ipotesi.

Se il donante è ancora in vita

In tal caso l’azione di restituzione (ossia la possibile futura azione di rivendica del bene nei confronti di chi acquistato l’immobile dal donatario) potrà essere esercitata solo dopo la morte del donante ed entro i successivi 10 anni, al verificarsi di tutte le seguenti condizioni:

  1. che il donante alla sua morte non abbia lasciato beni sufficienti a coprire la quota di legittima spettante a tutti i legittimari;
  2. che il patrimonio del venditore non sia sufficiente a soddisfare le ragioni dei legittimari lesi;
  3. che non siano già decorsi 20 anni dalla data della trascrizione della donazione, salvo che sia intervenuta opposizione al decorso dei 20 anni da parte del coniuge o di parenti in linea retta.

È quasi impossibile effettuare tali verifiche al momento della stipula del preliminare, così come al momento del rogito definitivo. Come rimediare? Ecco alcune soluzioni:

  • fideiussione a carico del donante e/o dei legittimari a favore dell’acquirente a garanzia dei danni derivanti dall’azione di restituzione, 
  • rinuncia da parte dei legittimari all’azione di restituzione, diversa dall’azione di riduzione che, invece, come detto è irrinunciabile finché il donante è in vita.

Se il donante è morto da meno di 10 anni

Come detto, in tale ipotesi gli eredi hanno 10 anni dal decesso per avviare l’azione di restituzione. Ovviamente a differenza dell’ipotesi precedente (donante ancora in vita) è più facile verificare la ricorrenza o meno delle circostanze cui è subordinata l’azione di restituzione. 

La soluzione per evitare di perdere la casa donata è quella di far firmare, a tutti i legittimari esistenti, la rinuncia all’azione di riduzione o quanto meno all’azione di restituzione verso terzi, rinuncia valida e possibile dopo la morte del donante.

Se il donante è morto da più di 10 anni

In questo caso la possibilità di avviare l’azione di riduzione è prescritta per cui non vi è più alcun rischio per l’acquirente, perché le azioni di riduzione e restituzione non potranno più essere esercitate. Pertanto se entro 10 anni dalla morte del donante non è stata trascritta la domanda di riduzione l’acquirente potrà acquistare l’immobile senza alcun timore.

Se il donante è morto da più di 20 anni dalla data della donazione

A prescindere dalla circostanza che il donante sia ancora vivente o sia già deceduto, se entro 20 anni dalla data di trascrizione della donazione non si è verificata opposizione da parte del coniuge o di parenti in linea retta, l’azione di restituzione non potrà più essere esercitata e pertanto non c’è più alcun rischio per l’acquirente.  

 



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1 Commento

  1. “che il donante alla sua morte non abbia lasciato beni sufficienti a coprire la quota di legittima spettante a tutti i legittimari”
    Quindi la quota di legittima non è calcolata sul patrimonio del defunto al momento della morte, ma è riferita a un periodo precedente. Quale? In base a cosa si stabilisce?

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