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Il proprietario risponde anche per l’affittuario?

19 Giugno 2018
Il proprietario risponde anche per l’affittuario?

Inquilini rumorosi: le eventuali violazioni del regolamento di condominio possono essere contestate al padrone di casa solo se questi ne è al corrente ed ha il potere di intervento.

Hai dato in affitto il tuo appartamento a una persona e questa, all’interno, vi ha avviato un’attività commerciale. I rumori prodotti dalla gente che entra ed esce dal locale, dai clienti che sostano e parlano a gran voce sulle scale, dagli apparecchi e strumenti per il lavoro danno fastidio a tutto il palazzo che ha iniziato a protestare. In assemblea condominiale si vocifera che il condominio vorrebbe farti una causa. Ti chiedi, però, se sia possibile una ipotesi del genere: che colpa ne hai del comportamento rumoroso dell’affittuario? Secondo l’amministratore, il fatto che tu fossi a conoscenza dell’intenzione del conduttore di dare all’appartamento una determinata destinazione d’uso ti rende corresponsabile dei rumori e di tutte le altre violazioni del regolamento condominiale da questi commesse, regolamento che esplicitamente vieta attività rumorose o moleste. Chi ha ragione? Il  proprietario risponde anche per l’affittuario? Ecco cosa ha detto a riguardo la Cassazione [1].

La sentenza della Suprema Corte ci dà anche l’occasione per fare il punto della situazione e stabilire in quali casi il locatore è responsabile per gli inquilini rumorosi.

In generale, per il comportamento (anche reiterato) dell’inquilino rumoroso è responsabile esclusivamente quest’ultimo ed a questi soltanto si può intentare la causa di risarcimento del danno. Dunque, tanto per fare un esempio, se una o più notti gli affittuari del piano di sopra usano i tacchi, parlano ad alta voce o mantengono la televisione ad alto volume, il vicino molestato non può scrivere una lettera di diffida al locatore, ma deve rivolgersi ai diretti interessati che producono il rumore.

Diverso è il caso se il rumore deriva da una specifica attività come, ad esempio, un disco-pub, un bar, un asilo nido o una ludoteca, un’officina meccanica o, più in generale, un esercizio commerciale rumoroso. In tutti questi casi ci si può rivolgere anche al padrone di casa affinché faccia cessare l’attività molesta. Sempre quest’ultimo è responsabile per non aver fatto osservare, all’inquilino, la clausola del regolamento contrattuale che impone il silenzio o che vieta determinati usi dell’immobile [2]. È infatti il locatore il “vero” condomino ed è lui, in via primaria, a dover rispettare il regolamento condominiale e a doverlo fare rispettare a tutti coloro cui consente l’utilizzo del proprio immobile. Spetta dunque al locatore vigilare che l’inquilino utilizzi l’appartamento nel rispetto delle norme di legge e regolamentari.

La Cassazione ha chiarito che, per i danni da rumori intollerabili, provenienti dall’immobile dato in affitto, potrà essere riconosciuta la responsabilità non solo in capo all’inquilino ma anche del proprietario dello stesso, se questi ha realmente concorso alla realizzazione dell’illecito e non, invece, per il solo fatto di non aver diffidato il conduttore ad adottare le misure necessarie a impedire che i terzi ne siano danneggiati [3]. Detto in termini più semplici, il padrone di casa può essere responsabile solo se a conoscenza, già prima della firma del contratto, dell’uso illecito che dell’immobile avrebbe fatto l’inquilino e che, ciò nonostante, non gli ha imposto un esplicito divieto. Viceversa, se non è “partecipe” sin dall’origine di tale comportamento, non può essere responsabile per il solo fatto di non aver diffidato l’inquilino, con una raccomandata, invitandolo a desistere dal dare fastidio ai vicini di casa.

La responsabilità dell’inquilino nei confronti del condominio resta anche se ha ottenuto l’appartamento in affitto con l’esplicita previsione che dell’immobile sarebbe stato fatto un determinato uso (ad esempio un’officina per la riparazione delle auto). Il fatto di aver ricevuto l’ok dal locatore non lo esonera dall’obbligo di rispettare il regolamento condominiale. Ancor di più il condomino leso dal vicino rumoroso che fa chiasso la notte deve agire contro di lui e non contro il proprietario dell’immobile.

Potrebbe succedere che l’inquilino violi il regolamento di condominio senza alcuna partecipazione del locatore a tale condotta: si pensi all’inquilino che parcheggia il motorino all’interno dell’androne. In tal caso il padrone di casa non è responsabile. Tuttavia se il comportamento illecito viene ripetuto nel tempo è obbligo del locatore sciogliere il contratto di locazione per inadempimento del conduttore alla clausola che impone il rispetto del regolamento condominiale. Se non interviene, il suo comportamento può interpretarsi come una tacita accettazione della violazione del proprio conduttore: da qui la sua diretta responsabilità.


La responsabilità del proprietario per i danni derivanti dai rumori dell’inquilino sussiste solo se il medesimo ha concorso alla realizzazione del fatto dannoso e non nell’ipotesi in cui abbia omesso di rivolgere al conduttore una formale diffida

note

[1] Cass. sent. n. 15767/18 del 15.06.2018.

[2] Il principio enunciato dalla Cassazione è il seguente: la responsabilità del proprietario del fondo o dell’immobile, da cui provengono le immissioni intollerabili. La Corte di Cassazione, con la pronuncia in esame, ha innanzitutto fornito un importante chiarimento sul tema della responsabilità del proprietario del fondo o dell’immobile, da cui provengono le immissioni intollerabili, di cui all’art. 844 c.c., confermandone la legittimazione passiva, in caso di proposizione, da parte del proprietario del fondo danneggiato, di un’azione reale volta all’accertamento dell’illegittimità delle dette immissioni ed alla predisposizione di misure atte alla loro cessazione. Diversamente, secondo la Corte di Cassazione, non vi è legittimazione passiva del detto soggetto, in caso di proposizione dell’azione risarcitoria per fatto illecito, prevista dall’art. 2043 c.c., poiché di tale responsabilità sarà chiamato a risponderne direttamente l’autore del fatto. Ciò non toglie, però, che le due azioni, seppur rivolte a due soggetti diversi, possano essere cumulate fra loro.

[3] Cass. sent. n. 11125/2015.


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