Quando l’emissione di un assegno a vuoto costituisce un illecito amministrativo e quando invece un reato. Come evitare le sanzioni del Prefetto dopo il protesto.
Quando si dice “assegno scoperto” si fa riferimento a un assegno bancario privo di copertura (la cosiddetta “provvista”), sul cui conto di appoggio cioè non ci sono fondi sufficienti a pagare il titolo. Ecco perché si chiama anche “assegno a vuoto” e lo si distingue dal termine (anch’esso di uso comune) di “assegno in bianco” con riferimento invece a un assegno su cui non è stato indicato l’importo da pagare. Purtroppo il creditore può avere la certezza di avere, tra le mani, un assegno scoperto solo nel momento in cui lo porta all’incasso o, se la banca trattaria è differente da quella di versamento, dopo alcuni giorni. Un tempo emettere un assegno scoperto era un reato, ma oggi l’illecito è stato depenalizzato. Dunque le sanzioni per l’assegno scoperto sono solo amministrative. Ma non sempre. In alcuni casi, emettere un assegno a vuoto fa scattare il penale: succede quando il debitore fa credere al creditore che il titolo sia coperto; in tal caso scatta il reato di insolvenza fraudolenta. In questo articolo ci occuperemo proprio di questo delicato argomento e indicheremo quali sono le sanzioni per l’assegno scoperto, sia nel caso in cui si tratti di un illecito amministrativo che penale.
Indice
Assegno insoluto a seconda presentazione e protestato
Come abbiamo già spiegato in Assegno pagato in seconda presentazione, quando un assegno viene portato all’incasso dal prenditore (ossia da colui che lo ha ricevuto in pagamento di un proprio credito), se sul conto di appoggio non ci sono i fondi per coprirlo, la banca del debitore informa il proprio cliente dell’insoluto. Tale informativa, che va inviata anche al creditore, va data entro il 10° giorno dalla presentazione dell’assegno ed è detta «comunicazione di insoluto a prima presentazione».
Al correntista viene dato il tempo di versare sul proprio conto i soldi necessari a pagare l’assegno, maggiorati di un 10% e degli interessi maturati. Non sono previste, in questa fase, sanzioni.
Se il debitore non copre l’assegno, scatta il protesto: il titolo viene inviato a un notaio che attesta il mancato pagamento.
Sanzioni per assegni scoperti
Con il protesto scattano le sanzioni. Come abbiamo anticipato, l’emissione di assegni scoperti non è, in generale, un reato ma solo un illecito amministrativo [1]. Le sanzioni, quindi, non implicano alcuna conseguenza sulla fedina penale, ma non per questo sono meno gravose.
Le sanzioni sono di carattere “personale”, ricadono cioè solo sulla persona fisica che ha emesso l’assegno e non anche su società, enti, associazioni.
In particolare le sanzioni per assegni scoperti sono:
- una sanzione pecuniaria che va da 516 a 6.197 euro. La sanzione viene inflitta dalla Prefettura che la invia a casa del debitore;
- la revoca dalla possibilità di emettere ulteriori assegni bancari o postali per un periodo che va da 2 a 5 anni: tale sanzione però scatta solo se l’importo dell’assegno è superiore a 2.582 euro. Tale soglia può essere superata anche sommando due assegni a vuoto di importo più ridotto se la loro emissione è stata ravvicinata ed il frutto di una programmazione unitaria;
- la segnalazione alla Centrale Rischi: ciò comporta, di solito, l’impossibilità di accedere ad altri finanziamenti, mutui o aperture di conto corrente.
Nei casi di maggiore gravità (assegni di importo elevato e reiterazione del comportamento), sono previste anche ulteriori sanzioni di natura interdittiva:
- l’interdizione dall’esercizio di un’attività professionale o imprenditoriale;
- l’interdizione dall’esercizio degli uffici direttivi delle persone giuridiche e delle imprese;
- l’incapacità di contrattare con la pubblica amministrazione.
- Dette sanzioni accessorie vengono irrogate quando:
- l’importo dell’assegno o di più assegni emessi in tempi ravvicinati e sulla base di una programmazione unitaria è superiore a 51.645 euro;
- il traente, nei cinque anni precedenti, ha commesso due o più violazioni delle disposizioni previste dagli articoli 1 e 2 per un importo superiore complessivamente a 10.329 euro, accertate con provvedimento esecutivo.
Quando emettere un assegno a vuoto è reato
L’emissione di assegni scoperti integra il reato di insolvenza fraudolenta quando il debitore ha emesso il titolo facendo credere al creditore che fosse coperto e che, quindi, sul conto ci fosse la disponibilità per pagare. Sono richiesti quindi degli artifici e raggiri. Alcuni giudici hanno ritenuto che anche la semplice reticenza possa essere considerata sufficiente al reato. In ogni caso non è necessario che siano presenti gli estremi della truffa [2].
Sanzioni per assegno a vuoto: procedimento e termini
Una volta informato dalla banca di un assegno a vuoto, il Prefetto della provincia di pagamento dell’assegno ha 90 giorni di tempo per notificare al trasgressore la sanzione. Se non viene rispettato questo termine la sanzione è nulla e la sanzione non va pagata (ma sempre previo ricorso al giudice di pace; diversamente la sanzione diventa definitiva e non c’è più modo di contestarla). Viceversa, se il termine per la sanzione da assegno a vuoto viene rispettato, l’amministrazione deve procedere alla riscossione entro 5 anni. In termini pratici, il responsabile dell’emissione dell’assegno scoperto deve ricevere, entro il quinquennio successivo, la famigerata cartella di pagamento da parte dell’Agenzia delle Entrate-Riscossione.
Nei successivi 30 giorni dal ricevimento della sanzione il debitore può presentare scritti difensivi, ad esempio dimostrando il pagamento dell’assegno al momento della comunicazione di insoluto a prima presentazione o, dopo il protesto, con le sanzioni, l’aggravio del 10% dell’importo e la quietanza del creditore (v. dopo).
Come evitare le sanzioni per assegni a vuoto
Spesso, per evitare le sanzioni per gli assegni a vuoto, il debitore denuncia lo smarrimento del titolo prima che questo venga portato in banca all’incasso. Si tratta, però, di una mossa pericolosa se compiuta in malafede. Difatti, tale pratica determina – quasi in automatico – l’apertura di un procedimento penale per «ricettazione» a carico del creditore che, di lì a breve, consegnerà il titolo alla propria banca per il pagamento. In tale procedimento questi potrà difendersi dimostrando di detenere legittimamente l’assegno (gli basterà provare, anche con testimoni, l’esistenza dell’obbligazione). Alla pronuncia di assoluzione, conseguirà una controdenuncia per calunnia. In tal caso, il debitore subirà un processo penale dal quale sarà difficile uscire se non con una condanna.
La legge consente di evitare le sanzioni per l’assegno a vuoto tramite il pagamento tardivo. In pratica è prevista [3] la possibilità di pagare l’importo riportato sull’assegno non solo al momento dell’insoluto a prima presentazione (e, in tal caso, come detto sopra, senza sovraccarico di sanzioni) ma anche dopo il protesto. In tale ipotesi il debitore può sanare la situazione versando la somma sia nelle mani del creditore che del pubblico ufficiale che ha elevato il protesto. Per evitare le sanzioni tuttavia è necessario:
- pagare entro 60 giorni dalla data di scadenza del termine di presentazione del titolo (8 giorni per quelli su piazza [4], 15 per quelli fuori piazza [5]);
- oltre alla somma dell’assegno va versata anche una penale e le spese per il protesto;
- il creditore deve rilasciare una quietanza di pagamento con firma autentica oppure, in caso di pagamento a mezzo di deposito vincolato, mediante relativa attestazione della banca comprovante il versamento dell’importo dovuto. Il pagamento nei termini e nei modi sopra evidenziati consente di evitare sia l’avvio del procedimento amministrativo sanzionatorio di competenza del Prefetto sia la segnalazione alla Centrale Rischi.
La quietanza (o l’attestazione di deposito) deve indicare distintamente: numero di conto corrente, numero ed importo dell’assegno, importo degli interessi, della penale, delle eventuali spese e la data del pagamento.
note
[1] Art. 1 e 2 L. n. 386/1990.
[2] Cass. sent. n. 28168/2018.
[3] Art. 8 L. n. 386/1990.
[4] Sono detti “su piazza” gli assegni per i quali la banca di appoggio del debitore è nella stessa città di quella del creditore ove il titolo è stato portato per l’incasso.
[5] Sono detti “fuori piazza” gli assegni ove la banca del debitore è in una città diversa da quella del creditore.