Variazione delle mansioni lavorative


Quando ed entro quali limiti è consentito modificare le mansioni per le quali il lavoratore dipendente è stato assunto
Accade di frequente che al lavoratore venga richiesto, da parte del datore di lavoro, di svolgere mansioni differenti rispetto a quelle per le quali è stato assunto. Ricordiamo che quando si parla di mansioni si fa riferimento a quei compiti e a quelle attività che il lavoratore è chiamato ed obbligato a svolgere durante l’orario di lavoro e che sono normalmente quelle indicate nel contratto di lavoro che gli viene consegnato al momento dell’assunzione. Quando perciò si verifica una variazione delle mansioni lavorative, quando cioè il datore di lavoro chiede e pretende dal proprio dipendente che questo svolga attività diverse da quelle indicate nel contratto di lavoro, è inevitabile che il lavoratore si chieda se la richiesta sia lecita e se sia obbligato ad eseguirla.
A questo interrogativo si può rispondere dicendo che le mansioni possono essere modificate nel corso del rapporto lavorativo, ma entro limiti ben precisi stabiliti dalla legge. Per potersi regolare al meglio, è opportuno che il lavoratore sappia che la regola basilare è che dovrà svolgere le mansioni per cui fu assunto (indicate chiaramente nel contratto di lavoro) oppure le mansioni previste per l’inquadramento superiore che egli abbia acquisito durante gli anni di servizio.
È anche consentito far svolgere al lavoratore mansioni inferiori (ad esempio richiedere ad un cameriere di effettuare le pulizie della sala), ma solo nel caso in cui il datore di lavoro si trovi nella necessità di modificare l’organizzazione aziendale e che questa modifica determini in modo inevitabile il cambiamento della posizione del lavoratore.
Questo è dunque il quadro essenziale di riferimento che il lavoratore dovrà aver presente per valutare se sia corretta la richiesta del proprio datore di svolgere mansioni differenti.
È possibile modificare in peggio le mansioni del lavoratore?
Accade assai di frequente che le variazioni delle mansioni lavorative suscitino interrogativi o lamentele da parte dei lavoratori chiamati talvolta a svolgere attività ed incombenze differenti da quelle per le quali furono assunti (che risultano indicate espressamente nel contratto individuale di lavoro).
La legge [1] ha di recente consentito anche la modifica in senso peggiorativo delle mansioni a cui il lavoratore è adibito, cioè dei compiti o delle funzioni che può essere in concreto chiamato a svolgere.
Infatti, se in passato era illegale ogni variazione in senso peggiorativo delle mansioni del lavoratore (con l’eccezione dei cosiddetti patti di demansionamento che, con il consenso del lavoratore, rappresentassero l’unica alternativa al licenziamento), oggi la normativa [2] consente:
- in caso di modifica degli assetti organizzativi dell’azienda che incida sulla posizione del lavoratore, di assegnarlo a mansioni appartenenti al livello di inquadramento inferiore a condizione che rientrino nella stessa categoria legale.
Se necessario, l’assegnazione a mansioni inferiori, che vanno sempre considerate come il complesso dei compiti concretamente affidati al lavoratore, dovrà essere accompagnata dal necessario periodo di formazione del lavoratore anche se, aggiunge la legge [3], non ci sarà alcuna nullità del provvedimento del datore (che assegna il lavoratore a mansioni inferiori) se il periodo di formazione, pur necessario, non verrà svolto.
La legge [4] riconosce inoltre ai contratti collettivi nazionali la possibilità di prevedere ulteriori casi di assegnazioni a mansioni appartenenti a livelli inferiori (a condizione che, però, rientrino nella stessa categoria legale).
Il mutamento delle mansioni con assegnazione a quelle dell’inquadramento inferiore deve essere obbligatoriamente comunicato per iscritto al lavoratore sia nel caso in cui l’assegnazione a mansioni inferiori avvenga a causa delle modifiche degli assetti organizzativi dell’azienda, sia nel caso in cui l’assegnazione avvenga in uno degli ulteriori casi previsti dai contratti collettivi di lavoro.
In mancanza della comunicazione scritta dell’assegnazione alle mansioni dell’inquadramento inferiore, il provvedimento del datore è nullo e, dunque, il lavoratore può rifiutarsi di eseguire le mansioni assegnategli solo verbalmente.
Ovviamente, sottolinea la legge [5], il lavoratore assegnato a mansioni appartenenti all’inquadramento inferiore (sia nel caso in cui l’assegnazione a mansioni inferiori avvenga a causa delle modifiche degli assetti organizzativi dell’azienda, sia nel caso in cui l’assegnazione avvenga in uno degli ulteriori casi previsti dai contratti collettivi di lavoro) ha diritto a conservare il livello di inquadramento e il trattamento retributivo che godeva fino a quel momento (fatta eccezione per quegli elementi della retribuzione che erano collegati a particolari modalità di svolgimento della prestazione di lavoro antecedente al mutamento delle mansioni).
Infine, sempre la legge [6] consente oggi di stipulare (davanti alle commissioni di conciliazione presso la Direzione provinciale del lavoro) accordi individuali, cioè relativi al singolo lavoratore, con i quali è possibile modificare non solo le mansioni, ma anche la categoria legale, il livello di inquadramento e la retribuzione del lavoratore, se ciò rientri nell’interesse del lavoratore alla conservazione dell’occupazione, all’acquisizione di una diversa professionalità o al miglioramento delle condizioni di vita (in queste procedure di stipula di accordi individuali il lavoratore può farsi assistere da un rappresentante sindacale o da un avvocato o da un consulente del lavoro).
Anche la retribuzione del lavoratore può oggi essere ridotta, tramite accordo con il lavoratore, se necessario per salvare l’occupazione
E’ possibile variare in meglio le mansioni del lavoratore?
Per quello che riguarda le variazioni delle mansioni lavorative in senso migliorativo, occorre ribadire che di regola il lavoratore deve essere adibito alle mansioni per le quali è stato assunto oppure a quelle che corrispondano all’inquadramento superiore che abbia poi acquisito (oppure a quelle equivalenti, per livello e categoria di riferimento, alle ultime effettivamente svolte).
Anche in caso di mutamento delle mansioni con assegnazione a mansioni superiori è previsto che l’assegnazione sia accompagnata dal necessario periodo di formazione del lavoratore anche se, precisa la legge [7], non ci sarà alcuna nullità del provvedimento del datore che assegna il lavoratore a mansioni superiori se il periodo di formazione, pur necessario, non verrà svolto.
La legge ha pure cura di evidenziare [8] che, se assegnato a mansioni superiori, il lavoratore ha diritto al trattamento (anche retributivo) corrispondente all’attività svolta e che l’assegnazione diventa definitiva, fatta salva una diversa volontà del lavoratore, se non fu stabilita per la necessità di sostituire un altro lavoratore e comunque dopo il decorso del periodo stabilito nei contratti collettivi di lavoro o, in mancanza, dopo sei mesi continuativi.
L’assegnazione a mansioni superiori diventa definitiva decorso il periodo stabilito nel contratto collettivo o, in mancanza, decorsi sei mesi continuativi
note
[1] Art. 3, comma 1, d.lgs. n. 81/2015.
[2] Art. 2103, comma 2, cod. civ.
[3] Art. 2103, comma 3, cod. civ.
[4] Art. 2103, comma 4, cod. civ.
[5] Art. 2103, comma 5, cod. civ.
[6] Art. 2103, comma 6, cod. civ.
[7] Art. 2103, comma 3, cod. civ.
[8] Art. 2103, comma 7, cod. civ.