Corte di Cassazione, sez. VI Civile – 2, sentenza 10 novembre 2016 – 12 luglio 2018, n. 18354
Presidente Petitti – Relatore Correnti
Fatto e diritto
Il Comune di Imola propone ricorso per cassazione avverso la sentenza del Tribunale di Bologna che ha rigettato il suo appello relativo alla sentenza del Giudice di pace di Imola che, accogliendo il ricorso proposto da G.C., aveva annullato il verbale con il quale gli era stata contestata la violazione dell’art. 142 codice della strada.
Il Tribunale, premesso che la sanzione era stata accertata con autovelox Traffiphot III SR – Photo R&V matr. (omissis), omologata con decreto n. 4139/2004 del Ministero dei trasporti, e che tale apparecchiatura era stata sottoposta dall’amministrazione comunale a verifiche periodiche attestate dal relativo certificato, contestato dal G., ha affermato che era onere dell’amministrazione provare che le specifiche incongruenze dedotte circa le modalità di verifica non avevano alterato il risultato della certificazione.
Il Comune di Imola, con un primo motivo, denuncia vizio di motivazione omessa, insufficiente o contraddittoria in ordine alla ritenuta inidoneità della taratura cui era stata sottoposta l’apparecchiatura utilizzata nel caso di specie.
Con il secondo motivo, deduce violazione o falsa applicazione degli artt. 142 e 23 della legge n. 689 del 1981, nonché contraddittorietà della motivazione, dolendosi del fatto che il Tribunale, pur dando atto che il Comune aveva depositato il certificato di taratura dello strumento attestante il buon esito della stessa, abbia poi ritenuto che le generiche contestazioni dell’opponente erano idonee ad inficiare tale risultato.
Con il terzo motivo, il Comune denuncia violazione degli artt. 142 e 45 del codice della strada e della legge n. 273 del 1991, sostenendo che le apparecchiature di rilevazione della velocità non debbono essere sottoposte a taratura.
Il primo motivo è inammissibile, perché, trattandosi di decisione pubblicata nel 2014, ad essa si applica la nuova formulazione dell’art. 360, n. 5, c.p.c., che non prevede più quale vizio deducibile in cassazione l’omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione, essendo invece proponibile la censura di omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio, che è stato oggetto di discussione tra le parti, nel mentre la motivazione.
Le Sezioni Unite di questa Corte hanno chiarito che “la riformulazione dell’art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ., disposta dall’art. 54 del d.l. 22 giugno 2012, n. 83, conv. in legge 7 agosto 2012, n. 134, deve essere interpretata, alla luce dei canoni ermeneutici dettati dall’art. 12 delle preleggi, come riduzione al “minimo costituzionale” del sindacato di legittimità sulla motivazione. Pertanto, è denunciabile in cassazione solo l’anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante, in quanto attinente all’esistenza della motivazione in sé, purché il vizio risulti dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali. Tale anomalia si esaurisce nella “mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico”, nella “motivazione apparente”, nel “contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili” e nella “motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile”, esclusa qualunque rilevanza del semplice difetto di “sufficienza” della motivazione” (Cass., S.U., n. 8053 del 2014).
All’evidenza, la sentenza impugnata non incorre in tale tipologia di vizio.
Il terzo motivo, all’esame del quale occorre procedere in via prioritaria per ragioni di ordine logico, è infondato atteso che la Corte costituzionale, con la sentenza n. 113 del 2015, ha dichiarato costituzionalmente illegittimo l’art. 45, comma 6, del d.lgs. 30 aprile 1992, n. 285, nella parte in cui non prevede che tutte le apparecchiature impiegate nell’accertamento delle violazioni dei limiti di velocità siano sottoposte a verifiche periodiche di funzionalità e di taratura.
È invece fondato il secondo motivo.
Premesso che, come detto, la taratura dell’apparecchiatura di rilevazione della velocità deve essere sottoposta a taratura periodica, deve rilevarsi che, nella specie, lo stesso Tribunale ha dato atto dell’avvenuto deposito, da parte del Comune di Imola, del certificato di taratura dell’apparecchiatura in concreto utilizzata. Il Tribunale ha però ritenuto di poter disattendere la detta certificazione, dando seguito alle incongruenze evidenziate dall’opponente in ordine alle modalità di effettuazione della verifica. Ha quindi ritenuto che il Comune fosse onerato della prova che le specifiche incongruenze dedotte dall’automobilista circa le modalità di verifica non avessero alterato il risultato della certificazione.
In tal modo, il Tribunale non ha tenuto conto del principio per cui “in materia di violazione delle norme del codice della strada relative ai limiti di velocità, l’efficacia probatoria dello strumento rivelatore del superamento di tali limiti (autovelox) opera fino a quando sia accertato, nel caso concreto, sulla base di circostanze allegate dall’opponente e debitamente provate, il difetto di costruzione, installazione o funzionamento del dispositivo elettronico” (Cass. n. 10212 del 2005). Principio, questo, che ovviamente, per effetto dell’intervenuta dichiarazione di illegittimità costituzionale di cui si è detto, deve oggi essere integrato con la previsione che l’apparecchiatura utilizzata sia omologata e sottoposta alle verifiche periodiche. Ma, nella specie, è proprio questo che è avvenuto, atteso che il certificato di taratura era esistente ed è stato depositato, come affermato dallo stesso Tribunale.
D’altra parte, in presenza di un “certificato” di taratura, del quale non sia contestata la provenienza da soggetto abilitato all’adempimento, non è dato al giudice di merito di spingere il proprio esame sino alla verifica delle modalità con le quali la stessa taratura è stata effettuata.
Il secondo motivo è dunque fondato.
Consegue la cassazione della sentenza impugnata, con rinvio, per nuovo esame della causa alla luce del richiamato principio di diritto, al Tribunale di Bologna, in persona di diverso magistrato.
Al giudice di rinvio è demandata altresì la regolamentazione delle spese del giudizio di cassazione.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il primo motivo di ricorso, rigetta il terzo e accoglie il secondo; cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa, anche per le spese del giudizio di legittimità, al Tribunale di Bologna, in persona di diverso magistrato.