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Regolamento di condominio: quando è obbligatorio?

16 Luglio 2018
Regolamento di condominio: quando è obbligatorio?

Le clausole del regolamento che limitano l’uso degli appartamenti sono valide sono se approvate all’unanimità e trascritte nei registri immobiliari.

Hai da poco acquistato casa in un edificio condominiale. Dopo aver pagato interamente il venditore e ristrutturato l’appartamento sei venuto a sapere di alcuni vincoli all’utilizzo dell’immobile che non ti erano mai stati comunicati prima. Ad esempio non potrai stendere i panni dalla finestra né affittare le camere a clienti come se fosse un bed & breakfast; non potrai svolgere attività commerciali né autorizzare lavori di manutenzione dalle ore 18 alle ore 8 del mattino successivo. Tutti questi divieti sono contenuti nel regolamento di condomino, regolamento che, a suo tempo, era stato approvato all’unanimità dagli originari acquirenti delle unità abitative ma che, a tuo avviso, non vale nei tuoi riguardi visto che sei solo un successivo acquirente e non hai mai partecipato alla votazione delle clausole. Secondo invece l’amministratore chi compra casa deve prima informarsi di tutti i limiti ad essa inerenti. Chi ha ragione? Quando è obbligatorio il regolamento di condominio e nei confronti di chi? È quanto cercheremo di comprendere in questo articolo tenendo conto peraltro delle più recenti sentenze della giurisprudenza in materia. Ma procediamo con ordine.

Quando è obbligatorio il regolamento di condominio?

Ogni edificio che abbia almeno 11 condomini è tenuto ad approvare un regolamento di condominio. Fino a 10 condomini, invece, si può anche fare a meno del regolamento.

Scopo del regolamento è disciplinare la vita del condominio e, in particolare, l’uso delle parti comuni (androne, scale, giardino, terrazzo) e dei relativi servizi (ascensore, campi da tennis, piscina), la ripartizione delle spese condominiali, la tutela del decoro dell’edificio e l’amministrazione.

Per sua natura il regolamento può porre limiti all’uso solo delle parti comuni dello stabile e non degli appartamenti. Detto in altre parole, la volontà dell’assemblea può incidere unicamente sulle proprietà del condomìnio e non su quelle individuali dei condòmini. Tale limite può essere superato con l’unanimità: se infatti è vero che ciascuno, in casa propria, può fare ciò che vuole, è anche vero che solo il suo consenso può creare un confine a tale potere. Risultato: se tutti i condomini approvano il regolamento (sia che lo facciano in assemblea che con firma davanti al notaio all’atto dell’acquisto delle abitazioni dal costruttore), tale regolamento può, ad esempio, imporre il divieto di svolgere attività rumorose nelle unità immobiliari, di modificare la destinazione d’uso da “abitativo” a locali commerciali o ad uso alberghiero; può impedire di stendere panni dalla finestra, di esporre vasi da fiori, di montare sui balconi apparecchi vistosi come condizionatori o lavatrici; può vietare il rumore in determinati orari, ecc.

In sintesi: solo il regolamento approvato all’unanimità può limitare, oltre l’uso della cosa comune anche le proprietà individuali. L’unanimità si raggiunge, come detto, sia con il voto favorevole di tutti i condomini in assemblea (cosiddetto «regolamento assembleare»), sia con l’approvazione, davanti al notaio, all’atto dell’acquisto degli appartamenti dall’originario costruttore (cosiddetto «regolamento contrattuale»).

Chi è tenuto a rispettare il regolamento?

Partiamo dall’ipotesi in cui i condomini proprietari degli appartamenti sono ancora gli stessi che hanno acquistato dal costruttore, non avendo mai venduto casa a terzi. Dunque, essi sono anche coloro che hanno votato o accettato il regolamento di condominio. In tal caso, il regolamento è obbligatorio per tutti, anche per eventuali affittuari.

Le regole contenute nelle clausole del regolamento condominiale devono essere rispettate da tutti coloro che posseggono le unità immobiliari presenti nel condominio (come proprietari e usufruttuari), ma anche  da coloro che detengono le singole proprietà in conduzione (locazione abitativa o commerciale o in comodato). L’amministratore ha il compito di far rispettare il regolamento di condominio.

In particolare, chi prende in affitto una casa è tenuto a rispettare il regolamento di condominio. Delle sue violazioni risponde il proprietario dell’immobile solo qualora poteva essere a conoscenza, sin prima della firma del contratto di locazione, della violazione (si pensi a chi affitta un magazzino sapendo che verrà effettuata all’interno attività rumorosa, in violazione del regolamento condominiale). Diversamente il responsabile è solo l’inquilino.

Leggi Regolamento di condominio: come farlo rispettare.

Analizziamo ora l’ipotesi in cui uno o più condomini vendano l’appartamento ad altre persone le quali, evidentemente, non hanno partecipato alla formazione del regolamento. Tale regolamento è per loro vincolante? Bisogna operare una distinzione:

  • tutte le clausole del regolamento che disciplinano l’uso della cosa comune e dei relativi servizi condominiali sono vincolanti anche per i nuovi acquirenti;
  • le clausole del regolamento che, invece, vanno a limitare le proprietà individuali (si tratta cioè di servitù atipiche sull’immobile) e che, pertanto, per essere valide, sono state a suo tempo approvate all’unanimità, possono essere vincolanti anche nei confronti di terzi acquirenti solo a condizione che: a) siano trascritte nei registri immobiliari, mediante l’indicazione, nella nota di trascrizione, delle specifiche clausole limitative della proprietà; b) oppure siano state specificamente approvate dal nuovo proprietario all’atto dell’acquisto dell’appartamento; il che implica che il regolamento sia stato allegato al rogito o in esso richiamato con una formula esplicita (ad esempio: «L’acquirente dichiara di aver letto e di conoscere il regolamento di condominio che pertanto si impegna a rispettare in ogni sua clausola»). Secondo infatti la giurisprudenza, in assenza di trascrizione nei pubblici registri immobiliari, le disposizioni del regolamento che dispongono vincoli alle destinazioni delle proprietà dei singoli condòmini, non possono essere opposte al terzo acquirente, a meno che questi non ne sia effettivamente a conoscenza. In mancanza, cioè, della “certezza legale” della conoscenza della servitù da parte del terzo acquirente, derivante dalla trascrizione dell’atto costitutivo, occorre verificare la “certezza reale” della conoscenza di tale vincolo reciproco. “Certezza reale” che si consegue solo mediante la precisa indicazione del vincolo gravante sull’immobile oggetto del contratto.

Con una recente sentenza il tribunale di Roma [1] ha stabilito che il divieto di affittacamere contenuto nel regolamento condominiale vale anche nei confronti del terzo acquirente solo se trascritta o accettata in modo espliciti nell’atto di acquisto. Diversamente per lui il vincolo non vale e il condominio soccombe.

Più che il regolamento in sé, devono essere trascritte le convenzioni che costituiscono le servitù contenute all’interno del testo: quando il regolamento risulta predisposto dal costruttore-venditore, allora, le clausole limitative della proprietà diventano opponibili se inserite nelle note di trascrizione del primo atto di compravendita di un’unità immobiliare dello stabile condominiale che menziona tutte le altre. E se la trascrizione non c’è? Non resta che fare menzione dei limiti all’interno dell’atto notarile (rogito) che trasferisce la proprietà.


note

[1] Trib. Roma sent. n. 9065/18


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