Come andare in pensione? Come si può uscire dal lavoro nel 2018? Cosa cambia per le pensioni nel 2019? Cosa c’è di vero nelle novità del nuovo Governo? Cos’è la pensione anticipata?
Uno degli argomenti più caldi degli ultimi mesi è quello delle pensioni. Il nuovo Esecutivo ha tra i suoi obbiettivi la riforma del sistema partendo dal superamento della riforma Fornero. In attesa che il Governo Conte, quello gialloverde, a guida leghista e grillina, inizi a passare dalle parole ai fatti e ad attuare la nuova riforma, nel 2019 i requisiti di accesso di molte misure cambieranno di nuovo. Ma come si può andare in pensione nel 2019? Come si centra la pensione di vecchiaia? Come si centra la pensione anticipata? Quali altre misure esistono nel nostro ordinamento? Ecco la guida su come andare in pensione in Italia misura per misura.
Indice
Come si va in pensione?
In Italia, almeno statisticamente, la pensione si centra in ritardo rispetto agli altri paesi membri della UE. Come si va in pensione? In linea generale le prestazioni pensionistiche in Italia si centrano completando due tipologie di requisiti. Il primo è quello anagrafico cioè raggiungendo la stabilita quello età pensionabile. Il secondo invece è quello dell’anzianità di lavoro, quindi dei contribuiti previdenziali versati. Al raggiungimento di determinate soglie si va in pensione sfruttando una lunga serie di misure previdenziali di cui è dotato il nostro ordinamento.
Come si centra la pensione di vecchiaia?
Il sistema di fatto si regge su due grandi pilastri, la pensione di vecchiaia e quella anticipata. La pensione di vecchiaia è quella che prevede il raggiungimento di una certa età ed allo stesso tempo il raggiungimento di una determinata soglia di contribuzione versata. Come si centra la pensione di vecchiaia? La misura subirà un inasprimento dei requisiti dal primo gennaio 2019. La pensione di vecchiaia fino al 31 dicembre 2018 si centra con 66 anni e 7 mesi di età indipendentemente dal sesso del lavoratore. Insieme all’età è necessario racimolare almeno 20 anni di contribuzione versata, compreso i contributi figurativi (maternità, servizio militare, disoccupazioni, casse integrazioni e malattia). La parità di genere è una novità del 2018, perché fino allo scorso anno le donne andavano in pensione un anno prima degli uomini. In assenza dei 20 anni di contributi richiesti, la pensione di vecchiaia nonostante si raggiunga l’età richiesta non può essere percepita. In questo caso il soggetto con 66 anni e 7 mesi può virare sull’assegno sociale, la prestazione previdenziale per chi non ha contributi a sufficienza per le altre misure pensionistiche vigenti. Come dicevamo, dal 1° gennaio 2019 l’età pensionabile per la pensione di vecchiaia (ma anche per l’assegno sociale) salirà di 5 mesi. Ci vorranno 67 anni tondi per andare a centrare la pensione di vecchiaia dal prossimo anno, sempre con i soliti 20 anni almeno di contributi previdenziali. È l’effetto dell’applicazione del meccanismo dell’aspettativa di vita alle pensioni. Più sale la vita media degli italiani secondo le stime Istat, più salgono i requisiti per andare in pensione.
Come si centra la pensione anticipata?
Con l’avvento della riforma Fornero, la pensione di anzianità, quella scollegata da qualsiasi limite anagrafico è stata sostituita dalla pensione anticipata. Si tratta del secondo pilastro su cui si regge il sistema previdenziale nostrano, la pensione per raggiunto limite di anzianità di lavoro. Come si centra la pensione anticipata? Fino a fine anno, cioè fino al 31 dicembre 2018, gli uomini raggiungono la soglia utile alla pensione anticipata con 42 anni e 10 mesi di contribuzione previdenziale versata. Per le donne in funzione di questa misura, vige ancora l’anno in meno e pertanto la pensione anticipata si centra con 41 anni e 10 mesi di contributi versati. Anche in questo caso è già previsto l’aumento di 5 mesi dei requisiti dal 2019. Serviranno pertanto 43 anni e 3 mesi di anzianità di lavoro agli uomini e 42 anni e 3 mesi alle donne. La pensione anticipata si centra a qualsiasi età essendo misura distaccata da qualsiasi vincolo di età.
Chi può percepire la pensione usuranti?
Dal 2011 la legge previdenziale ha previsto una particolare categoria di lavoratori ai quali si applicano soglie di uscita per la pensione agevolate. Quali sono i lavori usuranti? I lavori usuranti secondo la disciplina vigente sono:
- lavori in cave, gallerie e miniere ed in genere quelli svolti con carattere prevalente e continuo sottoterra
- lavori in cassoni ad aria compressa
- lavori svolti dai palombari
- lavori ad alte temperature
- lavorazione del vetro cavo
- lavori svolti in spazi stretti ed angusti sempre con carattere di continuità e prevalenza
- lavori svolti nelle cosiddette linee a catena
- lavori di asportazione dell’amianto
- lavori organizzati in turni comprensivo il notturno (dalle 24:00 alle 05:00 del mattino) per almeno 64 giorni all’anno.
Come si va in pensione con i lavori usuranti?
La pensione in regime lavoro usurante è anticipata rispetto alle normali soglie oggi in vigore per le altre prestazioni pensionistiche. Si va in pensione a 61 anni e 7 mesi di età con 35 anni di contributi versati. Tra l’altro su questa particolare misura non si applicano gli inasprimenti per l’aspettativa di vita e pertanto anche nel 2019 le soglie di uscita dal lavoro resteranno le medesime.
Come si sfrutta il salvacondotto?
La riforma Fornero ha inasprito un po’ tutto il sistema con requisiti di accesso pesanti da centrare. Ha lasciato però una speciale deroga, chiamata salvacondotto. Come si centra la pensione in deroga Fornero? Come si centra la pensione con il salvacondotto? La pensione con questo particolare scivolo è un beneficio che consente di andare in pensione a 64 anni e 7 mesi di età con 35 anni di contributi versati (per le donne ne bastano 20). Bisogna però allo stesso tempo avere chiuso i 35 anni al 31 dicembre 2012 ed alla stessa data aver completato la quota 97,6, che si raggiunge sommando età e contributi versati e dove sono valide anche le frazioni di anno.
Come andare in pensione con lavoro precoce?
La pensultima Legge di Bilancio, la prima del Governo Gentiloni subito dopo le dimissioni di Matteo Renzi post referendum costituzionale ha regalato all’ordinamento previdenziale la quota 41 e l’Ape sociale. Si tratta di due misure che sono più assistenziali che previdenziali. Infatti sono tutte e due appannaggio di disoccupati, invalidi caregivers e lavori gravosi. I lavori gravosi sono un anovità degli ultimi due Governi PD. Si tratta di 15 categorie di lavoratori che svolgono mansini particolarmente logoranti. Si tratta di:
- Maestre di asilo
- Facchini
- Edili
- Gruisti
- Agricoli
- Marittimi
- Pescatori
- Siderurgici
- Infermieri delle sale parto e operatorie
- Operatori ecologici
- Addetti all’assistenza di persone non autosufficienti
- Conciatori di pelli
- Autisti di mezzi pesanti
- Macchinisti dei treni e personale viaggiante
- Addetti ai servizi di pulizia
Come si va in pensione da precoce? La quota 41 è misura per questi disagiati sociali, familiari o di lavoro. si può andare in pensione senza limiti di età purchè si completico 41 anni di conribuzione versata, dei quali almeno un anno prima dei 19 anni di età. le stesse persone che rientrano in quota 41 possono accedere alla pensione con l’Ape sociale. Si parte dai 63 anni con almeno 30 anni di conributi se caregivers, disoccupati o invalidi e 36 se alle prese con uno dei lavori gravosi. Va ricordato che l’Ape sociale è misura sperimentale, cioè scade il prossimo 31 dicembre 2018 e pertanto non è ancora detto che la misur venga confermata anche dal nuovo Esecutivo.
di Giacomo Mazzarella
Lavoro dal 2 feb. del 1977, in più ho 6 mesi di contributi edili.
Compio 63 anni a settembre, quando andrò in pensione?