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Diritto e Fisco | Editoriale

Venditore ambulante invadente: si può denunciare chi stressa i passanti?

29 Luglio 2018 | Autore:
Venditore ambulante invadente: si può denunciare chi stressa i passanti?

Reato di molestie a carico di chi segue il cliente per la strada affinché compri i prodotti.

Alzi la mano chi non è mai incappato in uno di quei venditori ambulanti, con il tipico accento partenopeo, che cercano a tutti i costi di rifilare ai passanti calze e fantasmini estratti magicamente da uno zaino a tracolla. O chi non ha mai sbottato di fronte alle insistenze dell’indiano di turno che, nel bel mezzo di una cena romantica, interviene a piazzare le rose ai commensali innamorati. Ed ancora, sarà capitato a tutti di finire vittima di un venditore ambulante di oggetti medici per il primo soccorso (garze, cerotti, ecc.) animato dal dichiarato intento di raccogliere fondi in favore dei bambini poveri. Di ambulanti sono piene le strade. Sempre meglio dei mendicanti, dirai. Già, ma i mendicanti difficilmente ti seguono e ti stressano mentre cammini. Capita così non poche volte di essere costretti a divincolarsi con quattro parole: «Grazie non sono interessato» (sì, sono proprio quattro) oppure di chinare il capo verso terra  facendo finta di non vedere. Ma c’è anche l’ambulante che non si rassegna e segue la sua preda fino a quando questa non sborsa l’euro di “mancia” o non alza la voce. Una tecnica piuttosto aggressiva di marketing. «L’importante è il risultato» direbbe qualche CT sportivo. Eppure, a detta della Cassazione, chi porta il cliente alle strette commette un reato e può essere denunciato. La sentenza è dell’altro giorno [1] ma rischia di diventare un caposaldo per l’avvenire. E questo perché, se mai dovesse esserci un poliziotto nelle vicinanze, tutti sapremo che fare per interrompere le molestie. Secondo la Corte, si può denunciare il venditore ambulante invadente che stressa i passanti. E perché mai? La ragione – da un punto di vista giuridico – è abbastanza semplice. Dal punto di vista logico e dell’opportunità un po’ meno.

Premesso che chiunque molesti una persona in un luogo pubblico come una strada o aperto al pubblico come un ristorante commette reato, il fatto che il codice penale preveda la pena dell’arresto fino a sei mesi o l’ammenda fino a 516 euro non vuol dire che il colpevole sarà davvero punito. E questo perché stiamo parlando di reati per i quali è prevista la reclusione a meno di 5 anni. In questi casi scatta infatti la cosiddetta “tenuità del fatto”. Tradotto in parole povere, significa che il responsabile non subisce né processo, né condanna, né pena (il casellario giudiziario resta però macchiato), a meno che non sia solito comportarsi in questo modo, ma ci vorrebbero le prove.

Quindi perché mai querelare l’ambulante? Perché così non ti stressa più, potrai dire. E ciò vale sicuramente quando te lo trovi tutti i giorni davanti perché magari “opera” nella strada che ti porta al lavoro (il che potrebbe piuttosto essere un deterrente per chi teme ritorsioni). Ma l’ambulante è, per definizione, “ambulante”. Si muove in continuazione. Fargliela pagare ha davvero poco senso. Eppure c’è stato chi si è mosso in questo senso. È successo a Bagheria, un piccolo paesino siciliano (tanto per intenderci quello dove è vissuto Tornatore ed in cui ha ambientato la bellissima pellicola “Baaria”, che in siciliano significa appunto Bagheria). L’ambulante, che aveva tallonato la sua vittima fino al bancomat e insistito in modo eccessivamente petulante perché questa comprasse la sua merce, è stato denunciato e condannato per il reato di molestie.

Per il tribunale dunque è da considerarsi «molesto» il contegno del venditore che «agendo in perfetta coordinazione [con un collega], avevano insistito in modo pressante e impertinente per vendere la propria merce, l’imputato addirittura inseguendo la persona offesa senza darle tregua e interrompendo l’azione solo dopo che la stessa si era rifugiata a bordo del veicolo».

Il “criminale” – perché alla lettera è tale chi commette un crimine, anche se di minore entità – «non si era limitato a reiterare la, già rifiutata, offerta di vendita del prodotto, ma aveva rincorso e tallonato la donna fino a quando la stessa non aveva raggiunto l’autovettura del marito».

A questo punto si potrebbe obiettare: ma il venditore non si accorge di essere petulante, specie se è vinto dalla fame. Ed allora il confine tra marketing e richiesta di elemosina è davvero labile. Ma la Cassazione ha comunque «definito il suo agire “pressante, indiscreto e impertinente”, ovverosia petulante». Infatti «la petulanza costituisce una modalità della condotta prima ancora che un atteggiamento soggettivo, sicché ove la condotta sia obiettivamente petulante (fastidiosamente insistente e invadente), è sufficiente ad integrare il reato la circostanza che l’agente sia consapevole di tale suo modo di fare, non rilevando la pulsione che lo muove».

Ultimo aspetto: come si fa a dimostrare di essere stati tallonati se non hai testimoni? Ti sfugge la regola del processo penale che vuole la vittima testimone e il reo no. Come dire: il processo parte già in salita per chi è accusato.


note

[1] Cass. sent. n. 3578/18 del 26.07.2018.

[2] Art. 660 cod. pen.


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