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Fattura: come si fa?

3 Agosto 2018 | Autore:
Fattura: come si fa?

Chi deve emettere la fattura, quali dati vanno indicati, modello facsimile, imponibile, contributi cassa professionale, ritenuta d’acconto.

Hai aperto da poco la partita Iva ed hai appena ultimato una prestazione per cui ti è stato pagato un compenso? Sicuramente il tuo commercialista ti ha spiegato che devi emettere la fattura, un documento che serve essenzialmente a certificare che hai reso un servizio o venduto un bene, e che a fronte dell’operazione è necessario corrispondere un corrispettivo. Nella fattura, però, non puoi limitarti a indicare il corrispettivo del bene e del servizio, ma devi anche inserire altri dati: dall’importo dell’Iva, l’imposta sul valore aggiunto, alla ritenuta d’acconto (a meno che non abbia aderito al regime fiscale forfettario), ai tuoi dati fiscali ed a quelli del cliente, al contributo alla cassa professionale, all’eventuale rimborso spese, imponibile o esente, le voci della fattura sono davvero numerose ed è facile sbagliare. Facciamo allora il punto della situazione sulla fattura: come si fa, quali sono gli elementi da indicare, come si arriva dal corrispettivo al netto da pagare, come si calcolano il contributo per la cassa professionale, l’Iva e la ritenuta d’acconto.

Che cos’è la fattura?

La fattura è quel documento contabile che certifica il fatto che è stato reso un servizio o venduto un bene e che, a fronte dell’operazione, è necessario corrispondere un corrispettivo. La fattura contiene le condizioni di pagamento, il prezzo e l’oggetto del servizio reso o della vendita e deve essere trasmessa dal venditore, dal professionista o dall’imprenditore al cliente, al momento della consegna della merce o al momento in cui il servizio viene fornito.

Quali operazioni vanno fatturate?

La fattura deve essere emessa per ciascuna operazione che rientra nel campo di applicazione dell’Iva (imponibile, non imponibile, esente) e che riguarda la cessione di beni o la prestazione di servizi.

Generalmente, un’operazione rientra nel campo di applicazione dell’Iva quando sussistono contemporaneamente i seguenti tre requisiti:

  • presupposto oggettivo: deve trattarsi di una cessione di beni o di una prestazione di servizi;
  • presupposto soggettivo: deve essere effettuata da imprese, artisti o professionisti, nell’esercizio dell’attività;
  • presupposto territoriale: deve essere effettuata nel territorio italiano.

Se manca anche uno solo di questi requisiti, l’operazione è esclusa dall’Iva. Fa eccezione a tale regola l’ipotesi dell’importazione, per la quale non rileva il criterio soggettivo: essa è tassata, infatti, anche quando è posta in essere da un soggetto privato.

Per approfondire: Quali sono le operazioni soggette a Iva?

Chi non deve emettere la fattura?

Sono numerosi i soggetti esonerarti dalla normativa dall’obbligo di emissione di fattura. Non deve emettere fattura, ad esempio, chi esercita attività di commercio al minuto (come ad esempio venditori ambulanti, tassisti, alberghi, ristoranti, prestazioni di trasporto di persone con o senza bagagli, ecc.), salvo che l’emissione della fattura sia richiesta espressamente dall’acquirente non oltre il momento di effettuazione dell’operazione (permane comunque l’obbligo di certificazione delle operazioni mediante scontrino fiscale o ricevuta fiscale, o l’obbligo di comunicazione all’Agenzia delle Entrate).

Chi esercita un’attività di lavoro autonomo occasionale, senza partita Iva aperta, non emette fattura ma una ricevuta. I contribuenti nel regime fiscale dei minimi o forfettario, invece, emettono fattura, ma non applicano l’Iva.

Quali dati si devono indicare in fattura?

La fattura deve contenere necessariamente alcuni elementi minimi:

  • numero progressivo della fattura;
  • data di emissione;
  • numero di partita Iva e codice fiscale dell’emittente;
  • ragione sociale, codice fiscale/partita Iva del cliente;
  • residenza e domicilio dell’emittente e del cliente;
  • natura, quantità e qualità dei beni o dei servizi, comprensivi di aliquota Iva applicata;
  • corrispettivi con aliquota Iva applicata;
  • ammontare Iva distinta per aliquota;
  • eventuale importo destinato alla cassa di previdenza del professionista, addebitato al cliente (la cosiddetta rivalsa 4%);
  • eventuale ritenuta di acconto;
  • eventuale rimborso spese/addebito al cliente, imponibile o meno;
  • netto a pagare;
  • eventuale indicazione del regime di vantaggio a cui aderisce l’emittente.

Analizziamo gli elementi nel dettaglio.

Numero progressivo della fattura

È necessario che le fatture abbiano un numero progressivo. Il codice utilizzato deve essere univoco, in quanto è opportuno fare in modo che due fatture appartenenti ad annualità fiscali differenti ma con lo stesso numero, siano comunque distinguibili. Così, piuttosto che numerare la fattura «01» sarà più corretto numerarla «01/2017».

Nel dettaglio, si deve inserire una numerazione progressiva per anno solare (es.: n. 1, n. 2 oppure n. 1/2017, n. 2/2017, oppure n. 2017/1 ecc.), oppure continua a tempo indefinito (dal numero 1 prosegue ininterrottamente per tutti gli anni solari di attività del contribuente, fino alla cessazione).

Sono ammesse più serie di numerazione in considerazione delle esigenze delle imprese (es. differenti centri di fatturazione, diversi prodotti fabbricati, ecc.) e nel rispetto di determinate condizioni in merito agli obblighi di registrazione.

Con l’introduzione dei sistemi di fatturazione elettronica, la coerenza delle fatture emesse rischia di essere compromessa, perché i software di fatturazione generano un loro codice univoco progressivo. Generalmente tuttavia questo codice richiama nell’intestazione la dicitura «Pa», che indica la fatturazione a favore della pubblica amministrazione: questo basta a rendere la fattura unica e identificabile.

Data di emissione della fattura

La procedura più corretta per definire la data di emissione della fattura è legare tale scelta al momento in cui il servizio è stato reso o il bene è stato venduto. Nulla vieta, comunque, nel rispetto della progressività del numero di fattura, di inserire una data precedente o successiva.

Ricordiamo, comunque, che le operazioni si considerano eseguite, quindi l’Iva deve essere applicata, nel seguente momento, il cosiddetto momento impositivo:

  • per le cessioni di immobili, quando viene stipulato l’atto o al verificarsi del trasferimento della proprietà o del diritto reale;
  • per le cessioni di beni mobili, quando avviene la consegna o la spedizione del bene, o quando si verifica l’effetto traslativo del diritto di proprietà;
  • per i servizi, all’atto del pagamento;
  • il pagamento anticipato comporta che l’operazione si considera effettuata al momento del versamento del corrispettivo, in relazione all’importo pagato;
  • si considerano effettuate le operazioni per cui è stata emessa fattura.

Al momento impositivo dell’operazione nasce il debito dell’imposta nei confronti dello Stato (l’Iva, cioè, diventa esigibile) ed il soggetto passivo deve versarla all’erario tramite le liquidazioni periodiche. Inoltre, a partire dal momento impositivo, decorrono i termini previsti dalla legge per adempiere agli obblighi contabili, come l’emissione della fattura, dello scontrino o della ricevuta fiscale.

Fanno eccezione alla regola dell’esigibilità immediata alcune operazioni, per le quali il debito d’imposta non nasce al momento dell’emissione della fattura, ma all’atto del pagamento del corrispettivo. Si tratta, ad esempio, delle operazioni effettuate dalle imprese e dai professionisti che esercitano l’opzione dell’Iva per cassa, o cash accounting: l’Iva deve comunque essere pagata entro un anno dal momento in cui è avvenuta l’operazione.

Ragione sociale e partita Iva dell’emittente e del cliente

Nella fattura è ovviamente necessario inserire non solo il numero di partita Iva dell’emittente, ma anche quello del cliente (se esistente, altrimenti è opportuno indicare il codice fiscale) e la sua ragione sociale, comprensiva di indirizzo della sede legale o di residenza (a seconda che si tratti di un’azienda o di un privato).

Natura della prestazione

Nella fattura occorre inserire naturalmente anche la prestazione resa (natura, qualità e quantità dei beni e dei servizi oggetto dell’operazione). Capita spesso che all’interno del campo «oggetto» la descrizione corrispondente sia piuttosto vaga: ad una maggiore imprecisione corrisponde generalmente una minore capacità di rendere il pagamento esecutivo, se è necessario agire per inadempimento. Inoltre, se la fattura fa riferimento a un ordine, a un preventivo o a un contratto, è opportuno che tali riferimenti siano riportati anche nel campo oggetto.

La natura e la qualità della merce possono essere indicate in codice, purché sulla fattura venga riportata la legenda dei codici merceologici utilizzati.

Cassa di previdenza

Un altro elemento di cui è necessario tenere conto al momento dell’emissione della fattura riguarda i contributi da versare alla cassa di previdenza a cui si risulta iscritti.

Nello specifico, con riferimento alla cassa di previdenza (sia essa la gestione separata Inps o una delle casse di previdenza professionali legate agli ordini), è possibile inserire in fattura una percentuale a titolo di «rivalsa» che viene pagata dal cliente. Nella generalità dei casi, questa percentuale è pari al 4%. L’inserimento della rivalsa all’interno della fattura è opzionale per alcuni professionisti ed obbligatoria per altri, a seconda dell’ordinamento del proprio ente previdenziale (per gli iscritti alla gestione Separata è opzionale).

Corrispettivi e relativa aliquota Iva applicata

L’elemento fondamentale della fattura è il corrispettivo, che viene corrisposto a fronte della prestazione.

La fattura deve infatti indicare il prezzo del corrispettivo pagato dall’acquirente con le spese accessorie, il valore normale dei beni ceduti gratuitamente, sconti, maggiorazioni, ecc.

Nell’inserire il prezzo bisogna tuttavia tenere presente che è necessario indicare separatamente il compenso imponibile e l’ammontare dell’Iva, con la specifica dell’aliquota applicata.

L’Iva si calcola, semplicemente, applicando l’aliquota stabilita per un determinato bene o servizio, al prezzo, o valore, di quel bene o servizio. Se, ad esempio, il prezzo di un bene è pari a 100 euro, e l’aliquota Iva è pari al 22%, l’Iva ammonta a 22 euro.

Se in fattura sono addebitati al cliente i contributi a titolo di rivalsa, a favore della cassa professionale, l’Iva va calcolata anche su quest’importo.

Ritenuta d’acconto

La ritenuta d’acconto è, in sostanza, un anticipo d’imposta, trattenuta e versata dal cliente (se è sostituto d’imposta, diversamente la ritenuta non si applica).

Il cliente, in particolare, deve versare questo importo (che in fattura deve essere esplicitato), non al professionista, bensì direttamente allo Stato attraverso il modello F24, codice tributo 1040. La compilazione e il pagamento di tale modello devono avvenire entro il 16 del mese successivo a quello in cui la fattura è stata pagata.

La ritenuta d’acconto si calcola normalmente sull’imponibile fiscale ai fini Irpef, non ai fini Iva, quindi non va preso in considerazione l’importo eventualmente addebitato al cliente a titolo di rivalsa, a favore della cassa professionale.

Indicazione del regime di vantaggio

Se chi emette la fattura ha aderito a un regime di contabilità di vantaggio (sia che si tratti del regime dei cosiddetti «superminimi» o del regime forfettario), è opportuno che sia riportata nel documento la dicitura relativa alla legge che riguarda tale regime, per giustificare la mancata applicazione dell’Iva e della ritenuta d’acconto. Generalmente la dicitura viene posta in calce alla fattura stessa.

L’iban deve essere obbligatoriamente inserito in fattura?

Non è obbligatorio che l’Iban venga inserito in fattura, tuttavia se le modalità di pagamento richieste al cliente prevedono il pagamento via bonifico, inserire questa informazione permette di dare a chi riceve la prestazione tutte le informazioni necessarie in un unico documento.

Natura, qualità e quantità dei beni e dei servizi oggetto dell’operazione

La fattura deve descrivere dettagliatamente la prestazione eseguita: vanno, in particolare, indicate la natura e la qualità della merce in codice purché sulla fattura venga riportata la legenda dei codici merceologici utilizzati.

Quando si può fare la fattura semplificata?

Se la fattura non supera 100 euro può essere emessa in forma semplificata, coi seguenti dati:

  • data di emissione;
  • numero progressivo che la identifichi in modo univoco;
  • ditta, denominazione o ragione sociale, nome e cognome, residenza o domicilio del soggetto cedente o prestatore, del rappresentante fiscale nonché, per i soggetti non residenti, ubicazione della sede operativa;
  • numero di partita Iva del soggetto cedente o prestatore;
  • ditta, denominazione o ragione sociale, nome e cognome, residenza o domicilio del soggetto acquirente, del rappresentante fiscale nonché, per i soggetti non residenti, ubicazione della sede operativa; in alternativa, in caso di soggetto stabilito in Italia può essere indicato il codice fiscale o il numero di partita Iva, ovvero, in caso di soggetto passivo stabilito in un altro Stato europeo, il numero di identificazione Iva attribuito dallo Stato medesimo;
  • descrizione dei beni ceduti e dei servizi resi;
  • ammontare del corrispettivo complessivo e dell’imposta incorporata, ovvero dei dati che permettono di calcolarla (es. 70 euro, Iva 22%).

La fattura semplificata, tuttavia, non può essere emessa per le cessioni intracomunitarie e per le cessioni di beni, e le prestazioni di servizi, effettuate nei confronti di un soggetto passivo che è debitore dell’imposta in un altro Stato membro dell’Unione europea.

Facsimile fattura

Vediamo come procedere alla compilazione della fattura, dal punto di vista operativo.

Quando procedi a compilare una fattura devi:

  • indicare il prezzo della prestazione (cosiddetto imponibile), escluse le spese vive;
  • se sei un professionista, applicare rispettivamente, a titolo di rivalsa, la percentuale di contributi da versare alla cassa di previdenza o alla gestione separata Inps;
  • alla somma dei due precedenti importi, devi applicare l’Iva secondo l’aliquota prevista per la prestazione erogata (di solito il 22%);
  • al risultato così ottenuto devi sottrarre il 20% dell’imponibile a titolo di ritenuta d’acconto, solo se l’acquirente è sostituto d’imposta (ha partita Iva);
  • vanno infine sommati i costi vivi, o meglio le spese non imponibili;
  • ottieni così il netto a pagare.

Ecco un modello fattura con ritenuta acconto:

Totale onorario: 700 euro

Rivalsa Cassa Professionale 4%: 28 euro

Imponibile Iva 728 euro

Totale Iva 22%: 160,16 euro

Totale fattura: 888,16 euro

R.A. del 20% su 700 euro= 140 euro

Costi vivi: 10 euro

TOTALE: 758,16 euro

Aliquote diverse in fattura

Se l’operazione cui si riferisce la fattura comprende beni o servizi soggetti ad imposta con aliquote Iva diverse, l’imponibile e l’imposta devono essere indicati distintamente secondo l’aliquota applicabile.

Split payment

Per le operazioni soggette al meccanismo dello split payment, per le quali l’Iva è versata all’erario direttamente dal cessionario o committente, la fattura deve riportare, oltre agli elementi ordinariamente previsti (compresa l’imposta), l’annotazione «scissione dei pagamenti», ed eventualmente la norma di riferimento.

Reverse charge

Nelle ipotesi in cui trova applicazione il meccanismo del reverse charge, o inversione contabile, il cedente o prestatore emette la fattura senza indicazione dell’imposta, ed il cessionario o committente, soggetto passivo Iva, integra la fattura ricevuta ed effettua particolari registrazioni, in modo da neutralizzare l’Iva.

Nello specifico, in caso di applicazione del reverse charge, il fornitore di beni o il prestatore di servizi è tenuto a emettere una fattura nella quale non aggiunge all’imponibile l’Iva, e indica espressamente il riferimento normativo del mancato addebito [1].

A questo punto, il cessionario/acquirente che riceve la fattura è gravato da un duplice onere:

  • deve integrarla applicando l’aliquota Iva prevista,
  • deve annotarla in entrambi i registri Iva, ovverosia sia nel registro vendite che nel registro acquisti, entro il mese di ricevimento ovvero anche successivamente, ma comunque entro quindici giorni dal ricevimento e con riferimento al relativo mese

Quando si paga l’imposta di bollo sulla fattura?

Le fatture riguardanti il pagamento di corrispettivi di operazioni assoggettate a Iva sono esenti da imposta di bollo in modo assoluto. Se invece la fattura non riguarda corrispettivi assoggettati ad Iva, bisogna applicare un bollo di 2 euro se il documento supera la somma di 77,47 euro.

Sono esenti da imposta di bollo:

  • le fatture che riguardano cessioni all’esportazione, dirette o triangolari:
  • le fatture relative ad operazioni intracomunitarie;
  • le fatture emesse nei confronti di cessionari o committenti soggetti passivi IVA in applicazione del meccanismo del reverse charge;
  • le fatture scambiate fra organi della Pubblica amministrazione.

Sono, invece, soggette ad imposta di bollo le fatture, cartacee o elettroniche, di importo superiore a 77,47 euro, emesse a fronte di operazioni:

  • fuori campo Iva per carenza del presupposto oggettivo, soggettivo o territoriale;
  • escluse da Iva;
  • esenti Iva;
  • non imponibili, relative a operazioni assimilate alle esportazioni, a servizi internazionali o connessi agli scambi internazionali e alle cessioni agli esportatori abituali.

Fattura elettronica: è obbligatoria?

Dal 2019 entrerà in vigore l’obbligo di fattura elettronica tra privati per imprese e professionisti. In buona sostanza, se sei un professionista, o un imprenditore, ed emetti fatture alle imprese o ai liberi professionisti, dal 1° gennaio 2019 dovrai inviarla in forma elettronica.

L’obbligo di fatturazione elettronica, tra l’altro, è già in vigore per chi deve inviare fatture agli enti pubblici: in questo caso, bisogna creare una fattura PA e inoltrarla tramite il sistema d’interscambio dell’Agenzia delle Entrate. Per chi scarica le spese del carburante, poi, dal 1° luglio 2018 è possibile ricevere la fattura elettronica dal distributore. La fattura PA deve avere le seguenti caratteristiche:

  • rispondere ai requisiti della fattura elettronica e poter essere trasmessa tramite il Sistema di Interscambio (SDI);
  • essere in formato XML, unico formato ad essere accettato dal Sistema di Interscambio;
  • essere contrassegnata dalla firma elettronica qualificata di chi emette la fattura apposta al formato XML;
  • essere contrassegnata dal codice identificativo univoco dell’ufficio destinatario della fattura, come riportato nell’ Indice della Pubblica Amministrazione (IPA, una sorta di elenco contenente gli “indirizzi elettronici” degli enti pubblici);
  • se la fattura si riferisce a cessione di beni o prestazione di servizi oggetto di un bando pubblico o di una commessa aggiudicata, deve recare il Codice unico di progetto (CUP) assegnato dalla PA;
  • essere inviata tramite Pec con le modalità previste dalla norma attuativa.

Per approfondire: Guida alla fattura elettronica e alla fattura Pa


note

[1] Art.17 Dpr. 633/1972.


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