TRIBUNALE FIRENZE: Sentenza n. 2183/2018
Repubblica Italiana
In nome del Popolo Italiano
Tribunale di Firenze
II Sezione Civile
Il Tribunale di Firenze, Seconda Sezione Civile, nella persona del giudice monocratico dott.
Massimo Donnarumma, ha pronunziato la seguente
Sentenza ex art. 281 sexies cpc
nella causa civile iscritta al N. … del ruolo generale degli affari contenziosi dell’anno 2016, avente ad oggetto: appello avverso sentenza del Giudice di Pace in materia di opposizione a
sanzione amministrativa
Tra
UNIONE DEI COMUNI …, in persona del Presidente p.t., rappresentata e difesa dall’Avv. …, presso il cui studio è elettivamente domiciliata, in …, in Via …, in virtù di
procura in calce all’atto d’appello
Appellante
e
M.L. (nato a … il …), rappresentato e difeso, congiuntamente e disgiuntamente, dagli Avv.ti … ed …, elettivamente domiciliato in …, in Via …, presso lo studio dell’Avv. …, in
virtù di procura in calce alla comparsa di costituzione in appello
Conclusioni
Appellato
All’odierna udienza, i procuratori delle parti hanno precisato le conclusioni come da verbale che precede.
Ragioni della decisione in fatto ed in diritto
1 – Sul thema decidendum
In via preliminare, mette conto precisare che i motivi di opposizione formulati in primo grado e non esaminati dal giudice di pace (vd., nello specifico, motivi di cui alle lettere A e B del ricorso in prime cure) non entrano nel thema decidendum di questo giudizio, dal momento che l’opponente (odierno appellato) non li ha riproposti.
Peraltro, nel costituirsi in appello, L.M. ha affermato espressamente che “oggetto principale dell’impugnazione sono state le caratteristiche generali dell’impianto di rilevamento e la cartellonistica di avviso presente in tali luoghi” (vd. pag. 3 della comparsa di costituzione).
Sentenza n. 2183/2018
2 – Sulla violazione dell’art. 112 cpc
Il Giudice di Pace, a fondamento della sentenza impugnata, ha, tra l’altro, statuito che “il tratto di strada interessato non può classificarsi come strada extraurbana secondaria tipo C stante l’assoluta mancanza di banchine”.
Sul punto, non si rinviene alcuna deduzione nel ricorso proposto in prime cure, per cui il giudice a quo ha, sicuramente, violato il principio della corrispondenza tra il chiesto e il pronunciato, ex art. 112 cpc, oltre che i seguenti principi consolidati, che presiedono al giudizio di opposizione a sanzione amministrativa:
– il giudizio di opposizione ad ingiunzione amministrativa, proposto ai sensi degli artt. 22 e 23 della legge 24 novembre 1981, n. 689, si configura come giudizio di cognizione regolato dalla normativa speciale dettata dalla legge citata, il cui oggetto è delimitato dai motivi di opposizione che si pongono come “causa petendi” del suddetto giudizio e che, a norma dell’art. 22 cit., devono essere proposti con il ricorso entro trenta giorni dalla notificazione della ingiunzione (Cass. Civ., I, 25/03/2005, N. 6519);
– il giudizio di accertamento della pretesa sanzionatoria dell’amministrazione, introdotto con ricorso in opposizione, ai sensi dell’art. 22 della legge 24 novembre 1981 n. 689, è delimitato per l’opponente dalla causa petendi fatta valere con quel ricorso (Cass. Civ., II, 10/08/2007, N. 17625);
– nel giudizio di opposizione ad ordinanza – ingiunzione, disciplinato dagli artt. 22 e 23 della legge 24 novembre 1981, n. 689, i poteri decisori del giudice sono delimitati dalla “causa petendi” fatta valere con l’opposizione stessa, sicché, salve le ipotesi di inesistenza del provvedimento sanzionatorio, non sono rilevabili d’ufficio ragioni di nullità del provvedimento opposto o del procedimento che l’ha preceduto non dedotte dal ricorrente (Cass. Civ., L, 5/08/2010, N. 18288).
3 – Sulla distanza di 1 km dal segnale indicante il limite di velocità e la postazione fissa
Sull’argomento, occorre, innanzitutto, precisare che il secondo comma dell’art. 25 della L. N. 120/2010 non è norma programmatica, bensì precettiva, laddove prescrive che i dispositivi o mezzi tecnici di controllo, finalizzati al rilevamento a distanza della velocità, “fuori dei centri abitati non possono comunque essere utilizzati o installati ad una distanza inferiore ad un chilometro dal segnale che impone il limite di velocità”.
La norma è compiutamente enunciata e, quindi, è immediatamente applicabile.
Tuttavia, occorre, parimenti, aver chiaro che la ratio legis è assicurare all’automobilista spazi e tempi adeguati perché, in condizioni di sicurezza (e, quindi, evitando frenate brusche), possa ridurre la velocità uniformandola al limite imposto.
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In quest’ottica e, comunque, alla luce del dato testuale che emerge dalla citata disposizione, la distanza di un chilometro deve esser calcolata dal primo segnale che “impone” all’automobilista un determinato limite di velocità.
Se, dopo il primo, vi sono altri segnali, che si limitano a ripetere l’avvertimento, non se ne tiene conto ai fini del calcolo della prescritta distanza: in altri termini, non si sposta in avanti il punto in cui può essere posizionato l’autovelox.
Si tiene conto del segnale che, effettivamente, “impone” il limite di velocità e non di quelli successivi, che, per così dire, hanno solo la funzione di ribadire lo stesso limite (sul punto, questo giudice si è più volte pronunciato nei medesimi termini, per es. nella sentenza N. 2405/2016 del 17.6.2016, resa tra le parti Comune di … c. …).
Nel caso di specie, dalla documentazione fotografica prodotta in primo grado si evince che sulla strada teatro della contestata infrazione, in direzione Firenze:
– il segnale che impone il limite di 50 km/h si trova al km 53+000;
– successivamente, ve ne sono altri meramente ripetitivi;
– l’autovelox è ubicato al km 54+900.
Ergo, la distanza minima di un chilometro è sicuramente osservata.
E, a ben vedere, lo stesso giudice a quo rileva che “la P.A. provvedeva ad installare nel senso di direzione Empoli – Firenze ben n. 7 segnali del limite di velocità km 50, il primo dei quali posizionato al km 53+100 nella frazione di Fibbiana … e quindi a circa due chilometri prima del rilevamento”.
Quanto, poi, alla presenza di intersezioni tra il segnale che impone il limite e l’apparecchio, è finanche intuitivo che gli automobilisti che provengono dalla strada laterale debbano essere avvertiti del limite che vige sulla strada imboccata e che la distanza minima di un km debba sussistere tra il primo segnale che prescrive il limite di velocità successivo all’intersezione e l’apparecchio rilevatore.
Ma, è altrettanto intuitivo e conforme al principio positivizzato nell’art. 100 cpc che della mancata osservanza della distanza abbia interesse a dolersi solo chi, provenendo dalla strada laterale, non sia stato tempestivamente avvertito del limite vigente sulla strada imboccata. Siffatta circostanza (provenienza da una strada laterale e mancato avvertimento), nel caso in esame, non è dedotta né allegata (anche sul punto, cfr. quanto statuito nella citata sentenza del Tribunale di Firenze N. 2405/2016 del 17.6.2016).
4 – Sulla visibilità dell’apparecchio
A tal proposito, va focalizzato il dato normativo.
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L’art 142, comma 6 bis, del C.d.S. stabilisce che “le postazioni di controllo devono essere preventivamente segnalate e ben visibili, ricorrendo all’impiego di cartelli o di dispositivi di segnalazione luminosi…”.
Dal tenore della norma e dall’utilizzo del verbo “ricorrendo”, che pone l’impiego di cartelli o di dispositivi di segnalazione in posizione di strumentalità rispetto alla segnalazione di postazioni di controllo, si ricava che la “segnalazione” e la “visibilità” devono caratterizzare non la postazione “fisica” dell’autovelox, ma la sua presenza nei pressi della sede stradale, in modo da spiegare la propria finalità di avvertimento nei confronti degli automobilisti (vd., tra l’altro, la citata sentenza del Tribunale di Firenze N. 2405/2016 del 17.6.2016). Tant’è che, mutatis mutandis, in relazione alle postazioni mobili (che, in genere, sono meno visibili di quelle fisse), i giudici di legittimità hanno precisato che, “In tema di violazioni delle norme sui limiti di velocità, ove non si sia proceduto a contestazione immediata dell’illecito, rilevato a mezzo apparecchiatura autovelox, il giudice dell’opposizione non può sindacare l’organizzazione del servizio di vigilanza, e in particolare ritenere sussistente un obbligo per gli agenti accertatori di rendersi visibili agli automobilisti, né le modalità organizzative del servizio di rilevamento delle infrazioni da parte della P.A.” (Cass. civ., I, 17.3.2005, N. 5861).
In sostanza, ai fini della validità del verbale di accertamento, deve ritenersi sufficiente la preventiva segnalazione della postazione di autovelox a mezzo di cartellonistica o dispositivi luminosi ben visibili, essendo irrilevante la visibilità della postazione in sé.
Nel caso di specie, stando alle evidenze fotografiche, la cartellonistica è ben visibile ed è ciò che rileva.
Né, a fronte del dato normativo appena evidenziato, valgono in senso contrario o difforme le prescrizioni citate nella sentenza impugnata, dal momento che il c.d. Decreto Maroni altro non è se non una Circolare, che, evidentemente, non ha valore precettivo vincolante. Peraltro, al punto 7.1., la circolare si limita a prevedere una facoltà, nel senso che le postazioni fisse “possono” essere rese ben visibili attraverso un’opportuna colorazione delle installazioni in cui sono contenute ovvero attraverso la collocazione su di esse di un segnale di indicazione dell’organo operante conforme a quello riprodotto dall’art. 125 Reg. Es. Cds. Dunque, non si sancisce un obbligo.
Considerazioni analoghe valgono per l’altra prescrizione richiamata nella sentenza impugnata ovvero per l’art. 81 Reg. Es. Cds, laddove è previsto che i segnali verticali sono installati “di norma” sul lato destro della strada.
La locuzione “di norma” implica, evidentemente, la possibilità di derogare alla prescrizione.
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Conclusivamente, va accolto l’appello e, per l’effetto, va riformata la sentenza impugnata, respingendo l’opposizione proposta in primo grado.
In relazione a questo grado di giudizio, l’odierno appellato va condannato al rimborso in favore dell’appellante, come da dispositivo che segue.
P.q.m.
Il Tribunale, definitivamente pronunciando, così provvede:
1) accoglie l’appello e, per l’effetto, in riforma della sentenza impugnata, respinge l’opposizione proposta in prime cure;
2) condanna l’appellato a rimborsare all’appellante le spese di lite relative a questo grado di giudizio, che liquida in € … per compenso, oltre spese di iscrizione della causa a ruolo e notifica, spese generali, IVA e CPA, come per legge.
Così deciso, in Firenze, il 13.7.2018, ai sensi dell’art. 281 sexies cpc.
Il Giudice
Dott. Massimo Donnarumma
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