Ocse: l’Italia non investe sui giovani!


Dagli ultimi dati resi disponibili dall’Ocse emerge la drammatica situazione italiana che costringe le giovani risorse a fuggire all’estero
L’Italia non è un Paese per giovani e questo, purtroppo, è un dato confermato dall’esperienza di tutti i giorni e dal triste e preoccupante fenomeno della cosiddetta “fuga dei cervelli”. Sono numerosi, infatti, i giovani che, per dare un senso ai tanti e faticosi anni di studio presso i vari Atenei italiani, decidono di trasferirsi all’estero, dove le opportunità di trovare un lavoro soddisfacente e in linea con le competenze acquisite in ambito accademico sono di gran lunga maggiori. Non si tratta solo di dare un senso alla fatica intellettuale affrontata durante gli anni universitari, ma anche alla fatica economica che lo studio comporta: si pensi alle numerose e sproporzionate tasse che lo studente è costretto a pagare per usufruire di pochi e spesso insoddisfacenti servizi (alcune tasse sono addirittura illegittime, come abbiamo avuto modo di vedere nel seguente articolo: Tasse universitarie illegittime: quali le cifre del rimborso?). Tale situazione drammatica con cui l’Italia è costretta a fare i conti emerge in tutto il suo vigore dagli ultimi dati resi disponibili dall’Ocse (Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico): il ritratto dell’Italia messo a paragone con quello degli altri Paesi europei non è certamente edificante e non rende giustizia alla nostra splendida Patria, la quale, in passato, si è contraddistinta per la presenza di grandi letterati, scienziati, giuristi, artisti ecc. Vediamo di seguito alcuni dei dati che sono emersi.
Indice
Ocse: l’Italia ha pochi laureati di 20-34 anni!
Innanzitutto, dai dati dell’Ocse emerge lo scarso quantitativo di laureati nella fascia di età dai 20 ai 34 anni. Riguardo alle performance, queste risultano inferiori alla media. Per non parlare, poi, della discrepanza tra le abilità possedute e le qualifiche richieste dai datori di lavoro, che rende la situazione drammaticamente paradossale, a tratti addirittura “divertente”, se non fosse che a farne le spese siamo proprio noi! Ma si sa, talvolta si ride per non piangere!
Ocse: si investe poco sui giovani!
Altro dato negativo che emerge dai dati resi noti dall’Ocse è lo scarso investimento sui giovani. Anche in proposito, infatti, l’Italia, infatti, è relegata agli ultimi posti su scala europea. Si considerino i seguenti dati:
- spese per la formazione: circa il 4% del Pil (la situazione è addirittura più drammatica rispetto a quella che è costretta ad affrontare la Grecia);
- spese per la formazione terziaria: 7 miliardi nel 2013 (in Germania, invece, tali spese nel 2013 ammontavano a 28 milioni);
- politiche attive di inserimento nel lavoro: appena lo 0,36% del Pil (lo standard internazionale è dello 0,57%).
Ocse: lo studente italiano paga più tasse!
Altro tasto dolente è quello delle tasse che gli studenti italiani sono costretti a corrispondere allo Stato. Le rette universitarie, infatti, sono più alte rispetto alla media di Paesi come la Francia e la Germania e le sovvenzioni ricevute dai ragazzi non sono soddisfacenti come quelle ricevute dai coetanei all’estero. Attualmente le rette di un ateneo pubblico variano da 200 a 2mila euro ed oltre l’anno, in relazione al reddito, contro i 184 euro della Francia e gli studi gratis dell’università tedesca, all’interno della quale i cittadini dell’Unione Europea non pagano tasse.
Ocse: poche borse di studio e di modesto importo!
Riguardo alle borse di studio effettivamente assegnate, esse sono poche e gli importi che attraverso esse vengono corrisposti sono piuttosto modesti. Si consideri che la media è di 3.347 euro, che corrisponde a circa il 12% di uno stipendio medio lordo annuo. Purtroppo anche tale dato non è degno di lode, soprattutto se viene messo a paragone con le borse di studio che la Germania elargisce ai proprio studenti, il cui valore medio è di 5.736 euro.
Ocse: la laurea innalza di poco lo stipendio!
Nonostante il possesso di una laurea possa sempre essere considerato un valore aggiunto, che connota in positivo il proprio curriculum, l’innalzamento di stipendio che esso garantisce è più basso rispetto agli altri Paesi europei. In Italia, emerge dai dati dell’Ocse, un laureato guadagna il 41% in più rispetto a chi non ha proseguito gli studi accademici e si sia fermato alla formazione secondaria superiore. La media Ocse è pari al 56% in più; tale dato può, addirittura, raggiungere il 66% di guadagno in più a favore di chi sia in possesso di un titolo di laurea, come avviene in Germania.
Qual è la conseguenza di tale situazione?
La conseguenza di tale drammatica situazione è rappresentata dal fenomeno della fuga di cervelli all’estero. È evidente la situazione paradossale: da un lato, si lamenta la presenza di pochi laureati nel nostro Paese e, dall’altro, si provoca la loro fuga, arricchendo altri Stati di giovani e competenti risorse. Ci si chiede, pertanto, perché in Italia non si riesca a dare il giusto valore ai numerosi laureati che escono dai vari Atenei, facendo in modo che essi trovino una corretta collocazione lavorativa che permetta loro di impiegare le competenze acquisite in modo utile per la società.
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