Fibromialgia: come si scopre e come si cura


La fibromialgia è una malattia quasi invisibile, dichiarata patologia dall’OMS solo nel 1992, in Italia è ancora in corso l’iter per il suo riconoscimento. Quali sono i sintomi? Cosa mangiare? Come e dove curarsi?
Senso di profonda stanchezza, astenia, sonnolenza durante il giorno e un sonno poco ristoratore notturno, dolore invalidante diffuso in tutto il corpo, mal di testa frequenti, e scarsa resistenza all’esercizio fisico: ecco, sono questi i sintomi di una malattia definita “invisibile”. E’ la fibromialgia. In questa parola sono contenute tutte le diagnosi mancate, tutte le incomprensioni, le sottovalutazioni e, spesso, i pregiudizi che circondano chi soffre di questa patologia. Eh si perché la fibromialgia è una malattia reumatica cronica, non ha nulla a che vedere con la pigrizia o la depressione o un più sbrigativo giudizio di indolenza. Ne soffrono circa 2 milioni di persone solo nel nostro Paese. Sono più donne che uomini e hanno un’età compresa tra i 45 e i 55 anni. Sintomi che sembrano ricondurre ad altre condizioni rendono la questa patologia difficile da diagnosticare e da trattare. In questo articolo cercheremo di capire cos’è la fibromialgia, come si scopre e come si cura.
Riconducibili alla fibromialgia sono anche due particolari malattie neurologiche: la sindrome delle gambe senza riposo o RLS (Restless Legs Syndrome) che si manifesta con un bisogno urgente e incontenibile di muovere le gambe durante la notte soprattutto, accompagnato da sensazioni spiacevoli come prurito, formicolio o scosse e la Sindrome di Raynoud che rende le dita delle mani e dei piedi intorpidite, fredde e bluastre.
Sono più di 2 milioni in Italia le persone che oggi sanno di soffrire di fibromialgia. Si tratta soprattutto donne – con un rapporto di otto femmine su un maschio – e si trovano a convivere con sintomi che possono essere arginati con un approccio multidisciplinare ma, di fatto, rimangono in attesa di una cura specifica che ad oggi ancora non esiste.
La fibromialgia è una patologia “nuova”. L’OMS la dichiara malattia nel 1992. Nel 2017, la Commissione Affari sociali ha approvato una risoluzione in cui chiede al Governo un impegno a inserire la fibromialgia tra le malattie incluse nei LEA.
Soffrire di una malattia non riconosciuta è anche un’ingiusta fregatura, significa dover sopportare interamente il peso delle cure, che in questo caso sono molte e spesso costose. Dal novembre scorso, con il riconoscimento, lo Stato si è formalmente impegnato a garantire le cure idonee attraverso il Sistema Sanitario Nazionale (SSN). Eppure i centri in Italia che possono diagnosticare la Fibromialgia non sono tantissimi e il divario tra il Nord e il Sud del Paese è ancora una volta drammatico.
Indice
Chi sono le persone che soffrono di fibromialgia
Sono persone giovani, tra il 2% e 4% della popolazione. Tra i maschi, i meno colpiti, i primi sintomi possono apparire tra i 25 e i 35 anni; per le femmine il dato si sposta di circa 10 anni, i primi sintomi si riscontrano tra i 45 e i 55 anni. Attenzione! la Fibromialgia può essere diagnosticata anche in epoca precoce. Fortunatamente è una malattia molto rara, ma esistono bambini che soffrono di Fibromialgia giovanile: sono più bambine che bambini e accusano i primi sintoni tra i 9 e i 12 anni.
La fibromialgia giovanile
Se per gli adulti la diagnosi di Fibromialgia è pressoché un’odissea, per i bambini è una sfida – all’esordio della malattia – “quasi” impossibile. Difficile pensare ad una malattia specifica in presenza di sintomi spesso banalmente riconducibili a momenti di crescita. Così, si arriva alla diagnosi quando i sintomi sono così invalidanti, da rendere una diagnosi più approfondita l’unica via d’uscita. Un senso di stanchezza o anche il dolore alle gambe o alle braccia o il mal di testa, inizialmente, possono essere inizialmente trascurati o ricondotti poi a malattie muscoloscheletriche.
I sintomi riportati dai bambini sono: un dolore prolungato, una grave difficoltà a muovere le gambe o le braccia, difficoltà a dormire e riuscire a riposare.
Cosa fare? Il primo trattamento è quello antidolorifico, se la situazione non cambia e i dolori vanno avanti per più di 3 mesi è bene rivolgersi ad un centro specializzato.
Attenzione al mal di testa: l’emicrania si trova spesso associata alla Fibromialgia, è molto invalidante con ripercussioni anche di tipo psicologico. Parliamo di bambini e ragazzi che non riescono a giocare, a stare fuori all’aperto con gli amici, ad andare a scuola.
Una buona notizia è che nei bambini esiste una buona possibilità di guarigione: i miorilassanti e gli antidolorifici sono dei buoni alleati per contenere il dolore e consentire una vita normale. Sicuramente è importante abbinare tutte le possibilità terapeutiche, dalla fisioterapia, all’agopuntura, ad una dieta adeguata.
Ma perché i bambini si ammalano di Fibromialgia? Pare esista una familiarità e si pensa ad una causa genetica scatenata da particolari condizioni forse ormonali, immunitarie o ambientali. La Ricerca è in corso.
Un’ipotesi accreditata pone come causa della fibromialgia quella che ad oggi sembra essere la madre di tutte le malattie e cioè l’infiammazione. Pare che accada così: l’infiammazione che, ricordiamolo, è un’azione di difesa del nostro sistema immunitario, manda in tilt i neurorecettori che, “impazziti” danno i sintomi che abbiamo imparato essere relativi alla Fibromialgia. Naturalmente questa scoperta sarà utile per scoprire una metodologia di diagnosi più veloce ed efficace, ma una riflessione sullo stato di infiammazione cronica in cui ci costringiamo a vivere è importante farla, a livello personale e di società.
Il nostro stile di vita sempre in rincorsa, l’alimentazione “ricca” – o più propriamente povera – di cibi troppo raffinati, zuccheri, grassi animali creano un’allerta perenne del nostro sistema immunitario. In una recente video intervista “ Medicina da mangiare” rilasciata al giornale pensallasalute.com, il professor Berrino ha approfondito il tema dell’infiammazione cronica come origine di tutte le malattie. Ripensiamo con saggezza l’alimentazione di noi adulti e dei nostri bambini!
Che relazione esiste tra cibo e dolore?
Ci sono alimenti che contengono sostanze che agiscono sul centro del dolore, rendendolo più sensibile. Pensiamo ai pomodori, alle melanzane o ai peperoni che aumentano la sensibilità al dolore. Un nemico giurato per chi soffre di dolore cronico e quindi di fibromialgia è il glutammato, il dado che si usa comunemente per insaporire alcuni piatti. Pare che esista anche una relazione tra fibromialgia e intolleranza al glutine. Tra gli alimenti che aumentano il grado di infiammazione e quindi di sensibilità al dolore, come è facilmente immaginabile troviamo gli zuccheri, i lieviti e in genere tutti i cibi industriali. Un alleato invece contro l’infiammazione e quindi utile per ridurre il dolore, è il riso integrale, alimento che contiene utilissime sostanze antinfiammatorie. Più in generale un intestino sano è fondamentale per mantenere un buono stato di salute, ma per chi soffre di fibromialgia è determinante perché la serotonina, l’ormone del benessere, è prodotta a livello intestinale, mentre è “solo” regolata dal cervello.
A cosa è dovuto il dolore cronico per chi soffre di fibromialgia?
Sapere come funziona il circuito del dolore può fare la differenza nella comprensione della malattia stessa e delle strategie migliori da utilizzare per trattarla; rimanere centrati solo sul dolore che si prova senza capirne il meccanismo è ancora più frustrante. E’ proprio il circuito del dolore, infatti, ad essere alterato. Quando si soffre si Fibromialgia, alcuni neurotrasmettitori responsabili di condurre l’impulso doloroso verso il cervello sono troppo presenti, mentre quelli che lo bloccano, come appunto la serotonina, sono più bassi. La conseguenza è un aumento della sensibilità al dolore, quindi una piccola sollecitazione viene vissuta come un importante stimolo doloroso e una sorta di “creazione del dolore”, si percepisce cioè un dolore che di fatto non avrebbe ragion d’essere. E qui che si comprende perché ne soffrono più le donne che gli uomini. I maschi e le femmine sono neurofisiologicamente diversi: nelle donne la sensibilità al dolore dipende dalla forte presenza di estrogeni che aumentano l’attività del sistema nervoso e quindi anche del circuito del dolore. Nei maschi invece l’elevata presenza di testosterone effettua un’azione protettiva, perché anche quest’ormone agisce nella regolazione dello stimolo doloroso, riducendolo. In poche parole, le donne sentono di più il dolore rispetto agli uomini. L’avreste mai detto?
Come si cura la fibromialgia?
Naturalmente per arginare il dolore si usano antodolorifici e miorilassanti, farmaci cioè in grado di ridurre la contrazione muscolare e quindi di conseguenza il dolore. Eppure, anche se aiutano a sentire meno dolore, secondo l’EULAR (European League Against Rheumatism), l’ente europeo per le patologie reumatiche, i farmaci non sono la terapia d’eccellenza per il trattamento della fibromialgia. I farmaci che vengono usati spesso con grande efficacia sono gli antidepressivi a bassi dosaggi, perché aumentando il livello di serotonina agiscono sul circuito del dolore, diminuendolo. La terapia che sembrerebbe essere d’elezione pare sia basata sull’uso della Cannabis terapeutica: agisce efficacemente e in più non ha gli effetti collaterali che invece gli antidepressivi o gli antidolorifici presentano. Il problema è la sua reperibilità, pochi specialisti la prescrivono e anche alcuni pazienti sono restii per via dei pregiudizi rispetto all’aspetto stupefacente. In definitiva comunque resta un’opzione valida e straordinariamente efficace: i farmaci cannabinoidi esistono, così come gli specialisti che li prescrivono e le farmacie autorizzate alla vendita.
L’attività fisica
Sembra un paradosso, ma muoversi aiuta a sentire meno il dolore. Il primo “farmaco” è proprio il movimento, naturalmente misurato e adeguato alla propria situazione. Fare attività fisica aumenta i livelli di testosterone e libera le endorfine che sono molto più potenti di qualunque antidepressivo o antidolorifico chimico.
In definitiva per prevenire e convivere con la Fibromialgia è fondamentale ridurre a zero il livello di infiammazione dell’interno organismo, fare una dieta sana, utilizzare la terapia farmacologica o integrata prescritta dal medico.
I centri pubblici specializzati per la cura della fibromialgia
Lo specialista che può diagnosticare la Fibromialgia è il reumatologo, figura presente in quasi tutti gli ospedali italiani. Esistono poi alcuni centri pubblici specializzati nella diagnosi e nel trattamento della Fibromialgia. In una prima analisi li abbiamo trovati a Milano, Torino, Verona, Pisa, Roma, Chieti e Palermo.
A Milano: Giulio Cavalli, immunologo e responsabile dell’Ambulatorio Fibromialgia dell’ospedale San Raffaele di Milano, Piercarlo Sarzi Puttini, presidente dell’AISF (Associazione italiana sindrome fibromialgica) e Direttore dell’unità operativa di Reumatologia dell’ospedale Luigi Sacco, e Pierluigi Meroni, del dipartimento di Reumatologia e fisiatria dell’Istituto Gaetano Pini.
A Torino: il reumatologo Enrico Fusaro dirige l’ambulatorio dedicato alla Fibromialgia presso l’ospedale Molinette di Torino.
A Verona: Maurizio Rossini, reumatologo, dirige uno dei centri di riferimento per la Fibromialgia presso l’ospedale universitario (AOUI).
A Pisa: Laura Bazzichi si occupa di Fibromialgia presso l’unità di Reumatologia dell’ospedale Santa Chiara.
Roma: Manuela di Franco gestisce l’Ambulatorio fibromialgia al Policlinico Umberto I, dove esercita ugualmente un’altra esperta della patologia: Cristina Iannuccelli. Al policlinico romano, gli specialisti della Fibromialgia lavorano in équipe con il neurologo, lo psicologo e l’agopuntore.
A Chieti: Maria Adele Giamberardino presso l’ospedale SS. Annunziata, dirige l’ambulatorio per lo studio della fibromialgia e del dolore muscoloscheletrico
A Palermo: all’ospedale Buccheri La Ferla, in collaborazione con l’AISF, esiste uno sportello di assistenza e orientamento per i pazienti affetti da Fibromialgia. Inoltre, l’unità operativa di terapia del dolore la cui responsabile è Monica Sapio lavora in stretta collaborazione con il Policlinico Paolo Giaccone, dove è stato attivato un ambulatorio reumatologico di Fibromialgia guidato da Giovanni Triolo.
Interessantissimo è utile grazie
È da quando ero adolescente che mi hanno riscontrato un sospetto di lupus, ma confermato la fibriomalgia cronica, ho girato i migliori professori e ospedali nominati nell’articolo, ma ancora oggi vivo con dolori importanti e un lavoro pesante….tutela nulla,un enorme incomprensione a volte anche a casa propria. Sì va’ avanti in silenzio. Sabrina
IO PEGGIO BLOCCATA CON LA SCHIENA PER MESI , CON SOSPETTI DI MALATTIE E POI RINGRAZIANDO DIO , SALVA PERÒ I MIEI GENITORI NON AVENDO UNA DIAGNOSI CERTA PASSATA PER IPOCONDRIACA POI DEPRESSA FANNULONA INVECE FIBROMIALGICA CON DIVERTICOLOSI E MALATTIA SISTEMICA IMMUNITARIA CON BORDELAIRE , ORGANO CONTRO ORGANO .
non mi risulta sia stata ancora inserita nei LEA….
Infatti non è inserita nei Lea
Tutto vero per quanto riguarda la descrizione della patologia con tutti i suoi sintomi. Ma da questo ad arrivare a scrivere che da novembre è stata riconosciuta…ce ne vuole…perché NON È AFFATTO COSÌ!!!!! Non è giusto tantomeno corretto illudere tante persone malate con false informazioni.
Quindi non si può richiedere nessuna forma di sussidio di invalidità, ?