Cancellata la norma che poneva il limite a 36 mesi per il rinnovo dei contratti a termine per gli insegnati: ora i supplenti possono rimanere tali anche a vita.
Si chiamerà anche “decreto dignità”, ma la dignità non è per tutti. Gli insegnanti, ad esempio, sono tagliati fuori. Con un’operazione che ha lasciato interdetti in molti, il Governo ha infatti cancellato la norma – approvata dalla precedente legislatura – che limitava a 36 mesi la reiterazione dei contratti a termine nel comparto scuola. Da oggi quindi i docenti sono condannati al precariato a vita. Il che è paradossale per due ragioni. Da un lato lo stesso decreto dignità è intervenuto per limitare l’abuso dei contratti a termine imponendo la cosiddetta “causale” già dal secondo rinnovo (una sorta di motivazione che deve accompagnare la stipula del contratto di lavoro). Dall’altro lato, la Comunità Europea ha già condannato l’Italia alle sanzioni economiche per aver abusato, nella pubblica amministrazione, dei contratti a tempo limitato, situazione che aveva comportato un ricorso alle aule di giustizia da parte di numerosi insegnanti ed a cui la norma oggi abrogata aveva tentato di porre rimedio.
Ma procediamo con ordine e vediamo cosa cambia, da oggi, nella scuola e cosa comporta la scelta del Governo di approvare il “precariato a vita”.
La legge di conversione del “Decreto lavoro” (comunemente chiamato “decreto dignità”) ha cancellato il limite massimo di durata dei contratti a termine nella scuola, introdotto con il Decreto buona scuola [1]. Questa norma stabiliva, dal primo settembre 2016, il divieto di superare la durata complessiva di trentasei mesi, anche non continuativi, per i contratti di lavoro a tempo determinato stipulati con il personale docente, educativo, amministrativo, tecnico e ausiliario presso le istituzioni scolastiche ed educative statali.
La norma era stata approvata perché, lo scorso 26 novembre 2014, la Corte di Giustizia, con una sentenza Mascolo, aveva condannato l’Italia per l’abuso dei contratti a termine nella pubblica amministrazione. In particolare era stata ritenuta illegittima la nostra normativa che autorizzava la reiterazione senza limiti dei contratti a tempo determinato nel comporto scuola. La decisione era stata poi ribadita dalla Cassazione e dalla Corte Costituzionale: la nostra giurisprudenza aveva infatti ritenuto – e ritiene tutt’ora – che la reiterazione di tali formule contrattuali si configura come un abuso quando la durata complessiva del rapporto supera i 36 mesi. E ciò perché configurerebbe, da parte della P.A., l’utilizzo di uno strumento per fini diversi da quelli per i quali è stato istituito. Così il Governo, per evitare che lo Stato pagasse lauti risarcimenti agli insegnanti, aveva deciso di stabilizzarli. In questo modo era stato posto freno all’ondata dei ricorsi dei supplenti che chiedevano un risarcimento del danno.
Ora però la norma del precedente esecutivo è stata abolita. L’effetto è che, da oggi, sarà possibile rinnovare i contratti a termine dei docenti anche oltre i 36 mesi. Questo però a fronte di una giurisprudenza che non è mutata e che continua a ritenere tale soluzione come un abuso perché in contrasto con le norme europee. Risultato: si apriranno nuovi contenziosi e vertenze legali per i risarcimenti. Cui l’Italia – o meglio i contribuenti italiani – dovranno porre rimedio pagando i precari.
C’è poi il fatto che il Governo ha così creato dei lavoratori di serie A, cui i contratti a termine non possono essere rinnovati se non per valide ragioni (cosiddette “causali”) e lavoratori di serie B (gli insegnanti appunto) che possono essere serenamente condannati a un precariato a vita.
Come giustamente scrive il Sole24Ore sulle sue pagine di oggi: «La scelta di cancellare il limite risulta, peraltro, incoerente con le norme comunitarie sul lavoro a tempo determinato (che impongono la fissazione di un limite di durata massima, senza eccezioni) e si pone in netto contrasto anche con l’intero impianto del Decreto lavoro, che per il settore privato prevede la riduzione della durata massima dei contratti a termine a 12 mesi, unita alla reintroduzione delle causali (in versione molto restrittiva) per i casi di allungamento sino a 24 mesi».
Per approfondire, e per capire come funziona il contratto a termine nel pubblico impiego e nell’impiego privato: Contratto a termine nella scuola.
note
[1] Co. 131 dell’articolo 1 della legge 13 luglio 2015, n. 107 (la cosiddetta Buona Scuola).