Recensioni false su internet: cosa si rischia?


Scrivere e pubblicare online feedback non veritieri può costare una condanna penale?
Hai un’attività commerciale e una sedicente società di servizi internet ti ha proposto un pacchetto di recensioni su TripAdvisor, Airbnb e su Booking che garantiranno, al tuo locale o al bed & breakfast che gestisci, encomi di tutti i tipi? Oppure sei un giovane studente e, per arrotondare la paga che ti danno i tuoi genitori, ti è stato chiesto di scrivere qualche recensione falsa sul web in cambio di qualche decina di euro a testo? Se ti trovi in un caso simile, sappi che corri seri problemi. Innanzitutto se ti scopre la piattaforma, potrebbe decidere di chiudere il tuo account o declassarlo per violazione delle regole contrattuali che hai sottoscritto nel momento in cui ti sei iscritto. Alle soluzioni di natura tecnica, però, ora si aggiungono anche quelle legali: secondo una interessantissima sentenza del tribunale di Lecce, pronunciata nello scorso mese di giugno, chi elogia un ristorante, un bar, un albergo senza esserci mai stato, e magari lo fa di “professione”, può subire un procedimento penale. Possibile? Assolutamente sì. Anche se si tratta di uno dei primi precedenti in materia, occorre capire quali sono le motivazioni che hanno portato il tribunale a ritenere sussistente il reato di “sostituzione di persona” per commettere la truffa online. Cerchiamo quindi di comprendere meglio, in caso di recensioni false su internet, cosa si rischia.
Indice
Recensioni online: quanto pagano?
Si tratta ormai di un mestiere. Qualcuno lo ha chiamato anche “il fenomeno dei clienti fantasma“. Se grazie alle recensioni vivono i locali commerciali e aumentano i download delle app, per incrementare il numero di commenti positivi si ricorre a ogni tipo di escamotage. I pacchetti sono quasi sempre alla portata di tutti: «10 recensioni = 100 euro, 30 recensioni = 240 euro», questa la media dei prezzi con cui è possibile comprare una serie di recensioni false. Se si considera che una pagina pubblicitaria su un rotocalco nazionale può costare migliaia di euro e ha certamente una portata più limitata (visibile solo a chi ha acquistato la copia in quel determinato giorno), si comprende bene quale vantaggio possa essere per chi vende un feedback positivo sempre presente online.
Ma ormai è noto – e nessuno ci fa più caso – che quando la recensione è troppo generica o eccessivamente benevola è probabile che sia stata “indotta”: un fake per usare una terminologia odierna. Così si va direttamente a chi, al posto delle cinque stelle – che si danno solo alla perfezione – ha preferito piuttosto optare per tre o quattro stelle. Molto più probabile che si tratti di una recensione reale e critica. Ma cosa rischia chi scrive recensioni false? E chi le commissiona? Vediamolo qui di seguito.
Recensioni false online: cosa si rischia?
TripAdvisor e le altre piattaforme online investono molto, in sistemi di sicurezza, per contrastare il fenomeno delle recensioni false. Ne va della loro stessa credibilità e del servizio che offrono. Grazie ad alcune analisi tecniche è stato possibile identificare prima e rimuovere o bloccare dopo, ben oltre 1.000 tentativi di invio di recensioni false relative a centinaia di strutture. «Il team ha quindi inviato una segnalazione a queste strutture e le ha penalizzate declassandole poi nelle nostre classifiche» sottolineano da TripAdvisor.
Senonché, come anticipavamo in apertura, ora ci si mette anche la Procura della Repubblica. Secondo il tribunale di Lecce, infatti, scrivere recensioni false è reato, quello di «sostituzione di persona» [1] per il quale si rischia addirittura la reclusione fino a un anno. Vendere falsi feedback sui social media – tra l’altro con lo scopo di venderle ai locali potenzialmente interessati – fa quindi scattare un processo penale. A denunciare potrebbe essere un commerciante concorrente sospettoso o la stessa piattaforma su cui è stato inserito il testo. Ed è proprio quello che è successo nel caso deciso dal tribunale pugliese, originato da una segnalazione fatta da TripAdvisor. I gestori della nota piattaforma si erano accorti di alcune anomale recensioni inviate sempre dallo stesso computer. Immediata la condanna a 9 mesi di reclusione e al pagamento di circa 8.000 euro (il lucro illecitamente accumulato) nei confronti di un giovane che si era prodigato nel pubblicare online elogi di tutti i tipi nei confronti di un ristorante. Il titolare del locale aveva pagato per questi “abbellimenti” online. Tratto comune delle recensioni era l’uso smodato di aggettivazioni ridondanti, uno degli indici di anomalia tra l’altro rilevati dagli ispettori interni di TripAdvisor.
Si tratta, secondo i giudici, di un comportamento truffaldino sia ai danni della concorrenza che del mercato, che finisce per violare non solo le regole civilistiche della piattaforma, ma anche con l’ingenerare un ingiusto profitto a discapito degli altri con un comportamento non corretto. Anche se da sempre la legge vieta comportamenti di questo tipo, la sentenza in commento è una delle prime che usa la mano dura verso i colpevoli.
Le indagini vengono condotte dalla polizia postale, in grado di recuperare l’ID di connessione a internet tramite il quale viene attuata la truffa e così di identificare il colpevole dei “pacchetti”.
Non dimentichiamo che la recensione positiva falsa può integrare anche un atto di concorrenza sleale per il quale il competitor può chiedere il risarcimento del danno.
Diffamazione con recensione negativa: cosa si rischia?
A rischiare non è solo chi fa una recensione non veritiera positiva, ma anche chi spende parole dispregiative senza giustificazione. Le recensioni negative possono infatti essere causa di una querela per diffamazione aggravata perché attuata a mezzo di internet. Questo non vuol dire che non si possono scrivere feedback negativi, ma bisogna usare un linguaggio composto, che si attiene ai fatti e non a valutazioni sulla moralità delle persone. Scrivere «Il titolare dell’albergo è un truffatore» è certamente vietato; scrivere invece «L’albergo promette un servizio di colazione gratuito ma in realtà è a pagamento» non è illecito. Scrivere «Il personale del ristorante è maleducato e al momento del conto si fanno imbrogli» è certamente vietato; invece sterzare verso una forma più attinente ai fatti è certamente concesso, come nel caso di chi dice: «Sono stato maltrattato dal cameriere che mi ha servito in ritardo; al momento del conto, sullo scontrino c’erano dei piatti che non ho consumato». Insomma, non bisogna abbandonarsi a giudizi sulle persone ma avere sempre a riferimento i fatti dimostrabili.
In questo caso il titolare del locale può intervenire sia sulla piattaforma, chiedendo la rimozione del contenuto illecito, sia proporre una querela per diffamazione con conseguente risarcimento del danno commerciale.
In una ordinanza del 28 febbraio 2015 il tribunale di Forni ha ordinato a TripAdvisor la cancellazione di una recensione poco lusinghiera non veritiera.
L’azione civile per il risarcimento e la rimozione della recensione diffamatoria, deve essere preceduta dall’attivazione necessaria della mediazione civile.
note
[1] Art. 494 cod. pen.