L’esecutivo vuole evitare gli aumenti dei requisiti per la pensione previsti dal 1° gennaio 2019: chi potrebbe pensionarsi nel prossimo biennio alle nuove condizioni.
In pensione dal 2019 senza gli adeguamenti alla speranza di vita: è quanto vorrebbe realizzare l’esecutivo per favorire l’uscita dal lavoro, evitando l’aumento di 5 mesi dei requisiti per il pensionamento, giudicato tra l’altro eccessivo. In pratica, si vorrebbe realizzare il congelamento dei requisiti per la pensione, eliminando il sistema che prevede lo spostamento sempre più avanti dell’età per l’uscita dal lavoro. Ma che cosa cambierebbe nel caso in cui sia realizzato il blocco età pensionabile 2019? Facciamo il punto della situazione.
Indice
Come funziona l’aspettativa di vita per la pensione?
Ad oggi, la normativa prevede che la pensione sia adeguata periodicamente alla speranza di vita, con aumenti biennali dei requisiti dal 2019. Gli adeguamenti previsti nelle apposite tabelle allegate alla legge Fornero possono essere però disattesi, sia nel caso in cui la speranza di vita media riscontrata sia maggiore rispetto alle proiezioni, sia nel caso in cui invece si registrino decrementi nell’aspettativa di vita media: in quest’ultima ipotesi, però, i requisiti previsti per la pensione non possono mai diminuire, ma vengono soltanto bloccati per un biennio.
A partire dal 2021, l’aspettativa di vita sarà calcolata considerando la media del biennio immediatamente precedente, confrontata con la media del biennio ancora anteriore; per il 2021, ad esempio, l’aspettativa di vita dovrebbe essere calcolata sulla base della media del biennio 2018-2019, confrontata con la media del biennio 2016-2017: l’eventuale aumento determinerebbe un incremento dei requisiti per la pensione legati all’aspettativa di vita sul biennio 2021-2022.
Nel caso invece in cui si riscontri una diminuzione della speranza di vita media, il decremento dei requisiti per la pensione sarà scomputato nella verifica per il biennio successivo: non ci sarà quindi un calo dell’età pensionabile, ma solo un congelamento dei requisiti. L’adeguamento dell’età di pensionamento alla speranza di vita, in ogni caso, continuerà a essere verificato ogni due anni.
Nel caso in cui venga realizzato il blocco dei requisiti per la pensione, il meccanismo dell’adeguamento all’aspettativa di vita verrebbe disapplicato.
Pensione di vecchiaia 2019
La pensione di vecchiaia prevede il raggiungimento di una certa età ed allo stesso tempo il raggiungimento di una determinata soglia di contribuzione versata, assieme alla maturazione di un assegno minimo (quest’ultimo requisito, però, è previsto per i soli lavoratori privi di contributi al 31 dicembre 1995). Come si raggiunge la pensione di vecchiaia? Fino al 31 dicembre 2018, questa pensione si può ottenere con 66 anni e 7 mesi di età e con almeno 20 anni di contribuzione versata, contributi figurativi (maternità, servizio militare, disoccupazioni, casse integrazioni e malattia), volontari e da riscatto compresi. Questa pensione si può raggiungere anche attraverso il cumulo dei contributi, cioè sommando la contribuzione presente in gestioni previdenziali differenti.
Dal 1° gennaio 2019 l’età pensionabile dovrebbe salire di 5 mesi, e risulterebbe dunque pari a 67 anni: nel caso in cui sia realizzato il blocco dell’età pensionabile, il requisito resterebbe invece fermo a 66 anni e 7 mesi.
Resta comunque invariato il requisito pari a 20 anni di contributi previdenziali, non soggetto all’applicazione dell’adeguamento all’aspettativa di vita, assieme al requisito della soglia minima di accesso per chi non possiede contributi al 1996, pari a 1,5 volte l’assegno sociale.
Inoltre, l’età per la pensione di vecchiaia resterà comunque ferma al requisito di 66 anni e 7 mesi di età per gli addetti ai lavori gravosi e per gli addetti ai lavori usuranti con almeno 30 anni di contributi.
Pensione di vecchiaia contributiva 2019
La pensione di vecchiaia, per chi non ha contributi versati prima del 1996, si può anche ottenere anche con 70 anni e 7 mesi di età e 5 anni di contributi: in questo caso non sono previste soglie minime di accesso. L’assegno di pensione può dunque risultare molto basso, senza che questo impedisca il pensionamento: tuttavia, dato che il trattamento risulta calcolato col sistema interamente contributivo, non si ha diritto all’integrazione al minimo.
Dal 2019, il requisito dovrebbe aumentare a 71 anni di età, salvo blocco dell’età pensionabile.
Pensione anticipata 2019
Con l’entrata in vigore della riforma Fornero, la pensione di anzianità, collegata agli anni di contributi posseduti, è stata sostituita dalla pensione anticipata. Ad oggi, gli uomini raggiungono la soglia utile alla pensione anticipata con 42 anni e 10 mesi di contributi previdenziali accreditati, mentre per le donne il requisito è pari a 41 anni e 10 mesi di contribuzione.
Dal 2019 è previsto l’aumento di 5 mesi dei requisiti, salvo blocco dei requisiti: serviranno pertanto 43 anni e 3 mesi di contributi per gli uomini e 42 anni e 3 mesi per le donne. Non sono previsti limiti di età, come abbiamo osservato, per questo tipo di pensione anticipata, che può essere raggiunta anche attraverso il cumulo dei contributi: sono ammessi, però, non più di 5 anni di contributi figurativi.
Pensione anticipata contributiva 2019
La pensione anticipata, per chi non ha contributi versati prima del 1996, si può anche ottenere anche con 63 anni e 7 mesi di età e 20 anni di contributi: in questo caso, però, il trattamento deve risultare almeno pari a 2,8 volte l’assegno sociale, cioè almeno pari a 1.268,40 euro. Dal 2019 il requisito di età cambia e sale a 64 anni, salvo blocco dell’età pensionabile.
Pensione anticipata per i lavoratori precoci 2019
I lavoratori precoci, cioè coloro che possiedono più di 12 mesi di contributi da effettivo lavoro accreditati prima del 19° anno di età, possono ottenere la pensione anticipata con soli 41 anni di contributi.
Hanno diritto alla pensione anticipata agevolata, però, soltanto coloro che appartengono a delle specifiche categorie tutelate: disoccupati di lungo corso, caregiver, invalidi dal 74%, addetti ai lavori gravosi e addetti ai lavori usuranti. Per approfondire: pensione anticipata lavoratori precoci.
Dal 2019 il requito contributivo aumenterà a 41 anni e 5 mesi, salvo il caso in cui sia attuato il blocco dei requisiti.
Pensione di anzianità per gli addetti ai lavori usuranti 2019
Dal 2011 la normativa previdenziale ha previsto una particolare categoria di lavoratori ai quali si applicano soglie di uscita per la pensione agevolate: si tratta degli addetti ai lavori usuranti ed ai turni notturni. Nel dettaglio, sono considerati addetti a lavori usuranti coloro che svolgono una delle seguenti mansioni:
- lavori in galleria, cava o miniera: sono comprese anche le mansioni svolte prevalentemente e continuativamente in ambienti sotterranei;
- lavori in cassoni ad aria compressa;
- lavori svolti dai palombari;
- lavori ad alte temperature;
- lavorazione del vetro cavo;
- lavori di asportazione dell’amianto;
- lavori svolti prevalentemente e continuativamente in spazi ristretti: la norma si riferisce, in particolare, ad attività di costruzione, riparazione e manutenzione navale, e, per spazi ristretti, intende intercapedini, pozzetti, doppi fondi, blocchi e affini;
- conducenti di veicoli adibiti a servizio pubblico di trasporto collettivo, con capienza superiore a 9 posti;
- lavori a catena o in serie: sono comprese anche le ipotesi di chi sia vincolato all’osservanza di un determinato ritmo produttivo, o la cui prestazione sia valutata in base al risultato delle misurazioni dei tempi di lavorazione.
Il beneficio della pensione di anzianità spetta:
- se l’attività usurante è stata svolta per almeno 7 anni, negli ultimi 10 anni di vita lavorativa;
- se l’attività usurante è stata svolta per almeno metà della vita lavorativa.
Il beneficio della pensione di anzianità riconosciuto agli addetti ai lavori usuranti, ad ogni modo, non è strettamente limitato a chi svolge una delle mansioni elencate, ma è esteso alle mansioni particolarmente logoranti in base all’orario di lavoro: rientrano nell’agevolazione difatti anche i lavoratori che svolgono turni notturni. Ma quali sono i requisiti di pensione per gli addetti ai lavori usuranti e notturni?
La pensione in regime di lavoro usurante o notturno è anticipata rispetto alle normali soglie oggi in vigore per le altre prestazioni pensionistiche: si va infatti in pensione con quota 97,6, con un minimo di 61 anni e 7 mesi di età e 35 anni di contributi versati (il requisito di età aumenta per chi possiede anche contributi da lavoro autonomo e per ha svolto lavoro notturno per meno di 78 notti l’anno).
Tra l’altro su questa particolare misura non si applicano gli inasprimenti per l’aspettativa di vita e pertanto anche nel 2019 le soglie di uscita dal lavoro resteranno le medesime.
Pensione quota 100 2019
Secondo le recenti proposte del governo, dal 2019 dovrebbe essere possibile andare in pensione con la quota 100, ossia quando la somma dell’età e degli anni di contributi risulta almeno pari a 100. Dovrebbe essere prevista, però, una soglia di età minima pari a 62 anni, ed una soglia contributiva minima pari a 38 anni.
Pensione quota 41 e 6 mesi
La quota 41, cioè la possibilità di andare in pensione con 41 anni di contributi, come abbiamo visto è già prevista per i lavoratori precoci. Dal 2019, in base alle proposte del governo, questa pensione dovrebbe essere estesa anche ai lavoratori non precoci, e addirittura ai non appartenenti alle categorie tutelate. Potrebbe però diventare quota 41 e 6 mesi, ossia richiedere 41 anni e 6 mesi di contributi per l’accesso.
Pensione col salvacondotto
Ad oggi sopravvive una deroga alla legge Fornero, chiamata salvacondotto. La pensione con questo particolare scivolo si ottiene, per i soli nati sino al 31 dicembre 1952, con 64 anni e 7 mesi di età e con 35 anni di contributi accreditati (per le donne ne bastano 20). Bisogna però allo stesso tempo avere raggiunto i 35 anni (o 20 anni) al 31 dicembre 2012 ed alla stessa data possedere la quota 96. Per approfondire: pensione col salvacondotto.
Ape 2019
Sino al 31 dicembre 2018 è ancora possibile andare in pensione con l’Ape sociale. L’Ape sociale è un assegno mensile, a carico dello Stato, che può essere richiesto a partire dai 63 anni di età e che sostiene il lavoratore fino al perfezionamento del requisito d’età per la pensione di vecchiaia, sino a un massimo di 3 anni e 7 mesi. L’assegno è uguale alla futura pensione, ma non può superare 1.500 euro mensili.
Possono accedere all’Ape sociale, nello specifico, i lavoratori che, al momento della domanda, abbiano già compiuto 63 anni di età e che siano, o siano stati, iscritti all’assicurazione generale obbligatoria (Ago, che comprende gli iscritti al fondo pensione lavoratori dipendenti e alle gestioni speciali dei lavoratori autonomi), alle forme sostitutive ed esclusive della stessa, o alla gestione Separata Inps, purché cessino l’attività lavorativa e non siano già titolari di pensione diretta.
Per accedere all’anticipo pensionistico sono necessari 30 anni di contributi per i caregiver, i disoccupati e gli invalidi dal 74%, mentre sono necessari 36 anni di contributi per gli addetti ai lavori gravosi. Per approfondire: Ape sociale, che cosa cambia.
Dal 2019, l’ape sociale non potrà essere più richiesta, salvo proroghe, ma si potrà comunque richiedere, a 63 anni e 5 mesi di età, o a 63 anni nel caso in cui sia attuato il blocco dell’età pensionabile, l’anticipo pensionistico volontario, o Ape volontario, attraverso un prestito della banca.
Opzione Donna 2019
L’opzione donna è una misura a favore delle lavoratrici con 57 anni di età (58 se autonome) e 35 anni di contributi. Con questi requisiti, le donne possono pensionarsi, accettando però il ricalcolo contributivo dell’assegno.
I requisiti, però, devono risultare già raggiunti al 31 dicembre 2015 (per la precisione, bisogna possedere 35 anni di contributi al 31 dicembre 2015 e 57 anni e 7 mesi, o 58 anni e 7 mesi, di età al 31 luglio 2016): probabilmente, l’opzione Donna sarà prorogata a breve, quindi estesa alle lavoratrici che hanno maturato i requisiti dopo le date esposte.
Salvaguardia 2019
Tra i vari interventi volti a limitare le conseguenze negative della Legge Fornero è stata ipotizzata anche la proroga delle salvaguardie.
In particolare, dovrebbe essere attuata una nona salvaguardia per consentire la pensione con le vecchie regole, cioè con le regole precedenti all’entrata in vigore della Legge Fornero: di anno in anno, a partire dal 2012, data di entrata in vigore della Riforma Fornero, si sono difatti succeduti otto decreti di salvaguardia.
La nona salvaguarda dovrebbe tutelare le stesse categorie beneficiarie dell’ultima salvaguardia, ossia:
- lavoratori in mobilità;
- lavoratori autorizzati al versamento dei contributi volontari;
- lavoratori cessati dal servizio;
- lavoratori in congedo per assistere figli disabili;
- lavoratori a termine.
Buongiorno avrei una domanda che richiede la famosa sfera di cristallo. Alla delle attuali disposizioni andrò in pensione a Luglio 2019 con 43 anni e 3 mesi di contributi. Con il calcolo retributivo fino al 31-12-2011. Siccome girano voci piuttosto confuse, c’è la possibilità che per fare quadrare i conti si applicherà solo il calcolo contributivo, che comporterebbe un salasso molto importante. Grazie G.S.
Una domanda io ho 41 anni di contributi e59 anni faccio parte della quota cento senza avere nessuna detrazione?