Si tratta di un ascensore costruito nel cortile interno di proprietà esclusiva di tre condomini dello stabile, a spese esclusive degli stessi. Le fermate dell’ascensore ai vari piani dello stabile sono collegati a quest’ultimo da una passerella che va dall’autonoma struttura dell’ascensore al muro perimetrale che consente l’accesso ai vari pianerottoli delle scale, laddove esisteva una porta finestra opportunamente modificata (non è compromessa nè la stabilità del fabbricato nè il suo decoro architettonico). Oggi il condomino che non partecipò all’impresa invoca il disposto dell’art.1121 c.c., offre rimborso spese sostenute e future. I tre condomini intendono rifiutare l’offerta. Su cosa possono fondare il rifiuto? Quali sono i precedenti giurisprudenziali?
Alla luce del quesito posto, è opportuno esporre sinteticamente quanto segue:
1- L’Ascensore è un bene condominiale
Secondo la legge, l’ascensore è un bene di natura condominiale. Lo afferma il codice civile [1], riportandolo nell’elenco dei beni condominiali, lo conferma la giurisprudenza, in relazione alla funzione strumentale dell’ascensore, quale bene destinato per caratteristiche all’uso comune [2]. Detto ciò, poiché non è infrequente il caso in cui l’ascensore sia realizzato successivamente alla costruzione del fabbricato, se dovesse essere istallato a spese e a cura soltanto di alcuni condomini, lo stesso è ritenuto di proprietà privata, fatto salvo il diritto degli altri condomini, di diventarne comproprietari, alla luce dello specifico diritto in tal senso riconosciutogli dalla legge [3].
2- Il diritto del condomino di partecipare all’ascensore
Come scritto in precedenza, se da un lato non è raro che l’ascensore sia previsto e costruito successivamente alla nascita del condominio e che soltanto alcuni dei condomini potrebbero accollarsene l’onere iniziale e la gestione di conseguenza, è altrettanto frequente che coloro che inizialmente ritenevano inutile la relativa partecipazione, possano invece e in un secondo momento, diventarne comproprietari ed altrettanto utilizzatori.
Anche in questo caso si tratta di un diritto specificatamente riconosciuto dalla legge (si veda nota [3]) e che trova ampio e pacifico riconoscimento nell’interpretazione e nell’applicazione della giurisprudenza della predetta norma.
Molteplici [4], infatti, sono le pronunce della Suprema Corte di Cassazione, in base alle quali è diritto del condomino, inizialmente volutamente esclusosi dalla compartecipazione all’istallazione e gestione dell’ascensore, di diventarne comproprietario.
Anche una recente decisone degli Ermellini, conferma la descritta conclusione, affermando testualmente, a proposito dell’ascensore, che…essa può essere attuata anche a cura e spese di uno odi taluni condomini, salvo il diritto degli altri di partecipare in qualunque tempo ai vantaggi dell’innovazione, contribuendo nelle spese di esecuzione e di manutenzione dell’opera…
CASO CONCRETO
È diritto del condomino originariamente escluso dalla compartecipazione all’ascensore, di diventarne comproprietario. Non esistono motivi o precedenti giurisprudenziali che possano legittimare il rifiuto dei tre condomini e/o il mancato riconoscimento di un diritto sancito a livello legislativo e pacificamente confermato dalla giurisprudenza della Cassazione.
Appare pertanto corretta la richiesta avanzata nei riguardi dei tre condomini nonché la precisazione di voler accollarsi le spese già affrontate e quelle future.
A quest’ultimo proposito, si noti che il condomino neo partecipante dovrà versare le somme, proporzionalmente dovute per l’esecuzione e la manutenzione dell’opera, rapportandole all’attuale valore delle medesime [5]. Pertanto, se si dovesse rifiutare, ad esempio, offrendo una cifra minore o non adeguatamente rivalutata, potrebbe essere questo un legittimo motivo di rifiuto alla richiesta compartecipazione.
Articolo tratto dalla consulenza resa dall’avv. Marco Borriello
note
[1] Art. 1117 cod. civ.
[2] Cass. civ. sent. n. 3624/2005
[3] Art. 1121 co. 3 cod. civ.
[4] Cass. civ. sent. n. 614/1963 – 3314/1971 – n. 8746/1993 – 20902/2010
[5] Cass. civ. sent. n. 8746/1993