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Pensione: rivalutazione dei contributi 2019

9 Novembre 2018 | Autore:
Pensione: rivalutazione dei contributi 2019

Il Ministero del Lavoro ha comunicato il tasso di capitalizzazione dei contributi per l’anno 2018: aumento del montante contributivo dell’1,3%.

Cresce la rivalutazione dei contributi accantonati presso l’Inps: il ministero del Lavoro ha difatti comunicato ufficialmente il tasso di capitalizzazione, cioè il valore da utilizzare per rivalutare i contributi relativi alle pensioni che avranno decorrenza a partire dal 1° gennaio 2019.

Il tasso di capitalizzazione corrisponde all’andamento della crescita nominale del prodotto interno lordo (Pil) degli ultimi 5 anni.

Il tasso ufficiale indicato dall’Istat, che si applica ai montanti contributivi (cioè alla somma dei contributi) accantonati al 31 dicembre 2017, è pari a 1,013478: in pratica, i lavoratori che si pensionano nel 2019 devono rivalutare il montante contributivo accreditato al 31 dicembre 2017 dell’1,3478%.

I lavoratori che si pensionano nel 2019 non devono, invece, rivalutare i contributi versati nel 2018, cioè nell’ultimo anno di lavoro prima di accedere alla pensione.

La rivalutazione per chi si pensiona nel 2019, pari all’1,3478%, pur rappresentando un miglioramento è ancora parecchio distante dai valori dei primi anni duemila, precedenti alla crisi, quando si registravano incrementi annui del 4-5%.

Ma procediamo per ordine e facciamo il punto sul calcolo contributivo della pensione: rivalutazione dei contributi 2019, come funziona, come devono essere rivalutati ogni anno i versamenti, come si arriva all’assegno mensile dell’Inps.

Quando si applica il calcolo contributivo?

Il calcolo contributivo, un sistema di calcolo della pensione che si basa sui contributi accreditati e sull’età pensionabile, si applica:

  • dal 2012, per chi possiede oltre 18 anni di contributi al 31 dicembre 1995;
  • dal 1996, per chi possiede meno di 18 anni di contributi al 31 dicembre 1995.

Il calcolo della pensione è interamente contributivo per chi non possiede contributi accreditati precedentemente al 1996, o per chi si avvale della totalizzazione, dell’opzione contributiva, dell’opzione donna o del computo nella gestione separata.

Come funziona il calcolo contributivo della pensione?

Il calcolo contributivo non si basa sugli ultimi stipendi o retribuzioni percepite come il sistema retributivo, ma sui contributi effettivamente versati nel corso dell’attività lavorativa, rivalutati e trasformati in rendita da un coefficiente che aumenta all’aumentare dell’età pensionabile.

Il calcolo contributivo si divide in due quote:

  • la quota A, sino al 31 dicembre 1995 (valida solo per chi ha optato per il calcolo interamente contributivo, oppure per il computo o per la totalizzazione);
  • la quota B, dal 1° gennaio 1996 in poi.

Come si calcola la quota B contributiva?

Per ricavare l’assegno di pensione corrispondente alla Quota B, bisogna:

  • accantonare, per ogni anno, il 33% della retribuzione lorda corrisposta dal 1996 (il 33% è l’aliquota valida per la generalità dei lavoratori dipendenti), oppure l’aliquota contributiva prevista dall’Inps per le altre categorie di lavoratori;
  • rivalutare i contributi accantonati ogni anno, in base al tasso di capitalizzazione, che corrisponde alla media mobile quinquennale della crescita della ricchezza nazionale, cioè all’incremento del Pil nominale, che comprende anche il tasso di inflazione che si registra anno per anno;
  • sommare i contributi rivalutati, ottenendo così il montante contributivo;
  • moltiplicare il montante contributivo per il coefficiente di trasformazione, una cifra espressa in percentuale che varia in base all’età, ottenendo così la quota B di pensione.

Come si calcola la quota A contributiva

Per determinare la quota A della pensione, in caso di opzione per il sistema contributivo, computo, opzione donna o totalizzazione, il procedimento è più complicato.

Il complesso meccanismo dovrebbe risultare più semplice spiegato in questo modo:

  • si prendono le 10 retribuzioni annue precedenti il 1996 (o le retribuzioni 1993-1995 per i dipendenti pubblici);
  • si applica l’aliquota contributiva pensionistica riferita all’epoca del versamento (quella del 1995, ad esempio, era pari al 27,12% per la generalità dei dipendenti);
  • si rivalutano i contributi così ottenuti, sulla base della media quinquennale del Pil nominale (tasso di capitalizzazione);
  • si ricava una media annua di contribuzione (capitalizzata) dividendo il totale della somma complessivamente accantonata per 10 (o per 3, per i dipendenti pubblici);
  • si moltiplica il risultato ottenuto per il numero complessivo degli anni di anzianità, valutati però ponderandoli con il rapporto tra l’aliquota contributiva vigente in ciascun anno e la media delle aliquote contributive vigenti nei 10 (o 3) anni precedenti quello in cui viene esercitata l’opzione;
  • si ottiene, così, il montante contributivo della quota A, che deve essere moltiplicato per il coefficiente di trasformazione per trasformarsi in quota A di pensione.

Si possono, in alternativa, sommare i due montanti contributivi, della Quota A e della Quota B, per giungere al montante contributivo totale, che viene poi trasformato in rendita dal coefficiente di trasformazione, che varia in base all’età pensionabile.

Il procedimento può cambiare a seconda della particolare gestione previdenziale in cui si possiedono i contributi: ad esempio, risulta differente per i dipendenti pubblici.

Tasso di capitalizzazione dei contributi

Per chi si pensiona nel 2019 osserviamo, nella seguente tabella, come si rivalutano i contributi anno per anno: in grassetto è indicato l’anno di decorrenza della pensione, di seguito l’anno a cui si riferisce il montante e il tasso di capitalizzazione.

1963

31 .12 .1961

1, 081432

1992
31 .12 .1990

1,101013

1964

31 .12 .1962

1, 09136

1993
31 .12 .1991

1,09775

1965

31 .12 .1963

1,105468

1994
31 .12 .1992

1,088611

1966

31.12.1964

1,111816

1995

31.12.1993

1,07299

1967

31.12.1965

1,110107

1996

31.12.1994

1,065726

1968

31.12.1966

1,104326

1997

31.12.1995

1,062054

1969

31.12.1967

1,099969

1998

31.12.1996

1,055871

1970

31.12.1968

1,087896

1999

31.12.1997

1,053597

1971

31.12.1969

1,089733

2000
31.12.1998

1,056503

1972

31.12.1970

1,099558

2001

31.12.1999

1,051781

1973

31.12.1971

1,100769

2002
31.12.2000

1,047781

1974

31.12.1972

1,099769

2003
31.12.2001

1,043698

1975

31.12.1973

1,12137

2004
31.12.2002

1,041614

1976

31.12.1974

1,146567

2005
31.12.2003

1,039272

1977

31.12.1975

1,156004

2006
31.12.2004

1, 040506

1978

31.12.1976

1,190509

2007
31.12.2005

1,035386

1979

31.12.1977

1,216775

2008
31.12.2006

1,033937

1980

31.12.1978

1,210426

2009
31.12.2007

1,034625

1981

31.12.1979

1,203363

2010
31.12.2008

1,033201

1982

31.12.1980

1,226929

2011
31.12.2009

1,017935

1983

31.12.1981

1,214364

2012

31.12.2010

1,016165

1984

31.12.1982

1,205767

2013
31.12.2011

1,011344

1985

31.12.1983

1,202694

2014

31.12.2012

1,001643

1986

31.12.1984

1,186164

2015

31.12.2013

1
1987

31 .12 .1 985

1,160219

2016
31.12.201 4

1,00505 8

1988

31 .12 .1986

1,142703

2017

31.12.2015

1,004684

1989

31.12.1987

1,126341

2018
31.12.2016

1,005205

1990

31.12.1988

1,115314

2019

31.12.2017

1,013478

1991

31.12.1989

1,105217

Quali sono i coefficienti di trasformazione?

Compresi bene questi passaggi, appare evidente che, più è basso il coefficiente di trasformazione, più si abbassa la pensione. L’innalzamento dell’età pensionabile determina l’aumento dei coefficienti di trasformazione, che aumentano con l’età: ecco allora perché, in concomitanza con l’aumento dell’età pensionabile, sono sempre diminuiti i coefficienti.

Vediamo, nella seguente tabella, quali sono gli attuali coefficienti di trasformazione, quali saranno i coefficienti operativi dal 2019 e come sono diminuiti nel tempo, in proporzione agli adeguamenti alla speranza di vita media.

Età
Coefficienti di trasformazione vigente sino al 2015
Coefficienti di trasformazione dal 2016 al 2018
Coefficienti di trasformazione dal 2019
574,304%4,246%4,2%
584,416%4,354%4,304%
594,535 %4,468%4,414%
604,661%4,589%4,532%
614,796 %4,719%4,657%
624,94 %4,856%4,79%
635,094 %5,002%4,932%
645,259 %5,159%5,083%
655,435 %5,326%5,245%
665,624 %5,506%5,419%
675,826 %5,700%5,604%
686,046 %5,910%5,804%
696,283 %6,135%6,021&
706,541 %6,378%6,257%

Come si calcola il coefficiente di trasformazione?

Quando l’età, alla data del pensionamento, non corrisponde ad un anno esatto (ad esempio, 57 anni e 7 mesi), devono essere aggiunte al coefficiente le relative frazioni di anno.

Ad esempio, per calcolare il coefficiente di trasformazione di un lavoratore con decorrenza della pensione a 58 anni e 8 mesi di età, dovremmo svolgere le seguenti operazioni:

  • 4,414 (coefficiente vigente per chi si pensiona a 59 anni dal 2018) – 4,304 (coefficiente vigente per chi si pensiona a 58 anni)= 0,11.
  • dobbiamo poi dividere il risultato per 12 mesi, ottenendo 0,0091666 circa. Moltiplicheremo il nuovo risultato per 8 mesi, ed otterremo 0,073, arrotondando;
  • a questo punto, dobbiamo sommare questa cifra al coefficiente per chi si pensiona a 58 anni, arrivando così al coefficiente corretto per chi si pensiona a 58 anni ed 8 mesi, cioè 4,377;
  • per trasformare il montante contributivo in pensione, come già osservato, dobbiamo applicare questo coefficiente, come percentuale, al montante rivalutato: dividendo il risultato per 13, si arriva alla pensione mensile.

È chiaro che, più basso è il coefficiente, più esigua risulterà la pensione: dalla tabella, si osserva che i coefficienti di trasformazione del 2019 sono notevolmente ridotti, rispetto a quelli del 2018, con corrispondenti riduzioni dell’assegno, e disparità di trattamento anche elevate da un anno all’altro.

Le differenze sono tanto più alte quanto più si eleva l’età pensionabile; l’assegno, poi, risulterà tanto più ridotto, rispetto all’ipotetico assegno a cui si avrebbe diritto con i vecchi coefficienti, quanto più è alto il montante contributivo su cui applicare il coefficiente di trasformazione.

Per chi può scegliere, meglio allora collocare la decorrenza della pensione prima che scattino gli adeguamenti, per evitare di risultare penalizzati pur avendo lavorato periodi in più.



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