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Pubblico impiego, i diritti dei dipendenti in caso di licenziamento illegittimo

9 Gennaio 2019 | Autore:
Pubblico impiego, i diritti dei dipendenti in caso di licenziamento illegittimo

Per moltissimi anni i dipendenti sia pubblici che privati sono stati tutelati dal licenziamento illegittimo da una norma cardine: l’articolo 18 dello Statuto dei lavoratori. Dopo la sua modifica ci si è chiesti quale sia la tutela offerta ai dipendenti pubblici licenziati in modo illegittimo.

L’articolo 18 dello Statuto dei Lavoratori per tanti anni è stato la norma di riferimento per stabilire cosa spetta al dipendente se il Giudice accerta che è stato licenziato illegittimamente. Tale norma, prima del 2012, prevedeva una tutela generale per tutti i casi di licenziamento illegittimo. Il dipendente veniva reintegrato nel posto di lavoro, vale a dire tornava ad occupare il posto di lavoro che aveva prima del licenziamento, ed il datore di lavoro doveva pagargli tutti gli stipendi e i contributi relativi al periodo tra il licenziamento e la ripresa del servizio. Nel 2012 la riforma Fornero ha modificato questa norma rendendo la tutela molto meno forte. Ma nel pubblico impiego, i diritti dei dipendenti in caso di licenziamento illegittimo quali sono?

Chi sono i dipendenti pubblici?

Con il termine dipendenti pubblici si intendono i lavoratori assunti dalle pubbliche amministrazioni ed il cui rapporto di lavoro è disciplinato da una apposita normativa [1].

In particolare, per amministrazioni pubbliche si intendono:

  • tutte le amministrazioni dello Stato, ivi compresi gli istituti e scuole di ogni ordine e grado e le istituzioni educative;
  • le aziende ed amministrazioni dello Stato ad ordinamento autonomo;
  • le Regioni, le Province, i Comuni, le comunità montane e loro consorzi e associazioni;
  • le istituzioni universitarie;
  • gli Istituti autonomi case popolari;
  • le camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura e loro associazioni;
  • tutti gli enti pubblici non economici nazionali, regionali e locali;
  • le amministrazioni, le aziende e gli enti del servizio sanitario nazionale.

Cos’è il licenziamento?

Il licenziamento è la decisione di un’azienda o, nel caso che stiamo trattando, di una pubblica amministrazione di cessare il rapporto di lavoro con un determinato dipendente. Per effetto del licenziamento il dipendente viene messo fuori dall’amministrazione pubblica ed il rapporto di lavoro cessa. Si tratta di un fatto che comporta gravi conseguenze nella vita di un lavoratore che si ritrova privato delle risorse necessarie a vivere.

Come va comunicato il licenziamento?

Il licenziamento di un dipendente, sia pubblico che privato, va sempre comunicato per iscritto con l’indicazione dei motivi che hanno spinto il datore di lavoro a licenziare il dipendente. In questo modo il lavoratore sa perché è stato messo fuori e può anche verificare se questi motivi sono reali o sono solo dei pretesti per liberarsi di lui.

Che cos’è il licenziamento illegittimo del dipendente pubblico?

Si è portati a pensare che non sia mai possibile licenziare un dipendente pubblico. In effetti nelle amministrazioni pubbliche è molto raro che si proceda a dei licenziamenti anche quando sono sotto gli occhi di tutti episodi gravi di negligenza e di abuso da parte dei lavoratori pubblici. In realtà dal punto di vista giuridico il licenziamento del dipendente pubblico non è poi così diverso da quello del dipendente privato.

In generale vale anche per il pubblico dipendente la regola per cui il licenziamento può essere disposto solo per giusta causa o per giustificato motivo.

Dobbiamo dunque distinguere due categorie di licenziamenti del dipendente pubblico:

  • il licenziamento disciplinare: il dipendente pubblico commette un comportamento gravissimo e la pubblica amministrazione, seguendo una procedura prevista dalla legge, lo licenzia. I comportamenti che possono portare al licenziamento sono i seguenti:a) falsa attestazione della presenza in servizio, giustificazione dell’assenza dal servizio mediante una certificazione medica falsa o che attesta falsamente uno stato di malattia;
    b) assenza priva di valida giustificazione per un numero di giorni, anche non continuativi, superiore a tre nell’arco di un biennio o comunque per più di sette giorni nel corso degli ultimi dieci anni ovvero mancata ripresa del servizio, in caso di assenza ingiustificata, entro il termine fissato dall’amministrazione;
    c) ingiustificato rifiuto del trasferimento disposto dall’amministrazione per motivate esigenze di servizio;
    d) falsità documentali o dichiarative commesse ai fini o in occasione dell’instaurazione del rapporto di lavoro ovvero di progressioni di carriera;
    e) reiterazione nell’ambiente di lavoro di gravi condotte aggressive o moleste o minacciose o ingiuriose o comunque lesive dell’onore e della dignità personale altrui;
    f) condanna penale definitiva, in relazione alla quale è prevista l’interdizione perpetua dai pubblici uffici ovvero l’estinzione, comunque denominata, del rapporto di lavoro;
    f-bis) gravi o reiterate violazioni dei codici di comportamento;
    f-ter) il dirigente non esercita l’azione disciplinare contro un suo sottoposto;
    f-quater) la reiterata violazione di obblighi concernenti la prestazione lavorativa, che abbia determinato l’applicazione, in sede disciplinare, della sospensione dal servizio per un periodo complessivo superiore a un anno nell’arco di un biennio;
    f-quinquies) insufficiente rendimento, dovuto alla reiterata violazione degli obblighi concernenti la prestazione lavorativa, stabiliti da norme legislative o regolamentari, dal contratto collettivo o individuale, da atti e provvedimenti dell’amministrazione di appartenenza, e rilevato dalla costante valutazione negativa della performance del dipendente per ciascun anno dell’ultimo triennio.
  • il licenziamento per motivi economici. Nel settore privato le aziende possono licenziare un dipendente se la sua posizione professionale risulta in esubero a causa di un processo di riorganizzazione. Ad esempio, l’azienda esternalizza il servizio pulizie e licenzia i dipendenti che si occupavano di pulire i locali. Nel pubblico non è così. Infatti, le pubbliche
    amministrazioni che hanno situazioni di soprannumero o rilevano comunque eccedenze di personale, devono osservare osservare una complessa procedura e darne comunicazione al Dipartimento della funzione pubblica. Nella prassi questo accade di recente e si tende a gestire eventuali eccedenze di personale tramite il distacco tra enti, il comando, etc.

Il licenziamento del dipendente pubblico è illegittimo in tutti i casi in cui il giudice accerta che:

  • l’amministrazione non ha seguito correttamente la procedura prevista per il licenziamento disciplinare;
  • il licenziamento disciplinare è sproporzionato rispetto al comportamento contestato al dipendente;
  • non sussiste realmente il fatto posto alla base del licenziamento.

Ricevuta la lettera di licenziamento, il dipendente pubblico può fare causa al suo datore di lavoro e chiedere che venga accertato che il licenziamento è illegittimo. E’ qui che si pone il problema di stabilire quali diritti hanno i dipendenti pubblici in caso di licenziamento illegittimo.

Quale tutela si applica ai dipendenti pubblici in caso di licenziamento?

Per molti anni il problema della tutela offerta ai dipendenti pubblici in caso di licenziamento illegittimo non si è posto. L’articolo 18 dello Statuto dei lavoratori costituiva infatti la norma cardine per stabilire quale tutela spettasse al dipendente illegittimamente licenziato. Questa norma si applicava ai dipendenti pubblici, indipendentemente dalle dimensioni del datore di lavoro pubblico, ed ai dipendenti di aziende private con più di quindici dipendenti.

Nel 2012, la riforma Fornero [2] ha modificato l’articolo 18 dello Statuto dei lavoratori e ha indebolito la tutela. Nel nuovo testo della norma si prevede, infatti, che in molti casi di licenziamento illegittimo al dipendente non spetta la reintegrazione nel posto di lavoro ma solo un risarcimento in denaro.

Ci si è dunque chiesti se ai dipendenti pubblici si applica la vecchia norma o la nuova norma.

La risposta della Cassazione

La Cassazione ha stabilito [3] che le modifiche apportate dalla Legge Fornero all’art. 18 dello Statuto del Lavoratore non si applicano ai rapporti di pubblico impiego, e dunque la tutela del dipendente pubblico, in caso di licenziamento illegittimo intimato in data successiva alla sua entrata in vigore, resta quella prevista dall’articolo 18 nel testo antecedente la riforma.

La Cassazione basa la sua decisione su due argomenti:

  • la legge Fornero rinvia ad una legge successiva la riforma dei licenziamenti nel pubblico impiego;
  • l’inconciliabilità della nuova normativa, che si basa sulle esigenze del lavoro privato, con il lavoro pubblico.

Inoltre, la legge che disciplina il rapporto di lavoro pubblico [4] fa un esplicito riferimento al vecchio articolo 18 dello Statuto dei lavoratori e questo rinvio non comprende le modifiche successive.

Il caso esaminato dalla Cassazione

La Corte d’appello di Salerno, ribaltando la decisione del tribunale, accoglieva la domanda proposta da un lavoratore contro il Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca, dell’ufficio scolastico regionale per la Campania e dichiarava illegittimo il licenziamento intimato al dipendente.

In particolare, il dipendente era stato licenziato per motivi disciplinari, ma secondo la Corte d’appello l’amministrazione aveva adottato il licenziamento oltre i termini previsti dalla legge.

La Corte riteneva, però, che si dovesse applicare al dipendente una tutela debole, ossia solo un risarcimento del danno come previsto dall’articolo 18 dopo la riforma Fornero.

Il lavoratore faceva dunque ricorso in Cassazione, poiché secondo la sua difesa la tutela a cui aveva diritto era quella del vecchio articolo 18, nella versione precedente alla riforma Fornero.

La questione risolta dalla Cassazione

La Cassazione, confermando altre sentenze già emesse dalla Suprema Corte, ribadisce che ai dipendenti pubblici, in caso di licenziamento illegittimo, continua ad applicarsi il testo dell’articolo 18 dello Statuto dei lavoratori precedente alle modifiche apportate dalla riforma Fornero. La soluzione della Cassazione non era affatto scontata.

Come dimostra la stessa sentenza della Corte d’appello di Salerno, infatti, dopo la riforma Fornero si sono formati due orientamenti diversi:

  • secondo alcuni la riforma Fornero ha modificato l’articolo 18 per tutti i dipendenti, sia pubblici che privati, anche per garantire che tutti i dipendenti siano trattati allo stesso modo;
  • secondo altri, la normativa sul lavoro pubblico fa riferimento all’articolo 18 nella sua versione originaria e non ricomprende le modifiche introdotte nel 2012.

note

[1] D. Lgs. n. 165/2001.

[2] L. n. 92/2012.

[3] Cass. n. 25376 del 25.10.2017.

[4] Art. 51 co. 2 D. Lgs. n. 165/2001.


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