Con la separazione dei coniugi, gli animali vanno collocati come i figli


Legittimi gli accordi, in sede di separazione dei coniugi, per stabilire l’affidamento e il mantenimento di gatti e cani.
I figli so’ piezz’ e core. Ma lo sono anche gli animali. Tant’è che ormai i giudici ammettono la possibilità di regolamentare il loro affidamento all’interno degli accordi di separazione o divorzio.
Così è legittimo – dice oggi la Cassazione [1], in assenza di norme precise – che gli ex coniugi stabiliscano le condizioni del mantenimento dell’animale domestico (nella specie, un gatto) e della sua permanenza presso l’abitazione dove è collocata la figlia minore dei separati, che se ne prenderà cura sostenendo le relative spese ordinarie. Le spese straordinarie, invece, per il mantenimento dell’animale dovranno essere ripartite in misura pari tra i coniugi.
L’animale, dunque, cessa di essere assimilato a un semplice bene-oggetto della coppia, ma diventa un essere titolare di diritti, anche dopo lo scioglimento del matrimonio dei padroni.
E ciò, se prima era comunemente accettato, in via interpretativa nelle aule dei Tribunali, oggi si può trovare un fondamento normativo nella legge italiana [2] che ratifica ed esegue la Convenzione europea per la protezione degli animali da compagnia [3] e nella recente riforma del Condominio che stabilisce che nessun regolamento di condominio può vietare ai proprietari di possedere o detenere animali domestici.
L’animale è dunque un “essere senziente” [4] e non una cosa; quindi è legittima la facoltà dei coniugi di regolarne la permanenza presso l’una o l’altra abitazione e, insieme ad essa, le modalità che ciascuno dei proprietari deve seguire per il mantenimento.
note
[1] Cass. decr. del 13.03.2013.
[2] Legge n. 201/2010.
[3] Convenzione di Strasburgo del 13.11.1987.
[4] Così il Trattato di Lisbona che modifica il trattato sull’Unione europea e il trattato che istituisce la Comunità Europea, firmato in Portogallo il 13.12.2007.