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Il rating bancario per le imprese

1 Febbraio 2019 | Autore:
Il rating bancario per le imprese

Ogni impresa riceve dalla banca una valutazione di affidabilità e sul suo rischio di insolvenza, ossia sulla sua capacità di restituzione di denaro: il rating.

Vuoi richiedere un prestito o un finanziamento per un progetto innovativo? Sei una piccola, media o grande azienda? Non importa. Quello che conta è il rating bancario per le imprese ovvero il tuo indice di affidabilità, un rating positivo stilato in base alla tua capacità di solvibilità, cioè in che modi e in che tempi sei in grado di restituire la cifra ricevuta. Sono diversi i fattori che fanno oscillare tale giudizio a rialzo o ribasso; e vedremo man mano di seguito quali sono i principali e più significativi. Tuttavia esistono diversi tipi di rating, che andremo a conoscere più da vicino. In generale, possiamo anticipare che le costanti che incidono ed impattano sull’emissione di un rating positivo o negativo sono di tre tipi per lo più: dati e informazioni di tipo quantitativo, qualitativo e andamentale. Un rating, infatti, può essere interno (ovvero IRB, internal rating based; può essere di base o avanzato) oppure esterno. Il primo è elaborato dalle banche stesse internamente; il secondo, invece, da agenzie specializzate esterne. Poi anche i rating interni possono differire da banca a banca, poiché ognuno ne adotta di diversi che personalizza. Inoltre, il rating bancario si differenzia dallo score proprio per l’attualizzazione e contestualizzazione della situazione dell’impresa, del suo stato di salute, anche guardando al futuro e alle previsioni in prospettiva, sia progettuali che finanziarie, mentre l’altro ne offre più una panoramica storica. Lo score, infatti, attribuisce un punteggio da 1 a 10, basandosi su informazioni storiche dell’azienda, come i suoi bilanci, con un’analisi quantitativa e automatica. Invece il rating considera anche business plan, contratti appena siglati, gli elenchi dei fornitori e dei clienti, il piano di finanziamento in corso e quello stipulato dalla Centrale dei rischi.

Componenti che impattano sul rating e classi di merito

Avere un giudizio positivo da una banca è come ricevere un bel voto a scuola: si verrà classificati come un bravo allievo oppure si verrà inseriti in una determinata classe di merito. All’interno di essa saranno inglobate e conglobate aziende di diversa tipologia, ma simili dal punto di vista di valutazione del loro rating, ossia simili per quanto riguarda la loro solvibilità ed affidabilità, della restituzione del prestito e dunque del rischio per la banca, che è lo stesso per tutte quelle che fanno parte di quella classe.

Detto ciò, sappiamo che le imprese possono essere di medie o grandi dimensioni, fascia che definiremo come large corporate, oppure di piccole dimensioni tanto addirittura che si può parlare in certi casi di micro-imprese, e allora avremo la fascia del retail o small business. Questa distinzione, per quanto generica e minima, è importante perché già ci suggerisce alcune cose e ci permette di vedere come impattano diversamente i vari fattori sulla valutazione del rating. Abbiamo detto che le componenti, le costanti prese in considerazione per emettere un rating su un’azienda sono tre: qualitative, quantitative e andamentali.

Possiamo già dire che, nel campo del large corporate, le prime incidono per il 10%, le seconde per circa il 50%, mentre le terze per una percentuale pari al 40%.

Nell’ambito del retail, invece, la situazione è diversa. Il quadro delle influenze provenienti dalle tre costanti, sarà il seguente:

  • il 5% è dato dalle informazioni qualitative;
  • il 30% da quelle quantitative;
  • il 65% da quelle andamentali.

Perché è importante ottenere un buon rating?

Infine, prima di passare a vedere meglio quali sono le varie classi di merito e quali le varie componenti delle tre costanti qualitative, quantitative e andamentali, è bene fare due precisazioni. Avere, ottenere un buon rating è positivo anche nel caso di strumenti diversi dal finanziamento bancario, ma – ad esempio – di finanza alternativa.

Infatti, si possono trovare finanziatori, partner in rete, anche all’estero, con altri strumenti oltre a quello del credito e prestito di una banca. Pensiamo a tutte le tipologie di crowdfunding, ossia di raccolta fondi a sostegno di un progetto presentato:

  • dall’equity crowdfunding, in cui l’investitore diventa anche socio dell’impresa o società;
  • reward based crowdfunding, in cui c’è una ricompensa, un premio per il sostegno versato, la quota di credito stanziata;
  • lending crowdfunding, in cui ci si può far prestare denaro tramite Internet, con tassi di interesse, sia da persone fisiche che da altre imprese;
  • invoice crowdfunding, in cui su piattaforme web vengono vendute fatture commerciali in cambio di un anticipo.

Infine c’è il caso dei mini-bond o cambiali. Questo apre lo spazio ad un’altra puntualizzazione, ossia che, nel caso dei mini-bond, ad esempio, il rating non è obbligatorio, ma è un dato utile e positivo qualora venga presentato e sia buono; infatti i mini-bond, così come le cambiali finanziarie, non sono oggetto di rilevazione e controllo e gestione da parte della Centrale dei rischi. Inoltre può esservi la circostanza in cui venga emesso un rating anche se non richiesto dall’azienda stessa: ovvero stiamo parlando del cosiddetto rating unsolicited.

Quali sono le classi di merito del rating per le imprese?

Prima di passare a vedere quali sono le classi di rating per le imprese è bene puntualizzare altre due cose. Innanzitutto che il rating è calcolato su un arco di tempo di 12 mesi, quindi in un anno; poi dobbiamo considerare pro e contro, vantaggi e svantaggi per le imprese. Per quest’ultime avere un buon rating (o merito creditizio) significa avere condizioni più convenienti e vantaggiose di finanziamento, come tassi di interesse inferiori; per le banche, viceversa, c’è il cosiddetto rischio di credito odi insolvenza, in quanto devono accantonare del capitale per coprire il finanziamento erogato e lo ‘scoperto’ lasciato fino alla sua completa e totale restituzione. Infatti la normativa di riferimento, ovvero i cosiddetti accordi di Basilea [1], che avevano iniziato a dare preponderanza a tale rischio per le banche, avevano come pilastro fondamentale proprio la solidità ed efficienza del sistema bancario.

Vediamo ora quali sono le classi di merito che si possono andare a costituire:

  • AAA: è il valore di rating più alto, l’impresa a cui si dà credito ha un’estrema capacità di restituzione del finanziamento e degli interessi relativi;
  • AA: l’azienda debitrice ha una capacità molto alta di coprire la cifra del prestito e degli interessi; anche eventuali eventi imponderabili non potrebbero far diminuire tale capacità;
  •  A: l’impresa a cui è andato il finanziamento ha una forte capacità di restituirlo, anche se potrebbe risultare sensibile ad eventuali episodi imprevisti ed avversi;
  • BBB: sufficiente capacità di restituire il capitale prestato da parte dell’azienda, capacità che però potrebbe essere compromessa da situazioni economiche particolarmente critiche;
  • BB: l’impresa, soprattutto nel breve periodo, riesce ad adempiere agli impegni presi, ma in casi di complicazioni economiche tale sicurezza e tranquillità potrebbero venire meno;
  • B: si tratta di imprese particolarmente vulnerabili, soprattutto per quanto riguarda il futuro, il lungo termine e casi straordinari; al momento presente, però, resiste in una condizione di stabilità;
  • CCC: tali tipi di aziende sono molto vulnerabili e il rischio insolvenza è concreto e potrebbe subentrare in situazioni economiche critiche forti;
  • CC: al presente, l’impresa in questione è assolutamente vulnerabile;
  • C: nei confronti dell’azienda è stata presentata un’istanza di fallimento, anche se tutti i pagamenti sono stati effettuati;
  • RD; rischio di default; l’impresa non ha rispettato alcuni pagamenti e potrebbe andare verso il fallimento, nonostante rispetti le obbligazioni;
  • D: l’impresa è insolvente a tutti gli effetti, non ha possibilità alcuna di rimborso e pertanto è in condizione di default o fallimento.

Fattori di rischio compresi nel rating

Ovviamente, nel rilasciare un determinato indice di rating, le banche tengono conto anche dei relativi rischi che corrono le imprese; ossia: più rischi corrono, quindi più sono a rischio bancarotta, meno sono sicure e affidabili, più basso è il tasso di rating; viceversa, meno sono i rischi che corre, più alta la sua affidabilità e solvibilità, più la banca sarà disposta a concedere il credito.

Così come non è detto che un’impresa più grande sia più affidabile di una più piccola; così come, allo stesso modo, non è detto che una cifra più consistente di finanziamento sia meno solvibile rispetto ad una più contenuta. Vediamo i principali rischi per le aziende allora quali sono, i principali casi che si possono verificare ed i più importanti fattori considerati dalla banca creditrice.

Tra i primi, ossia tra i rischi, c’è sicuramente quello più alto e centrale che è il PD, ovvero probability of default, possibilità e probabilità di fallimento, di insolvenza dell’impresa debitrice, nell’arco di un anno, a seguito di un evento particolarmente grave ed incisivo dal punto di vista economico-finanziario.

Tra i secondi, uno dei fattori portanti analizzati dalla banca è il LGD, ossia il loss given default, ossia la perdita data dal fallimento e dal default. Pertanto la perdita prevista a seguito di insolvenza, e dunque il credito che la banca conta di perdere e di rimetterci se l’impresa non restituisce il prestito; il suo valore è dato sia dalla quantità di denaro recuperabile che dai tempi e modi per poterlo recuperare. In tale ambito rientrano anche le cosiddette garanzie date (che possono essere reali e non). Traendone le somme, il costo della perdita attesa o EL, expected loss, è dato proprio dal prodotto tra PD e LGD, da cui si ricavano gli accantonamenti di bilancio e che costituisce una perdita più che un rischio. Alla EL corrisponde la cosiddetta UL (unexpected loss), cioè una perdita inaspettata, imprevista, improvvisa, imponderabile ed imprevedibile. Proprio in quanto non calcolabile in anticipo, essa rappresenta la vera fonte di rischio per banca ed impresa.

Aspetti qualitativi, quantitativi, andamentali

Abbiamo detto, sin dall’inizio, che uno dei fattori che impatta più positivamente sul rating sono tutti gli aspetti qualitativi. Ma che cosa significa? Che cosa si intende con essi? Semplificando, la tipologia di impresa, se è a conduzione familiare o meno, se è una srl o una spa, se sta attraversando un pericolo particolare di ristrutturazione, riorganizzazione, o di qualsiasi cambiamento organizzativo o gestionale; il mercato in cui opera, il suo piano di pianificazione dell’attività e di controllo economico finanziario, oltre che fiscale; quindi anche un suo eventuale business plan al riguardo è incluso negli elementi qualitativi che contribuiscono ad avere un migliore o peggiore rating.

Tra quelli quantitativi sicuramente è incluso il bilancio e i relativi dati di entrate ed uscite, costi e ricavi, introiti e guadagni da un lato e spese e perdite dall’altro. Quindi, a tale proposito, incidono indicatori quali: l’indice di capitalizzazione di un’impresa, che può avere necessità di aumentare capitale anche autofinanziandosi; l’ammontare e l’entità degli interessi bancari, che di solito si attestano intorno al 4% quando un’impresa è molto indebitata. E, a tale proposito, arriva un primo consiglio: meglio negoziare con la banca i tassi di interesse prima di indebitarsi; poi il rapporto e l’equilibrio tra gli eventuali debiti a breve termine e quelli di medio-lungo periodo; l’ammontare di rimanenze e crediti commerciali.

Infine, per ciò che concerne gli aspetti andamentali, ossia di andamento dell’attività dell’impresa, non possono non comparire all’interno di questa voce elementi quali: il movimento dei conti, dei pagamenti effettuati (per la merce, dei dipendenti ecc), di eventuali insoluti e prestiti precedenti, di eventuali scoperti e segnalazioni alla Centrale dei rischi.

Cosa può fare e cosa no l’impresa per avere un rating positivo?

Ma in caso di situazioni problematiche, che cosa può e deve fare nel concreto un’azienda per essere solvibile e mantenere un livello di rating dignitoso e buono? Proviamo a dare qualche semplice, ma utile, consiglio pratico.

Innanzitutto cercare di usare i fidi bancari secondo gli accordi presi, nei tempi e nelle modalità previste. Così come occorre sempre restituire le rate dei prestiti e mutui. Per i fidi, come per le rate dei mutui o dei prestiti, è sempre meglio dialogare e parlare con la banca, cercando di rinegoziare e spostare la data di rimborso e restituzione, piuttosto che evitare di pagarla.

Poi non abusare dello strumento dello ‘scoperto di conto’, che non viene mai valutato positivamente, anzi negativamente se in eccesso. Così come è sempre meglio evitare, finché e laddove possibile, di ricorrere agli scoperti e sconfinamenti perché finiscono nelle segnalazioni della Centrale dei rischi e, se tali sconfinamenti e scoperti superano i 90 giorni, si dichiara il rischio default per l’impresa. Così come, sembra inutile dirlo, ma è bene ricordarlo e sottolinearlo, è buona norma e regola evitare gli insoluti dei clienti, che portano ad una valutazione di rating peggiore e più negativa.


note

[1] Gli accordi di Basilea sono linee guida per le banche. Il primo risale al 1988 ed è stato siglato dai Paesi del G10. Il secondo, Basilea 2, invece risale al 2008 – anno in cui entra in vigore – e prevede per la prima volta “il rischio operativo” per le banche; il terzo, infine, Basilea 3, è in vigore dal 2013 e fino al 2019, poi potrebbe essere sostituito dal nuovo Basilea 4, che dovrebbe entrare in vigore a partire dal 2021, che punta a una maggiore trasparenza e a un calcolo ancora più ponderato della ‘sensibilità’ al rischio. La peculiarità di Basilea 3, finora, è la seguente: ha introdotto nuovi coefficienti patrimoniali così da evitare il rischio di insolvenza.


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