Per l’avvocato che incassa l’assegno per conto del cliente è appropriazione indebita


L’avvocato può trattenere l’assegno incassato per conto del cliente solo se dimostra che il proprio credito sia certo ed esigibile.
Se l’avvocato riceve un assegno per conto del proprio cliente – assegno consegnatogli dalla controparte a seguito di una causa vittoriosa – e lo incassa sul proprio conto, commette il reato di appropriazione indebita aggravata. Per evitare la condanna, il difensore non può semplicemente affermare, davanti al giudice, che il cliente gli deve ancora dei compensi per l’attività svolta, in suo favore, in giudizio: è necessario, invece, che egli dimostri che tale credito professionale sia esigibile e, soprattutto, certo nel preciso ammontare.
Lo ha detto la Cassazione penale, con una recente sentenza [1] con cui ha condannato un avvocato per il reato di appropriazione indebita ai danni del proprio assistito [2] per aver messo all’incasso sul proprio conto un assegno invece destinato a quest’ultimo, al termine di una causa di risarcimento del danno. Secondo la Suprema Corte, il professionista non ha alcuna facoltà di incassare il titolo e trattenere la somma in esso contenuta.
L’unico modo che l’avvocato ha per evitare la condanna è di dimostrare non solo l’esistenza di un proprio credito professionale nei confronti del cliente, ma anche che tale credito è certo ed esigibile.
note
[1] Cass. sent. n. 13801/2013 del 25.03.2013
[2] Art. 646 cod. pen.