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Inps: assegno ordinario d’invalidità e pensione anticipata

2 Febbraio 2019
Inps: assegno ordinario d’invalidità e pensione anticipata

Percepisco un assegno di invalidità dall’Inps che scadrà ad aprile 2019. Ho maturato nell’anno in corso il requisito di 42 anni e 10 mesi di contributi versati, comprensivi di versamenti volontari regolarmente autorizzati e il diritto alla trasformazione dell’assegno di invalidità in pensione di vecchiaia avendo una invalidità pensionabile riconosciuta minima dell’80%. Ho optato per la pensione anticipata di 42 anni e 10 mesi perché la rata é superiore rispetto all’altra. Ho presentato tramite il patronato la domanda per richiedere la pensione anticipata e ho ricevuto il rifiuto, perché già titolare di assegno che esclude il diritto al trattamento pensionistico richiesto. Come posso tutelarmi per non perdere il diritto acquisito dei 42 anni e 10 mesi e il danno economico derivante dalla differenza della rata inferiore che incasso?

Sfortunatamente, ai titolari di assegno ordinario d’invalidità è preclusa la possibilità di ottenere la pensione anticipata, nonostante il possesso del requisito contributivo richiesto per questo trattamento, pari, anche nel 2019, a 42 anni e 10 mesi di contributi per gli uomini ed a 41 anni e 10 mesi di contributi per le donne (gli invalidi dal 74%, se lavoratori precoci, possono peraltro pensionarsi con soli 41 anni di contributi).

L’assegno ordinario d’invalidità, difatti, è una prestazione previdenziale, nel dettaglio una pensione, come tale incompatibile con qualsiasi pensione diretta. Compiuta l’età pensionabile, l’assegno ordinario d’invalidità è convertito in pensione di vecchiaia, mentre non può essere mai convertito in pensione anticipata.

Si noti che l’età per la pensione di vecchiaia anticipata, trattamento riservato ai dipendenti del settore privato con un’invalidità pensionabile almeno pari all’80%, attualmente è pari a 60 anni e 7 mesi per gli uomini ed a 55 anni e 7 mesi per le donne: dal 2019 i requisiti saranno rispettivamente pari a 61 e 56 anni; si applica una finestra di attesa di 12 mesi.

L’assegno ordinario d’invalidità, dunque, al compimento dei requisiti di età esposti, unitamente a un minimo di 20 anni di contributi (sono sufficienti 15 anni per i destinatari delle deroghe Amato), diventa pensione di vecchiaia. Nel caso in cui, invece, l’avente diritto all’assegno ordinario d’invalidità maturi il requisito contributivo per la pensione anticipata, la conversione non ha luogo, né d’ufficio, né su domanda dell’interessato.

Secondo quanto chiarito dall’Inps in una nota circolare [Inps Circ. n.289/1991], difatti, la legge che regolamenta le prestazioni d’invalidità e inabilità [Art.1 Co.10 L.222/1984.] ha previsto la trasformazione dell’assegno di invalidità in pensione di vecchiaia (ordinaria o anticipata, per chi può fruire di quest’ultima tipologia di prestazione agevolata), e non anche in pensione di anzianità o in pensione anticipata.

Di conseguenza, la domanda di pensione anticipata o di anzianità presentata dal titolare di un assegno d’invalidità non può essere accolta.

Si può allora rinunciare all’assegno d’invalidità per ottenere la pensione anticipata?

L’Inps sottolinea che l’assegno d’invalidità, pur considerando la particolarità della sua disciplina, è una prestazione pensionistica: di conseguenza, in virtù del principio dell’indisponibilità del diritto alla pensione, una volta riconosciuto l’assegno ordinario di invalidità la titolarità della prestazione resta consolidata, ed il lavoratore interessato non può rinunciare o dismettere, a sua scelta, il trattamento di pensione (cioè il trattamento d’invalidità) acquisito.

Pertanto, non è possibile rinunciare all’assegno d’invalidità per richiedere la pensione di anzianità o anticipata.

Anche se non è possibile rinunciare all’assegno d’invalidità, però, bisogna considerare che questo si configura come una prestazione a termine: il trattamento, difatti, è riconosciuto per tre anni e può essere confermato per periodi della stessa durata, su domanda del titolare dell’assegno. La conferma è possibile se permangono le condizioni che hanno dato luogo alla liquidazione dell’assegno d’invalidità, tenuto conto anche dell’eventuale attività lavorativa svolta, e diventa automatica solo dopo tre riconoscimenti consecutivi.

In pratica, secondo quanto chiarito dall’Inps, la normativa prevede due cause di cessazione dal diritto all’assegno d’invalidità:

– la scadenza del triennio (sino alla terza conferma), in quanto l’assegno, prima che il riconoscimento diventi automatico, deve essere richiesto dall’interessato;

– la cessazione accertata dello stato di invalidità.

Ne consegue che, se il lavoratore non è ancora giunto alla terza conferma dell’assegno, è possibile che non rinnovi la domanda di assegno d’invalidità per non vedersi più riconoscere la prestazione e poter, così, chiedere la pensione anticipata.

Nel caso in cui l’assegno d’invalidità sia già divenuto definitivo, l’unico modo per non averne più diritto è che, in base al miglioramento delle condizioni di salute dell’interessato, dietro domanda di revisione (che può essere inviata anche dal titolare dell’assegno) il trattamento sia revocato.

Nel caso specifico, dato che la scadenza dell’assegno è nell’aprile 2019, per non ricevere più l’assegno è sufficiente non inviare la domanda di conferma. L’assegno è difatti riconosciuto per un periodo di tre anni, confermabile per altri tre su domanda dell’interessato, purché la capacità di lavoro continui a rimanere al di sotto di un terzo. L’importante è che l’assegno non sia già stato confermato per tre volte. Dopo tre riconoscimenti consecutivi l’assegno è confermato automaticamente, indipendentemente dal fatto che l’interessato presenti domanda, ferma restando la facoltà dell’Inps di disporre un’eventuale revisione dello stato invalidante.

Una volta cessata la titolarità dell’assegno, nulla precluderà al lettore di ricevere la pensione anticipata.

Si raccomanda, però, di verificare il possesso dei requisiti contributivi per la pensione anticipata. Si sottolinea, a questo proposito, che i contributi, durante gli anni di percezione dell’assegno ordinario d’invalidità, sono regolarmente accreditati, se il titolare dell’assegno continua a lavorare. Se, invece, il percettore dell’assegno smette di lavorare, i periodi in cui percepisce l’assegno sono validi solo ai fini del diritto alla pensione di vecchiaia, ma non sono utili al suo ammontare, né al diritto ad altre pensioni.

Se, dunque, non si vuole più richiedere l’assegno per ottenere la pensione anticipata, è consigliabile richiedere all’Inps l’estratto conto certificativo, prima di prendere eventuali decisioni, per avere l’esatta quantificazione dei contributi accreditati. Vero è che, in base a una recente sentenza della Cassazione, anche l’estratto conto previdenziale ordinario fa fede riguardo alla situazione contributiva [Cass. sent. 23050/2017]. Tuttavia, per prudenza, è bene ottenere l’estratto certificativo, per rilasciare il quale l’Inps effettua più approfondite verifiche.

 

Articolo tratto dalla consulenza resa dalla dott.ssa Noemi Secci



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