Locazione: regole per la trasformazione del contratto transitorio


Per un immobile sito nella mia città sono stati stipulati i seguenti contratti transitori, con cedolare secca, con uno studente universitario: – Primo contratto – Art. 5 com. 2 – Mesi 12 dal 27/09/2014 al 26/09/2015 – Il contratto non fa riferimento al canone agevolato da corrispondere previsto dall’Accordo Territoriale; – Secondo contratto – Art. 5 com. 2 – Mesi 10 dal 29/09/2015 al 28/07/2016 – Il contratto non fa riferimento al canone agevolato da corrispondere previsto dall’Accordo Territoriale; – Terzo contratto – Art. 5 com. 1 – Mesi 2 dal 29/07/2016 al 25/09/2016 – Il contratto fa riferimento al canone agevolato da corrispondere previsto all’Accordo Territoriale; – Quarto contratto – Art. 5 com. 2 – Mesi 12 dal 26/09/2016 al 25/09/2017 – Il contratto fa riferimento al canone agevolato da corrispondere previsto dall’Accordo Territoriale; – Rinnovo contratto – Art. 5 com. 2 – Mesi 12 dal 26/09/2017 al 25/09/2018 – Il rinnovo fa riferimento al canone agevolato da corrispondere previsto dall’Accordo Territoriale; – Quinto contratto – Art. 5 com. 2 – Giorni 23 dal 27/09/2018 al 20/10/2018 – Il contratto fa riferimento al canone agevolato da corrispondere previsto dall’Accordo Territoriale; – Sesto contratto – Art. 5 com. 2 Mesi 12 dal 26/10/2018 al 25/10/2019 – Il contratto fa riferimento al canone agevolato da corrispondere previsto dall’Accordo Territoriale. I sopracitati contratti sono in regola con le normative vigenti che sanciscono la durata minima e massima di vita in base alla loro specifica fattispecie? Inoltre, sommando tutti i periodi di durata, anche se intervallati, il prossimo rinnovo del “Sesto Contratto” dal 26/10 2019 al 25/10/2020 dovrà necessariamente e obbligatoriamente essere trasformato in un contratto 3+2. È possibile inviarmi con la risposta qualche sentenza che tratti l’argomento (obbligo trasformazione contratto transitorio in 4+4 o 3+2)?
I contratti indicati dal lettore nel quesito potranno essere considerati validi ai sensi della normativa vigente laddove:
– contengano l’indicazione del motivo di studio,
– il conduttore stabilmente dimori presso l’immobile locato.
Questo è quanto stabilito dalla Corte di Cassazione, secondo cui “nel sistema della l. n. 392 del 1978, il tipo legale della locazione ad uso abitativo risulta articolato in tre sottotipi: a) locazioni per esigenze abitative stabili e primarie; b) locazioni per esigenze abitative transitorie determinate da motivi di studio o di lavoro; c) locazioni per esigenze abitative non stabili né primarie ma genericamente transitorie. Mentre il primo “sottotipo” è completamente soggetto all’applicazione della l. n. 392 del 1978, ed il terzo ne è invece totalmente esonerato, il secondo sottotipo è soggetto all’applicazione della l. n. 392 del 1978, fatta esclusione per la durata legale. Perché sia individuabile tale categoria contrattuale, è necessario il concorso di due requisiti: la stabile abitazione dell’immobile da parte del conduttore, ed il motivo di studio o di lavoro per la cui realizzazione si deve intendere stipulata la locazione” (Cassazione civile, sez. III, 23/06/2015, n. 12915).
Pertanto, in materia di locazione di immobili urbani adibiti ad uso abitativo, per l’applicabilità delle disposizioni relative alla determinazione dell’equo canone anche ai contratti stipulati per soddisfare esigenze abitative di natura transitoria, il conduttore dovrà stabilmente abitare nell’immobile e la locazione dovrà essere stipulata per la realizzazione di una finalità di studio o di lavoro, non essendo sufficiente allo scopo la presenza di uno solo di essi.
L’onere di provare la contestuale presenza di questi due requisiti incombe sul conduttore, ma esso può essere soddisfatto anche a mezzo di presunzioni (Cassazione civile, sez. III, 03/08/2004, n. 14815). Classico esempio di presunzione relativa alla stabile convivenza sono le bollette di luce, acqua e gas e i consumi ivi indicati.
Così, esistendo questi due requisiti, i contratti elencati dal lettore potranno essere considerati “legali” e, quindi, rispettosi della durata minima e massima stabilita dal legislatore.
Con riguardo all’obbligo di trasformazione del contratto transitorio se ripetutamente reiterato, la giurisprudenza ha avuto modo di precisare che questi accordi temporanei sono disciplinati da una precisa deroga alle norme della legge n. 392 del 1978 e, dunque, l’eventuale rinnovazione contrattuale non può essere considerata un abuso del diritto laddove vengano provati quei “motivi di studio”, posto che l’obbligo di durata di almeno quattro anni (tre per i contratti a canone concordato) deve riguardare sole le locazioni abitative ordinarie, e non anche le locazioni abitative transitorie per motivi di studio o di lavoro, nelle quali l’assenza di un vincolo di durata minima prestabilita e la libera determinazione della data di cessazione degli effetti del rapporto locativo non consente che il conduttore tragga il vantaggio di un rapporto apprezzabilmente duraturo a fronte del maggior canone corrisposto (Cassazione civile, sez. III, 08/05/1998, n. 4678).
Infatti, “una volta escluso che le parti abbiano, simulando un contratto di locazione volto a soddisfare esigenze abitative transitorie ai sensi dell’art. 1, comma 2, l. n. 392 del 1978, dissimulato una locazione abitativa ordinaria, la rinnovazione tacita del contratto, non comporta in se stessa, anche se reiterata, la soggezione della locazione alla disciplina di cui all’art. 1, comma 1, della stessa legge in ordine alla durata almeno quadriennale del rapporto, dovendo il giudice esaminare se le parti abbiano inteso, anche se sol per “facta concludentia”, rinnovare il contratto originario per soddisfare le stabili e continuative esigenze abitative del conduttore. In ogni caso, allorché tali esigenze attengano a motivi di lavoro o di studio, il contratto resta sottratto alla disciplina della l. n. 392 del 1978 quanto alla durata della locazione (art. 1, comma 2), rimanendovi invece soggetto per il regime della determinazione legale del canone (art. 26, comma 1, lett. a)” (Cassazione civile, sez. III, 25/07/1997, n. 6990).
Alla luce di ciò, fino a quando lo studente potrà dimostrare che quei contratti si sono succeduti nel tempo per permettere a questi di ottenere il diploma di laurea tanto desiderato, nulla potrà essere rimproverato al proprietario dell’immobile.
Diversamente, laddove sorgesse qualche contestazione sull’esistenza effettiva di quei motivi in deroga, e lo studente non riuscisse a dimostrare con la relativa documentazione (iscrizione all’università ed effettiva frequenza) il suo status attivo di studente, allora il contratto potrebbe tramutarsi, su iniziativa di una delle due parti, nel classico 4+4 (o 3+2 a canone concordato), così come graniticamente sostenuto dalla Cassazione: “Il contratto di locazione per uso abitativo, stipulato con la falsa indicazione della transitorietà dell’uso da parte del conduttore, al fine di eludere la sanzione di nullità della clausole concernenti la durata e la misura del canone, in quanto contrarie al regime giuridico stabilito dalla legge, integra gli estremi di una simulazione relativa in frode alla legge, perché, sotto l’apparenza di una convenzione così strutturata, nasconde una locazione abitativa ordinaria, pattiziamente regolata in difformità dal (pregresso) regime inderogabile dell’equo canone, con la conseguenza che il conduttore che ne reclami in giudizio l’applicazione, stante l’illiceità del contratto per contrasto con norme imperative, può, ai sensi dell’art. 1417 c.c., dimostrare l’esistenza della simulazione anche avvalendosi della prova per testi e per presunzioni …” (Cassazione civile, sez. III, 25/02/2009, n. 4495), così trasformandosi il simulato contratto transitorio nel classico 4+4.
Articolo tratto dalla consulenza resa dall’avv. Salvatore Cirilla