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Locali e bar rumorosi: chi è responsabile?

22 Novembre 2017 | Autore:
Locali e bar rumorosi: chi è responsabile?

Clienti rumorosi fuori dal bar: la responsabilità non è del proprietario del locale, è il Comune che deve vigilare

Per molte attività imprenditoriali la folla, il rumore e le chiacchiere dei clienti che si intrattengono per ore anche fuori dal locale sono sintomo di fortuna e di incassi. Dall’altro lato della medaglia, tuttavia, gli schiamazzi prodotti all’esterno del bar dai suoi avventori, che superano i limiti della normale tollerabilità, integrano il reato di disturbo alla quiete pubblica [1]. Ora, anche senza voler scomodare il Codice Penale, è pur vero che il fenomeno degli esercizi pubblici, quali bar, ristoranti, locali ecc. creano spesso malumori e disagi per chi abita da quelle parti e ciò soprattutto se simili attività sono ubicate all’interno di un condominio. I rumori, infatti, molte volte sono intollerabili e tali da disturbare le attività o, peggio, il sonno delle persone. Ma chi è responsabile del rumore dei clienti fuori dal bar? Sarà il proprietario del locale a dover rispondere degli schiamazzi e del correlativo disturbo alla quiete pubblica, oppure è il Comune chiamato a vigilare? Scopriamolo insieme.

Rumore dei clienti fuori dal bar: chi è responsabile?

Nel caso in cui il chiasso, i rumori e gli schiamazzi siano causati dalla clientela fuori dal bar può escludersi il coinvolgimento del proprietario del locale. Attenzione però: è necessario che  il titolare del locale si sia attivato con cartelli o con altri mezzi rivolti ai clienti al fine di dissuaderli dal tenere comportamenti rumorosi. Ebbene, in tali casi, il proprietario del locale non può essere considerato responsabile dei rumori molesti provocati all’esterno della propria attività [2].

Rumore dei clienti: se il bar viene dato in locazione?

Con specifico riferimento alle attività concesse in locazione, la Corte di Cassazione, ha da tempo stabilito come, in assenza di carenze strutturali dell’immobile locato adibito a esercizio pubblico, è da escludersi qualsiasi coinvolgimento del proprietario del locale. In questi casi, in effetti,  il proprietario quand’anche fosse consapevole degli schiamazzi e dei rumori della clientela, non potrebbe fornire alcun apporto alla causazione del fatto dannoso. Il proprietario del locale, dunque, può essere considerato responsabile per le immissioni rumorose solo se abbia partecipato al fatto dannoso [3].

Bar rumoroso: a chi spetta il controllo della clientela?

Se il  proprietario del locale adotta tutte le cautele al fine di impedire attività rumorose all’esterno del proprio locale o quanto meno volte a dissuadere gli avventori del proprio bar dall’intrattenersi fuori facendo chiasso, nessuna responsabilità potrà essergli addebitata. Ma allora qual è il soggetto cui spetta materialmente il controllo della clientela, per prevenire fenomeni di disturbo alla quiete pubblica? A rispondere è stato il Tar Lombardia, il quale con una sentenza appena pubblicata (il 20.11.2017) [4] ha affermato che sul gestore dell’esercizio pubblico non grava alcun obbligo di vigilanza degli spazi esterni al locale, dovere che, invece, incombe sull’amministrazione comunale proprietaria dell’area. Dunque, se l’area è demaniale, è il Comune a dover vigilare sul corretto uso che terzi (nel caso di specie i clienti di un locale) ne facciano.

Rumore dei clienti: precisazioni

Attenzione: ovvio che quanto detto sopra non vale se lo stesso gestore del locale abbia “incoraggiato” i suoi clienti al baccano, ponendo al di fuori del proprio locale tavolini, sedie e quant’altro possa indurre a credere che si tratti non di suolo pubblico, ma di un’area pertinente al locale stesso. Viceversa, nel caso all’esame del Tar Lombardia, il gestore del locale si era impegnato all’apposizione di cartelli all’esterno del locale per esortare la clientela a moderare il tono di voce, nonché a controllare il comportamento degli stessi al di fuori del locale, e a non mettere tavolini all’esterno (il cosiddetto «plateatico») né ad installare mezzi di diffusione sonora. Ovvio, dunque, che i clienti del locale –in realtà – stanziavano su un suolo evidentemente pubblico e non appartenente al gestore del locale. Ebbene, in questi casi, l’utilizzo fatto da terzi (nella fattispecie, dai clienti del locale) del suolo pubblico, non può essere ascritto al gestore di un locale che, conseguentemente, non potrà avere alcuna responsabilità in tal senso, non fosse altro perché non ha a disposizione alcuno strumento di repressione in merito all’illegittimo utilizzo del bene demaniale.

Movida molesta: risarcisce il Comune

Nei casi come quello descritto sopra unico responsabile sarà il Comune. Vediamo perché. Per comprenderlo al meglio analizziamo un’altra recentissima sentenza. A ben vedere, infatti, la pronuncia analizzata sopra si pone in linea con un’altra recentissima sentenza resa dal Tribuanle di Brescia [5].

L’aspetto particolarmente interessante e innovativo della sentenza appena citata è, appunto, la condanna dell’amministrazione comunale a risarcire i residenti che lamentavano schiamazzi causati da una movida molesta. Questa conclusione deriva dalla considerazione che «l’ente proprietario della strada da cui provengono le immissioni denunciate debba provvedere ad adottare le misure idonee a far cessare dette immissioni». In sostanza, a detta del giudice, la strada è di proprietà del Comune e a lui spetta far abbassare i decibel e riportare la situazione ad un accettabile livello di vivibilità. Nella sentenza, il giudice spiega, tra l’altro, che pagare non basta: è necessario che il Comune intervenga attivamente affinché cessino i rumori insopportabili, disponendo un servizio di vigilanza da parte della polizia locale che, mezz’ora dopo la chiusura dei locali, dovrebbe disperdere chi non vuole andar via spontaneamente. In sostanza, i rumori eccessivi hanno impedito a chi abitava nelle vicinanze di «godere del riposo e di attendere serenamente alle proprie attività quotidiane» provocando uno stato di stress e di ansia e per tale ragione il giudice ha riconosciuto l’esistenza di un danno non patrimoniale, definito “antropico“. Oltre a questo, poi, il Comune è stato condannato a risarcire anche il danno patrimoniale, ovvero le spese sostenute per i serramenti montati dai proprietari della casa per attenuare il rumore. Per maggiori approfondimenti sul punto leggi: Locali troppo rumorosi? Paga il Comune.


note

[1] Art. 659 Cod. Pen.

[2] Cfr. Cass. sent. n. 9633 del 10.03.2015.

[3] Cass., sent. n. 16407/2017.

[4] Tar Lombardia, sent. n. 1255/2017

[5] Trib. Brescia, sent. n. 2621/17.

Autore immagine: Pixabay.com


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3 Commenti

  1. Quindi, se nell’appartamento di un residente a trecento quattrocento metri da un auditorium costruito molto dopo la sua palazzina, arriva suono ad altissimo volume per concerti con prove all’aperto ad altissimo volume mattutine e pomeridiane, e concerto ad altissimo volume fino alle 11,30 in una cavea all’aperto e altri concerti organizzati in loco con somministrazione di pasti e alcolici fino alle due di notte, con musica ad alto volume o, comunque, da altri eventi con emissioni sonore ben percepibili dalla mattina alla sera organizzati in loco, sempre con emissioni rumorose all’aperto e per circa undici mesi l’anno, e non mi sembra peraltro figurino esposti cartelli con invito ai clienti piuttosto rumorosi (anche nel “tifo” ai loro beniamini), di non far rumore anche nel parcheggiare e riprendere l’auto nelle vie adiacenti invece che nel parcheggio della struttura (salvo rarissimi casi) la responsabilità, eventuale, di chi è? Del gestore dell’ ente o fondazione che sia, delle autorità che nel concedere permessi con decibel in deroga non controllino eventualmente, evidentemente dai risultati, poi se rispettati, o delle autorità che, contattate, spesso non intervengono per “mancanza pattuglie che invieranno appena possibile” oppure che dicono “hanno i permessi” o “noi non abbiamo il fonometro” o “deve venire l’ARPA, faccia esposto” (ma io ho il fastidio oggi)?

  2. E, con riferimento al mio precedente commento, se chi riceve il fastidio avesse già fatto numerosi esposti e l’ARPA avesse in passato constatato (nonostante che per coincidenza quella sera le cicale coprissero il bassissimo volume del concerto) che la struttura superava i decibel con multa alla stessa e, continuasse nel suo comportamento e, successivamente, gli fossero stati concessi più decibel in deroga? E se nonostante vari esposti per e mail con risposta di ricezione e segnalazioni telefonica, nulla cambiasse, oltre a scomodarsi per un eventuale esposto alla Procura della Repubblica, in che altro modo si potrebbe risolvere la questione “musica ad altissimo volume”, dato che dal centralino non si riesce neanche ad avere il telefono dei responsabili la struttura e risponde di inviare una e mail?

  3. Errata corrige. Laddove scrivo, nel mio precedente commento:
    “… Quindi, se nell’appartamento di un residente a trecento quattrocento metri da un auditorium costruito molto dopo la sua palazzina, arriva suono ad altissimo volume per concerti con prove all’aperto ad altissimo volume mattutine e pomeridiane, e concerto ad altissimo volume fino alle 11,30 in una cavea all’aperto…”,
    intendevo scrivere:
    “… Quindi, se nell’appartamento di un residente a trecento quattrocento metri da un auditorium costruito molto dopo la sua palazzina, arriva suono ad altissimo volume per concerti con prove all’aperto ad altissimo volume mattutine e pomeridiane, e concerto ad altissimo volume fino alle 23,30 in una cavea all’aperto…”.

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