Eredi del contribuente: come deve essere fatta la notifica dell’accertamento dell’Agenzia delle Entrate, degli atti impositivi o delle cartelle di pagamento?
È morto tuo padre e, al vecchio indirizzo, continuano ad arrivare lettere e avvisi di raccomandate. Nel ritirare alcune di queste ti accorgi che si tratta di comunicazioni da parte dell’Agenzia delle Entrate e degli enti di riscossione esattoriale: sono accertamenti tributari e cartelle di pagamento. Ti chiedi, preoccupato, se tali notifiche sono valide o se invece dovevano essere fatte agli eredi presso la loro residenza. Che valore ha una cartella esattoriale notificata a persona deceduta?
La questione, analizzata da una recente e interessante ordinanza della Cassazione [1], diventa per noi la scusa per ripercorrere l’intero argomento e stilare una guida sulle regole relative alle notifiche degli atti fiscali nei confronti degli eredi.
Vediamo tutto ciò che c’è da sapere su questo argomento sempre attuale.
Cartella esattoriale notificata ad un defunto: è valida?
La cartella esattoriale, dopo la morte del contribuente, non può più essere indirizzata a questi. Vero è che il luogo di notifica della stessa può ancora essere – fino a un anno dal decesso o alla comunicazione di successione fatta dagli eredi (v. sotto) – l’ultimo luogo di residenza del de cuius. Tuttavia, l’intestazione della lettera deve essere rivolta agli eredi impersonalmente e cumulativamente (ad es.: «Eredi del sig….»). La cartella quindi ancora indirizzata al compianto non ha valore e gli eredi possono rifiutarsi di ritirarla dalle mani del postino o dall’ufficio postale. Del resto non avrebbero legittimazione a ritirare un atto a loro non indirizzato. Dovrebbero dichiarare di essere eredi con un’autocertifiazione ma ciò finirebbe per essere una tacita accettazione dell’eredità.
Debiti fiscali: si trasmettono agli eredi?
Gli eredi rispondono dei debiti fiscali del parente a cui sono succeduti ma non delle relative sanzioni. Quindi, nel caso di una cartella di pagamento o di un accertamento fiscale che, oltre all’imposta e agli interessi, contenga anche la richiesta di somme a titolo di sanzione, l’erede può chiedere – anche con un semplice ricorso in autotutela – lo sgravio di tali importi dall’ammontare complessivo da versare al fisco. Gli basta produrre un certificato di decesso.
Dei debiti del defunto inoltre rispondono solo gli eredi “a tutti gli effetti” ossia coloro che hanno già accettato l’eredità. Pertanto la notifica di una cartella a un parente che, sebbene abbia in animo di accettare l’eredità, non l’ha ancora fatto è illegittima; la cartella può quindi essere annullata con un ricorso al giudice, senza che la successiva accettazione dell’eredità possa influire e faccia rivivere la cartella.
Ci sono 10 anni di tempo per accettare l’eredità. C’è però un’eccezione per l’erede che è nel possesso dei beni ereditari (o di una parte) come nel caso del figlio convivente con il padre: questi deve fare l’inventario di tali beni entro 3 mesi dal decesso e nei successivi 40 giorni deve dichiarare se accetta o meno l’eredità; se non lo fa, il suo silenzio si considera come accettazione.
Chi non è nel possesso dei beni ereditari potrebbe anche temporeggiare in attesa che i debiti fiscali si prescrivano o le cartelle vengano annullate, per poi accettare l’eredità.
Quale responsabilità hanno gli eredi per i debiti fiscali del defunto?
Per quanto riguarda le imposte sui redditi (ad es. Irpef), gli eredi rispondono in solido dei debiti lasciati dal defunto. Ciò significa che l’Agenzia delle Entrate o l’agente della riscossione possono notificare la richiesta di pagamento, per l’intero debito, anche ad uno solo degli eredi ed agire contro quest’ultimo. Il quale, una volta pagato, potrà poi rivalersi contro i coeredi, ciascuno per la relativa quota, per ottenere la restituzione di quanto anticipato.
Quali comunicazioni devono fare gli eredi alla morte del parente?
La legge impone agli eredi una comunicazione al momento del decesso del parente [2]. Essi sono tenuti a comunicare all’ufficio delle imposte del domicilio fiscale del defunto le proprie generalità e il proprio domicilio fiscale. La comunicazione può essere presentata direttamente all’ufficio o trasmessa con raccomandata a.r., nel qual caso si intende fatta nel giorno di spedizione. Dopo 30 giorni da tale comunicazione, tutte le notifiche degli atti fiscali devono essere fatte agli eredi “nominativamente”, al rispettivo indirizzo di residenza. “Nominativamente” vuol dire che il destinatario dell’atto deve essere l’erede, con il suo nome e cognome, e non il defunto. Ad esempio, se al sig. Mario Rossi succedono i sig.ri Antonio Rossi e Giovanna Rossi, le notifiche andranno fatte presso le rispettive abitazioni e sulla busta dovrà esserci scritto “Sig. Antonio Rossi” e “Sig.ra Giovanna Rossi”.
Che succede se gli eredi non fanno la comunicazione all’Agenzia delle Entrate?
Nell’ipotesi in cui gli eredi non inviino tale comunicazione all’Agenzia delle Entrate, il fisco può inviare le notifiche all’ultimo domicilio del defunto senza dover indicare i nomi degli eredi, ma riferendosi genericamente agli eredi “collettivamente e impersonalmente”. Il che significa che, nell’esempio di poc’anzi, sarà valida la cartella inviata alla casa del padre se sulla busta c’è scritto “Eredi sig. Mario Rossi” (senza quindi l’indicazione dei rispettivi nomi: Antonio e Giovanna).
Se l’atto fiscale, invece, viene intestato al soggetto defunto (ad es. “Sig. Mario Rossi”) è illegittima e può essere annullata.
Se gli eredi inviano la comunicazione di decesso almeno trenta giorni prima della notifica dell’atto tributario, l’Agenzia delle entrate deve notificare gli accertamenti o le cartelle presso il domicilio fiscale degli eredi.
Viceversa se la predetta comunicazione non è stata effettuata, la notificazione può essere fatta all’ultimo domicilio del defunto sempre che l’atto sia intestato agli eredi.
Quando la notifica pure effettuata nell’ultimo domicilio del defunto, è però intestata allo stesso è da considerarsi nulla.
note
[1] Cass. ord. n. 736/19 del 15.01.2019: «Gli atti impositivi destinati al contribuente che sia deceduto, nell’ipotesi in cui sia stata eseguita la comunicazione di cui all’articolo 65, comma 2, del d.p.r. n. 600 del 1973, da parte degli eredi circa le proprie generalità e il proprio domicilio fiscale, devono essere diretti e notificati personalmente e nominativamente agli eredi nel domicilio fiscale da costoro comunicato. In mancanza, gli atti impositivi intestati al dante causa possono essere notificati nell’ultimo domicilio dello stesso, ma agli eredi collettivamente e impersonalmente, qualora l’ufficio sia comunque a conoscenza del decesso del contribuente, non sussistendo altrimenti la possibilità di procedere alla notifica impersonale prevista dalla legge».
[2] Art. 65 Dpr 600/1973.
Gli eredi rispondono in solido delle obbligazioni tributarie il cui presupposto si è verificato anteriormente alla morte del dante causa.
Gli eredi del contribuente devono comunicare all’ufficio delle imposte del domicilio fiscale del dante causa le proprie generalità e il proprio domicilio fiscale. La comunicazione può essere presentata direttamente all’ufficio o trasmessa mediante lettera raccomandata con avviso di ricevimento, nel qual caso si intende fatta nel giorno di spedizione.
Tutti i termini pendenti alla data della morte del contribuente o scadenti entro quattro mesi da essa, compresi il termine per la presentazione della dichiarazione e il termine per ricorrere contro l’accertamento, sono prorogati di sei mesi in favore degli eredi. I soggetti incaricati dagli eredi, ai sensi del comma 2 dell’articolo 12, devono trasmettere in via telematica la dichiarazione entro il mese di gennaio dell’anno successivo a quello in cui è scaduto il termine prorogato.
La notifica degli atti intestati al dante causa può essere effettuata agli eredi impersonalmente e collettivamente nell’ultimo domicilio dello stesso ed è efficace nei confronti degli eredi che, almeno trenta giorni prima, non abbiano effettuato la comunicazione di cui al secondo comma.
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