Donazione casa o auto al figlio: rischi


Scatta l’accertamento col redditometro per il figlio proprietario di macchina e immobile anche se ancora a carico dei genitori: l’intestazione a un nullatenente è sospetta salvo dimostrazione del passaggio di denaro.
Non ci stancheremo mai dal mettere in guardia i nostri lettori dal fare regali a persone – fossero anche i propri figli – che non possono permettersi tali acquisti, a meno di conservare le prove della donazione. E difatti, c’è sempre il rischio che l’Agenzia delle Entrate si accorga dell’incompatibilità tra i beni intestati al nullatenente e il reddito da questi dichiarato. Non parliamo di qualsiasi regalo, né del sostegno economico di qualche centinaio di euro, ma dei beni di lusso: quelli che, oltre al prezzo di acquisto, implicano anche un carico di spese per la loro gestione ordinaria. Il riferimento è ad esempio agli appartamenti o alle macchine. Ne avevamo già parlato in Comprare casa e intestarla ai figli: quali rischi? ed ora la questione si ripropone per via di una recente sentenza della Cassazione [1]. Ma procediamo con ordine e vediamo quali sono i rischi di una donazione di casa o auto al figlio.
Indice
Intestare casa o auto al figlio: rischi
Immaginiamo che una persona acquisti una casa e la intesti al proprio figlio già maggiorenne ma ancora a carico dei genitori. Il fatto che abbia superato i 18 anni esonera l’acquirente dalla necessità di chiedere l’autorizzazione al giudice tutelare (leggi Come intestare casa a un figlio di pochi anni).
Ma i problemi non sono solo questi. C’è sempre il redditometro, il software dell’Agenzia delle Entrate che valuta il tenore di vita dei contribuenti e lo confronta con le relative dichiarazioni. Così, se la somma delle spese attribuibili al contribuente in un anno supera del 20% i redditi denunciati al fisco, scatta la procedura dell’accertamento: prima l’Agenzia chiama il contribuente a chiarimenti e, se poi ritiene che le giustificazioni sono insufficienti, gli invia un atto impositivo.
Dunque quando si intestano casa o auto al figlio bisogna sempre fare i conti con il fisco. L’ufficio delle imposte si accorgerà sicuramente della discrasia tra la situazione reddituale dell’intestatario e la proprietà del bene di lusso. Così lo chiamerà per chiedergli come ha fatto ad acquistarlo. Questa fase di confronto è molto importante perché qui si giocano le chance per una corretta difesa anche nel caso in cui si dovesse finire in tribunale. Vediamo allora come ci si può tutelare.
Come tutelarsi dal redditometro
Nel momento in cui l’Agenzia delle Entrate rileva, in capo a un contribuente, la proprietà di un bene di lusso incompatibile con la sua dichiarazione dei redditi lo invita a dimostrare la provenienza del denaro usato per l’acquisto. Se si è trattato di una donazione bisognerà allora documentare il passaggio di denaro dal conto del donante a quello del venditore o del donatario. Ecco perché bisogna sempre usare strumenti tracciabili di pagamento come il bonifico bancario o l’assegno non trasferibile. Difatti, solo in questo modo il genitore potrà correre in soccorso del figlio, vittima dell’accertamento fiscale, adempiendo all’onere della prova richiesto dalla legge.
In buona sostanza, il contribuente che ha ricevuto in donazione una casa, un’auto o un altro bene di lusso deve provare all’Agenzia delle Entrate che i soldi provengono non dal proprio portafogli ma da quello di un’altra persona la quale, in tal modo, ha voluto fargli un regalo. Tecnicamente si chiama donazione indiretta: è quella donazione che non avviene con la consegna diretta del bene ma con la disponibilità della somma per acquistarlo. Sicché il donante può:
- pagare direttamente il venditore (accreditando sul suo conto il denaro per la compravendita);
- oppure bonificare i soldi sul conto del donatario specificandone la destinazione nella causale (ad esempio «acquisto prima casa»).
Regali ai figli maggiorenni: le precauzioni da prendere
Attenzione dunque a fare regali costosi ai figli. Sui ragazzi ancora a carico dei genitori e perfino conviventi può infatti scattare l’accertamento per la macchina e l’immobile. Per annullare l’accertamento fiscale è necessario dimostrare il pagamento dei beni da parte di mamma e papà. Ma attenzione: la prova non può mai essere testimoniale; non è sufficiente cioè che il donante attesti di aver consegnato il denaro in mano del beneficiario, anche perché c’è sempre il limite di 3mila euro. La dimostrazione della donazione passa necessariamente da una prova scritta che, come detto, può essere solo l’estratto conto, l’assegno non trasferibile o anche i pagamenti fatti con carte di credito o di debito.
A queste conclusioni è giunta così la Corte di Cassazione che, con la sentenza in commento, ha accolto il ricorso dell’Agenzia delle Entrate.
E se l’intestazione è fittizia?
Immaginiamo – che poi non è un caso infrequente – che il genitore compri una casa e la intesti al figlio perché animato, più che da generosità, dal proposito di non pagare molte tasse. Si tratta dunque di una simulazione: nei fatti, il vero possessore del bene resta il donante. Che succede in questi casi? Per i Supremi giudici, le carte non cambiano. È sempre ammesso l’accertamento del reddito del donatario con metodo sintetico (appunto tramite redditometro) salvo che questi dimostri la natura simulata della donazione, dando dimostrazione che i beni o gli importi contestati quali indici di capacità contributiva non sono effettivamente entrati nella sua disponibilità. Ancora una volta la tracciabilità del pagamento è condizione essenziale per evitare le sanzioni del fisco.
Si affermava infatti che la sottoscrizione di un atto pubblico, quale l’atto di compravendita, contenente la dichiarazione di pagamento di una somma di denaro da parte del contribuente, può costituire elemento sulla cui base determinare induttivamente il reddito in forza di presunzioni semplici, applicabili dall’ufficio nell’ipotesi di accertamento sintetico, risalendo dal fatto noto e quello ignoto, senza che potesse ravvisarsi la violazione del principio costituzionale della capacità contributiva. In tale caso infatti è sempre consentita, sebbene con onere a carico del contribuente, la prova contraria in ordine al fatto che manca del tutto una disponibilità patrimoniale, in ragione della natura simulata dell’atto stipulato, sicchè esso ha natura solo apparentemente onerosa mentre il negozio dissimulato ha causa gratuita. Da ciò infatti consegue la sola mera apparenza della ulteriore capacità contributiva evincibile dal negozio simulato.
note
[1] Cass. sen. n. 1761 del 23.01.2019.
Salve, io vorrei acquistare una casa. Si tratta della mia prima casa. Ci sono bonus, agevolazioni previsti dalla legge?
Buongiorno Rosa. Leggi i nostri articoli:
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