Dislessia: cos’è, come riconoscerla e come intervenire


La dislessia è un disturbo che impedisce al bambino di apprendere le basi fondamentali della lettura e, se non si interviene tempestivamente, può influire sulla sua autostima e causare effetti negativi a lungo termine.
Ogni bambino ha la propria personalità, le proprie abilità, i propri stili cognitivi ed i propri ritmi di apprendimento. Quando i bambini iniziano a frequentare la scuola primaria, gli insegnanti devono offrire loro la possibilità di sviluppare le capacità linguistiche e percettivo-motorie, essenziali per stimolare l’avvicinamento alla letto-scrittura. E’ importante imparare la scomposizione e la ricomposizione delle parole in suoni ed il riconoscimento dei segni che vi sono associati per accrescere le abilità di base necessarie alla lettura.
Talvolta, è possibile riscontrare nei propri figli o alunni alcune difficoltà nell’acquisizione della corrispondenza tra segni ortografici e suoni oppure nella ricostruzione della parola a partire dai suoni che la compongono. In queste circostanze, con molta probabilità, si è in presenza di bambini con Dsa (disturbi specifici di apprendimento). Più specificatamente, quando si parla di difficoltà nella lettura si fa riferimento alla dislessia. Attenzione, non bisogna allarmarsi, né mettere sottopressione o insultare il bambino allo scopo di ottenere dei risultati, in quanto ciò provocherebbe ansia e scarsa autostima.
E’ importante sostenere il piccolo a scuola e in famiglia con gratificazioni, metodi di apprendimento personalizzati, proposte didattiche flessibili che possano aiutarlo a sentirsi protagonista di piccoli successi. Magari ti stai ponendo qualche domanda e vorresti saperne di più sulla dislessia: cos’è, come riconoscerla e come intervenire. Continua a leggere il mio articolo per avere maggiori informazioni sull’argomento. Dopo i miei approfondimenti sui disturbi specifici di apprendimento (Dsa) e sulla Legge 170/2010, potrai trovare l’intervista al dr. Stefano Vicari (esperto dei disturbi dello sviluppo, di psichiatria dell’infanzia e dell’adolescenza).
Indice
- 1 Cosa sono i disturbi specifici dell’apprendimento?
- 2 Legge 170/2010
- 3 Cos’è la Dislessia?
- 4 A chi bisogna rivolgersi per avere una diagnosi di dislessia?
- 5 Come preparare il bambino per la diagnosi?
- 6 Come spiegare al bambino la dislessia?
- 7 Come si svolge la valutazione diagnostica?
- 8 Come si può intervenire nel caso di Adhd?
- 9 Quali sono i trattamenti più utilizzati nel caso di dislessia?
- 10 In cosa consistono questi trattamenti?
- 11 E per quanto riguarda la scrittura?
- 12 Una delle domande più ricorrenti: come crescerà il bambino dislessico?
- 13 Quali sono gli errori più comuni fatti dai genitori o dalla scuola?
- 14 Dislessia: cosa devono fare i genitori?
- 15 Esistono interventi di prevenzione del disturbo?
- 16 Si può fare una valutazione/diagnosi negli adulti?
Cosa sono i disturbi specifici dell’apprendimento?
I disturbi specifici dell’apprendimento, meglio conosciuti con l’acronimo Dsa, corrispondono a disturbi che riguardano difficoltà specifiche nella lettura, nella scrittura e nel calcolo; difficoltà che si manifestano all’inizio della scolarizzazione.
I Dsa si distinguono in :
- dislessia, vale a dire disturbo nella lettura (intesa come abilità di decodificazione del testo);
- disgrafia, cioè disturbo della grafia (intesa come abilità grafo-motoria);
- disortografia, vale a dire disturbo nella scrittura (intesa come abilità di competenza ortografica e codificazione fonografica);
- discalculia, cioè disturbo nelle abilità di numero e di calcolo (intese come capacità di operare con i numeri).
I fattori ambientali (famiglia, scuola, contesto sociale) si uniscono alle disfunzioni neurobiologiche e contribuiscono a determinare il fenotipo del disturbo.
I bambini con DSA presentano un quoziente intellettivo nella norma, ma nonostante questo non automatizzano gli apprendimenti relativi alla lettura, alla scrittura o al calcolo. Da ciò ne consegue una fatica maggiore durante lo studio.
Legge 170/2010
La Legge 170/2010 [1] riconosce la dislessia, la disgrafia, la discalculia e la disortografia come disturbi specifici di apprendimento che sussistono (insieme o separatamente) in presenza di capacità cognitive adeguate e in assenza di deficit sensoriali e patologie neurologiche.
In particolare, questa legge:
- delinea le caratteristiche dei Dsa;
- esplicita le finalità da perseguire;
- fornisce indicazioni sulla diagnosi;
- evidenzia il ruolo della formazione nella scuola;
- suggerisce misure educative e didattiche di supporto e sottolinea l’importanza della didattica personalizzata per garantire il diritto allo studio con riferimento all’adozione di strumenti compensativi e di misure dispensative (strumenti necessari per sviluppare al meglio le potenzialità e favorire il successo formativo degli studenti con Dsa);
- individua le misure per i familiari.
Alla Legge 170/2010 è seguita l’emanazione delle linee guida per il diritto allo studio degli studenti con disturbi specifici di apprendimento, allegate al Decreto Ministeriale del 12 luglio 2011. Qui viene sottolineato il ruolo della scuola, la quale deve intervenire sia nel momento iniziale consistente nell’osservazione delle modalità di apprendimento degli studenti e nell’individuazione di eventuali atipicità/criticità, sia nel momento didattico e relazionale.
Per conoscere quali benefici fiscali sono stati previsti nei casi di dislessia, disgrafia, disortografia e discalculia clicca qui.
Cosa deve fare la scuola?
Presupposto essenziale per qualsiasi intervento didattico efficace è la conoscenza dell’alunno che non può prescindere dalla comprensione del suo funzionamento cognitivo, cioè dalle abilità che possiede (espresse dalla valutazione del disturbo) e dalla competenza dell’uso di strumenti compensativi espressi dal livello di capacità (ciò che è in grado di fare da solo) e di performance (ciò che fa con l’uso di un supporto).
Gli insegnanti sono tenuti ad un aggiornamento continuo allo scopo di acquisire tutte le competenze della metodologia di ricerca e delle metodologie didattiche per la predisposizione di un piano didattico personalizzato (pdp) [2].
Il piano didattico personalizzato deve contenere:
- dati anagrafici dello studente;
- tipologia di disturbo;
- attività didattiche personalizzate;
- strumenti compensativi utilizzati;
- misure dispensative adottate;
- forme di verifica e valutazione personalizzate.
Il piano didattico personalizzato deve essere redatto entro la fine del primo trimestre dal consiglio di classe coinvolgendo la famiglia e, se possibile, lo specialista che ha fatto la diagnosi.
Cosa sono gli strumenti compensativi?
Gli strumenti compensativi sono mezzi che favoriscono il raggiungimento degli obiettivi formativi, riducendo gli effetti negativi del disturbo. I più utilizzati sono:
- il registratore;
- la sintesi vocale;
- i programmi di video-scrittura;
- la calcolatrice;
- le mappe concettuali.
Cosa sono le misure dispensative?
Le misure dispensative corrispondono ad azioni che hanno l’obiettivo di sostenere gli alunni con Dsa e di evitare che il disturbo possa determinare l’insorgenza di una scarsa autostima e/o demotivazione, condizioni a cui potrebbe conseguirne l’insuccesso scolastico.
Queste misure consistono:
- nella dispensa dalla lettura a voce alta, dall’uso del vocabolario, dalla memorizzazione delle tabelline;
- nella dispensa dallo studio della lingua straniera in forma scritta;
- nell’organizzazione di interrogazioni pianificate;
- nella previsione di tempi più lunghi per le prove scritte;
- nella valutazione delle prove scritte e orali che prendano in considerazione il contenuto e non la forma.
Per saperne di più sulla dislessia abbiamo intervistato il dr. Stefano Vicari, responsabile dell’U.O.C. di neuropsichiatria infantile dell’ospedale pediatrico Bambino Gesù di Roma. Referente scientifico e docente presso il master di neuropsicologia dell’età evolutiva e il master di disturbi dello spettro autistico presso l’Istituto ReTe di Roma, il dr. Vicari svolge attività clinica e di ricerca sui disturbi del neurosviluppo, psicopatologici e dell’apprendimento in età evolutiva. E’ autore di numerosi libri come “L’insalata sotto il cuscino – Sette storie per capire la sofferenza degli adolescenti”, “Nostro figlio è autistico”, “La dislessia – come riconoscerla e trattarla ”.
Cos’è la Dislessia?
Dislessia vuol dire leggere male in termini di velocità e correttezza. I bambini dislessici sono bambini che leggono molto più lentamente dei loro compagni di classe e fanno errori. Spesso, ma non necessariamente, non comprendono quello che leggono. Nei bambini dislessici la difficoltà di lettura non può essere attribuita a nessun altro problema. I bambini dislessici non hanno un ritardo mentale e non hanno difficoltà psicologiche gravi.
A chi bisogna rivolgersi per avere una diagnosi di dislessia?
Gli specialisti abilitati alla dislessia sono psicologici e, soprattutto, neuropsichiatri infantili. Il consiglio è rivolgersi a centri specializzati e non a colleghi con poca esperienza. Tra i centri pubblici il centro Asl sarebbe il più indicato. Dico sarebbe perché spesso le Asl soffrono di lunghe liste d’attesa a causa delle forti richieste e questo crea dei problemi. Dunque, qualora i genitori avessero un sospetto di questo tipo è bene rivolgersi a centri, anche se privati, che abbiano grande esperienza nel settore. E’ bene sottolineare che la diagnosi di dislessia si fa alla fine della seconda elementare, se non prima.
Come preparare il bambino per la diagnosi?
Spesso il bambino è frustrato dalla difficoltà di lettura, perché viene chiamato dall’insegnante a leggere a voce alta davanti agli altri compagni di classe e non riesce o si accorge di essere più lento. Una volta che i bambini riconoscono il problema e capiscono il perché della loro difficoltà, la vivono molto meglio rispetto alle circostanze in cui non hanno alcuna informazione o indizio a riguardo. Un po’ come succede a noi adulti: quando abbiamo un dolore qualsiasi possiamo preoccuparci molto, ma nel momento in cui ci vengono spiegati i motivi, la natura e la ragione (e magari spesso si tratta di cose banali), siamo molto più tranquilli e sereni. Questo è un elemento che i genitori devono tenere presente.
Come spiegare al bambino la dislessia?
Noi spieghiamo al bambino con molta semplicità che nonostante legge male questo non è legato alla sua intelligenza e che molte persone importanti e famose hanno avuto lo stesso problema come Einstein, John Kennedy, Walt Disney. Quindi, consigliamo al bambino di vivere la dislessia con una certa tranquillità e svolgere alcune attività per cercare di recuperare questo problema.
Come si svolge la valutazione diagnostica?
Con dei test strutturati. Esistono prove standardizzate (cioè che hanno dei dati di riferimento normativo per l’italiano) previste per ogni classe di scuola. Lo specialista propone dei test di lettura e di intelligenza, al fine di escludere la presenza di un ritardo mentale. Si fa una valutazione psicopatologica, perché a volte la dislessia è l’immagine di un disturbo di attenzione, quello che si chiama Adhd.
Come si può intervenire nel caso di Adhd?
Esistono percorsi di cura diversi da quelli della dislessia. Esiste l’indicazione ad un trattamento farmacologico. C’è un’altra strada rispetto alla dislessia, ecco perché è importante valutarne l’eventuale presenza di un disturbo di questo tipo.
Quali sono i trattamenti più utilizzati nel caso di dislessia?
Si tratta di trattamenti riabilitativi di tipo logopedico, psicologico, cognitivo. Trattamenti che puntano a fornire strumenti alternativi alla lettura. Vengono anche chiamati strumenti compensativi, in quanto possono bypassare le difficoltà che i bambini presentano.
In cosa consistono questi trattamenti?
Nel leggere, gli errori grammaticali sono errori fonologici, cioè si confonde una lettera con un’altra. Il trattamento logopedico, in genere, viene riservato ai bambini più piccoli e punta a potenziare le aree di natura fonologica, cioè quegli aspetti del linguaggio che sono alla base della lettura (la corrispondenza suono-segno, il fatto che le parole siano formate dall’unione di suoni). Queste sono abilità importanti per poter apprendere la lettura in modo corretto. Gli psicologici cognitivi intervengono più sulla comprensione del testo e, quindi, sulla possibilità di trovare strategie di studio che tengano conto della difficoltà della lettura.
Gli strumenti compensativi sono ad esempio:
- i computer che leggono al posto del bambino in modo che il bambino possa apprendere sentendo quello che viene letto;
- il registratore da utilizzare in classe durante la spiegazione degli insegnanti.
In teoria, quello che si cerca di fare attraverso il trattamento riabilitativo è imparare senza leggere, in quanto la lettura è un ostacolo per acquisire informazioni per il bambino dislessico.
E per quanto riguarda la scrittura?
Parliamo di disortografia e la difficoltà consiste proprio nel fare errori di tipo ortografico. In genere, gli errori a cui si fa riferimento sono: le doppie, la “h” del verbo avere, l’uso degli accenti e gli apostrofi. Questi sono aspetti più difficili da correggere. Un ottimo strumento per intervenire sulla disortografia è l’uso dell’autocorrettore del computer. E’ molto difficile che i trattamenti riabilitativi siano in grado di correggere questo tipo di difficoltà che però ha un impatto molto ridotto sulla vita del bambino. La prima cosa che viene fatta è chiedere agli insegnanti di non correggere gli errori di ortografia proprio perché hanno un basso impatto. L’importante è scrivere quello che si pensa.
Per fare una diagnosi occorre che tutte queste difficoltà (scrittura, lettura o calcolo) abbiano un forte impatto sulla vita del bambino. Spesso vengono da me genitori che dicono che il figlio fa errori di ortografia e poi alla mia domanda sul suo andamento scolastico, loro rispondono che il bambino va benissimo ed ha voti alti. Dunque, il problema dell’ortografia non è un grande problema e per definizione non costituisce una disabilità. Un disturbo c’è nel momento in cui crea un impatto sugli apprendimenti quotidiani.
Una delle domande più ricorrenti: come crescerà il bambino dislessico?
Bene se il mondo attorno a lui non lo mortifica e se non gli vengono fatte pesare le sue difficoltà. Il 60% degli adolescenti dislessici ha un disturbo di ansia e di depressione. Questo è legato a come il mondo intorno al bambino vive questa sua difficoltà. Se la dislessia viene sdrammatizzata e accolta ed i bambini ricevono il giusto aiuto, la possibilità che vadano incontro ad una vita serena è molto alta.
Quali sono gli errori più comuni fatti dai genitori o dalla scuola?
Stigmatizzare le difficoltà e far pesare i problemi di lettura, scrittura, calcolo. Accusare i bambini del mancato impegno o della loro distrazione, colpevolizzando quella che invece è una difficoltà. Un bambino dislessico legge male perché non ce la fa a leggere bene.
Dislessia: cosa devono fare i genitori?
Accorgersi tempestivamente che il bambino ha problemi. La diagnosi si fa in seconda elementare, ma gli elementi di sospetto possono essere evidenti sin dalla prima elementare. Se un bambino non legge bene si può sospettare che ci sia qualche difficoltà. Poi, non bisogna drammatizzare il problema e occorre favorire l’uso degli strumenti alternativi.
Esistono interventi di prevenzione del disturbo?
Ci sono elementi che sembrano essere correlati con il rischio di dislessia. Ad esempio: un bambino che ha un disturbo o un ritardo di linguaggio è a rischio di dislessia. Se un bambino a 4 anni non parla perfettamente dovrebbe fare una logopedia, perché questo può ridurre il rischio della dislessia. Si è visto che anche alcuni disturbi dell’attenzione sono aspetti critici. Ci sono elementi di rischio che possono essere individuati precocemente a cui in genere gli educatori della scuola dell’infanzia fanno già molta attenzione.
Si può fare una valutazione/diagnosi negli adulti?
Si, ci sono test individuati anche per gli adulti. Se li riconosciamo, possiamo aiutarli. Chi è dislessico può avere alcune agevolazioni a scuola. Ad esempio, può avere più tempo per gli elaborati scritti o interrogazioni programmate: possibilità da tenere presente anche a livello universitario.
note
[1] Legge n. 170 dell’8.10.2010 “Nuove norme in materia di disturbi specifici di apprendimento in ambito scolastico”.
[2] Legge n. 170 dell’8.10.2010 e Decreto attuativo 5669/2011.
L’insegnante di sostegno è una figura specializzata, nel senso che non tutti gli aspiranti professori possono ricoprire un ruolo così delicato. Si tratta di un docente che ha seguito un percorso accademico specifico finalizzato proprio ad apprendere le metodologie didattiche più adeguate per i minori affetti da un handicap. Il tipo di studi da seguire per diventare insegnante di sostegno è quello definito dal Ministero dell’Istruzione che, con un apposito decreto, ha stabilito le linee guida per chi vuole fare il docente di sostegno. Attualmente pare che ci sia una grave carenza di insegnanti di sostegno e spesso è possibile accedere alle varie graduatorie di circolo e di istituto anche se si sono seguiti determinati master. Ragion per cui è sempre buona norma iscriversi ai corsi di formazione come quelli che riguardano la didattica per i bambini affetti da DSA (Disturbi Specifici dell’Apprendimento).
Bisogna diffondere articoli approfonditi di questo tipo affinché nelle scuole e nelle famiglie ci sia la consapevolezza che molti bambini e ragazzini non sono svogliati o disattenti, negligenti o poco interessati allo studio, ma hanno serie difficoltà nell’apprendimento e occorre intervenire e fornirgli gli strumenti per poter studiare e non sentirsi esclusi, emarginati, accusati ingiustamente e colpevolizzati, anche perché a lungo andare la loro autostima ne risente e possono cadere in un vortice di depressione, ansia ecc.
Un’analisi completa sull’argomento offre una chiarezza espositiva che è difficile trovare online. A partire dalla Legge 170/2010 con la spiegazione degli strumenti compensativi, dispensativi fino al piano didattico personalizzato. E’ importante per una famiglia sapere a cosa ha diritto il proprio bambino.