Questo sito contribuisce alla audience di

Recessione: che cos’è?

31 Gennaio 2019 | Autore:
Recessione: che cos’è?

Che cosa determina la mancata crescita economica di un Paese? Quali sono le conseguenze del calo del Pil sul vivere quotidiano? E come se ne esce?

È uno dei peggiori nemici pubblici. A volte si manifesta a sorpresa, anche se, quasi sempre, la si vede arrivare. Può durare pochi o tanti mesi, dipende dalla capacità di reazione del sistema produttivo ed economico del Paese, nonché dagli strumenti che il Governo adotta per farla sparire quanto prima. Questo nemico si chiama recessione. Ma che cos’è la recessione, di cui ogni tanto sentiamo parlare?

In estrema sintesi, si può dire che un Paese entra in recessione quando non è in grado di sfruttare a pieno le sue risorse produttive, perdendo così la capacità di generare ricchezza. Quando questo dato si conferma per un certo numero di mesi consecutivi (come vedremo più avanti) si entra nella cosiddetta «recessione tecnica». Tra poco vedremo che cos’è e qual è la differenza con quella non tecnica, cioè con quella conclamata.

Le conseguenze di una recessione possono essere molto gravi. Producendo di meno, le aziende tendono a non investire né su sé stesse né sull’occupazione, con l’inevitabile effetto negativo sul mercato del lavoro. Inoltre, i mercati finanziari si sfiduciano ed il costo della vita è destinato ad aumentare per il clima di incertezza che si genera. Lo dicevamo all’inizio: è uno dei peggiori nemici pubblici. Lo scopriremo vedendo che cos’è la recessione, quale impatto può avere sul tessuto economico e sociale di un Paese e che cosa si può fare per uscirne.

Recessione: che cos’è?

Si può definire la recessione come quel momento in cui un Paese non riesce a sfruttare la propria capacità produttiva e raccoglie un segno negativo nell’andamento del prodotto interno lordo (il Pil). In pratica, è l’esatto contrario della crescita economica: puoi produrre 100 ma ti fermi a 50, per fare un esempio banale. Così, non c’è un aumento della ricchezza, della produzione di beni e servizi, dei consumi e, a cascata, dell’occupazione.

Tuttavia, non è il solo dato del Pil che determina la recessione. Immagina che un Paese cresca del 3% ma con un aumento demografico del 5%. Se la matematica non è un’opinione, è ovvio che la crescita economica non viaggia di pari passo con quella demografica e, di conseguenza, scenderà il reddito pro capite. Il che significa che, nonostante il dato del Pil sia in positivo, il Paese si sarà impoverito.

Ecco perché il concetto di recessione può variare da un Paese all’altro o da una zona geografica all’altra. Come può essere diverso il ragionamento secondo cui un’economia è in recessione. C’è chi, ad esempio, tiene conto non solo di Pil e di reddito pro capite ma anche il tasso di disoccupazione, l’andamento della produzione industriale o quello delle vendite al dettaglio.

Recessione: quando si presenta?

Come abbiamo appena spiegato, vengono presi in considerazione diversi fattori per stabilire se un Paese è in recessione o no. Da diversi decenni vige la regola della diminuzione del Pil per due trimestri consecutivi, com’è successo in Italia nell’ultima metà del 2018 secondo i dati rilevati dall’Istat. Si tratta, dunque, di una mancata crescita economica concentrata in questo periodo di tempo (sei mesi di fila).

È la cosiddetta recessione tecnica, di cui è difficile stabilire la durata. Si può presumere che non sia breve e che la ripresa arrivi a medio termine, pensando al fatto che sei mesi di diminuzione del prodotto interno lordo.  Se la situazione non dovesse mutare, si arriverà a parlare di recessione conclamata o depressione che dir si voglia (anche se quest’ultima di solito arriva quando la recessione dura almeno tre o quattro anni o il calo del Pil supera il 10%), con tutte le conseguenze negative che porta con sé.

C’è, poi, la recessione economica. Se ne parla quando il Pil presenta una flessione superiore al -1% a livello tendenziale, cioè rispetto al dato registrato nello stesso periodo dell’anno precedente.

Recessione: quali sono le conseguenze?

Già, le conseguenze della recessione. L’effetto-cascata penalizza inevitabilmente diversi settori. A cominciare da quello dell’occupazione. Un’azienda che non cresce difficilmente investirà in personale, anzi: è più probabile che diminuisca l’organico per contenere i costi.

Altra conseguenza della recessione può essere la diminuzione dei tassi di interesse. Si tratta, in realtà, di una mossa adoperata dalle banche centrali in modo da favorire l’accesso al credito da parte delle imprese in modo da favorire la crescita economica.

Soffrono (o possono soffrire) anche i titoli di Stato. Questo perché un Paese in recessione può subire il taglio dell’indicatore sul debito da parte delle agenzie di rating.

Ultime ma non ultime: le conseguenze della recessione sul deficit pubblico. Prendiamo l’esempio delle previsioni del Governo sul Pil per il 2019: si stima una crescita dell’1%. Se, però, quella crescita si arresta a poco più del mezzo punto percentuale, come ipotizzato sia dalla Banca d’Italia sia dal Fondo Monetario Internazionale, il deficit sarebbe destinato ad aumentare a causa delle entrate più risicate a causa della recessione e delle maggiori uscite provocate dall’aumento degli ammortizzatori sociali per chi perde il lavoro (sempre a causa della recessione). Da dove salteranno fuori questi soldi? Le possibilità sono due: varare una manovra correttiva oppure tenere la spesa pubblica sotto controllo mettendo anche mano ai 2 miliardi di spesa dei ministeri messi nel freezer per un’eventuale situazione di bisogno.

Recessione: qual è la soluzione?

Difficile dirlo. Ciò nonostante, per uscire dalla recessione la mossa più gettonata è quella che abbiamo citato poco fa: la discesa in campo delle banche centrali per abbassare i tassi di interesse ed incentivare l’accesso al credito in modo da far ripartire la produzione e la richiesta di beni e di servizi. In altre parole, per far riprendere l’economia. Il problema è che a livello europeo i tassi sono già molto bassi, quindi un ulteriore intervento della Banca centrale europea in questo senso appare, sulla carta, assai complicato. Si può pensare anche ad una diminuzione delle imposte per le imprese, in modo che queste possano investire con margini più ampi. Oppure ad un aumento della spesa pubblica, cosa che in Italia appare ormai proibitivo se si vuole restare nei parametri richiesti, in primis, dall’Unione europea.



Sostieni laleggepertutti.it

Non dare per scontata la nostra esistenza. Se puoi accedere gratuitamente a queste informazioni è perché ci sono uomini, non macchine, che lavorano per te ogni giorno. Le recenti crisi hanno tuttavia affossato l’editoria online. Anche noi, con grossi sacrifici, portiamo avanti questo progetto per garantire a tutti un’informazione giuridica indipendente e trasparente. Ti chiediamo un sostegno, una piccola donazione che ci consenta di andare avanti e non chiudere come stanno facendo già numerosi siti. Se ci troverai domani online sarà anche merito tuo.Diventa sostenitore clicca qui

1 Commento

  1. Dipende dalla mancata conoscenza delle norme che determinano e regolano l’ “Economia Politica ” e, di contro, la ” Politica Economica “. Purtroppo questo è avvenuto in passato perché il confronto era basato sul sapere e non già nell’attuale avvicendamento al potere per “consolidarsi”. Intelligenti pauca !!!!!!

Lascia un commento

Usa il form per discutere sul tema (max 1000 caratteri). Per richiedere una consulenza vai all’apposito modulo.


 


NEWSLETTER

Iscriviti per rimanere sempre informato e aggiornato.

CERCA CODICI ANNOTATI
CERCA SENTENZA