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Cosa succede se mangio senza sale?

26 Febbraio 2019 | Autore: Maria Teresa Biscarini
Cosa succede se mangio senza sale?

Oms, associazioni di categoria, nutrizionisti uniti nella “battaglia al sale” con un elenco di regole per una sana alimentazione.

“Non ha sale in zucca”. Chi può dire di non avere almeno una volta nella vita sentito pronunciare questa espressione con un tono spesso sprezzante. Ed in effetti la locuzione che ora rimanda ad un concetto di povertà intellettuale in origine si associava anche ad una sorta di povertà economica. Il sale, infatti, nella Roma antica equivaleva al denaro corrente. Non a caso, l’attuale termine salario trae il suo fondamento proprio da quel contesto storico sociale, vale a dire che i prestatori d’opera venivano retribuiti attraverso dosi di sale. Un alimento dunque molto prezioso che nelle abitazioni faceva pendant con una particolare specie di zucca: la Lagenaria. Questo perché la zucca si rivelava un insuperabile scrigno per contenere i cristalli di sale. Quindi chi non aveva sale in zucca era all’epoca considerato un “poveraccio”. Al giorno d’oggi, cosa succede se mangio senza sale? E perché eliminare il sale, quando la sua presenza in casa è da considerarsi un privilegio frutto di estenuanti guerre di posizione? Chi non ricorda di aver letto nei testi di scuola della “Guerra del sale” nata come atto di ribellione dei perugini contro l’ingiusto dazio sul sale imposto per disposizione papale? E allora come la mettiamo: sale sì o sale no? E cos’è che fa del sale un potenziale killer per l’uomo? Ammesso che si riesca effettivamente ad eliminarlo del tutto, interessante sarà verificare quale sia la posizione presa da nutrizionisti, e sanitari al riguardo. E comunque, laddove a livello personale non si reputi possibile lo sradicamento in toto del sale dalla dieta alimentare, esistono dei validi sostituti per evitare di condannarsi a pietanze insapori o prive di gusto? Se ritieni l’argomento di tuo interesse, seguici. Ne gioirà il tuo palato ma anche la tua salute.

Cosa dice l’Organizzazione mondiale della sanità riguardo al sale?

In Italia si consuma troppo sale, almeno il doppio di quello raccomandato [1]. Stando all’Organizzazione mondiale della sanità (O.m.s.), il consumo di sale dovrebbe essere inferiore ai 5 grammi al giorno, più o meno l’equivalente di un cucchiaino.

La strategia dell’O.m.s [2] si pone così l’obiettivo di ridurre del 25% la mortalità prematura e l’ipertensione arteriosa. Per raggiungere questo “ambizioso” proponimento, la riduzione nell’uso di sale nella dieta alimentare gioca un ruolo fondamentale; infatti il time out è stato fissato per il 2025. Vale a dire che entro tale data l’O.m.s. stima di poter riuscire, con le varie campagne di sensibilizzazione, ad arrivare a una riduzione di ben il 30% nel consumo di sale.

Quanti tipi di sale esistono?

Il sale è uno dei condimenti più utilizzati nelle cucine pressoché di tutto il mondo. Tra le tipologie più diffuse le seguenti:

  • sale marino: ottenuto dall’acqua del mare tramite il processo di evaporazione. Gli stabilimenti a ciò appositamente preposti sono le cosiddette saline. Prima di arrivare sulle nostre tavole il sale viene poi sottoposto a raffinazione per eliminarne le impurità. Rientra in questa macro-area anche il sale iodato, che altro non è che un tipo di sale marino, prima raffinato e poi addizionato di iodio;
  • salgemma o sale di rocca: viene estratto dalla roccia, ovvero dalle cosiddette “miniere di sale”. Al contrario del sale marino, per lo più non necessita di raffinatura alcuna in quanto già privo di impurità.

Dal punto di vista del gusto, le due tipologie di sale non si differenziano granché; ciò che li discosta è la diversa percentuale di iodio, utile al miglior funzionamento del metabolismo e della tiroide. Per cui, mentre il sale marino si dice essere “impoverito di iodio”, in quanto durante il processo di raffinazione lo iodio tende appunto a disperdersi, il salgemma è molto più ricco di iodio in quanto non soggetto a raffinatura.

Il sale ha principi nutrizionali o è un mero insaporitore?

Premessa “la naturale tendenza verso il cibo salato” – dichiarano dietologi e nutrizionisti – “in quanto fonte di sali minerali fondamentali per la sopravvivenza”, è pur vero che al giorno d’oggi tutto si può dire tranne che ci si trovi in carenza di questi elementi. Per cui quello che valeva secoli addietro non lo è più ora. Ciò detto, è bene sapere che quei granelli che si aggiungono alle pietanze, a fronte di zero calorie, contengono tanti elementi, seppur in proporzioni ben diverse l’una dall’altra come: acqua, calcio, ferro, magnesio, potassio, sodio, zinco; ognuno con distinte proprietà nutrizionali. Ovviamente ciò che muta ed anche in modo considerevole in rapporto percentuale, è la quantità dei vari elementi: tra questi “in testa” è il sodio.

Quali sono i danni connessi ad un uso eccessivo di sale?

Data la naturale inclinazione verso i cibi salati, è intuibile sin da ora che la “battaglia del sale” di storica memoria, torna di nuovo alla ribalta, seppur in senso diverso. Se infatti allora la battaglia venne fatta come atto di ribellione verso un dazio considerato ingiusto, ora la battaglia si spiega su basi di tipo salutistico.

Perché il sale è così tanto sorvegliato speciale? Per farcene una ragione passiamo in rassegna gli effetti che si producono nell’organismo umano se sottoposto ad una dieta troppo ricca di sodio. Gravi patologie dell’apparato cardiovascolare, quali l’infarto e l’ictus, sono correlate all’ipertensione arteriosa indotta dal sodio, ma anche ritenzione idrica, causa della tanto odiata pelle a buccia d’arancia, inestetismo che assilla il mondo femminile e ancora sovraffaticamento a livello dei reni, ma anche aumento di carie e osteoporosi. Ecco spiegati in estrema sintesi i motivi dell’allerta sodio!

Quali sono gli alimenti che contengono più sale?

Volendo stilare una classifica degli alimenti contenenti sale in ordine decrescente, si annoverano i prodotti trasformati, a seguire il sale aggiunto in cottura fino al sale contenuto in natura negli alimenti.

Questo potrebbe essere il rapporto su scala percentuale:

  • il sodio contenuto nei prodotti trasformati (siano essi industriali o artigianali) è pari a circa il 55% del totale;
  • quello aggiunto durante la cottura dei cibi o a tavola è circa il 35 %;
  • la percentuale contenuta naturalmente negli alimenti (frutta, verdura, acqua, carne ecc.) rappresenta il 10% dell’apporto totale.

Come a dire che, anche stando sotto dieta stretta, un seppur minimo apporto di sale verrebbe comunque introdotto nell’organismo tramite l’assunzione di cibi che lo contengono naturalmente. Quindi chi volesse impostare un regime alimentare che escluda il sale, dovrà agire sui restanti due fronti e cioè ridurre se non proprio eliminare al massimo l’assunzione di cibi trasformati, e ovviamente eliminare il sale di cottura e nei condimenti.

Cosa succede all’organismo se si elimina il sale?

Con una dieta impostata sulla eliminazione o massima riduzione del sale, questi gli effetti riscontrabili nel medio/lungo periodo:

  •  riduzione della pressione arteriosa;
  • miglior funzionamento del cuore e dei vasi sanguigni;
  • miglior funzionamento dei reni;
  • riduzione del rischio di sviluppare forme di cancro allo stomaco;
  • aumento della resistenza ossea e quindi conseguente riduzione di fenomeni di osteoporosi;
  • riduzione del peso spesso legato anche alla ritenzione idrica.

Quali sono i benefici percepibili in caso di dieta “priva” di sale?

Ecco i benefici di una dieta priva di sale:

  • riduzione della sete. Con una dieta priva di sale, non si ha più bisogno di bere tanta acqua per restare idratati. Infatti la maggior quantità di acqua si ottiene direttamente dal cibo e si risparmia al corpo di richiedere acqua extra per diluire il sale;
  • riduzione del senso di gonfiore. Con una dieta salata, infatti si tende a trattenere acqua, con conseguente gonfiore al viso e nella zona sotto oculare; mentre con una dieta salt-free il gonfiore può migliorare fino a scomparire del tutto;
  • pelle più pulita. Testimonianze dirette di chi segue una dieta priva di sale evidenziano come a beneficiare della dieta iposodica sia tutto il tessuto cutaneo, quindi non solo la pelle del viso;
  • senso di benessere. Alcune persone riferiscono come la dieta senza sale restituisca una sensazione di maggior “pulizia”, nel senso che anche a fine pasto non si va soggetti a forme di sete innaturale, spesso legata all’assunzione di cibi troppo salati.

Ecco come impostare una dieta a ridotto contenuto di sodio:

  • evitare il sale negli alimenti durante la cottura;
  • evitare il sale su carne e verdure;
  • evitare il pesce conservato sotto sale come alici, sardine, baccalà;
  • evitare formaggi stagionati (come parmigiano reggiano, grana padano, pecorino, ecc.)
  • evitare tutti i tipi di salumi e cibi in scatola (anziché legumi conservati, optare per legumi secchi); e comunque laddove si dovesse ricorrere ad alimenti in scatola, è consigliabile sgocciolarli e lavarli per privarli dell’acqua troppo ricca di sale;
  • evitare patatine fritte, arachidi, salatini;
  • comprare cracker e grissini senza sale;
  • per rendere il cibo più gustoso per il palato fare uso di spezie (come peperoncino, salvia, rosmarino) evitando però le preparazioni già pronte addizionate di sale;
  • preferire il pane senza sale.

Pane senza sale: un marchio di nuova generazione 

Il pane, si sa, è alla base della piramide alimentare per consumo, frequenza e quantità; per di più si stima che sia pure uno tra i massimi veicoli di apporto di sale nell’organismo [3].

Se il pane “salt-free” contraddistingue la cucina tipica di Umbria, Toscana, Marche e parte del Lazio, per il resto della penisola non è poi così comune apprezzarlo e anche reperirlo. Dal 2009 però grazie ad alcuni protocolli d’intesa siglati al fine di arrivare ad una riduzione considerevole del quantitativo di sale nel pane tra il ministro della Salute e le principali associazioni di categoria della panificazione artigianale e industriale, le regioni potrebbero convergere verso lo stesso obiettivo. In ossequio al programma “Guadagnare salute: rendere facili le scelte salutari”, anche l’Emilia Romagna si allinea alla scia della dieta senza sale. È proprio in tale area geografica che si è assistito ad accordi a livello regionale volti alla produzione di pane con ridotti quantitativi di sale tale però da non modificarne il sapore.

Per facilitare il consumatore nel riconoscimento del suddetto pane sono state predisposte apposite vetrofanie identificative che combinano lo slogan “pane meno sale” con il marchio “guadagnare salute”.

Le malattie che affliggono i reni danno diritto all’invalidità?

I reni, altrimenti noti come gli “spazzini dell’organismo”, sono preposti ad eliminare le sostanze di rifiuto che tendono ad accumularsi nel sangue e che sono prodotte dal metabolismo del cibo che viene ingerito. Nello svolgere il loro incarico quindi puliscono il sangue dalle tossine ma regolano anche il bilancio di sale ed acqua all’interno del corpo.

Quindi, se questi organi vengono costretti ad un superlavoro in caso di eccesso di sale nell’organismo, potrebbero ammalarsi. Non  a caso le malattie dell’apparato urinario sono tra quelle che danno diritto al riconoscimento di una invalidità di legge per cui si rimanda all’articolo “Malattie croniche e invalidità“.

Espianto di rene e responsabilità ospedaliera

 Nei casi limite di espianto del rene, laddove si dovesse valutare il se e il come procedere al fine di donare questo organo a beneficio di chi non può più fare uso del proprio, è bene sapere quanto segue.

La donazione del rene deve infatti essere formalizzata attraverso la stipula di un vero e proprio contratto che coinvolge il donatore da una parte e la struttura ospedaliera dall’altra. E fin qui nulla di particolare, mentre forse non tutti sono a conoscenza del fatto che per la validità del contratto di donazione costituisce imprescindibile requisito di legge la pregressa stipula da parte dell’ospedale di un’assicurazione contro gli infortuni e la malattia a tutela del soggetto donatore [4].

Donazione di rene e responsabilità ospedaliera

L’espianto del rene per scopo di donazione forma oggetto di uno speciale contratto tra il donatore e la struttura ospedaliera, per la cui validità è requisito legale la stipula, da parte dell’ospedale, di un’assicurazione contro gli infortuni e la malattia a beneficio del donatore.

Ne consegue che laddove l’ospedale, dovesse procedere all’espianto del rene senza avere prima provveduto alla stipula della polizza, risponde dei danni subiti dal paziente in conseguenza della perdita dei benefici assicurativi [5].



Di Maria Teresa Biscarini

note

[1] Minisal-Gircsi e Osservatorio Epidemiologico Cardiovascolare/Health Examination Survey (208-2012).

[2] Action Plan for implementation of the European Strategy for the Prevention and Control of Noncommunicable Diseases “Health 2020”.

[3] Settimana Mondiale 2018 (12-18 marzo 2018) per la riduzione del consumo sale proposta dalla World Action on Salt and Health (WASH)

[4] Art.5 L. n. 458 del 26.06.1967.

[5] Cass. civ. sez. III n. 1874 del 28.01.2013.


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