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Cosa succede se congelo la carne due volte?

1 Marzo 2019 | Autore: Maria Teresa Biscarini
Cosa succede se congelo la carne due volte?

Regole di diritto, di igiene alimentare, di economia domestica si confrontano in fatto di conservazione di alimenti facilmente deperibili.

“Il tempo è tiranno”, si usa dire in questa epoca in cui si è tutti perennemente di corsa. Quali le ripercussioni di questo agonismo h24 quando si ha a che fare con i fornelli? Ok ad escamotage che consentano di conciliare tempi brevi e impiattamenti di portate gustose e nutrienti. Impresa che, se sulla carta può sembrare di facile realizzazione, in pratica potrebbe riservare sorprese. Infatti va bene dedicare magari solo un giorno alla settimana alla spesa cosiddetta “grande”, ma questo approvvigionamento calibrato sui grandi numeri, richiede anche un quid pluris in fatto di accortezze specie quando si ha a che fare con prodotti surgelati o da congelare. Se infatti una corposa scorta di alimenti nella celletta del congelatore di casa, fa stare tranquilli in un senso, dall’altro può esporre a dei rischi che vanno conosciuti al fine di prendere le giuste contromisure. Ad esempio cosa succede se congelo la carne due volte? E cosa s’intende per congelamento? Le cellette del congelatore del frigo di casa svolgono la stessa funzione dei surgelatori? Esistono poi delle norme in grado di porre il consumatore al riparo dai rischi connessi alla consumazione di alimenti non freschi? Se non ti senti un esperto al riguardo, e vuoi ridurre al minimo il rischio di esporre te e la tua famiglia alle malattie trasmissibili con gli alimenti, continua a seguirci. Il tempo dedicato al benessere e alla salute non è mai troppo e soprattutto non è mai perso.

Congelazione e surgelazione: quali differenze?

La congelazione è una procedura a carattere “casalingo” che si effettua riponendo il cibo all’interno del freezer della cucina, mentre la surgelazione è una procedura che per lo più interessa l’ambito industriale, richiedendo il ricorso a macchinari specifici. Infatti per potersi avere surgelazione devono ricorrere due condizioni, vale a dire: tempi brevissimi di surgelazione e temperature necessariamente inferiori ai -18°, come da apposite norme di legge [1].

La differenza sostanziale fra i processi di congelazione e surgelazione riguarda la formazione dei cristalli di ghiaccio. Infatti mentre nel caso della surgelazione, i cristalli di ghiaccio che si creano sono di ridottissime dimensioni, nel caso della congelazione i cristalli sono decisamente più grandi. Ma al di là della diversità dimensionale che altro c’è da sapere? La congelazione, che è anche la procedura che si usa frequentemente in casa, comporta la rottura delle strutture cellulari interne agli alimenti, con una maggiore perdita d’acqua in fase di scongelamento e con la dispersione dell’acqua è bene sapere che se ne va anche parte delle sostanze nutritive. Cosa che invece non si verifica quando si riporta a temperatura ambiente un prodotto surgelato che quindi è simile se non proprio identico al prodotto fresco.

Abbattitori di temperatura: cosa sono?

Un discorso ancora diverso è quello che riguarda i cosiddetti abbattitori di temperatura che consentono una surgelazione tanto di materie prime che di alimenti cotti in tempi rapidissimi. E qui il quid pluris è costituito proprio dal rispetto delle qualità organolettiche del cibo.

È bene sin da ora sapere che questa tecnologia più avanzata che consente anche l’azzeramento della proliferazione batterica all’interno degli alimenti, è in uso prevalentemente nelle cucine professionali di ristoranti ed esercizi commerciali come pasticcerie ecc. Quindi salvo casi particolari in cui i privati siano disposti ad investire in macchinari come gli abbattitori che sono sul mercato a prezzi impegnativi, con buona approssimazione si può dire che la fattispecie di conservazione più diffusa a livello domestico è quella della congelazione degli alimenti.

A quali temperature si refrigera, congela, surgela?

Se la K costante che accomuna le tecniche di conservazione degli alimenti quali refrigerazione, congelazione surgelazione è il freddo, c’è una diversità sostanziale tra le tre. Vediamole nel dettaglio:

  • refrigerazione: con questo termine ci si riferisce al “freddo” o forse è più corretto dire “fresco” legato all’intervallo di temperatura dello scomparto frigo da 0 a – 15°. Questa condizione è utile alla conservazione dei cibi ma, attenzione! In caso di alimenti facilmente deperibili come la carne, per la sua consumazione è bene non superare i due tre giorni dall’acquisto, se conservata in frigo;
  • congelazione (inferiore a -15°C): un sistema di conservazione degli alimenti che ricorre all’utilizzo del “freddo sottozero”, e può essere di tipo domestico o anche industriale. È questo il caso in cui si ripone la carne nella celletta a ciò preposta del frigorifero di casa;
  • surgelazione (inferiore a – 18°C): si tratta di una forma di congelazione molto rapida, per cui gli alimenti raggiungono in tempi brevissimi la temperatura necessaria al raffreddamento.

Cosa accade all’apporto nutritivo degli alimenti scongelati?

Da quanto sopra anticipato, c’è come si dice, freddo e freddo, per cui anche il discorso relativo alla pratica di scongelamento assume connotati diversi per cibi congelati o surgelati. Concentrando il focus sullo scongelamento, va fatto presente che questo si associa ad una parziale perdita dei principi nutritivi ed organolettici e questa situazione è tanto più evidente per alimenti come la carne.

Quindi, se può far comodo fare scorta di carne per la settimana e disporne parte nella celletta frigorifera, resta inteso che un conto è cucinare e consumare carne fresca di taglio, tutt’altro è mangiare carne congelata e scongelata. Discorso ancora diverso va fatto invece per la carne che si acquista già surgelata. In questo caso infatti sia le valenze nutrizionali che quelle organolettiche, oltre anche al sapore, rimangono inalterate rispetto all’origine. Questo perché? Perché viene rispettata la cosiddetta “catena del freddo“.

Gli alimenti scongelati sono a rischio di proliferazione batterica?

La risposta è sì, ma la cosa non deve fomentare particolari allarmismi per i motivi che si andrà ad affrontare. Il congelamento avvenendo a temperature non freddissime e in tempi non brevissimi infatti non è in grado di uccidere tutti i batteri presenti soprattutto nelle carni, per cui con l’abbassamento delle temperature del freezer alcuni di questi batteri abbassano le loro cosiddette funzioni vitali, riuscendo comunque a sopravvivere. Per cui, quando si va a scongelare la carne o anche la verdura, quei batteri da uno stato di letargo ritornano in vita.

In termini più semplici, è come se con il congelamento si fosse spinto il tasto “Pausa” batterica, mentre la surgelazione pone un vero e proprio “Stop” ai batteri. Per cui per gli habituè della congelazione, è bene rammentare che i prodotti decongelati, tra cui anche la carne, sono terreno fertile per alcuni batteri, ma la buona notizia è che se la consumazione e la cottura della carne avvengono subito, il fenomeno batterico resta circoscritto senza particolari conseguenze per la salute umana.

Scongelare e ricongelare: una prassi da consigliare?

La risposta è no, senza se e senza ma. Congelare, scongelare e ricongelare un alimento è una pratica vivamente sconsigliata da nutrizionisti, medici e da chiunque abbia la minima dimestichezza con la cosiddetta “catena del freddo” utile a ridurre la proliferazione batterica; la sua interruzione ingenera infatti una reviviscenza dei batteri. Così, quando un alimento delicato come la carne viene decongelato, i batteri messi in una sorta di quiescenza con il congelamento, riprendono la loro attività iniziando a moltiplicarsi.

Se a questo punto il cibo viene ricongelato e scongelato più volte, ad ogni passaggio la colonia batterica aumenta in modo esponenziale con un progressivo rischio di intossicazione, soprattutto se il cibo viene consumato crudo. Per cui il rischio che si corre consumando della carne ricongelata potrebbe essere quello di procurarsi un’infezione o tossinfezione batterica con ripercussioni per l’apparato gastrointestinale.

Quali sono le malattie trasmissibili con la carne?

Tutto ciò premesso, vediamo ora cosa s’intende con l’acronimo M.T.A. Malattie trasmissibili con gli alimenti, questo è il significato sotteso alla sigla che ovviamente ha a che fare con svariati gruppi di alimenti. Se infatti tutti noi siamo spesso messi in allerta nel caso d’ingestione di acqua non potabile, magari la stessa attenzione non viene prestata alle modalità di consumazione di alimenti cosiddetti a rischio.

A fare da “battistrada” una pubblicazione a firma ministero della Salute dipartimento della prevenzione (ufficio malattie infettive e profilassi internazionale). Concentrando il focus sulle carni è bene rammentare quali siano le principali malattie infettive che ad esse si correlano e quali siano le tipologie di carni in grado di trasmetterle:

  • botulismo da conserve di carne e di pesce, insaccati;
  • salmonellosi da carne e loro derivati;
  • intossicazione da stafilococco aureo da carni poco cotte o consumate fredde, prodotti a base di carne;
  • tossinfezione da clostridium perfrigens da carni contaminate cotte in grandi pezzi in maniera inadeguata e tenuti al caldo per molto tempo o lasciate raffreddare lentamente a temperatura ambiente; bolliti, torte di carne, sughi o brodi di carne di manzo o di tacchino, o di gallina lasciati raffreddare a temperatura ambiente;
  • tularemia da carne di coniglio o di lepre (anche congelate) insufficientemente cotte;
  • trichinosi da carni di maiale, di cinghiale o di cavallo crude o poco cotte; salsicce fresche e altri prodotti fatti con carni suine o equine crude;

Quando la congelazione può integrare gli estremi del reato?

Se gli alimenti tenuti in stato di conservazione sono destinati non ad un consumo privato, ma alla vendita, le regole sono ovviamente più stringenti. Per cui “anche il congelamento del prodotto effettuato in maniera inappropriata” può rientrare nel cattivo stato di conservazione e costituire fonte di responsabilità.

Nel caso di specie, la modalità di conservazione che gli “ermellini” hanno ritenuto inappropriata era consistita nel congelamento potremmo dire “ordinario” di un certo quantitativo di carne.

In altre parole, la congelazione della carne nel caso della ristorazione è stata ritenuta tecnicamente a rischio, in quanto l’unico procedimento ritenuto idoneo a conservare la carne nel tempo, alternativo alla surgelazione, è il congelamento purché si faccia ricorso ad abbattitori di temperature [2].



Di Maria Teresa Biscarini

note

[1] D. L. n.110 del 27.01.1992.

[2] Cass. sez. 3 pen. sent. n. 11996 del 25.03.2011.


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4 Commenti

    1. Integra il reato tentato di frode in commercio anche il semplice fatto di non indicare nella lista delle vivande, posta sui tavoli di un ristorante, che determinati prodotti sono congelati, in quanto l’esercizio di ristorazione ha l’obbligo di dichiarare la qualità della merce offerta ai consumatori, di tal che la mancata specificazione della qualità del prodotto (naturale o congelato) costituisce un atto diretto in modo non equivoco a commettere il delitto di tentata frode in commercio.

  1. E’ sufficiente scrivere sulla prima ed ultima pagina del menu dei ristoranti che alcuni prodotti possono essere surgelati all’origine o congelati in loco oppure bisogna indicare ciascun alimento?

    1. Non è sufficiente riportare, sulla prima ed ultima pagina del menu, l’espressione «Gentile cliente, la informiamo che alcuni prodotti possono essere surgelati all’origine o congelati in loco (mediante abbattimento rapido di temperatura) rispettando le procedure di autocontrollo ai sensi del regolamento Ce 852/2004. La invitiamo quindi a volersi rivolgere al responsabile di sala per avere tutte le informazioni relative al prodotto che desiderate». Il cliente non è in grado di comprendere quali sono gli specifici cibi congelati o surgelati se non attivandosi personalmente. È invece necessario che, su ogni alimento non fresco, sia data specifica indicazione scritta sul menu, anche con il famoso simbolo dell’asterisco che richiama un’unica e conclusiva nota posta al termine della carta o di ogni singola pagina.

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