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Inidoneità alla mansione e licenziamento

28 Febbraio 2019
Inidoneità alla mansione e licenziamento

Un dipendente potrebbe, nel corso del tempo, perdere la sua idoneità a svolgere una determinata mansione.

Esiste un nesso molto stretto che collega la salute di una persona e la sua capacità di lavorare. È inevitabile che vi siano alcuni tipi di lavoro che, per poter essere svolti, hanno bisogno di un determinato stato di salute psico-fisico. Facciamo un esempio. L’azienda Alfa assume Tizio per condurre lo scuolabus. Le mansioni di autista di scuolabus hanno bisogno, per poter essere svolte, di determinati standard di salute del dipendente soprattutto con riferimento alla vista, all’udito, ai riflessi, alla schiena, etc. Tizio potrebbe essere perfettamente idoneo nel momento in cui viene assunto ma potrebbe, in seguito, a causa di un peggioramento del proprio stato di salute, perdere delle caratteristiche necessarie per fare l’autista di scuolabus. Che rapporto c’è tra inidoneità alla mansione e licenziamento? Cerchiamo di capirlo in questo articolo.

Cosa sono le mansioni?

Uno degli elementi fondamentali del contratto di lavoro è rappresentato dalle mansioni. Le mansioni sono l’elemento che descrive che cosa dovrà fare il dipendente all’interno dell’azienda presso la quale è stato assunto. Le mansioni sono, dunque, le attività concrete che dovranno essere svolte dal lavoratore in esecuzione del contratto di lavoro.

L’insieme delle mansioni a cui è adibito il dipendente formano la figura professionale.

Tornando al nostro esempio l’insieme delle mansioni che dovrà svolgere Tizio (ossia, condurre il mezzo scuolabus, accompagnare i bambini dai punti di raccolta alla scuola, vigilare sul rispetto da parte dei bambini delle norme di sicurezza, etc.) costituisce la figura professionale dell’autista scuolabus.

Le mansioni sono un elemento fondamentale e stabile nel tempo. Infatti, tendenzialmente, la legge [1] afferma che il dipendente deve essere adibito alle mansioni per le quali è stato assunto salvo alcuni rari casi in cui è offerta all’azienda la possibilità di modificare in modo unilaterale le mansioni del dipendente.

Mansioni e salute: quale nesso?

Tra le mansioni per le quali si è assunti e la salute può esserci un nesso molto stretto. Infatti, in molti casi, la presenza di un determinato stato di salute psico-fisico è la condizione per poter esercitare efficacemente le mansioni oggetto del contratto.

Tornando al nostro esempio, se l’autista di scuolabus subisce un peggioramento delle proprie condizioni di vista o di udito è evidente che potrebbe non essere più in grado di svolgere le mansioni per le quali è stato assunto. Lo stesso può accadere se l’autista dovesse avere delle patologie alla schiena che gli precludono la guida dei veicoli, e via dicendo.

Proprio per verificare l’idoneità del dipendente, sotto il piano psico-fisico, allo svolgimento per le mansioni contrattuali è stata istituita la medicina del lavoro e la cosiddetta sorveglianza sanitaria.

In sostanza, le aziende devono necessariamente individuare una figura, detta medico competente o medico aziendale, che visita periodicamente i dipendenti e che li sottopone a degli accertamenti legati al tipo di lavoro che svolgono e ai rischi specifici per la salute connessi al tipo di lavoro svolto.

Il medico competente tiene una cartella sanitaria per ogni dipendente e, all’esito della visita iniziale e delle visite periodiche, rilascia al datore di lavoro il cosiddetto certificato di idoneità alla mansione.

Si tratta di un certificato medico nel quale il medico competente, sulla base degli approfondimenti svolti, dice al datore se:

  • il dipendente è totalmente idoneo allo svolgimento delle mansioni che gli sono assegnate;
  • il dipendente è parzialmente idoneo allo svolgimento delle mansioni che gli sono assegnate;
  • il dipendente non è idoneo allo svolgimento delle mansioni che gli sono assegnate.

In ogni caso, i giudizi di idoneità/inidoneità formulati dal medico competente possono essere assoluti o temporanei. Sono assoluti quando il giudizio non è modificabile nel tempo. Sono temporanei quando il medico si riserva di riesaminare la situazione dopo un certo lasso di tempo, trascorso il quale la situazione potrebbe modificarsi e condurre ad una modifica del giudizio stesso.

Inidoneità parziale alla mansione

In alcuni casi il dipendente presenta una patologia psico-fisica che contrasta solo in parte con lo svolgimento delle mansioni contrattuali. In questi casi il dipendente può continuare a fare il suo lavoro ma il medico fissa delle prescrizioni o limitazioni che devono essere rispettare poiché il giudizio di idoneità è valido solo se si osservano le prescrizioni.

Tornando al nostro esempio, potrebbe accadere che l’autista di scuolabus ha una riduzione della vista che rende possibile lo svolgimento della mansione ma con la prescrizione di indossare una certa tipologia di occhiali.

Oppure, potrebbe accadere che l’autista di scuolabus abbia una problematica alla schiena che rende possibile lo svolgimento della mansione ma con la prescrizione di non guidare per più di un certo numero di minuti continuativamente.

Inidoneità totale alla mansione

Il problema si complica quando il giudizio del medico competente è l’inidoneità totale alla mansione. In questo caso non basta mettere in campo alcuni aggiustamenti per consentire al dipendente di continuare a lavorare. Il lavoratore, infatti, ha uno stato di salute che non gli permette più di svolgere il suo lavoro. Si pensi al caso di Tizio che non ha solo un abbassamento di vista ma perde del tutto la vista.

In questo caso la situazione è particolarmente delicata. Da un lato l’azienda si trova a non poter più utilizzare il dipendente per le mansioni per le quali lo ha assunto e, al suo posto, dovrà assumerne un altro. Dall’altro lato, il dipendente ha interesse comunque a mantenere il posto di lavoro in quanto con lo stato di salute compromesso non troverà facilmente un’altra occupazione.

Quali sono le possibilità in campo?

Inidoneità alla mansione: il repechage

In primo luogo l’azienda deve cercare di evitare il licenziamento del dipendente che non è più idoneo a svolgere la mansione per cui è stato assunto. Deve quindi verificare se ci sono posizioni vacanti che possono essere assegnate al dipendente a parità di livello di inquadramento.

Se non ci sono posti disponibili a parità di livello di inquadramento l’azienda deve rivolgere lo sguardo anche verso i livelli più bassi. Infatti, la legge [2] prevede la possibilità che azienda e dipendente stipulino il cosiddetto patto di demansionamento, ossia un accordo con cui viene abbassato il livello di inquadramento del dipendente, la sua retribuzione, le sue mansioni per evitare il licenziamento.

In questo caso, l’azienda e il dipendente devono stipulare un accordo in una sede protetta [3] vale a dire di fronte ad un sindacato o di fronte all’Ispettorato territoriale del lavoro. Con questo accordo le parti, dando atto che la modifica peggiorativa delle mansioni serve a scongiurare il licenziamento del dipendente, modificano l’inquadramento del dipendente, le sue mansioni e se necessario anche la sua categoria (ossia potrebbe passare da impiegato a operaio).

Il licenziamento per inidoneità alla mansione

L’azienda non è ovviamente obbligata a modificare i suoi assetti organizzativi per continuare ad impiegare il dipendente che è stato giudicato inidoneo alla mansione. Può, infatti, accadere che l’azienda non abbia alcuna posizione vacante, né nel medesimo livello di inquadramento, né in livelli inferiori. In questo caso non si può chiedere all’azienda di riscrivere l’organigramma aziendale aggiungendo una casella proprio per dare un posto al dipendente inidoneo alla mansione.

Scatta, quindi, il licenziamento per giustificato motivo oggettivo. Si tratta necessariamente di un licenziamento “economico” e non disciplinare poiché il dipendente non ha di certo commesso un fatto grave che induce l’azienda a licenziarlo. Per questo il licenziamento non si fonda su un motivo soggettivo bensì su un motivo oggettivo. Il lavoratore ha infatti perso una caratteristica oggettiva che non lo rende più in grado di fare ciò per cui è stato assunto.

Trattandosi di un licenziamento per giustificato motivo oggettivo, l’azienda dovrà, se il lavoratore è stato assunto prima del 7 marzo 2015 e il datore di lavoro ha più di 15 dipendenti, prima di comunicare al dipendente il licenziamento, inviare una lettera all’Ispettorato territoriale del lavoro ed avviare la cosiddetta procedura preliminare al licenziamento per giustificato motivo oggettivo [4].

Questa procedura si svolge in tre fasi:

  • l’azienda invia una lettera all’Ispettorato territoriale del lavoro con cui informa della sua volontà di licenziare Tizio per giustificato motivo oggettivo;
  • l’azienda illustra nella lettera il motivo addotto ed il fatto che non sono state individuate altre posizioni vacanti da assegnare al lavoratore;
  • l’ufficio del lavoro convoca azienda e dipendente per un incontro nel quale viene tentata la conciliazione tra le parti e la rinuncia del dipendente ad impugnare il licenziamento.
  • finita la riunione, se non c’è accordo, l’azienda licenzia definitivamente il dipendente.

A questo punto, una volta ricevuta la lettera di licenziamento, il dipendente può impugnarlo entro 60 giorni dalla data di ricevimento inviando una lettera di impugnazione del licenziamento alla società entro 60 giorni dalla data di comunicazione del licenziamento stesso.

Successivamente, entro 180 giorni dalla data in cui ha spedito la lettera di impugnazione del licenziamento alla società, il lavoratore deve depositare presso la cancelleria del tribunale lavoro un ricorso al giudice del lavoro con cui chiede che venga dichiarata la illegittimità del licenziamento.

Di solito questi licenziamenti cadono sul tema del repechage: se infatti ci sono state assunzioni nel periodo immediatamente precedente e nel periodo immediatamente successivo al licenziamento, verrebbe provato il mancato rispetto dell’obbligo di repechage.


note

[1] Art. 2103 cod. civ.

[2] Art. 2103 cod. civ.

[3] Art. 2113 cod. civ.

[4] Art. 7 L. n. 604/1966 (come modificato dalla L. n. 92/2012).


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2 Commenti

  1. Cambia qualcosa se il lavoratore ho già riconosciuta, anche dall’azienda, un’invalidita del 60% con legge 104 art. 1 comma1?

    1. Di fronte ad un certificato del medico competente che sancisce la non idoneità del dipendente alla mansione per cui è stato assunto, l’azienda deve verificare cosa fare nel rispetto della legge. Se l’inidoneità è temporanea, l’azienda deve verificare se, nel frattempo, può adibire il dipendente ad altre mansioni. Se ciò non è possibile, l’azienda può sospendere il rapporto di lavoro per il periodo nel quale è stata dichiarata l’inidoneità alla mansione. La sospensione del rapporto è una sorta di congelamento del rapporto di impiego. Il dipendente non deve recarsi al lavoro e può starsene a casa ma mantiene il diritto a rientrare al lavoro alla fine del periodo di sospensione. L’azienda, dal canto suo, può evitare di pagare lo stipendio visto che non riceve la prestazione lavorativa da parte del dipendente. La sospensione può essere, ad esempio, disposta: nel periodo che va da quando l’azienda conosce il certificato medico a quando reperisce una nuova collocazione. Il datore di lavoro, infatti, ha necessità di tempo per individuare altre posizioni in cui impiegare il dipendente; se il dipendente ha fatto ricorso alla ASL contro il certificato del medico competente, nelle more del giudizio innanzi alla commissione medica che si occupa del ricorso; per tutto il periodo di inidoneità temporanea alla mansione e in attesa del nuovo certificato medico. Anche in questo caso il datore di lavoro che non avesse posizioni disponibili potrebbe voler disporre una sospensione temporanea.Se l’inidoneità è permanente il problema è più grave. Il datore di lavoro, deve, secondo la legge adibire il dipendente a mansioni equivalenti o, se non è possibile, a mansioni inferiori garantendo comunque al dipendente lo stesso stipendio. Tornando al nostro esempio, di fronte ad un certificato di inidoneità permanente dell’autista per problemi di vista l’azienda dovrebbe verificare se è possibile adibirlo a mansioni equivalenti o inferiori. Potrebbe però accadere che in tutte le possibili diverse mansioni sia importante l’uso della vista, oppure che l’azienda è al completo, non ci sono spazi vuoti da riempire e dunque non ci sono posti in cui ricollocare il dipendente. D’altronde la giurisprudenza ha sempre affermato che l’azienda non può sconvolgere il proprio assetto organizzativo per fare posto al dipendente inidoneo alle mansioni di origine. Né può imporre ad altri dipendenti di trasferirsi altrove per fare spazio al dipendente da ricollocare. In assenza di mansioni disponibili cui possa essere utilmente adibito il lavoratore, la giurisprudenza ha da sempre ritenuto ammissibile il licenziamento del lavoratore per impossibilità sopravvenuta della prestazione.
      Ti consigliamo di leggere i nostri articoli per ulteriori approfondimenti:
      -Licenziamento per sopravvenuta inidoneità fisica https://www.laleggepertutti.it/240567_licenziamento-per-sopravvenuta-inidoneita-fisica
      -Malattia lavoratore: si ha diritto a cambiare mansione? https://www.laleggepertutti.it/186723_malattia-lavoratore-si-ha-diritto-a-cambiare-mansione
      -Lettera cambio mansione per motivi di salute https://www.laleggepertutti.it/248779_lettera-cambio-mansione-per-motivi-di-salute

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