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Inps può chiedere soldi indietro?

13 Febbraio 2019 | Autore:
Inps può chiedere soldi indietro?

Importi non dovuti riconosciuti dall’Inps: in quali casi devono essere restituiti all’ente?

Di solito l’Inps toglie, e non dà: tuttavia, può capitare che, per errore, l’istituto corrisponda delle somme non dovute. Può trattarsi di un assegno di pensione più alto, rispetto all’importo spettante, a causa di calcoli sbagliati, oppure di un’integrazione o di una maggiorazione riconosciute considerando redditi inferiori rispetto a quelli reali, o, in generale, di prestazioni erogate sulla base di presupposti errati.

Ma in questi casi l’Inps può chiedere soldi indietro? Vale, cioè, il detto “chi ha avuto, ha avuto, chi ha dato”, oppure l’indebito va sempre restituito, anche se non è stato percepito per colpa dell’interessato?

Non esiste un’unica risposta a questa domanda: in alcuni casi, il pensionato, o il beneficiario della prestazione, è tenuto a restituire l’indebito all’Inps, mentre in altre situazioni si applica la cosiddetta sanatoria degli indebiti, e l’interessato non deve restituire nulla.

Ma procediamo per ordine, e cerchiamo di capire quando l’Inps può chiedere la restituzione degli importi non dovuti, e quando, invece, il pensionato può tenere i soldi ricevuti in più dall’istituto.

Quando si prescrivono le somme non dovute dall’Inps?

Innanzitutto, bisogna tener presente che i pagamenti indebiti effettuati dall’Inps sono soggetti all’ordinario termine di prescrizione decennale: in pratica, trascorsi 10 anni dal pagamento, l’Inps non può più richiedere le somme indietro.

Quando non si devono restituire i soldi all’Inps?

Se l’Inps corrisponde dei soldi in più, sulla base di un provvedimento formale e definitivo, viziato da un errore di qualsiasi natura imputabile all’istituto, le somme non devono essere restituite: si tratta della cosiddetta sanatoria degli indebiti, prevista da una nota legge [1], applicabile a tutti gli indebiti Inps successivi al 31 dicembre 2000.

Le somme devono essere invece restituite:

  • se l’indebita percezione è dovuta al dolo dell’interessato.
  • se il pensionato, pur essendo a conoscenza di fatti che incidono sul diritto alla pensione o sulla sua misura, non li ha segnalati, a meno che l’Inps non risulti già informato.

Pensione più alta perché calcolata male: si deve restituire?

Se l’interessato riceve dall’Inps una pensione più alta a causa di un errore dell’ente nel provvedimento di liquidazione o di ricostituzione della prestazione, i soldi non vanno restituiti se:

  • le somme sono state riconosciute sulla base di un provvedimento formale e definitivo;
  • il provvedimento è già stato comunicato al pensionato;
  • il provvedimento risulta viziato da un errore imputabile all’Inps: lo sbaglio può anche consistere in una valutazione omessa o errata, ai fini del diritto o della misura del trattamento, di redditi già conosciuti dall’istituto [2].

L’errore non è imputabile all’Inps, se l’interessato non comunica all’istituto, o comunica solo in parte, eventuali fatti, sconosciuti all’ente, che possono avere delle conseguenze sul diritto o sulla misura della prestazione. Di conseguenza, le somme riconosciute indebitamente sono integralmente recuperabili.

L’errore è invece imputabile all’Inps, quindi i soldi non vanno restituiti, se l’interessato comunica all’ente l’esistenza di fatti che incidono sul diritto o sulla misura della prestazione, ma l’istituto continua a versare per intero le somme.

Pensione più alta per errori successivi alla liquidazione: si deve restituire?

Può capitare che l’Inps versi degli importi non spettanti a causa di un errore successivo al provvedimento di liquidazione della prestazione: l’errore può essere dovuto, ad esempio, al mutamento della situazione di fatto che incide sul diritto o sulla misura della pensione, o alla mancata o tardiva applicazione di una norma.

In sostanza, può capitare che, nonostante la pensione sia stata liquidata correttamente, intervengano, successivamente, delle norme o dei fatti in base ai quali la prestazione debba essere riliquidata.

Se le somme sono state versate sulla base di una valutazione errata, da parte dell’Inps, dei fatti intervenuti successivamente al provvedimento e conosciuti dall’ente, gli indebiti non possono essere richiesti, quindi si applica la sanatoria.

I soldi vanno invece restituiti se i fatti non erano conosciuti dall’Inps e sussisteva l’obbligo, da parte dell’interessato, di dichiararli.

Pensione più alta per errori nella dichiarazione dei redditi

Se i soldi in più sono stati accreditati al pensionato a causa di una mancata o erronea valutazione dei redditi, la situazione è più complessa.

Innanzitutto, l’Inps deve verificare ogni anno i redditi che possono incidere sulla misura o sul diritto alle prestazioni di previdenza e assistenza: inoltre, esiste un preciso termine [3] entro il quale l’istituto può procedere al recupero delle somme non dovute, superato il quale gli indebiti non possono più essere richiesti indietro.

Nello specifico:

  • se i redditi che hanno inciso sul diritto alla pensione o sul suo importo non erano, in principio, conosciuti dall’Inps, la richiesta di restituzione dell’indebito deve essere notificata entro il 31 dicembre dell’anno successivo a quello di conoscenza dei redditi;
  • se i redditi che hanno inciso sul diritto alla pensione o sul suo importo sono riportati nella dichiarazione annuale (730 o modello Redditi), la richiesta di restituzione dell’indebito deve essere notificata entro il 31 dicembre dell’anno successivo a quello della dichiarazione.

In caso contrario, i soldi non possono essere chiesti indietro (fanno sempre eccezione le ipotesi in cui è accertato il dolo del contribuente).

In che modo l’Inps recupera le somme non dovute?

Nelle ipotesi in cui l’Inps può recuperare gli importi non dovuti, questi possono essere versati all’istituto:

  • tramite compensazione con i crediti del pensionato nei confronti dell’Inps: sono esclusi dalla compensazione gli assegni al nucleo familiare (Anf), la pensione o l’assegno sociale ed i trattamenti di invalidità civile, a meno che il debito e il credito del pensionato si riferiscano a prestazioni riconosciute allo stesso titolo e per lo stesso periodo;
  • tramite trattenute sulla pensione: in questo caso, il recupero può essere effettuato entro 1/5 della somma delle pensioni in pagamento, ferma restando la salvaguardia del trattamento minimo (513,01 euro mensili nel 2019), e senza interessi, a meno che il versamento non spettante sia stato causato dal dolo dell’interessato; nessun recupero può essere effettuato sugli assegni familiari, sulle pensioni e sugli assegni sociali, e sui trattamenti di invalidità civile, se non per indebiti relativi allo stesso tipo di prestazione;
  • tramite pagamento con rimessa in denaro: a seconda della situazione del debitore e dell’importo dovuto, l’Inps può stabilire un piano di recupero della durata massima di 24 mesi, salvo situazioni eccezionali.

note

[1] Art.13, L. 412/91.

[2] Inps Circ. n. 31/2006.

[3] C. Cost. sent. n. 166/1996.


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5 Commenti

  1. Quello che si afferma nell’articolo é vero ma é necessario instaurare nel 99% dei casi un ricorso legale contro INPS con tempi e costi non quantificabili. INPS inoltre provvede, in assenza di ricorso, a detrarre direttamente dalla pensione, in 12 o 24 rate ,quanto occorre restituire. Lo dico per esperienza diretta, pertanto bisogna farlo presente ai lettori .
    L’errore nel mio caso ha riguardato il sottoscritto e una decina di colleghi per i quali il datore di lavoro aveva comunicato a INPS dei flussi EMENS in eccesso (in pratica il doppio)per 2 anni consecutivi.

  2. L’INPS su mia richiesta ha ricalcolato l’assegno sociale riconoscendomi le maggiorazioni previste (70 anni con anticipazione a 69 per avere più di 5 anni di contributi). Mi ha comunicato l’importo del ricalcolo, da cui doveva essere dedotto quanto già percepito, senza specificare il quantum. Mi vedo accreditare l’importo dell’intero ricalcolo senza deduzioni. Dopo un mese mi viene comunicato che c’era stato un errore nell’accredito e pertanto dovevo restituire una parte 3184,58 euro in un’unica soluzione e successivamente in rate mensili di € 60. Ho richiesto una rateazione a 7 anni ma mi è stato risposto che non era prevista e che avrebbero trattenuto 44,23 euro per 72 mesi. È tutto normale?

  3. BUONGIORNO, MI CHIAMO LUIGI S.E PERCEPISCO LA NASPI DAL MESE DI APRILE 2020. NEL MESE DI OTTOBRE 2020 HO INOLTRATO ISTANZA PER OTTENERE IL REDDITO DI EMERGENZA, LA DOMANDA E’ STATA ACCOLTA IL 6 NOVEMBRE PER UN ISEE INFERIORE A 15.000.00 EURO,PER LA SOMMA DI 560.00, EURO ED HO SOLO MIA MOGLIE A CARICO, MA L’INPS NON HA TENUTO CONTO CHE LA MIA NASPI A SETTEMBRE ERA DI EURO 760.25 PIU’ BONUS ART.1 D.L.66/2014 DI EURO 107.55,VOLEVO SAPERE SE DEVO RESTITUIRE ALL’INPS LA SOMMA DI 560.00 EURO, OPPURE PRELEVARLA. SE DEVO RESTITUIRE COME DEVO FARE? GRAZIE PER UNA VS. RISPOSTA.- LUIGI S.

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  4. Mia moglie ha presentato tramite un patronato la domanda per il reddito di cittadinanza ed è stato accolto dall’Inps, ma dopo un anno è stato detto a lei che non gli spettava più perché adesso deve pagare all’Inps 2.200 € dato che l’INPS ha acconsentito?

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