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Riduzione assegno mantenimento

6 Marzo 2019 | Autore:
Riduzione assegno mantenimento

Stop all’assegno di divorzio se peggiorano le condizioni economiche dell’ex; rileva il fatto che l’ex moglie sia comunque in grado di mantenersi autonomamente. Ecco i primi effetti dell’ultima pronuncia delle Sezioni unite della Cassazione.

L’entità dell’assegno di mantenimento che il coniuge con il reddito più alto (di solito il marito) versa all’ex può mutare nel tempo quando le condizioni economiche del primo  peggiorano o quando migliorano quelle del secondo. Difatti, anche se il tribunale ha deciso con sentenza divenuta definitiva e irrevocabile (è il cosiddetto “giudicato”), i termini del divorzio possono essere sempre oggetto di revisione. Revisione che, comunque, deve sempre passare da un provvedimento formale del giudice e non può essere disposta in autonomia da una delle parti. Solo l’accordo di entrambi consente di bypassare il procedimento giudiziale. Se, ad esempio, l’uomo dovesse subire una riduzione dell’orario di lavoro, passando da full time a part time o dovesse essere licenziato, prima di smettere di versare gli alimenti all’ex moglie dovrà prima depositare un ricorso al giudice e chiedere la riduzione dell’assegno di mantenimento. In tal caso, il magistrato effettuerà una nuova valutazione dei fatti e, se ne ricorrono gli estremi, provvederà a cambiare gli importi o, addirittura, a cancellare l’obbligo. In tale valutazione il giudice deve tenere conto delle nuove indicazioni offerte dalla Cassazione a Sezioni Unite nel 2018 [1], quando è stato sottolineato che il mantenimento non è dovuto se l’altro coniuge è comunque in grado di mantenersi da solo. 

Sono questi gli importanti chiarimenti forniti di recente dalla Suprema Corte [2]. Si tratta di una delle prime applicazioni del principio di «autosufficienza» enucleato dalla stessa Cassazione nel 2017 e reso ancora più evidente con la pronuncia dell’anno scorso. Cos’è cambiato? Cerchiamo di spiegarlo qui di seguito sinteticamente.

Calcolo mantenimento: come avviene

Ora il tribunale, nel calcolo dell’assegno di mantenimento, non deve più ricostruire lo stesso «tenore di vita» che aveva la coppia quando era ancora unita, ma deve solo consentire a quello che sta “peggio” economicamente di avere le risorse sufficienti a mantenersi da solo, a prescindere dall’entità del reddito dell’ex (che potrebbe dunque anche essere molto più ricco). Lo scopo è garantire a quest’ultimo il raggiungimento in concreto di un livello reddituale adeguato per vivere dignitosamente. Il tutto avendo riguardo anche al contributo fornito dalla moglie, rimasta casalinga, alla ricchezza familiare, sacrificando così le proprie aspettative professionali. Cosa significa in pratica? Che l’assegno divorzile deve tenere conto di due parametri: 1) da un lato deve mirare a garantire l’autonomia economica dell’ex moglie (nei limiti, ovviamente, delle possibilità dell’altro coniuge); 2) in secondo luogo deve valorizzare il sacrificio alla carriera e all’attività lavorativa dalla moglie eventualmente sofferto nell’essersi dedicata al ménage domestico e ai figli: di questo sacrificio – se avvenuto con il consenso del coniuge e non unilateralmente – si deve tenere conto ai fini della quantificazione del mantenimento. 

Ebbene, tali principi si applicano non solo quando viene calcolato per la prima volta l’entità dell’assegno divorzile (ossia all’atto della sentenza che scioglie il matrimonio), ma anche in sede di successiva revisione: se dunque dovessero mutare le condizioni economiche di uno dei due coniugi (in peggio per chi paga; in meglio per chi riceve) è ben possibile procedere alla riduzione dell’assegno di mantenimento.

In molti si sono chiesti se, alla luce del mutato indirizzo della giurisprudenza, è vero che alla moglie non spetta più alcun mantenimento. La risposta non può essere fornita in modo astratto per tutte le situazioni: oggi tutto dipende dal reddito di quest’ultima e, se disoccupata, dalla prova di aver cercato un posto di lavoro. Difatti, il giudice non potrà accordare gli alimenti a chi è rimasta inerte e non ha dimostrato di aver tentato di mantenersi da sola. 

Come ottenere la modifica o la revoca dell’assegno di mantenimento

Una volta riconosciuto il diritto di percepire l’assegno di mantenimento a un coniuge in sede di separazione consensuale o giudiziale è possibile successivamente modificare l’importo dell’assegno oppure  revocarlo.

Le vie sono due:

  • tramite il tribunale: è necessario però che ricorrano «giustificati motivi», ulteriori e sopravvenuti rispetto a quelli già valutati dal giudice all’atto dell’emissione della precedente sentenza. Non si può cioè chiedere al tribunale una nuova revisione di quanto già deciso perché non ritenuto giusto (per questo scopo c’è già l’appello). Dunque solo se cambiano le condizioni economiche di uno o di entrambi i coniugi, si può presentare un ricorso per ottenere la revoca o la modifica dell’assegno di mantenimento;
  • con accordo tra i coniugi, anche in assenza di giustificati motivi.

È nullo l’accordo stretto tra marito e moglie all’atto del divorzio con cui questi si obbligano a non mettere mai più in discussione l’assegno di mantenimento [3]. 

Il procedimento in tribunale richiede sempre l’assistenza dell’avvocato. Verrà quindi avviata una causa del tutto simile a quella che era stata svolta all’atto della separazione o del divorzio (a meno che questi non siano avvenuti in via consensuale).

Quando chiedere la modifica dell’assegno di mantenimento

Si può sempre chiedere la modifica dell’assegno di mantenimento se mutano le condizioni economiche di uno dei due coniugi o di entrambi. In particolare:

  • se peggiorano le condizioni del coniuge che paga o migliorano quelle del coniuge che riceve il mantenimento, il primo potrà chiedere una riduzione del mantenimento o la cancellazione;
  • se migliorano le condizioni del coniuge che paga o peggiorano quelle del coniuge che riceve il mantenimento, quest’ultimo potrà chiedere un aumento del mantenimento. Aumento che, tuttavia, non potrà essere rivolto a garantire a quest’ultimo una rendita posto che scopo di tale misura è solo l’autosufficienza economica. Con la conseguenza che, se questa è già stata raggiunta, il miglioramento delle condizioni economiche dell’ex non rileva. Di tanto abbiamo già parlato in In caso di eredità il mantenimento all’ex si modifica?

È possibile chiedere la modifica o la revoca dell’assegno solo in caso di giustificati motivi, ossia, come precisa la giurisprudenza, in presenza di fatti nuovi sopravvenuti, non valutati dal giudice con la precedente sentenza. 

Oltre alle variazioni di reddito appena elencate, ecco altri motivi che consentono la modifica dell’assegno di mantenimento:

inizio di una convivenza da parte del coniuge beneficiario dell’assegno: stabile e rivolta a realizzare una famiglia di fatto determina la perdita del mantenimento;

inizio di una convivenza o di una nuova famiglia da parte del coniuge obbligato: determina la riduzione del mantenimento;

motivi di salute di uno dei due coniugi: rileva per via dell’impoverimento dello stesso quando comporta una riduzione della capacità lavorativa o un aumento delle spese sanitarie.

Quando chiedere la riduzione dell’assegno di mantenimento

La riduzione dell’assegno di mantenimento può essere chiesta principalmente in caso di: 

  1. miglioramento delle condizioni economiche del coniuge che riceve l’assegno;
  2. peggioramento delle condizioni economiche del coniuge che versa l’assegno.

Vediamo queste due ipotesi singolarmente.

Miglioramento delle condizioni economiche del coniuge che riceve l’assegno

Rilevano solo i miglioramenti stabili nel tempo, il che si verifica, ad esempio, se il coniuge avente diritto all’assegno di mantenimento:

  • viene assunto a tempo indeterminato, quando prima era disoccupato;
  • riceve una modifica dell’orario di lavoro passando da part time a full time;
  • riceve una eredità: viene alterato l’equilibrio raggiunto con l’assegno e l’assegno di mantenimento può venire meno; tuttavia un’eredità di modesto valore o di beni (anche immobiliari) privi di valore o che non diano redditi notevoli non elimina il diritto al mantenimento.

Si può tenere conto anche di un incremento temporaneo di reddito, purché riguardante un lasso di tempo considerevole, come nel caso di un incarico politico o di una nomina a tempo determinato.

Anche la vincita al Superenalotto va tenuta presente per rideterminare la posizione economica dell’ex.

L’assegno può aumentare se colui che riceve il mantenimento ottiene un’eredità consistente.

Peggioramento delle condizioni economiche del coniuge che versa l’assegno

Ai fini della modifica dell’assegno possono rilevare i peggioramenti della situazione economica del coniuge obbligato come ad esempio: 

  • la diminuzione del reddito, 
  • il licenziamento, 
  • la perdita del lavoro, 
  • un tracollo finanziario 
  • il fallimento in quanto imprenditore individuale. 

Il coniuge obbligato deve dimostrare che il fatto accaduto si risolve in una riduzione complessiva delle proprie risorse economiche.

Se il coniuge obbligato perde un cespite o un’attività produttiva di reddito tale fatto può rilevare come giustificato motivo per rivedere le determinazioni adottate in sede di separazione se l’interessato dimostra che la perdita si è tradotta in una riduzione delle complessive risorse economiche, mutando in modo effettivo la situazione rispetto a quella valutata in sede di determinazione dell’assegno [4].

Anche il pensionamento può rilevare come giustificato motivo di riduzione dell’assegno il pensionamento, anche se il mero fatto del pensionamento non fa venir meno la solidarietà tra i coniugi e non può di per sé determinare l’esclusione dell’assegno di mantenimento a favore del coniuge economicamente più debole. 

Il coniuge obbligato non può ottenere una riduzione dell’assegno da lui regolarmente erogato asserendo che sono venuti meno dazioni monetare e altri vantaggi economici erogati da terzi (madre, sorella o altri), senza dare prova di averli ricevuti e  utilizzati ai fini dell’adempimento regolare dei doveri di mantenimento su di lui incombenti.

Se il coniuge obbligato al versamento del mantenimento inizia una convivenza, non si viene meno il suo dovere di versare l’assegno di mantenimento ma, atteso che la formazione di una nuova famiglia è un diritto che va tutelato, questi può chiedere una riduzione. Riduzione che si giustifica ancor di più se dall’unione nasce un figlio.


note

[1] Cass. S.U. sent. n. 18287/2018.

[2] Cass. sent. n. 6386/2019.

[3] Cass. 24 maggio 1996 n. 4794

[4] Cass. 1o agosto 2003 n. 11720, Cass. 7 dicembre 1999 n. 13666, Trib. Modena 20 gennaio 2012.

Autore immagine uomo donna di nuvolanevicata


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1 Commento

  1. Riguardo alla richiesta di riduzione dell’ammontare di un assegno di mantenimento in favore di un figlio minore, in difetto di prova del dichiarato decremento reddituale rispetto allo stipendio percepito alla data della proposizione del ricorso per separazione consensuale (e dell’omologa), non sussistono i presupposti per ritenere “peggiorata” la posizione economica del ricorrente e, di riflesso, per “riconsiderare” la misura dell’assegno

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