Tempi di attesa per visite, esami o ricoveri: novità?


Che cosa cambia con il nuovo piano nazionale di governo rispetto al passato? Poco o nulla. Resta la possibilità della prestazione privata a carico del Ssn?
Quante volte ti è capitato (o ti capita ancora) di avere bisogno di una visita specialistica, di un esame diagnostico o, addirittura, di un ricovero e dover attendere in religioso raccoglimento dei lunghi mesi prima di riuscire a farlo? Quante volte ti sei sentito dire a marzo: «La prima disponibilità ce l’ho a novembre, signora»? Immagino che le stesse volte in cui avrai pensato: «Se ci arrivo a novembre, guardi». Monta ancora di più la rabbia quando si pensa che il cittadino ha il sacrosanto diritto di avere una prestazione sanitaria entro un tempo stabilito dalla legge. E che, almeno in teoria, allargare le braccia come per dire: «Senta, o così si arrangi», non è legittimo. La questione è che all’utente interessa risolvere il problema, fare la sua visita o il suo esame, essere ricoverato quanto prima, a costo di rinunciare ai propri diritti. Cosa che non dovrebbe assolutamente fare. Soprattutto ora che lo ribadisce, di nuovo, la legge. Ci sono, infatti, delle novità sui tempi di attesa per visite, esami o ricoveri. Per meglio dire, delle novità «relative», visto che, in parte, erano dei diritti che i pazienti già avevano, per quanto non fossero sempre rispettati.
Il Governo ha predisposto un piano nazionale in materia per il triennio 2019-2021. In pratica, sono previsti ulteriori finanziamenti per cercare di accorciare i tempi di attesa per visite, esami e ricoveri. In più, viene istituito proprio a questo scopo un Osservatorio che affiancherà regioni e province autonome. Si vuole usare il pugno di ferro: i direttori generali delle aziende sanitarie che non raggiungeranno gli obiettivi previsti dal piano verranno mandati a casa. Questo, almeno, è quello che si dice.
Tuttavia, nella sostanza cambia poco o niente. Le uniche novità che presenta sono gli ulteriori stanziamenti (sempre che si riesca a risolvere il problema con i soldi) e la minaccia di licenziamento per chi non rispetta gli obiettivi.
Non solo: si parla in questo piano del diritto del paziente a rivolgersi ad una struttura privata o ad un professionista facendo pagare visita o esame alla Sanità pubblica quando vengono superati i tempi stabiliti dalla legge. Ma anche questo, in realtà, era già previsto. Vediamo.
Indice
I tempi di attesa per visite ambulatoriali
Il piano nazionale sui tempi di attesa per visite, esami diagnostici e ricoveri non modifica, dunque, quelli che già c’erano in passato.
Bisogna premettere che per «tempo massimo di attesa» di intende il numero di giorni trascorsi dalla data in cui viene richiesta la prestazione a quella in cui, effettivamente, viene svolta.
Per quanto riguarda le visite ambulatoriali e le prestazioni strumentali, il piano fissa questi tempi massimi:
- prestazioni urgenti (contrassegnate U sull’impegnativa): da eseguire nel più breve tempo possibile e, comunque, non oltre 72 ore;
- prestazioni brevi (B): da eseguire entro 10 giorni;
- prestazioni differibili (D): da eseguire entro 30 giorni per le visite o entro 60 giorni per accertamenti diagnostici;
- prestazioni programmate (P): da eseguire entro 180 giorni fino al 31 dicembre 2019 ed entro 120 giorni dal 1° gennaio 2020.
Finora, il piano nazionale prevedeva un massimo di 30 o 60 giorni per le visite specialistiche in base alla natura della patologia e, quindi, del tipo di visita da fare. Puoi trovare l’elenco delle 58 prestazioni con dei tempi di attesa obbligatori in questo articolo.
I tempi di attesa per i ricoveri
Che cosa prevede, invece, il nuovo piano nazionale sui tempi di attesa per un ricovero? Esattamente quello che era già previsto da quello vecchio.
Ci sono delle classi di priorità in base alle quali vengono fissate delle attese massime, e cioè:
- classe A: il ricovero deve avvenire entro 30 giorni per i casi clinici che potenzialmente possono aggravarsi rapidamente al punto da diventare emergenti, o comunque da recare grave pregiudizio alla prognosi;
- classe B: il ricovero deve avvenire entro 60 giorni per i casi clinici che presentano dolore intenso, gravi disfunzioni o grave disabilità ma che non presentano tendenza ad un veloce aggravamento né ad un grave pregiudizio per la diagnosi;
- classe C: il ricovero deve avvenire entro 180 giorni per i casi clinici che presentano lieve dolore, disfunzione o disabilità, senza una tendenza all’aggravamento o ad un grave pregiudizio della diagnosi;
- classe D: non c’è un’attesa massima prestabilita per i casi clinici che non presentano dolore, disfunzione o disabilità, ma il ricovero deve avvenire entro 12 mesi.
Il paziente ha il diritto di avere tutte le informazioni relative all’attesa per il suo ricovero, alla classe di priorità ed ai tempi massimi di attesa. Ha il diritto, inoltre, di visionare la sua posizione nella lista di attesa per il ricovero, facendo apposita richiesta alla Direzione sanitaria o alla Direzione medica ospedaliera.
Tempi di attesa: il nuovo piano nazionale
Cambia poco o niente, dicevamo, con l’approvazione del nuovo piano nazionale sui tempi di attesa per visite, esami o ricoveri. C’è qualche novità per il prossimo triennio, allora?
Si possono segnalare, ad esempio, i finanziamenti: 150 milioni di euro per il 2020 e 100 milioni per il 2021. Soldi che dovrebbero servire a potenziare le strutture sanitarie in modo da abbassare i tempi di attesa.
Gli altri punti del piano degni di nota sono:
- la richiesta di utilizzare le grandi apparecchiature di diagnostica per immagini (Tac, risonanze, ecc.) per almeno l’80% della loro capacità produttiva;
- la minaccia di allontanamento dei direttori generali delle Asl che non rispetteranno gli obiettivi del piano;
- la citata possibilità di accesso alle agende di prenotazione per visionare la propria posizione in una lista di attesa.
Tempi di attesa: cosa fare se non vengono rispettati?
Il nuovo piano nazionale sui tempi di attesa per visite, esami e ricoveri si esprime anche su questo punto ma, ancora una volta, senza aggiungere nulla di nuovo: se i tempi massimi stabiliti non vengono rispettati, il paziente ha il diritto di ottenere la prestazione in intramoenia pagando soltanto il ticket e non l’intero costo della prestazione. Che significa?
Significa che hai la possibilità che presentare un’istanza per prenotare in regime di libera professione all’interno della stessa struttura in cui hai fatto la prenotazione. Una visita privata nello stesso ospedale o nella stessa clinica, per capirci, ma pagando soltanto il ticket. Cioè, pagando lo stesso che ti sarebbe costata se i tempi del Ssn fossero stati rispettati. La prestazione non deve costarti un euro in più.
Che cosa devi fare? Presentare un’istanza al Direttore generale dell’Azienda sanitaria o dell’Azienda ospedaliera compilando questo modulo.
Nella richiesta, oltre ai tuoi dati anagrafici, devi riportare queste informazioni:
- l’esame diagnostico che ti è stato prescritto;
- la data in cui il centro unico di prenotazioni (il Cup) ha fissato l’esame, precisando che l’attesa è superiore a quella prevista dalla lege);
- l’incompatibilità dell’attesa rispetto all’urgenza della prestazione.
Fatto questo, nel modulo dovrai fare richiesta affinché:
- la prestazione venga eseguita in regime di libera professione intramoenia a carico del Servizio sanitario nazionale ed ai sensi di legge [1];
- ci sia un’immediata comunicazione in merito.
Devi, infine, precisare che se non verrà fissata una data per la prestazione in regime di libera professione, ti riserverai il diritto di rivolgerti ad una struttura privata per poi passare il conto all’Azienda sanitaria o all’Azienda ospedaliera di competenza.
Tutto ciò ad una condizione, però: se quando chiami il Cup per effettuare la prenotazione ti si propone una data contenuta entro i tempi massimi di attesa e tu la rifiuti perché preferisci un altro ospedale e questo non è disponibile, perdi il diritto di pretendere la prestazione in regime di libera professione a carico del Ssn.
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note
[1] Legge n. 124/1998 e Piano nazionale di governo per le liste d’attesa, triennio 2019-2021.
Immagine: Lunghe liste di attesa per la sanità, autore LightField Studios
A parte il fatto che il fac-simile di modulo di richiesta allegato mi sembra quantomeno poco intelligibile e piuttosto “confuso”, l’Autore (non so se sia un collega) dell’articolo cita il PNGLA come la miracolosa soluzione del problema e dimentica almeno quattro cose importanti da far sapere ai lettori:
1 – Il Piano Gestioni Liste d’Attesa (c.d. PNGLA) citato è almeno il terzo pubblicato in pochi anni: gli altri due erano sostanzialmente identici, ma sono passati praticamente inosservati, non hanno risolto nulla e le cose sono solo variate in peggio. Nulla viene detto sul fatto che le LdA non dovrebbero esistere e sulle molte motivazioni delle stesse, tra cui spicca l’enorme inefficienza del personale. Si tratta, in sostanza, di un vero e proprio Libro dei Sogni scritto solo sulla carta (dove rimarrà a futura memoria) da persone che vivono almeno 30 piani sopra i comuni mortali e non hanno la minima percezione della realtà: cambiare perchè nulla cambi;
2 – Nel PNGLA sono chiaramente citati i cc.dd. “diritti” riportati anche dall’Autore, ma non vengono citati sia il modo di ottenerli rapidamente, sia, soprattutto, a chi e come rivolgersi se tali diritti venissero negati, che è la situazione abituale. Non sono previste, inoltre, rapide penalità certe (salvo una accennata “possibilità” di rimozione dei DD.GG. ASL: sarebbe interessante vedere quanti ne verranno rimossi e quando e, soprattutto, chi si prenderà la responsabilità di farlo) per chi non concedesse tali diritti. In altre parole, se, dopo aver scritto la lettera al DG della propria ASL, questi, come di consueto, non rispondesse, cosa dovrebbe fare il cittadino? L’unica via sarebbe quella di rivolgersi alla magistratura, che sicuramente, ammesso che sia ancora vivo, gli darà ragione dopo qualche anno;
3 – Di poter “visionare la propria posizione nella LdA”, poi, sfido l’Autore a trovare qualcuno in Italia che l’abbia potuto fare (era previsto anche nel precedente PNGLA);
4 – con l’affermazione dell’Autore circa la mancata fissazione di un appuntamento per esame (“..precisare che se non verrà fissata una data per la prestazione in regime di libera professione..”) e con la frase scritta nel fac-simile (“…Se non viene comunicata la data, e il servizio si riserva di comunicarla successivamente, significa
che la lista d’attesa è bloccata..”) l’Autore sta descrivendo come “normale” e abituale (soprattutto nel Centro-Sud) un comportamento penalmente e civilmente sanzionabile (L. 266/05, Finanziaria 2006 art. 01 comma 282) riguardante la illecita chiusura delle LdA, contro cui, proprio per questo, è possibile (e inviterei tutti a farlo) presentare un esposto-querela alla Procura della Repubblica nei confronti del DG della ASL e dei responsabili dei ReCUP, inviandone loro una copia (ho provato un paio di volte: miracolosamente la LdA viene subito riaperta…!).
Un cordiale saluto.