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Autovelox: come difendersi

20 Marzo 2019
Autovelox: come difendersi

Come contestare la multa per eccesso di velocità elevata con autovelox o tutor: tutte le ultime sentenze della Cassazione.

Abbiamo spesso commentato, in queste stesse pagine, le numerose sentenze che dichiarano la nullità della multa con l’autovelox. I giudici hanno tentato di dare risposte certe alle numerose questioni sollevate dagli automobilisti: chi omologa gli autovelox? Come evitarli? A che distanza prendono e come sapere se sono attivi? come contestarli? L’autovelox funziona anche di notte? Come viene tarato un autovelox? Quando scatta la fotografia e quando arriva la multa a casa? Il tutto perché scopo del cittadino è sapere, in merito alla contravvenzione stradale elevata tramite strumenti di accertamento elettronico della velocità come appunto l’autovelox, come difendersi. 

Una recente e interessante sentenza del giudice di Pace di Milano, ad esempio, affronta un problema molto delicato, che non ha precedenti: la sottile differenza tra omologazione e approvazione degli autovelox. Solo la prima procedura consente di utilizzare questi apparecchi in modo corretto, mentre la seconda non ha alcun rilievo. 

Traendo spunto proprio da tale pronuncia, iniziamo questa rapida guida sulle mosse più sicure che consentono di difendersi dall’autovelox.

Multa autovelox nulla se manca l’omologazione

Il codice della strada [1] stabilisce che, per determinare il rispetto dei limiti di velocità, possono essere utilizzate come prove le fotografie scattate da apparecchiature «debitamente omologate», anche per il calcolo della velocità media di percorrenza su tratti determinati. Questo significa che la procedura di omologazione è strettamente necessaria sia per gli autovelox tradizionali (quelli cioè che misurano la velocità istantanea), sia per i tutor. Senza il relativo attestato – che ogni cittadino può chiedere di visionare presentando una istanza di accesso agli atti – la contravvenzione è illegittima.

Secondo la sentenza del giudice di Pace di Milano citata in apertura [2], ciò che richiede la norma non è la semplice “approvazione” ministeriale dell’autovelox, ma la omologazione. Si tratta di due procedure differenti disciplinate in modo diverso [3].

L’omologazione riguarda le apparecchiature utilizzate per accertare la velocità su strada, come gli autovelox, per le quali non è sufficiente l’approvazione. Essa viene eseguita dal Mise (Ministero dello Sviluppo Economico) per verificare la rispondenza e l’efficacia di un determinato apparecchio alle prescrizioni stabilite nel predetto regolamento. 

L’approvazione invece viene effettuata dal Mit (Ministero dei trasporti) attraverso determine dirigenziali e riguarda la richiesta relativa a elementi per i quali il regolamento non stabilisce le caratteristiche fondamentali o particolari prescrizioni. 

Gli strumenti che non hanno le caratteristiche richieste dal regolamento di attuazione del codice della strada per l’omologazione possono essere solo approvati, ma non vanno bene per la misurazione della velocità, bensì per altre infrazioni.

La distinzione tra l’omologazione e l’approvazione degli autovelox, secondo la pronuncia in commento, non risiede tanto nella procedura quanto sulla finalità perseguita: per l’approvazione la legge richiede vincoli meno stringenti per accertamenti che richiedono una minor precisione, mentre per l’omologazione sono richiesti più forti vincoli di rispondenza a determinate caratteristiche e prescrizioni, poste nell’interesse della collettività, a presidio della garanzia del diritto di difesa.

Ebbene, posto che il codice della strada si riferisce alle apparecchiature “debitamente omologate”, ne consegue che, in mancanza di tale attestato e in presenza della semplice “approvazione”, la multa fatta con l’autovelox è nulla.

Multa autovelox nulla se manca la taratura

Nel 2015 [4] la Corte Costituzionale ha imposto la taratura annuale di tutti gli strumenti utilizzati per il controllo elettronico della velocità, siano essi fissi (senza pattuglia) che mobili (con accanto gli agenti). Da tale decisione sono scaturite le numerose sentenze della Cassazione [5] secondo cui è nulla la multa fatta con l’autovelox se l’amministrazione non produce l’attestato di taratura. Taratura che, per le apparecchiature utilizzate su autostrade, deve essere effettuata all’interno di appositi autodromi, a una velocità di 220 km/h.

Il certificato di taratura deve essere esibito al cittadino che lo richieda prima di avviare il ricorso contro la multa. Durante il giudizio, l’amministrazione deve depositare l’originale o la copia autentica; in difetto di tale produzione, la multa si ritiene nulla.

Multa autovelox nulla se il verbale non indica l’ultima taratura

Non è sufficiente che l’autovelox risulti tarato almeno una volta all’anno; affinché il verbale sia valido, esso deve indicare la data dell’ultima taratura, affinché l’automobilista sia reso consapevole della corretta funzionalità dell’apparecchiatura e non sia costretto a documentarsi prima del ricorso, magari perdendosi nei meandri della pubblica amministrazione e dipendendo dal rispetto di un termine per la risposta (30 giorni) che non sempre viene rispettato. Secondo quindi la Cassazione [6] è nulla la multa se non specifica quando è stata effettuata l’ultima taratura dell’autovelox. Tale pronuncia – che è stata poi ribadita da ulteriori successive sentenze – è importante perché esonera il cittadino da un compito che poteva, a volte, pregiudicare il suo diritto di difesa. Leggi sul punto Autovelox: la multa deve indicare la taratura.

La taratura dell’autovelox, quindi, non solo risulta necessaria, ma deve anche essere indicata nel verbale perché solo così il rilevamento della velocità può presumersi affidabile.

Contestazione differita e autorizzazione del Prefetto

L’autovelox può funzionare in modalità automatica o deve sempre essere accompagnato dalla presenza della polizia? Tutto dipende da dove è collocato. In particolare:

  • in città, la multa deve essere sempre contestata immediatamente; non può cioè essere spedita a causa del trasgressore con la tradizionale raccomandata (sempre che questi rifiuti di accettare la consegna del verbale dagli agenti). Ne consegue che l’apparecchio è sempre mobile e richiede la presenza della polizia municipale in loco, non solo ad accertare il corretto funzionamento dell’apparecchiatura, ma anche a fermare gli automobilisti di volta in volta che vengono fotografati;
  • sulle strade urbane principali a scorrimento e sulle strade extraurbane secondarie, la multa deve essere contestata immediatamente al trasgressore, così come in città, a meno che il tratto di strada non sia stato previamente individuato da un’ordinanza del Prefetto nella quale si autorizza la polizia ad effettuare le contravvenzioni con contestazione differita (ossia senza intimare lo stop alle auto). In pratica la Prefettura deve specificare l’esatta chilometrica in cui è possibile piantare gli autovelox automatici e poi spedire le multe a casa degli automobilisti. Se l’ordinanza specifica un determinato senso di marcia, è nulla la multa elevata sulla corsia opposta [7]. Per la Cassazione, il giudice secondo cui la strada ove è posizionato l’autovelox non ha le caratteristiche di quella «urbana a scorrimento» non è tenuto ad applicare l’ordinanza del Prefetto, per cui può ugualmente annullare la multa. Si considerano “a scorrimento” le strade che presentano due carreggiate indipendenti o separate da uno spartitraffico, ciascuna con almeno due corsie di marcia (eventualmente un’ulteriore corsia riservata ai mezzi pubblici). Esse devono avere semafori a tutti gli incroci e aree per la sosta solo esterne alla carreggiata. In pratica, non è valida la multa per eccesso di velocità elevata tramite autovelox e senza contestazione immediata se manca la prova che quella è una strada urbana a scorrimento, ossia con carreggiate indipendenti o separate da spartitraffico [8].
  • sulle strade extraurbane principali e sulle autostrade l’autovelox può essere fisso, senza contestazione immediata, anche senza ordinanza del Prefetto.

Il decreto del Prefetto non basta. Questo deve essere indicato nel verbale. Secondo infatti la Cassazione, la mancata indicazione degli estremi del decreto prefettizio nel verbale di contestazione integra un vizio del provvedimento sanzionatorio che pregiudica il diritto di difesa. In altri termini, laddove il verbale risulti generico, questi non può più essere sanato, neanche nel corso della causa davanti al Giudice di Pace, non trattandosi di mera irregolarità formale.  

Suddetto decreto ha la funzione di indicare una serie di elementi, quali la tratta di chilometri in cui il dispositivo elettronico di controllo può essere posizionato, il senso di marcia da prendere in considerazione per il rilevamento della velocità, le motivazioni per cui il Prefetto ha emanato quel provvedimento.

Al fine di verificare l’esattezza della contestazione, e di conseguenza per un effettivo esercizio del diritto di difesa, si necessita allora che il verbale venga corredato ed indichi gli estremi del decreto prefettizio che autorizza l’installazione del dispositivo. Con tale indicazione contenuta nel verbale, infatti, il trasgressore che si è visto recapitare la contravvenzione, è in grado di risalire all’atto e verificare se la rilevazione automatica della velocità sia avvenuta in modo legittimo.

Obbligo di segnalazione preventiva

Affinché l’autovelox possa operare deve essere presegnalato con un cartello. Il cartello non deve semplicemente indicare il «controllo elettronico della velocità» ma anche specificare se questo avviene con rilevamento della velocità fissa (autovelox tradizionale) o media (tutor). 

Non esiste una distanza minima tra cartello e postazione della polizia. La Cassazione dice che l’avviso deve essere posto con adeguato anticipo in modo da evitare frenate improvvise delle auto che potrebbero essere pericolose per il traffico.

Invece esiste una distanza massima tra cartello e autovelox che è di 4 chilometri; superato tale limite la multa non può più essere elevata o, in alternativa, bisogna ripetere il segnale. 

Il cartello con l’avviso va ripetuto dopo ogni intersezione a beneficio di quanti si immettono nella strada principale e non hanno potuto scorgere il precedente cartello [9].

Inoltre il cartello deve essere sempre in buon stato di manutenzione: non può essere coperto da altri cartelli o dalla vegetazione o da scritte vandaliche.

In una strada dove i controlli con l’autovelox sono occasionali e non presentano il carattere della continuità, il solo cartello fisso non basta ma deve essere accompagnato da uno mobile posto sul ciglio della strada dagli agenti accentratori. È questa una nuova prescrizione imposta dalla direttiva Minniti del 2017. Leggi Autovelox: multe nulle se segnalate solo da cartelli fissi.

La polizia non si può nascondere

L’obbligo di trasparenza impone alla polizia, seppur di non collocarsi sul ciglio della strada, di non coprirsi con vegetazione o autocivetta. A tanto è arrivata più volte la Cassazione [10]. Il principio sancito dalla Cassazione è appunto quello della necessaria visibilità dell’autovelox, da valutare caso per caso, sullo stato dei luoghi. Secondo una sentenza del 2017 [11], quando l’autovelox è collocato al termine di un filare di alberi – in particolare gli ultimi due – esso non può essere facilmente avvistato dai conducenti, il che rende palese la violazione delle norme del Codice della strada. Sul punto leggi Autovelox non visibile: multa valida?

Come contestare l’autovelox

Per contestare la multa è necessario optare o per il ricorso al Prefetto o per quello al giudice di Pace. 

Il ricorso al Prefetto è gratuito e può essere esperito entro 60 giorni dal ricevimento della multa. Non richiede la presenza di un avvocato e si svolge senza un’udienza (a meno che il ricorrente non richieda di essere ascoltato personalmente). Si propone con un atto spedito con raccomandata a.r. alla polizia che ha elevato il verbale o direttamente al Prefetto. Nel primo caso, il Prefetto ha 180 giorni per pronunciarsi, altrimenti il ricorso si considera accolto; nel secondo caso ha 210 giorni per pronunciarsi (anche in tale ipotesi, in assenza di risposta, la multa è automaticamente annullata).

Poiché il Prefetto è un organo dell’amministrazione il suo giudizio non sarà certo imparziale come quello di un giudice. A conti fatti è preferibile ricorrere al Prefetto solo per i vizi più evidenti e che non richiedono interpretazioni (ad esempio, la spedizione della multa oltre i 90 giorni di legge dal fatto contestato).

Contro il rigetto del Prefetto ci sono 30 giorni per far ricorso al giudice di pace.

Il ricorso al giudice di Pace, che va invece presentato entro 30 giorni e non richiede necessariamente l’avvocato, è invece a pagamento (il costo del contributo unificato è a carico del ricorrente) e può richiedere anche più di un’udienza.

Contro la sentenza di rigetto del giudice di pace si può fare appello nei successivi 30 giorni.


note

[1] Art. 142 cod. strada, co. 6. 

[2] Giudice di Pace di Milano, sent. dell’11.02.2019.

[3] Entrambe sono disciplinate dall’art. 192 del Regolamento di attuazione del codice della strada, ma se l’omologazione è regolata dal comma 2, l’approvazione trova invece spazio nel comma 3. E difatti, il comma 2 stabilisce che: «2. L’Ispettorato generale per la circolazione e la sicurezza stradale del ministero dei Lavori pubblici accerta, anche mediante prove, e avvalendosi, quando ritenuto necessario, del parere del Consiglio superiore dei Lavori pubblici, la rispondenza e la efficacia dell’oggetto di cui si richiede l’omologazione alle prescrizioni stabilite dal presente regolamento, e ne omologa il prototipo quando gli accertamenti abbiano dato esito favorevole. L’interessato è tenuto a fornire le ulteriori notizie e certificazioni che possono essere richieste nel corso dell’istruttoria amministrativa di omologazione e acconsente a che uno dei prototipi resti depositato presso l’Ispettorato generale per la circolazione e la sicurezza stradale».

Il comma 3 invece stabilisce che «Quando trattasi di richiesta relativa ad elementi per i quali il presente regolamento non stabilisce le caratteristiche fondamentali o particolari prescrizioni, il ministero dei Lavori pubblici approva il prototipo seguendo, per quanto possibile, la procedura prevista dal comma 2».

[4] C. Cost. sent. n. 113/15 del 18.06.2015. 

[5] Cass. sent. n. 533/2018, n. 9972/2016.

[6] Cass. ord. n. 5227/18 del 6.03.2018. 

[7] Cass. sent. n.23726/2018.

[8] Cass. sent. n. 12231/2016.

[9] Cass. ord. n. 30664/2018 del 27.11.2018. Cass. sent. n. 11018/2014 e n. 680/2011.

[10] Cass. ord. n. 6407/19 del 5.03.2019.

[11] Cass. sent. n. 25392/2017.

Autovelox: obbligo di taratura

Laddove venga contestata l’affidabilità del cosiddetto tutor o autovelox, il giudice è tenuto ad accertare se il dispositivo sia stato sottoposto o meno alle verifiche di funzionalità e taratura. Ciò in quanto tutte le apparecchiature impiegate nell’accertamento delle violazioni dei limiti di velocità devono essere sottoposte a verifiche periodiche di funzionalità e di taratura, non esistendo verifiche equipollenti né essendo sufficienti, come in passato, certificati di conformità ed omologazione.

Cassazione civile sez. VI, 11/01/2018, n.533

Alla luce della pronuncia di incostituzionalità (sentenza Corte cost. n. 113 del 2015) dell’art. 45, comma 6, reg. esec. c.strad. che ha effetto retroattivo ed è applicabile ai giudizi pendenti, deve ritenersi che l’articolo predetto prescriva la verifica periodica della funzionalità degli apparecchi di rilevamento della velocità (autovelox) e la loro taratura.

Cassazione civile sez. II, 16/05/2016, n.9972

In tema di autovelox, con sentenza n. 113 del 2015, la Corte costituzionale abbia dichiarato costituzionalmente illegittimo, per violazione dell’art. 3 Cost., il d.lgs. 30 aprile 1992, n. 285, art. 45, comma 6 (Codice della Strada), nella parte in cui non prevede che tutte le apparecchiature impiegate nell’accertamento delle violazioni dei limiti di velocità siano sottoposte a verifiche periodiche di funzionalità e di taratura. Alla stregua di tale pronuncia di incostituzionalità, che ha effetto retroattivo ed è quindi applicabile ai giudizi pendenti, deve ritenersi che l’art. 45 C.d.S., comma 6, come integrato dalla pronuncia della Corte Costituzionale, prescriva la verifica periodica della funzionalità degli autovelox e la loro taratura.

Trib. Bari, sent. n. 5030/2017

Autovelox: obbligo di autorizzazione del Prefetto

All’ente proprietario della strada incombe l’assunzione di una serie di obblighi che prevedono, in particolare, la necessità del preventivo avviso dell’installazione dell’autovelox posizionato ad una congrua distanza dal prescritto segnale che lo deve anticipare, della leggibilità e immediata percepibilità della relativa segnalazione, della preventiva adozione di apposito decreto prefettizio per l’autorizzazione all’installazione degli autovelox sulle strade in cui è propriamente consentito al fine di rendere legittima la contestazione differita delle violazioni riferite all’art. 142 c.d.s.. Sulla scorta di questi presupposti deriva che, qualora il decreto amministrativo autorizzi il posizionamento di un apparecchio autovelox (appositamente omologato e sottoposto alla necessaria taratura) lungo il lato di una sola carreggiata di un tipo di strada riconducibile ad uno di quelli previsti dal citato art. 4 del D.L. n. 121/2002, diventa, conseguentemente, obbligatorio – in funzione della legittimità della complessiva attività di accertamento delle indicate violazioni amministrative – che l’ente proprietario della strada appronti i predetti necessari adempimenti di garanzia per gli utenti (circa la preventiva segnalazione dell’installazione dell’apparecchio elettronico e la visibilità del segnale che lo preannuncia sullo stesso lato e, quindi, per il corrispondente senso di marcia), anche al fine di tutelare le indispensabili esigenze di sicurezza pubblica connesse a siffatta attività di rilevamento. Pertanto, qualora – come verificatosi nella fattispecie – il decreto prefettizio abbia previsto la legittima installazione lungo un solo senso di ed, invece, l’accertamento sia stato effettuato mediante la rilevazione di un autovelox posizionato sul contrapposto senso di marcia, ne consegue che – difettando a monte l’adozione di uno specifico provvedimento autorizzativo – il relativo verbale di contestazione differita della violazione di cui all’art. 142 c.d.s. debba ritenersi affetto da “illegittimità derivata”.

Cassazione civile sez. VI, 01/10/2018, n.23726

Giudice di Pace di Milano, sez. IV, sentenza 11 febbraio 2019

Ragioni di fatto e di diritto della decisione

1. Trattasi di più verbali di contestazione emessi per la violazione dell’art. 142 del Codice della strada (breviter, CdS) per aver superato i limiti di velocità prescritti lungo viale Fulvio Testi, in Milano.

2. Il Ricorrente ha dedotto vari motivi, ma tra questi, da ritenersi assorbente è la censura in relazione alla mancata omologazione dell’apparecchiatura utilizzata per effettuare l’accertamento ai sensi dell’art. 201 comma 1 bis lettera f) (ovvero in automatico, in assenza di agente accertatore).

In particolare, il Ricorrente – a seguito del deposito della documentazione attestante l’omologazione, da parte del Comune resistente, evidenziava che l’apparecchiatura elettronica in questione, denominata T-Exspeed V 2.0, non risulta aver ottenuto l’omologazione da parte del Ministero dello Sviluppo Economico (breviter, MISE), ma solo un’approvazione da parte del Ministero dei Trasporti e delle Infrastrutture (breviter, MIT) mediante determine dirigenziali.

3. Il Comune di Milano, costituitosi in giudizio, depositava due determine dirigenziali del MIT, confermando l’avvenuta approvazione dell’apparecchiatura utilizzata, in luogo dell’omologazione, affermando che i due termini vengono utilizzati dal CdS quale sinonimi. Ribadiva la correttezza e la legittimità dell’accertamento, chiedendo il rigetto del ricorso.

Il ricorso è fondato.

La trattazione, per ragioni di economia processuale, verterà sulla sola censura dell’omologazione, ritenuta fondata, considerando assorbiti tutti gli altri motivi di ricorso e relative difese.

5. L’apparecchiatura di cui si discute nasce e viene utilizzata per la misurazione della velocità, con la finalità di accertarne eventuali violazioni ai limiti prescritti sulla strada, in modalità automatica e, dunque, in assenza di agente accertatore. Pertanto, la contestazione, a mente dell’art. 201, comma 1 bis, lettera f), CdS non potrà che essere differita.

In tal caso, l’oggetto dell’accertamento sarà non la violazione verificata ictu oculi dall’agente, bensì, come consentito dalla legge, l’estrazione del contenuto della memoria fisica di tali apparecchiature, visionata dagli agenti in ufficio e successivamente contestata mediante notifica del verbale.

Quale contraltare alla deroga al principio generale dell’immediata contestazione (art. 200 CdS), la quale costituisce un presidio di garanzia per il cittadino, il Legislatore ha posto in capo ai soggetti accertatoli una serie di obblighi (rectius, oneri, al fine di poter vantare la regolarità degli accertamenti effettuati), sia nella tipologia delle apparecchiature da utilizzarsi che nell’individuazione delle loro caratteristiche tecniche, che, ancora, nella segnalazione della presenza di tali apparecchiature agli utenti della strada.

6. Fatta questa generale premessa, va detto che la norma che si occupa dell’accertamento della velocità (nel nostro caso, trattasi di misurazione instantanea e non media) è l’art. 142 CdS, il quale – al comma 6 – prevede: Per la determinazione dell’osservanza dei limiti di velocità sono considerate fonti di prova le risultanze di apparecchiature debitamente omologate, anche per il calcolo della velocità media di percorrenza su tratti determinati, nonché le registrazioni del cronotachigrafo e i documenti relativi ai percorsi autostradali, come precisato dal regolamento.

La norma appare di chiara lettura, laddove prevede la “debita omologazione”.

L’apparecchiatura T-Exspeed V 2.0, fabbricata dalla Società KRIA, stando alla documentazione depositata dal Comune di Milano, non sarebbe mai stata omologata, bensì approvata con due successive determine dirigenziali del MIT, a firma dell’Ing. Se. Do.: Prot. n. 5298 del 27.10.11 e Prot. n. 4910 del 16.10.2014.

Nella prima, all’art. 1, si dice: E’ approvato il sistema denominato “T-EXSPEED V.2.0″….; nella seconda, sempre all’art. 1, si legge: E’ estesa l’approvazione del dispositivo denominato “T-Exspeed V.2.0″…

In entrambi i casi, in effetti, si parla di approvazione e non di omologazione, mentre nel comma 6 dell’art. 142 CdS si parla espressamente di omologazione.

7. In realtà, la confusione non è tanto creata dalla norma (art. 142 CdS), poiché la stessa è inequivoca nel richiedere l’omologazione, quanto dal fatto che il Legislatore del CdS, pur prevedendo le due diverse fattispecie (omologazione ed approvazione), a volte ed apparentemente, sembra usarle promiscuamente, ingenerando con ciò una certa confusione esegetica.

Vediamo alcuni esempi.

L’art. 345 Reg. CdS (con riferimento all’art. 142, CdS), rubricato sotto la voce; “Apparecchiature e mezzi di accertamento della osservanza dei limiti di velocità”, afferma al comma 2: Le singole apparecchiature devono essere approvate dal Ministero dei lavori pubblici.

L’art. 201 comma 1 ter stabilisce: Nei casi previsti alle lettere b),f) e g) del comma I-bis non è necessaria la presenza degli organi di polizia stradale qualora l’accertamento avvenga mediante rilievo con dispositivi o apparecchiature che sono stati omologati ovvero approvati per il funzionamento in modo completamente automatico.

Ancora, l’art. 193 comma 4-ter (al quale fa rinvio anche l’art. 201, comma 1 bis, lettera g) ter): L’accertamento della mancanza di copertura assicurativa obbligatoria del veicolo può essere effettuato anche mediante il raffronto dei dati relativi alle polizze emesse dalle imprese assicuratrici con quelli provenienti dai dispositivi o apparecchiature di cui alle lettere e), f) e g) del comma I-bis dell’articolo 201, omologati ovvero approvati per il funzionamento in modo completamente automatico e gestiti direttamente dagli organi di polizia stradale di cui all’articolo 12, comma 1.

Poi, l’art. 45 CdS, rubricato sotto la voce “Uniformità della segnaletica, dei mezzi di regolazione e controllo ed omologazioni”, al comma 6 dispone: Nel regolamento sono precisati i segnali, i dispositivi, le apparecchiature e gli altri mezzi tecnici di controllo e regolazione del traffico, nonché quelli atti all’accertamento e al rilevamento automatico delle violazioni alle norme di circolazione, ed i materiali che, per la loro fabbricazione e diffusione, sono soggetti all’approvazione od omologazione da parte del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, previo accertamento delle caratteristiche geometriche, fotometriche, funzionali, di idoneità e di quanto altro necessario. Nello stesso regolamento sono precisate altresì le modalità di omologazione e di approvazione.

Ed al successivo comma 9: Chiunque abusivamente costruisce, fabbrica o vende i segnali, dispositivi o apparecchiature, di cui al comma 6, non omologati o comunque difformi dai prototipi omologati o approvati è soggetto, ove il fatto non costituisca reato, alla sanzione amministrativa del pagamento di una somma….

Ancora, l’art. 201 comma 1 ter CdS, il quale dispone: Nei casi previsti alle lettere b), f) e g) del comma I-bis non è necessaria la presenza degli organi di polizia stradale qualora l’accertamento avvenga mediante rilievo con dispositivi o apparecchiature che sono stati omologati ovvero approvati per il funzionamento in modo completamente automatico. Tali strumenti devono essere gestiti direttamente dagli organi di polizia stradale di cui all’articolo 12, comma 1.

Infine, di fondamentale importanza, poiché descrive tutte le procedure in dettaglio per l’ottenimento dell’omologazione e dell’approvazione, è l’art. 192 del Reg. CdS, al quale il predetto art. 45 CdS fa rinvio, che dispone: 1. Ogni volta che nel codice e nel presente regolamento è prevista la omologazione o la approvazione di segnali, di dispositivi, di apparecchiature, di mezzi tecnici per la disciplina di controllo e la regolazione del traffico, di mezzi tecnici per l’accertamento e il rilevamento automatico delle violazioni alle norme di circolazione, di materiali, attrezzi o quant’altro previsto a tale scopo, di competenza del Ministero dei lavori pubblici, l’interessato deve presentare domanda, in carta legale a tale dicastero, indirizzandola all’Ispettorato generale per la circolazione e la sicurezza stradale, corredata da una relazione tecnica sull’oggetto della richiesta, da certificazioni di enti riconosciuti o laboratori autorizzati su prove alle quali l’elemento è stato già sottoposto, nonché da ogni altro elemento di prova idoneo a dimostrare l’utilità e l’efficienza dell’oggetto di cui si chiede l’omologazione o l’approvazione e presentando almeno due prototipi dello stesso. Alla domanda deve essere allegata la ricevuta dell’avvenuto versamento dell’importo dovuto per le operazioni tecnico-amministrative ai sensi dell’articolo 405.

2. L’Ispettorato generale per la circolazione e la sicurezza stradale del ministero dei Lavori pubblici accerta, anche mediante prove, e avvalendosi, quando ritenuto necessario, del parere del Consiglio superiore dei Lavori pubblici, la rispondenza e la efficacia dell’oggetto di cui si richiede l’omologazione alle prescrizioni stabilite dal presente regolamento, e ne omologa il prototipo quando gli accertamenti abbiano dato esito favorevole. L’interessato è tenuto a fornire le ulteriori notizie e certificazioni che possono essere richieste nel corso dell’istruttoria amministrativa di omologazione e acconsente a che uno dei prototipi resti depositato presso l’Ispettorato generale per la circolazione e la sicurezza stradale.

3. Quando trattasi di richiesta relativa ad elementi per i quali il presente regolamento non stabilisce le caratteristiche fondamentali o particolari prescrizioni, il ministero dei Lavori pubblici approva il prototipo seguendo, per quanto possibile, la procedura prevista dal comma 2.

5. La omologazione o la approvazione di prototipi è valida solo a nome del richiedente e non è trasmissibile a soggetti diversi.

6. Per la fabbricazione di elementi non conformi ai prototipi riconosciuti ammissibili dal ministero dei Lavori pubblici, ai sensi del presente articolo, si applica la sanzione di cui all’articolo 45, comma 9, del Codice. Può essere disposta, inoltre, la revoca del decreto di omologazione o di approvazione del prototipo.

8. Ad un’indagine più approfondita, è proprio l’art. 192 Reg. CdS a fornire la chiave di lettura in merito al fatto che l’uso promiscuo ed alternativo dei termini omologazione/approvazione è solamente apparente, trattandosi di due procedure completamente diverse che giungono a differenti provvedimenti conclusivi.

Infatti, se si ha riguardo ai commi 2 e 3 del predetto articolo, ci si accorgerà che il comma 2 prevede la procedura di omologazione, mentre il comma 3 quella di approvazione. Tra le due procedure l’elemento discretivo che emerge è la rispondenza alle prescrizioni stabilite dal presente regolamento; tant’è vero che, nel caso dell’omologazione, si richiederà di accertare la rispondenza e la efficacia dell’oggetto di cui si richiede l’omologazione alle prescrizioni stabilite dal presente regolamento1, mentre, nel caso dell’approvazione, dovrà trattarsi di richiesta relativa ad elementi per i quali il presente regolamento non stabilisce le caratteristiche fondamentali o particolari prescrizioni, ed in tal caso il Ministero dei Lavori pubblici approva il prototipo seguendo, per quanto possibile, la procedura prevista dal comma 2.

Dunque, da quanto detto, emerge che solo nell’ipotesi in cui il regolamento al CdS stabilisca caratteristiche fondamentali o particolari prescrizioni per dette apparecchiature sarà possibile omologare le stesse, viceversa, queste ultime saranno solo approvate, se possibile, utilizzando la procedura dettata dal codice stesso (al comma precedente) per l’omologazione.

Da tale riflessione deriva che il Legislatore, apparentemente schizofrenico, ha previsto, in realtà, due diverse procedure, a diverse condizioni e con una ratio ben precisa e suscettibile di distinguere diverse situazioni.

E qui si torna al comma 6 dell’art. 142 CdS, il quale si riferisce inequivocabilmente ad apparecchiature debitamente omologate2, ovvero apparecchiature che devono presentare (per poter essere legittimamente utilizzate) caratteristiche fondamentali o particolari prescrizioni di cui al Regolamento al CdS, poiché – qualora tali caratteristiche non avessero – potrebbero solo essere approvate, ma non andrebbero bene per la misurazione della velocità di cui si occupa l’art. 142 CdS, bensì per altre infrazioni. Prova di ciò (e della sanità mentale del Legislatore^ è data dall’art. 193 CdS, il quale prevede alternativamente le procedure (ed i conseguenti decreti che ne deriveranno): 4-ter, l’accertamento della mancanza di copertura assicurativa obbligatoria del veicolo può essere effettuato anche mediante il raffronto dei dati relativi alle polizze emesse dalle imprese assicuratrici con quelli provenienti dai dispositivi o apparecchiature di cui alle lettere e),f) e g) del comma I-bis dell’articolo 201, omologati ovvero approvati per il funzionamento in modo completamente automatico e gestiti direttamente dagli organi di polizia stradale di cui all’articolo 12, comma 1. Dunque, ci troviamo in un caso in cui quod Lex voluit, dixit.

9. Alla luce di quanto detto, benché non avente efficacia normativa, va sconfessata anche l’interpretazione data dal Ministero dell’Interno con la Circolare 9/2007 Prot. n. M/2413/12 (citata dal resistente Comune), la quale – senza alcun riscontro normativo a supporto – afferma, tra l’altro, contraddittoriamente: circa la asserita differenza tra approvazione ed omologazione, essa non sussiste; infatti nell’art. 192 del D.P.R. n. 495/1992 (regolamento di esecuzione e di attuazione del nuovo codice della strada) i due termini sono usati come sinonimi. Tutti i dispositivi, le apparecchiature, i mezzi tecnici per il controllo e la regolazione del traffico, nonché l’accertamento e il rilevamento automatico delle infrazioni, sono soggetti ad approvazione da parte del ministero dei trasporti; si può parlare di omologazione qualora, nella procedura di approvazione, si faccia riferimento a norme unificate o a precise direttive Europee.

Come dire, sono la stessa cosa… salvo, comunque, dopo averla negata, tracciare una differenza tra omologazione ed approvazione.

In ogni caso, ad ulteriore conferma della distinzione tra diverse tipologie di accertamento, effettuata dal Legislatore, la circolare aveva ad oggetto non un apparecchio per misurare la velocità, bensì per rilevare le infrazioni semaforiche, ove il CdS non richiede le apparecchiature “debitamente omologate”, come avviene, invece, per l’art. 142 comma 6 CdS.

In claris non fit interpretatio!

10. Per completezza espositiva, va detto che il Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, a fortiori e ad ulteriore riprova della consapevolezza che la maggior parte delle apparecchiature utilizzate oggi per la rilevazione della velocità risultano prive di omologazione, benché richiesta dal CdS, con un Decreto del 13 giugno 2017, all’art. 1 ha disposto: Nelle more della emanazione di specifiche norme per la omologazione, ai sensi dell’art. 192, commi 1 e 2, del decreto del Presidente della Repubblica n. 495 del 1992, dei dispositivi, delle apparecchiature e dei mezzi tecnici per l’accertamento delle violazioni dei limiti massimi di velocità, si procede all’approvazione del prototipo ai sensi dell’art. 192, comma 3, del decreto sopra richiamato (CdS, ndr).

Tale decreto, tuttavia, non può corroborare l’interpretazione data dal Comune, sia perchè sarebbe un atto illegittimo, che tenta di derogare, mediante una fonte non normativa3, ad un decreto ministeriale, una fonte normativa, quella ove lo stesso Legislatore ha richiesto espressamente, e con forza (debitamente), la sola omologazione (art. 142 comma 6 CdS), e, come tale, sarebbe disapplicabile ex art. 5 L. 2248/1865 All. E.

Non solo. Quandanche (e ciò non è possibile, se non screditando il sistema delle fonti) non lo si considerasse illegittimo, l’art. 4 limita gli effetti del Decreto medesimo alle sole nuove richieste di approvazione, a far data dalla pubblicazione (giugno 2017).

Pertanto, non sarebbe applicabile al caso di specie, ratione temporis.

11. In conclusione, si è acclarato che vi è una distinzione chiara e netta tra l’omologazione e l’approvazione dei dispositivi elettronici, non tanto sulla procedura (poiché il comma 3 dell’art. 192 CdS richiama il comma 2), quanto sulla finalità perseguita: nel caso dell’approvazione, il Legislatore ha richiesto vincoli meno stringenti per accertamenti che richiedono una minor precisione; nel caso dell’omologazione, vincoli più forti di rispondenza a determinate caratteristiche e prescrizioni, poste, evidentemente, nell’interesse della collettività, a presidio della garanzia del diritto di difesa. Pertanto, la sua mancanza si traduce in un vulnus alle garanzie dei cittadini che subiscono gli accertamenti.

Ad colorandum, la Corte Costituzionale, con la sentenza n. 113/15 (in relazione alla dovutezza della taratura) ben delinea la comparazione di interessi tra le esigenze di sicurezza stradale e le inalienabili garanzie poste a vantaggio del cittadino controllato e, sebbene lo faccia in relazione alla taratura, il ragionamento viene articolato non solo con riferimento allo stesso art. 142 comma 6 CdS (più volte citato in questa motivazione), ma secondo canoni di razionalità pratica e formale, come definiti dalla Consulta, perfettamente applicabili anche all’omologazione.

Così la Corte: L’art. 142, comma 6, del d.lgs. n. 285 del 1992 prevede infatti che «Per la determinazione dell’osservanza dei limiti di velocità sono considerate fonti di prova le risultanze di apparecchiature debitamente omologate, (…) nonché le registrazioni del cronotachigrafo e i documenti relativi ai percorsi autostradali, come precisato dal regolamento». Detta soluzione normativa si giustifica per la peculiarità della fattispecie concretache – allo stato attuale della tecnologia – rende impossibile o sproporzionatamente oneroso riprodurre l’accertamento dell’eccesso di velocità in caso di sua contestazione.

E’ evidente che, al fine di dare effettività ai meccanismi repressivi delle infrazioni ai limiti di velocità, la disposizione realizza in modo non implausibile e non irragionevole un bilanciamento tra la tutela della sicurezza stradale e quella delle situazioni soggettive dei sottoposti alle verifiche. E’ vero infatti che la tutela di questi ultimi viene in qualche modo compressa per effetto della parziale inversione dell ‘onere della prova, dal momento che è il ricorrente contro l’applicazione della sanzione a dover eventualmente dimostrare – onere di difficile assolvimento a causa della irripetibilità dell’accertamento — il cattivo funzionamento dell ‘apparecchiatura. Tuttavia, detta limitazione trova una ragionevole spiegazione nel carattere di affidabilità che Vomologazione e la taratura dell’autovelox conferiscono alle prestazioni di quest’ultimo.

In definitiva il bilanciamento realizzato dall’art. 142 del codice della strada ha per oggetto, da un lato, interessi pubblici e privati estremamente rilevanti quali la sicurezza della circolazione, la garanzia dell’ordine pubblico, la preservazione dell’integrità fisica degli individui, la conservazione dei beni e, dall’altro, valori altrettanto importanti quali la certezza dei rapporti giuridici ed il diritto di difesa del sanzionato. Detto bilanciamento si concreta attraverso una sorta di presunzione, fondata sull’affidabilità dell’omologazione e della taratura dell’autovelox, che consente di non ritenere pregiudicata oltre un limite ragionevole la certezza della rilevazione e dei sottesi rapporti giuridici. Proprio la custodia e la conservazione di tale affidabilità costituisce il punto di estrema tensione entro il quale la certezza dei rapporti 2Iuridici e il diritto di difesa del sanzionato non perdono la loro ineliminabile ragion d’essere.

Il ragionevole affidamento che deriva dalla custodia e dalla permanenza della funzionalità delle apparecchiature, garantita quest’ultima da verifiche periodiche conformi alle relative specifiche tecniche, degrada tuttavia in assoluta incertezza quando queste ultime non vengono effettuate.

Il bilanciamento dei valori in gioco realizzato in modo non implausibile nel vigente art. 142, comma 6, del codice della strada trasmoda così nella irragionevolezza, nel momento in cui il diritto vivente formatosi sull’art. 45, comma 6, del medesimo codice consente alle amministrazioni preposte agli accertamenti di evitare ogni successiva taratura e verifica.

12. Alla luce di quanto premesso, ne deriva che le risultanze dell’apparecchiatura utilizzata, non essendo stata la stessa debitamente omologata, non possono essere utilizzate ai fini della contestazione della violazione. Né vi era un agente presente a giustificare la fidefacienza dell’accertamento.

L’art. 7 comma 10 D.Lgs. 150/11 (riportando il contenuto dell’art. 23 L. 689/81 penultimo comma, ora abrogato) prevede che …il giudice accoglie l’opposizione quando non vi sono prove sufficienti della responsabilità dell’opponente.

In mancanza di prove, il ricorso, dunque, va definitivamente accolto e i verbali impugnati annullati.

13. Quanto alle spese, esse vengono integralmente compensate tra le parti sussistendo gravi motivi, dati, appunto, dalla Legislazione non sempre chiara e dalle errate interpretazioni fornite dai Ministeri.

1 … e ne omologa il prototipo quando gli accertamenti abbiano dato esito favorevole (art. 192 comma 2 Reg. CdS).

2 Peraltro, l’art. 25 comma 1 lett. A) della L. 120/10, ad ulteriore conferma che non si tratta di un errore, ha inserito la medesima dicitura di “apparecchiature debitamente omologate” anche al comma 1 dell’art. 142 CdS in relazione ai tratti autostradali.

3 Il D.M. può essere considerato un fonte normativa di II livello solo quando venga qualificato come Regolamento, altrimenti resta un atto amministrativo (non avente valenza normativa).


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2 Commenti

  1. Vorrei segnalarvi un nuovo capitolo della questione Tarature Misuratori di Velocità, che riguarda il contenuto dei certificati di taratura e non solo l’esistenza in se di un certificato di taratura fatto presso un ente accreditato.
    La prima cosa riguarda la velocità massima raggiunta in sede di verifica periodica, nel capo 3.1 dell’allegato al D.M. 282/2017 viene nominato il “campo di utilizzo” che il ministero stesso ha chiarito come calcolare con una nota del 27/10/2017 (si prende il limite di velocità della strada su cui utilizzare lo strumento, si aumenta dell’ultimo scaglione sanzionatorio, comma 9bis, quindi + 60 km/h e si aggiunge il 5% di tolleranza) quindi per utilizzare lo strumento su una strada con limite a 90km/h è necessario tararlo almeno fino a 160km/h. Questi dati vanno riportati sul certificato di taratura.
    La seconda cosa riguarda la distribuzione dei punti di misura nel range di velocità, il Decreto dice che devono essere uniformemente distribuiti all’interno dell’intervallo di misura, ma come fa un agente di Polizia a verificare che la verifica di taratura sia stata fatta rispettando la legge, sarebbe opportuno che i laboratori accreditati fornissero per ogni taratura tutti i punti di misura, forse gli stessi punti per essere ufficiali dovrebbero far parte del certificato stesso. Intorno a questo argomento ci sono stati dei ricorsi ai giudice di pace che sollevavano la mancata evidenza dei punti di taratura, che potesse dimostrare la uniforme distribuzione degli stessi e quindi il pieno rispetto di quanto previsto dalla legge. I ricorsi sono stati accolti, ovviamente.
    Finalmente Accredia è corso ai ripari dando una interpretazione a quanto previsto dal Decreto Ministeriale e con la circolare tecnica 04/2019 del 14/06/2019 indicando ai centri di taratura cosa deve contenere il certificato.
    Visti i ricorsi accolti e vista anche l’ammissione di questa mancanza che fa ACCREDIA quando con la circolare tecnica, a distanza di due anni, fa chiarezza sulla materia, visto che dal 31/07/2017 fino alla entrata in vigore della circolare ACCREDIA solo uno, il LAT 105, dei laboratori di taratura accreditati in Italia dava l’evidenza dei passaggi effettuati in sede di verifica.
    Tutti i certificati emessi senza l’evidenza della uniforme distribuzione dei punti di misura non rispettano il Decreto Ministeriale 282/2017 e quindi sono esposti a possibili ricorsi.

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