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Chi registra il decreto ingiuntivo

22 Marzo 2019 | Autore:
Chi registra il decreto ingiuntivo

Decreto ingiuntivo: chi deve registrarlo? Chi è tenuto a pagare l’imposta di registro su decreto ingiuntivo? A quanto ammonta l’imposta?

Il decreto ingiuntivo è quel particolare provvedimento che emana il giudice a favore di colui che dimostri essere creditore di una somma di danaro o di altri beni mobili fungibili, cioè di cose indicate solo nel genere che possono essere scambiate tra loro (ad esempio, grano, legna, ecc.). La particolarità di questo procedimento è dato dalla sua velocità: il creditore che dimostri per iscritto di essere titolare di un diritto di credito certo, liquido ed esigibile, può ottenere immediatamente il provvedimento che gli consentirà, nel caso in cui non venga fatta opposizione, di procedere con l’esecuzione forzata. Insomma, il decreto ingiuntivo conferisce il titolo da utilizzare per rivalersi coattivamente sui beni del debitore inadempiente. Ma chi registra il decreto ingiuntivo?

Devi sapere che ogni provvedimento giudiziario è soggetto a registrazione presso l’Agenzia delle entrate: nello specifico, il decreto ingiuntivo, una volta emanato, deve essere trasmesso all’Agenzia delle entrate ai fini della determinazione dell’imposta di registro alla quale tale atto è soggetto dal momento in cui diviene esecutivo. Ma a chi compete questo onere? Chi registra il decreto ingiuntivo? Cos’è e chi deve pagare l’imposta di registro? Scopriamolo insieme.

Decreto ingiuntivo: quando si può chiedere?

Prima di arrivare a comprendere chi registra il decreto ingiuntivo ed è tenuto a pagare la relativa imposta, procediamo per gradi e vediamo dapprima in cosa consiste il procedimento di ingiunzione, cioè il procedimento che porta all’emanazione di un decreto ingiuntivo. Secondo il codice di procedura civile [1], su domanda di chi è creditore di una somma liquida di danaro o di una determinata quantità di cose fungibili (cioè, scambiabili tra loro), o di chi ha diritto alla consegna di una cosa mobile determinata, il giudice competente pronuncia ingiunzione di pagamento o di consegna se del diritto fatto valere si dà prova scritta.

Prova scritta: cos’è?

Rappresentano esempi di prova scritta idonei a chiedere ed ottenere il rilascio di un decreto ingiuntivo documenti come: sentenze; scritture private ove si riconosce il proprio debito; cambiali; estratti autentici delle scritture contabili; promesse unilaterali; telegrammi [2]. È rimessa al giudice la valutazione di ulteriori prove scritte idonee a giustificare l’emissione di un decreto ingiuntivo.

Procedimento di ingiunzione: come funziona?

Il creditore che si trovi nelle condizioni sopra evidenziate potrà chiedere al giudice competente l’emissione di un decreto ingiuntivo, cioè di un provvedimento assunto senza contraddittorio tra le parti (utilizzando un’espressione latina, si dice inaudita altera parte) con il quale viene riconosciuto il diritto ad ottenere quanto spetta.

Una volta emesso il decreto ingiuntivo, il creditore è onerato, a pena di decadenza del decreto stesso, a notificare il provvedimento entro sessanta giorni. Dal momento in cui ha ricevuto tale notifica, il debitore ha quaranta giorni di tempo per adempiere spontaneamente, cioè per pagare quanto riportato nel decreto, oppure per presentare opposizione.

Di conseguenza, gli scenari che possono prospettarsi sono i seguenti:

  • il debitore paga entro il termine previsto dalla legge e, pertanto, il creditore potrà dirsi soddisfatto;
  • il debitore si oppone, sempre entro i quaranta giorni, ritenendo infondato il credito: così facendo, prenderà l’avvio un processo in piena regola, con regolare contraddittorio tra le parti. In questo nuovo giudizio il creditore dovrà dimostrare con ulteriori mezzi il proprio credito;
  • il debitore, entro quaranta giorni dalla notifica del decreto, non si oppone né adempie: in questa circostanza, il decreto ingiuntivo diviene esecutivo e il creditore può procedere coattivamente. Ciò significa che, espletato l’ulteriore adempimento della notifica del precetto, il creditore potrà procedere con il pignoramento.

Decreto ingiuntivo provvisoriamente esecutivo: cos’è?

Secondo la legge [3], se il diritto del credito è fondato su cambiale, assegno bancario, assegno circolare, certificato di liquidazione di borsa, o su atto ricevuto da notaio o da altro pubblico ufficiale autorizzato, il giudice può emanare un decreto ingiuntivo provvisoriamente esecutivo: significa che il creditore potrà procedere immediatamente all’esecuzione forzata (salva, ovviamente, la previa notifica del precetto) senza dover attendere i quaranta giorni di dilazione concessi al debitore per pagare. In pratica, significa che il creditore potrà notificare, in uno con il decreto ingiuntivo, anche il precetto e che, scaduti i dieci giorni di tempo indicati nel precetto, potrà già procedere ad esecuzione forzata. Il debitore può comunque opporsi entro quaranta giorni, ma questa opposizione non bloccherà l’esecuzione.

Secondo la legge, l’esecuzione provvisoria può essere concessa dal giudice anche se vi è il concreto pericolo che dal ritardo possa derivare un pregiudizio per le ragioni del creditore (si pensi al creditore che abbia fretta di agire poiché il fallimento del debitore è imminente), ovvero se il ricorrente produce documentazione sottoscritta dal debitore, comprovante il diritto fatto valere (un riconoscimento del debito, in pratica). In queste ipotesi, il giudice può anche autorizzare l’esecuzione senza l’osservanza del termine di dieci giorni normalmente intimato con il precetto.

Quali atti si devono registrare?

Secondo la legge, tutti gli atti dell’autorità giudiziaria in materia di controversie civili che definiscono anche parzialmente il giudizio, i decreti ingiuntivi esecutivi ed i provvedimenti che dichiarano esecutivi i lodi arbitrali e le sentenze che dichiarano efficaci nello Stato sentenze straniere, sono soggetti all’imposta di registro (e, quindi, a registrazione presso l’Agenzia delle entrate), anche se al momento della registrazione siano stati impugnati o siano ancora impugnabili, salvo conguaglio o rimborso in base a successiva sentenza passata in giudicato.

Alla sentenza passata in giudicato sono equiparati l’atto di conciliazione giudiziale e l’atto di transazione stragiudiziale in cui è parte l’amministrazione dello Stato [4].

Chi deve registrare il decreto ingiuntivo?

Penso che oramai sia abbastanza chiaro cosa sia un decreto ingiuntivo e a cosa serva; affrontiamo ora l’argomento principale di questo articolo e vediamo chi deve registrare il decreto ingiuntivo presso l’Agenzia delle entrate. In realtà, il decreto ingiuntivo non deve essere registrato né dal debitore né dal creditore che ne ha chiesto l’emissione: il decreto ingiuntivo, infatti, una volta emanato, viene trasmesso dall’ufficio del giudice (dalla cancelleria, in pratica) all’Agenzia delle entrate per la determinazione dell’imposta di registro alla quale tale provvedimento è soggetto dal momento in cui diviene esecutivo.

Quando si deve registrare il decreto ingiuntivo?

Come abbiamo appena detto, è la cancelleria ad essere onerata della registrazione, cioè di curare l’invio dell’atto all’Agenzia delle entrate. Tale adempimento, ovviamente, è possibile solamente una volta che il decreto ingiuntivo sia stato emesso.

Dopo quanto tempo dall’emissione si deve provvedere alla registrazione? Il termine va da dieci giorni dalla pubblicazione o emanazione a massimo trenta giorni successivi per gli atti dell’autorità giudiziaria ordinaria o speciale che definiscono anche parzialmente un giudizio civile.

È invece di massimo sessanta giorni il termine per i decreti di trasferimento e gli atti nei quali il cancelliere interviene come ufficiale rogante, mentre è di massimo trenta giorni da quando sono divenuti definitivi per le sentenze e gli atti che recano una condanna al risarcimento del danno prodotto da fatti costituenti reato.

Decreto ingiuntivo: cos’è l’imposta di registro?

Il decreto ingiuntivo va registrato presso l’Agenzia delle entrate al fine di determinare l’imposta di registro che dovrà essere pagata quando diverrà esecutivo. Di conseguenza, come ricordato nei paragrafi precedenti, bisognerà distinguere a seconda che il decreto ingiuntivo sia o meno provvisto di provvisoria esecutività: nel primo caso, l’imposta potrà essere determinata praticamente fin da subito, cioè sin dall’emissione del provvedimento; nella seconda ipotesi, invece, occorrerà attendere l’esecutività, e cioè che siano trascorsi infruttuosamente i quaranta giorni dalla notifica.

Ma cos’è l’imposta di registro? Si tratta di un’imposta relativa all’atto, volta a tassare la ricchezza espressa nell’atto giudiziario stesso. Di conseguenza, l’imposta varierà a seconda del contenuto del provvedimento.

Possiamo dire che l’ammontare di suddetta imposta è determinato dal valore del bene o del diritto oggetto dell’atto: se l’atto non contiene un’indicazione di valore, l’importo dell’imposta viene determinato direttamente dall’Agenzia delle entrate. Gli atti che non hanno un contenuto patrimoniale, sono soggetti ad imposta in misura fissa.

Decreto ingiuntivo: a quanto ammonta l’imposta di registro?

Secondo la legge, per il decreto ingiuntivo esecutivo che condanna al pagamento di una somma di denaro soggetta ad iva, l’imposta di registro è determinata nella misura fissa di duecento euro; se, invece, il rapporto che ha dato origine all’emissione del decreto ingiuntivo non è soggetto ad Iva, allora l’imposta di registro sarà proporzionale al tre per cento. Ricorda che presupposto per l’assoggettamento ad imposta di registro è l’esecutività, non rilevando l’esecuzione in concreto (ossia l’apposizione formula esecutiva).

Decreto ingiuntivo: chi paga l’imposta di registro?

Domanda cruciale: chi deve pagare l’imposta di registro su un decreto ingiuntivo esecutivo? La risposta sembra ovvia: il debitore, poiché la sua condotta inadempiente è stata causa dell’emissione del provvedimento.

In realtà, non è proprio così: l’imposta di registro conseguente alla registrazione presso l’Agenzia delle entrate è dovuta in solido dal debitore e dal creditore. Cosa significa? Vuol dire che entrambi verranno chiamati dall’Agenzia delle entrate a versare la totalità dell’imposta, la quale dovrà essere pagata indifferentemente dall’uno o dall’altro: allo Stato, infatti, non interessa chi adempie, purché sia qualcuno a farlo.

Chi ha pagato, però, ha diritto a rivalersi nei confronti dell’altro: e così, accade che la maggior parte delle volte sia il creditore a pagare, per poi chiedere l’integrale rimborso al debitore.


note

[1] Art. 633 cod. proc. civ.

[2] Art. 634 cod. proc. civ.

[3] Art. 642 cod. proc. civ.

[4] Art. 37, decreto del Presidente della Repubblica n. 131 del 1986.


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