Chi, pur essendo disoccupato o dichiarando poco, compra una casa rischia l’accertamento fiscale. Vediamo come difendersi dal fisco
Il Fisco può disporre dei controlli a carico di chi ha una casa di proprietà e ne sostiene i costi di gestione, ma allo stesso tempo non ha un reddito adeguato a tali oneri o risulta addirittura disoccupato. Analogo discorso vale, a maggior ragione, per chi – pur essendo disoccupato – decida di comprare una casa. Attenzione, dunque, ad acquistare una casa o altri beni di lusso se si è disoccupati o se si dichiara poco all’Agenzia delle Entrate: in questi casi, infatti, è legittimo l’accertamento fiscale e non sarà così semplice, eventualmente, evitare le sanzioni sull’evasione presunta. Ma procediamo con ordine. Vediamo, dunque, cosa rischia chi, pur risultando disoccupato o dichiarando poco al fisco, abbia una casa di proprietà o decida di comprarne una e come difendersi dall’accertamento fiscale in questi casi.
Disoccupato con casa di proprietà: i controlli del fisco
A scanzo di equivoci, chiariamo innanzitutto un concetto di fondamentale importanza: nulla vieta che un disoccupato possa avere una casa di proprietà o possa decidere di comprarne una. Tuttavia, è verosimile che tale proprietà o un simile acquisto facciano scattare, prima o poi, il redditometro e, successivamente ad esso, l’Agenzia delle Entrate possa inviare un accertamento fiscale. Spieghiamo perché.
L’accertamento fiscale nei confronti dei contribuenti deriva da un sistema che usa l’Agenzia delle Entrate per valutare la congruenza degli acquisti con il reddito “denunciato” annualmente dal contribuente nella dichiarazione dei redditi: si chiama accertamento sintetico e si vale del cosiddetto redditometro. Il Fisco, tramite le entrate e le uscite, infatti, tiene sotto controllo il tenore di vita di tutti noi e quando le uscite diventano troppe rispetto alle entrate scattano gli accertamenti fiscali. Il ragionamento alla base di tutto è il seguente: ognuno di noi può spendere quanto guadagna. Detta in maniera semplice, l’Agenzia delle Entrate ragiona in questo modo: se “tanto” esce dal portafoglio, “tanto” deve anche entrare. Se, invece, gli acquisti sono superiori alle entrate di almeno il 20%, le possibilità che non si stia cercando di evadere le tasse non sono poi così tante: o stai ricevendo pagamenti in nero, oppure – del tutto lecitamente – hai vinto al gioco, o hai ricevuto donazioni. In questi due ultimi casi, però, è necessario fornirne adeguata prova. La dimostrazione, in particolare, dovrà essere documentale e contabile e non basata su una mera testimonianza.
Disoccupato con casa: come difendersi dal fisco
Alla luce di quanto detto, è evidente che in questi casi l’unico modo per difendersi dal fisco è dimostrare che il denaro per acquistare e, di seguito, pagare i costi di gestione di una casa proviene da un’altra persona, come il coniuge o altro familiare convivente. Di fatti, chi ha un reddito basso o, peggio, è senza lavoro difficilmente riuscirà ad acquistare una casa ed a sostenere le spese di un appartamento, pur piccolo che sia. Sostenere tali costi è possibile solo in due ipotesi: o con soldi ricevuti in regalo da terzi o con redditi che il contribuente tiene nascosti al fisco (ed ecco che scatta l’evasione). Pertanto, se il contribuente non riesce a dimostrare la prima circostanza, è inevitabile che l’Agenzia delle Entrate, prima o poi, disporrà un accertamento fiscale. In altre parole, il fisco presume ed imputa in capo al contribuente un reddito superiore a quanto da lui stesso dichiarato (vale a dire, il reddito necessario a comprare e a gestire i costi di una casa) e su di esso calcola ulteriori tasse con le relative sanzioni per l’evasione. Quindi gli notifica l’ordine di pagamento. Per difendersi, il contribuente non potrà semplicemente sostenere o far sostenere mediante una testimonianza che i soldi gli sono stati regalati da terzi, ma dovrà anche dimostrarlo. Come anticipato, tale dimostrazione non può avvenire con testimonianze – vietate nel processo tributario – ma unicamente tenendo traccia della provenienza del denaro, garantita ad esempio dai bonifici sul proprio conto corrente o da un assegno non trasferibile. Sbaglia quindi chi, per dimostrare gli aiuti economici da parte di terze persone, si fa rilasciare da questi ultimi delle dichiarazioni scritte che però non trovano corrispondenza poi nelle movimentazioni dei conti correnti bancari. Senza contare che, come detto, le dichiarazioni testimoniali – anche se scritte – non hanno alcun valore davanti alla Commissione Tributaria. In conclusione, dunque, in vista di donazioni e regali economicamente importanti è sempre importante optare per metodi di pagamento tracciabili.