Corte di Cassazione, sez. V Penale, sentenza 18 marzo – 5 aprile 2019, n. 15071
Presidente Sabeone – Relatore Scordamaglia
Ritenuto in fatto
1. Ve. An., per il tramite del difensore, ricorre avverso la sentenza della Corte di appello di Milano del 21 febbraio 2018, che ha confermato la sentenza del Tribunale di Busto Arsizio del 3 aprile 2017, emessa nei suoi confronti, in punto di declaratoria di responsabilità per il delitto di cui all’art. 617-bis cod.pen., commesso in pregiudizio della coniuge Me. Lu., con l’istallare all’interno del telefono cellulare a lei in uso uno spy-software idoneo ad intercettarne le comunicazioni telefoniche.
2. L’atto di impugnativa è affidato a due motivi – enunciati nei limiti necessari per la motivazione ai sensi dell’art. 173 disp.att. cod.proc.pen. -, che denunciano:
2.1. il vizio di violazione di legge, in relazione agli artt. 617-ò/s cod.pen. e 14 Preleggi cod.civ., e il vizio di motivazione, sul rilievo dell’applicazione analogica della norma incriminatrice in ragione dell’assimilazione all’ ‘apparato o allo strumento’ da essa contemplato del programma informatico installato all’interno del telefono cellulare della persona offesa;
2.2. il vizio di violazione di legge, in relazione agli artt. 49, 50 e 617-bis cod.pen., e il vizio di motivazione, essendo il fatto di reato scriminato dal consenso dell’avente diritto, posto che la destinataria delle intrusioni era stata informata dal figlio dell’istallazione del software sul proprio cellulare, e, perciò, non aveva, in concreto, subito alcuna lesione della propria libertà di comunicazione.
Considerato in diritto
Il ricorso è infondato.
1. Le Sezioni Unite di questa Corte, con la sentenza n. 26889 del 28/04/2016, Scurato, Rv. 266905, hanno spiegato che l’evoluzione tecnologica ha consentito di approntare strumenti informatici del tipo ‘software’, solitamente istallati in modo occulto su un telefono cellulare, un tablet o un PC, che consentono di captare tutto il traffico dei dati in arrivo o in partenza dal dispositivo e, quindi, anche le conversazioni telefoniche.
Ne viene che, al lume di tale autorevole interpretazione del diritto vivente, non è possibile dubitare dell’inclusione dei programmi informatici denominati ‘spy-software’ nella categoria degli “apparati, strumenti, parti di apparati o di strumenti” diretti all’intercettazione o all’impedimento di comunicazioni o conversazioni telegrafiche o telefoniche tra altre persone, di cui all’art. 617-bis, comma 1, cod.pen., venendo in rilievo una categoria aperta e dinamica, suscettibile di essere implementata per effetto delle innovazioni tecnologiche che, nel tempo, consentono di realizzare gli scopi vietati dalla legge. Da ciò deriva l’infondatezza del primo motivo.
2. Parimenti infondato è il secondo motivo. Appartiene al patrimonio condiviso di questa Corte l’enunciazione direttiva secondo la quale il reato previsto dall’art. 617-bis cod. pen. anticipa la tutela della riservatezza e della libertà delle comunicazioni mediante l’incriminazione di fatti prodromici all’effettiva lesione del bene, punendo l’installazione di apparati o di strumenti, ovvero di semplici parti di essi, per intercettare o impedire comunicazioni o conversazioni telefoniche; pertanto, ai fini della configurabilità del reato deve aversi riguardo alla sola attività di installazione e non a quella successiva dell’intercettazione o impedimento delle altrui comunicazioni, che rileva solo come fine della condotta, con la conseguenza che il reato si consuma anche se gli apparecchi installati, fuori dall’ipotesi di una loro inidoneità assoluta, non abbiano funzionato o non siano stati attivati (Sez. 2, n. 37710 del 24/09/2008, Pariota, Rv. 241456; nello stesso senso: Sez. 5, n. 37557 del 12/05/2015, Sinisi, Rv. 265789; Sez. 5, n. 3061 del 14/12/2010 – dep. 27/01/2011, Mazza, Rv. 249508). Ne viene che le deduzioni difensive in ordine all’eventuale esistenza del consenso all’intrusione, desumibile dal comportamento inerte della detentrice del telefono cellulare interessato dal software, ed in ordine all’assenza di un’effettiva lesione della libertà delle comunicazioni della destinataria delle condotte intrusive sono prive di rilievo, perché si riferiscono ad una situazione – la captazione delle comunicazioni telefoniche – che rappresenta un post-factum rispetto al momento di consumazione del reato, coincidente con l’installazione del software.
3. S’impone, dunque, il rigetto del ricorso con conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali, nonché alla rifusione delle spese in favore della sola Me. Lu., che liquida in complessivi Euro 2.500,00 oltre accessori di legge.
4. Con riguardo al profilo delle statuizioni civili, è d’uopo precisare che nulla è dovuto a Ve. Amedeo, che pure ha fatto richiesta di liquidazione delle spese del presente grado di giudizio, non figurandovi come parte resistente: egli, infatti, ha assunto la veste di parte offesa, costituita parte civile, in relazione al solo delitto di cui all’art. 617-quinquies cod.pen. (capo 2 della contestazione), rispetto al quale, tuttavia, la Corte territoriale, all’esito del giudizio di appello, ha dichiarato non doversi procedere nei confronti dell’imputato per essere il reato estinto per intervenuta prescrizione
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali, nonché alla rifusione delle spese in favore della sola Me. Lu., che liquida in complessivi Euro 2.500,00 oltre accessori di legge.
Grazie mille per queste informazioni. Mio marito era diventato sospettoso, si ingelosiva di tutti quelli che mi stavano intorno. Ci siamo sposati da un anno e siamo entrambi giovanissimi. Ecco lui è sempre stato un tipo geloso, ma si dice che dopo il matrimonio la gelosia si placa. Abbiamo promesso amore per tutta la vita, non puoi essere così ansioso e geloso di tutti quelli che mi si avvicinano. Stavolta, però ci aveva preso. Mi sono invaghita di un suo collega. Ho cercato di sopprimere la cosa. Un bel giorno lui passa da casa per cercare mio marito, ma lui era uscito e allora io imbarazzatissima gli ho offerto il caffè e gli ho detto che se voleva poteva aspettarlo. Ecco, avrei dovuto cucirmi la bocca. Mi ruba un bacio, mio marito bussa alla porta e niente faccio finta di nulla. Si è accorto del feeling. Poi, sospettoso inizia a chiedermi di cosa avevamo parlato ecc. Nei giorni successivi, ripeteva sempre le stesse cose. Poi, improvvisamente si calma. pensavo gli fosse passata. Un bel giorno, facendo le pulizie, scopro che mi aveva messo un registratore in casa… Sono andata su tutte le furie. Ora, ovviamente non stiamo più insieme e ho iniziato una relazione con il suo collega. Per adesso, non siamo usciti allo scoperto.
I sospetti di tuo marito erano fondati infatti ora stai con il collega.
Sapevo che la mia ex fidanzata fosse gelosa, ma poi ho scoperto che era una pazza psicopatica. Un bel giorno, quando sono andato in bagno, ha preso il mio cellulare ed ha installato un programma spia. Non l’ho denunciata perché mi ha fatto davvero tanta pena, ma l’ho lasciata dicendole: tu sai perfettamente il motivo della nostra rottura, non cercarmi più, non contattarmi più né sul cellulare, né sui social, non presentarti né a casa né a lavoro, altrimenti è la volta buona che ti denuncio.
Io uso una app spia per mio figlio minore di 12 anni, le ho fatto firmare il consenso, sono deltro la legalità?
Se lo ho fatto è per un motivo ben preciso. Il genitore di un suo compagno era entrato in contatto con un perdofilo e mi ha avvisato. Senza app spia non riuscivo a trovare niente perche cancellava e cambiava account. Con la spy app ho potuto reperire materiale da depisitare nella denuncia. Se non fosse stato per la spy app probabilmente mio figlio si sarebbe pure incontrato con un pedofilo. Il mio legale mi ha detto che con il consenso del figlio minore non è reato spiare il telefono con una spy app, si sbaglia?