Shopping compulsivo: patologia che causa l’addebito nella separazione


Ciascuno dei due coniugi deve destinare, parte dei propri guadagni, ai bisogni della famiglia, non potendoli spendere tutti per sé.
Vietato spendere tutto per sé quel che si guadagna. Ciascuno dei due coniugi deve contribuire ai bisogni della famiglia in proporzione alle proprie capacità di lavoro e professionali. Pertanto, l’eventuale separazione è addebitabile a chi, preda di shopping compulsivo, privi il resto della famiglia della propria parte di contribuzione economica e obblighi l’altro coniuge a provvedere da sé all’intero ménage. Lo ha deciso il Tribunale di Roma in una recente sentenza [1].
A inchiodare la moglie spendacciona sono gli estratti conto della carta di credito, le ricevute dei bancomat e gli addebiti sul conto del marito. La donna che non spende un euro per la casa e per i propri figli, ma pensa solo alle boutique femminili, visitate con costante frequenza, subisce l’addebito nella causa di separazione promossa dal marito.
La moglie ora dovrà pagare un altro conto salato: quello delle spese di lite imposta dal tribunale.
note
[1] Cass. sent. n. 7524 del 9.04.2013.