Contanti: cosa succede se la finanza fa un controllo a casa e trova una cassaforte o soldi sotto il materasso?
Parliamoci chiaro: a molta gente non interessa sapere se un determinato comportamento è lecito o meno, quanto piuttosto la possibilità di essere scoperti in caso di violazione della legge. In buona sostanza, ciò che importa non è la legalità in sé ma il rischio di una punizione.
Proprio quando si parla di soldi, di fisco e di contanti affiora sempre il tema dei controlli. Ed è per questo che, storicamente, l’italiano ha sempre preferito il materasso. Anche in un’epoca in cui non esisteva ancora l’Anagrafe dei conti correnti e vigeva il principio del segreto bancario, la casa era considerata il miglior rifugio dall’invidia del paese, dalla finanza e delle altre autorità pubbliche. Di qui la convinzione che chi ha soldi nel cassetto deve per forza nascondere qualcosa. Facile quindi chiedersi se tenere soldi in casa è legale.
A questo punto, ricollegandoci a quanto dicevamo in apertura, potremmo anche elencare le criticità che possono affiorare in caso di controlli, dinanzi a un tesoretto custodito sotto il materasso: spiegare la provenienza di una cospicua somma di contanti potrebbe essere problematico per chiunque. Ma ci sarebbe subito dopo da chiedersi quante sono le possibilità di una visita da parte del fisco o della polizia.
Ne parleremo meglio in questo articolo. Spiegheremo innanzitutto se è legale tenere soldi in casa, alla luce della recente guerra che il nostro ordinamento ha dichiarato ai contanti: contanti considerati come sinonimo di evasione. In secondo luogo ci occuperemo degli accessi della finanza presso l’abitazione privata e di come giustificare il denaro trovato in cassaforte o sotto una mattonella. Ma procediamo con ordine.
Indice
È legale tenere contanti?
In generale tenere soldi contanti non è illegale. L’illecito scatta solo quando questo denaro viene scambiato tra due persone per importi superiori a 2.999,99 euro. A prescindere dallo scopo per il quale avviene la consegna del denaro (sia esso una vendita, una donazione, un prestito o la restituzione di un prestito), tutti i movimenti superiori a tremila euro devono avvenire con strumenti tracciabili come bancomat, carte di credito, bonifici, assegni non trasferibili. Se si tratta di una vendita di gioielli presso un Compro oro, il limite dei contanti scende a 499,99 euro; da 500 euro in poi non si può essere pagati in contanti.
Tenere contanti in tasca non è quindi sinonimo di un illecito fiscale o di un reato. Tuttavia è chiaro che tanto maggiore è la somma, tanto superiore sarà il sospetto che essa potrà generare nelle autorità in caso di controllo. Una persona con 20mila euro in una valigia dentro l’auto, senza che vi sia, sul conto corrente, traccia di un prelievo o una fattura di corrispondente importo, dovrà spiegare da dove proviene il denaro e lo scopo della sua circolazione.
Allo stesso modo, il famigerato articolo 36 del Testo Unico sulle Imposte sui redditi stabilisce che anche i versamenti di contanti sul conto corrente danno vita a una “presunzione” a favore del fisco: in buona sostanza l’Agenzia delle Entrate può ritenere che si tratti di importi evasi al fisco se non ne viene dimostrata la provenienza. Il che significa che il contribuente deve avere una prova documentale della fonte (lecita) del denaro: fonte che deve essere esente o già tassata (si pensi a un risarcimento o una vincita alle scommesse).
È legale tenere contanti in casa?
Custodire una cassetta di sicurezza in casa, al cui interno conservare le banconote, è sicuramente legale. Difficilmente la Guardia di Finanza potrebbe chiedere spiegazioni per importi di basso valore, presumibilmente riconducibili a risparmi o a regali. Del resto, il Testo Unico bancario fa scattare la presunzione di “nero” solo per i contanti depositati sul conto corrente e non per quelli detenuti in casa. Ciò significa che, in questa seconda ipotesi, è l’ufficio delle imposte ad assumersi l’onere di provare l’irregolarità commessa dal contribuente.
Ma la prova, come noto, può anche essere costituita da «indizi» (le cosiddette “presunzioni gravi, precise e concordanti”). Ed è indiscutibile che un anziano, che riceve mensilmente una pensione di 800 euro, potrebbe generare più di un sospetto se possiede a casa lingotti d’oro o diverse decine di migliaia di euro in contanti. A quel punto l’indizio diventa prova e sarà lui a dover giustificare la fonte del denaro.
Ecco perché, in questi casi, atteso che le prove contro l’ufficio delle imposte possono essere solo documentali, bisognerà conservare tutti gli atti o le movimentazioni bancarie che giustificano la presenta di così tanto contante a casa. Sempre ammesso di averle.
Che possibilità c’è di un controllo a casa?
Hai mai pensato a cosa faresti se, sul più bello, la Guardia di Finanza suonasse al campanello di casa tua? Se non hai nulla da nascondere, probabilmente, prepareresti il caffè. Diversamente potresti cercare una scusa per ritardare l’accesso, magari dicendo che il padrone di casa non c’è.
La legge vuole che le ispezioni a casa possono avvenire solo in presenza del titolare del domicilio e previa esibizione di mandato da parte del giudice. Ed attenzione: l’autorizzazione della Procura della Repubblica può essere data solo se ci sono gravi indizi di evasione fiscale. Dunque, a meno che non hai lasciato intorno a te le “tracce” del denaro contante, difficilmente potrai vedere le fiamme gialle al citofono. Peraltro hai sempre diritto di chiedere di visionare l’ordine di accesso e, in caso l’ufficiale non ne sia munito, impedire l’ingresso a casa tua.
Peraltro, se la finanza vuol controllare cosa hai in casa deve presentare alla Procura una istanza ben motivata; non può cioè essere generica. Ci devono essere “gravi indizi di violazioni delle norme tributarie”. Insomma l’accesso nella dimora non può essere mai disposto se prima la Gdf non ha raccolto, in altro modo, altre prove o forti sospetti di evasione fiscale. Cosa che potrebbe succedere, ad esempio, se all’interno del locale adibito al lavoro dovessero mancare i registri della contabilità o i documenti informatici con la lista dei clienti.
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