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Suore e preti possono chiedere il reddito di cittadinanza?

17 Giugno 2019 | Autore:
Suore e preti possono chiedere il reddito di cittadinanza?

Diritto di percepire il Reddito o la Pensione di cittadinanza per i sacerdoti, i frati e le suore: in quali casi si ha diritto al sussidio e qual è il nucleo familiare?

Il Reddito di cittadinanza, ossia il nuovo sussidio riconosciuto a chi si trova in una situazione di bisogno economico, spetta, in astratto, alla generalità dei cittadini. In altre parole, non ci sono categorie di persone esplicitamente escluse dal Reddito di cittadinanza, ma la legge [1] si limita a prevedere la sospensione dal beneficio per alcune limitate categorie: si tratta di chi si è dimesso nei 12 mesi che precedono la domanda di sussidio, di chi è ricoverato a carico dello Stato, o di chi ha subito condanne per determinati reati o misure cautelari personali. Requisiti particolari relativi alla residenza sono poi previsti per gli stranieri.

Considerando, dunque, che non ci sono delle categorie escluse a priori dal sussidio, suore e preti possono chiedere il Reddito di cittadinanza, ed eventualmente la pensione di cittadinanza? Per dare una risposta a questa domanda, bisogna innanzitutto capire se i sacerdoti, i frati e le suore hanno un reddito, e se possono risultare intestatari di beni immobili e mobili.

Ha diritto al Reddito di cittadinanza, difatti, chi si trova al di sotto di specifiche soglie di reddito, possiede beni immobili per un valore non superiore a 30mila euro (esclusa l’abitazione principale) e beni immobili (conti, carte, etc.) per un valore non superiore a 6mila euro. Inoltre, non è possibile possedere autoveicoli immatricolati da meno di 6 mesi, o con cilindrata superiore a 1.600 cc e motoveicoli immatricolati nei 2 anni precedenti, o con cilindrata superiore a 250 cc; sono fatti salvi i soli veicoli per disabili.

Bisogna poi comprendere qual è il nucleo familiare, ai fini Isee e del reddito di cittadinanza, di preti e suore. Ma procediamo con ordine.

I sacerdoti hanno diritto allo stipendio?

La remunerazione dei sacerdoti è erogata dall’Istituto centrale per il sostentamento del clero (Icsc) [2]: si tratta di un organo della Cei il cui compito è quello di gestire tutti gli stipendi di preti, parroci, cardinali, vescovi.

I sacerdoti possono poi essere remunerati, come qualsiasi lavoratore, per lo svolgimento di eventuali incarichi speciali (ad esempio presso enti come ospedali e caserme) o di un’attività lavorativa.

Ma come funziona, nel concreto, il pagamento dei sacerdoti?

Il meccanismo è semplice:

  • ogni anno, la Conferenza episcopale italiana stabilisce una soglia di reddito che i preti devono poter ricevere;
  • al raggiungimento del livello di reddito minimo contribuiscono tutte le entrate del sacerdote, che deve comunicare i redditi percepiti all’Istituto locale competente;
  • l’Istituto centrale, verificata la situazione reddituale, se necessario integra il reddito con un contributo che permette al sacerdote il raggiungimento della soglia minima Cei.

A quanto ammonta il reddito minimo dei preti?

Qual è l’ammontare della soglia minima Cei? Per i sacerdoti diocesani, la remunerazione complessiva può andare da un minimo di circa mille euro ad un massimo di circa 1.900 euro lordi mensili per 12 mensilità. Le soglie sono più elevate per vescovi e cardinali.

In sostanza, la soglia minima ha un funzionamento molto simile a quello del Reddito di cittadinanza, in quanto:

  • è previsto un reddito minimo garantito;
  • se il reddito personale percepito è inferiore alla soglia minima, il reddito è integrato sino alla soglia Cei.

In base a quanto osservato, è chiaro che i sacerdoti non hanno diritto al Reddito di cittadinanza, in quanto aventi diritto a un differente reddito minimo garantito.

Suore e frati hanno diritto al Reddito di cittadinanza?

La soglia di reddito Cei, invece, non trova applicazione nei confronti di frati e suore, il cui unico guadagno può essere eventualmente rappresentato dai compensi derivanti dall’attività lavorativa. Di conseguenza, se al di sotto delle soglie di reddito richieste per il diritto al reddito o alla pensione di cittadinanza, frati e suore possono avere diritto al sussidio.

Vero è che per aver diritto al reddito di cittadinanza è necessario rispettare specifici requisiti patrimoniali: a questo proposito, però, giova ricordare che il diritto canonico prevede, in base alla natura dell’istituto, la rinuncia radicale ai propri beni al momento della professione.

A seguito della rinuncia, il professo (sempre secondo il diritto canonico) perde la capacità di acquistare e di possedere i beni eventualmente ricevuti in seguito, che vanno all’istituto.

Qual è il nucleo familiare per preti e suore ai fini del Reddito di cittadinanza?

Se il religioso risiede all’interno di una convivenza anagrafica, il nucleo familiare da considerare ai fini Isee, e quindi anche ai fini del reddito o della pensione di cittadinanza, può variare a seconda della situazione personale.

In particolare, chi si trova nella situazione di convivenza anagrafica:

  • nella generalità dei casi è considerato nucleo a sé stante;
  • se risulta a carico di un familiare, fa parte del nucleo di chi lo ha a carico ai fini Irpef.

I preti hanno diritto alla pensione?

I sacerdoti hanno diritto alla pensione, erogata da un particolare fondo dell’Inps, il fondo Clero. La gestione previdenziale è finanziata da un contributo fisso, e il trattamento si aggira intorno ai 500 euro mensili netti. Vero è che quasi il 74% dei sacerdoti ha anche un’altra pensione: in questo caso, però, la pensione erogata dal Fondo clero subisce una decurtazione pari a un terzo.

Il sacerdote che fa nucleo familiare a sé, ed ha quale unico reddito una sola pensione inferiore a 630 euro mensili (o a 780 euro, se paga il mutuo o l’affitto), può dunque beneficiare dell’integrazione offerta dalla Pensione di cittadinanza.


note

[1] DL 4/2011.

[2] Art.5 DPR 223/1989.


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