Questo sito contribuisce alla audience di
Diritto e Fisco | Articoli

Responsabilità amministratore condominio e risarcimento danni

13 Maggio 2022
Responsabilità amministratore condominio e risarcimento danni

Per poter agire con un’azione di responsabilità e risarcimento, il condominio deve dimostrare di aver subito un effettivo danno dalla condotta illecita dell’amministratore.

La gestione fatta dall’amministratore del condominio in cui vivi non ti soddisfa affatto. Ritieni che il professionista, nominato a suo tempo dall’assemblea, si sia macchiato di gravi inadempienze, abbia commesso delle irregolarità nella ripartizione e gestione delle quote condominiali, abbia omesso la cura e la manutenzione delle parti comuni dell’edificio, si sia disinteressato di attuare le delibere approvate dai condomini, non abbia tenuto una contabilità ordinata e corretta. Tutto ciò, a tuo dire, configura una responsabilità che ne potrebbe determinare l’immediata revoca in tronco. È anche tuo interesse, però, chiedergli i danni per la mala gestio e fargli pagare tutti i problemi che, sino ad oggi, avete dovuto sopportare. Numerose però sono le domande che ti poni prima di agire. Innanzitutto: chi deve far valere la responsabilità dell’amministratore, il condominio (ossia l’assemblea) o anche il singolo condomino? Si tratta di una responsabilità civile, penale o amministrativa? Che possibilità c’è di ottenere il risarcimento? A tutte queste domande ha risposto, in svariate occasioni, la giurisprudenza tratteggiando così i limiti e i confini della responsabilità dell’amministratore di condominio e il risarcimento danni.

Abbiamo cercato di racchiudere, in questa guida, le principali pronunce uscite fuori dalle aule di tribunale, per spiegare in modo semplice e pratico cosa fare nel caso si ravvisino violazioni dei doveri professionali, civili, amministrativi o penali dell’amministratore di condominio. Procediamo dunque per gradi.

La responsabilità civile dell’amministratore di condominio

L’amministratore ha una responsabilità civile tutte le volte in cui viola i doveri che il Codice civile gli attribuisce. Doveri che riguardano lo svolgimento del proprio incarico di gestione e amministrazione, la tenuta della contabilità, i rapporti con eventuali dipendenti e fornitori del condominio, la tenuta dei bilanci, delle scritture e degli adempimenti fiscali, contributivi e previdenziali, la riscossione e gestione delle quote condominiali, la custodia del conto corrente condominiale.

La violazione di tali compiti implica due conseguenze:

  • la revoca in tronco dall’incarico (senza ovviamente pagamento di penalità);
  • il risarcimento del danno. Come vedremo a breve, tale effetto non è automatico: per ottenere l’indennizzo è necessario dimostrare che il condominio ha subito un danno dalla mala gestio.

Ecco un elenco dei compiti dell’amministratore la cui violazione implica la responsabilità civile:

  • mancata esecuzione delle delibere dell’assemblea dei condomini;
  • mancata convocazione dell’assemblea almeno una volta all’anno per l’approvazione del rendiconto condominiale entro 180 giorni dalla chiusura esercizio; omessa convocazione dell’assemblea ordinaria annualmente e la straordinaria se necessario o su richiesta dei condomini;
  • violazioni nella cura della contabilità condominiale e nella redazione del registro di contabilità;
  • inadempienze nel far rispettare il regolamento di condominio a tutti i condomini;
  • omessa riscossione dei contributi condominiali;
  • omesso pagamento delle spese necessarie alla manutenzione ordinaria delle parti comuni dell’edificio e per l’esercizio dei servizi comuni;
  • inadempienze nel recupero forzoso delle somme dovute dai morosi entro sei mesi dalla chiusura dell’esercizio;
  • omesso compimento degli atti conservativi relativi alle parti comuni dell’edificio;
  • disinteresse nella tenuta del registro di anagrafe condominiale, del registro dei verbali delle assemblee, del registro di nomina e revoca dell’amministratore; nella conservazione di tutta la documentazione inerente alla propria gestione;
  • omessa esibizione ai condomini che ne facciano richiesta della documentazione condominiale e delle attestazioni relative allo stato dei pagamenti degli oneri condominiali e delle eventuali liti in corso;
  • omessa esecuzione dei lavori di manutenzione straordinaria urgenti;
  • omissioni fiscali e contributive;
  • violazioni nella tenuta del conto corrente condominiale, commistione di somme e utilizzo delle stesse per spese personali;
  • violazioni sulla privacy dei condomini;
  • mancato esercizio delle azioni legali a tutela dei beni del condominio.

La responsabilità dell’amministratore non richiede la malafede (dolo): è sufficiente anche un atto commesso per colpa, incuria, distrazione, inerzia.

Richiesta risarcimento del danno all’amministratore per responsabilità

Il principio generale del processo civile è che, anche in presenza di un illecito, è impossibile agire contro il responsabile se non si dimostra, oltre alla condotta illegittima, anche il conseguente danno che è scaturito da questa. In pratica, non è ammessa tutela giudiziale se non c’è un effettivo, concreto e attuale pregiudizio economico. Ciò vale anche per il condominio che intende agire contro l’amministratore per responsabilità professionale e violazione dei propri doveri.

Il tribunale di Roma [1] ha chiarito che «La responsabilità dell’amministratore di condominio, convenuto in giudizio per presunti ammanchi e malversazioni nei conti condominiali, non comporta la condanna al risarcimento di un danno di per sé, ma deve necessariamente avere comportato un concreto pregiudizio patrimoniale al condominio stesso».

In pratica, il risarcimento è tutt’altro che scontato e non scaturisce automaticamente dalla violazione di una norma di legge. Anche in caso di non perfetta esecuzione degli obblighi previsti dal contratto dell’amministratore di condominio, infatti, ai fini di ottenere un risarcimento è necessario che l’inadempimento si sia tradotto in un pregiudizio a carico del condominio.

Quali possono essere i danni che il condomino può invocare per portare avanti l’azione di responsabilità contro l’amministratore? Ecco alcuni esempi:

  • l’interruzione delle somministrazioni di acqua, luce, gas o dei servizi di ascensori o portineria in caso di mancato pagamento delle fatture o di omessa riscossione delle quote condominiali che abbiano comportato ammanchi di cassa;
  • difficoltà nel passaggio di consegne tra il nuovo e il vecchio amministratore se quest’ultimo si è rifiutato di consegnare la documentazione e ciò abbia portato a un ritardo nell’adempimento degli obblighi condominiali;
  • l’addebito di spese legali o interessi da parte dei creditori del condominio al quale l’amministratore colpevole non abbia pagato le fatture;
  • ritardi nei versamenti dei contributi al portiere che possano cagionare sanzioni amministrative al condominio;
  • sanzioni di natura tributaria per violazioni fiscali;
  • ammanchi di cassa nel conto corrente a seguito di non corretta gestione degli incassi e delle spese;
  • mancanza di corretta illuminazione delle scale;
  • presenza di ghiaccio o altra insidia nel cortile o nelle zone di passaggio;
  • caduta di neve dal tetto con danni a persone e veicoli;
  • lesioni per cadute dovute alla presenza di acqua sulle scale, durante le pulizie delle parti comuni.

La polizza assicurativa dell’amministratore è obbligatoria?

L’amministratore non è tenuto ad avere una polizza professionale che copra da eventuali responsabilità. Tuttavia, il Codice civile stabilisce che l’assemblea può subordinare la nomina dell’amministratore alla presentazione ai condomini di una polizza individuale di assicurazione per la responsabilità civile per gli atti compiuti nell’esercizio del mandato. In tal caso l’amministratore è tenuto ad adeguare i massimali della polizza se durante l’incarico l’assemblea deliberi lavori straordinari. Tale adeguamento non deve essere però inferiore all’importo di spesa deliberato e deve essere effettuato contestualmente all’inizio dei lavori.

Chi deve promuovere l’azione di responsabilità contro l’amministratore?

L’azione di responsabilità contro l’amministratore uscente può essere proposta sia dal condominio, nella veste del nuovo amministratore, oppure dal singolo condomino che ne abbia interesse e che ritiene di aver subito un danno dai comportamenti negligenti o dolosi di quest’ultimo.

Se però è intervenuta una delibera dell’assemblea che abbia approvato l’operato dell’amministratore stesso, il singolo che abbia dato voto favorevole non può più agire.

La responsabilità penale dell’amministratore di condominio 

Esistono una serie di ipotesi in cui l’amministratore può essere responsabile della commissione di reati e imputabile in un processo penale. Pensa al caso di:

  • pubblicazione sulla bacheca condominiale di informazioni riservate (come lo stato di morosità di uno dei condomini);
  • violazione di domicilio (ispezioni arbitrarie nelle unità immobiliari private dei vari condomini);
  • interruzione arbitraria dell’acqua o del riscaldamento nei confronti di un condomino;
  • appropriazione indebita di somme del condominio;
  • iniziative arbitrarie su beni condominiali con conseguente danneggiamento (rimozione di manufatti; di antenne);
  • diffamazione e minacce, nei confronti soprattutto di singoli condomini, spesso in assemblea;
  • mancata manutenzione, conservazione e vigilanza dell’edificio, con conseguenti situazioni di pericolo e crolli delle strutture condominiali (cornicioni, balconi, facciata, ecc.) che abbiano creato gravi danni o lesioni ai condomini o ai terzi;
  • mancata manutenzione o omesso adeguamento degli impianti condominiali (elettrici, ascensoristici, d’automazione, antincendio, ecc.) alla normativa di settore;
  • mancata esecuzione di un ordine di un’autorità amministrativa (ad es. il sindaco);
  • mancata esecuzione di un ordine del giudice (ad esempio l’ordine di esibizione della documentazione condominiale al proprietario che ne faccia richiesta).

La responsabilità penale comporta sempre l’applicazione della pena, come sanzione nei confronti dello Stato, oltre ovviamente all’eventuale risarcimento del danno nei confronti del condominio che abbia dimostrato (anche in questo caso) di aver subito un concreto pregiudizio.

La responsabilità amministrativa dell’amministratore di condominio 

Eventuali violazioni della normativa lavoristica, fiscale e previdenziale comportano delle sanzioni amministrative in capo all’amministratore che, ovviamente, ne risponde in proprio e non certo con le casse del condominio.

La condotta del professionista per essere passibile di censura, così da costituire titolo per un addebito economico di tipo risarcitorio, deve rispondere ai presupposti prescritti dall’articolo 1223 Codice civile, a mente del quale: «Il risarcimento del danno per l’inadempimento o per il ritardo deve comprendere così la perdita subita dal creditore come il mancato guadagno, in quanto ne siano conseguenza immediata e diretta».

La responsabilità dell’amministratore di condominio – così, infine, soggiunge il decidente – non può affermarsi per il solo fatto del suo non corretto adempimento dell’attività, occorrendo verificare se il danno lamentato sia riconducibile alla relativa condotta, se un danno vi sia stato effettivamente e infine se, ove questi avesse tenuto il comportamento dovuto, il condominio avrebbe evitato il pregiudizio lamentato, difettando, altrimenti, la prova del necessario nesso eziologico tra la condotta del professionista, commissiva o omissiva ed il risultato derivatone.

I condòmini non possono limitarsi a contestare genericamente gli inadempimenti del mandato dell’amministratore, omettendo di provare le conseguenze patrimoniali ad essi sfavorevoli discese dalle addotte violazioni.


note

[1] Trib. Roma, sent. del 26.04.2019.

Autore immagine: 123rf com

Tribunale di Roma, sentenza 23 – 26 aprile 2019

Giudice D’Avino

Svolgimento del processo

Con atto di citazione notificato in data 12.12.2011, il Condominio nell’edificio di Via A. N. n. 138, in R., in persona dell’attuale amministratore pro tempore, ha convenuto in giudizio, innanzi l’intestato Tribunale, l’ex amministratore (dimessosi dall’incarico -assunto il 4.4.2006 – e sostituito dall’assemblea nell’aprile 2011), per accertarne le gravi responsabilità contrattuali o i gravi illeciti extracontrattuali (omessa convocazione di assemblee condominiali ordinari e straordinarie; omesso rendimento di conti consuntivi; omesso rendimento del conto dell’avanzo attivo di cassa; omessa esecuzione di deliberazioni assembleari assunte precedentemente al conferimento dell’incarico e relative alla costituzione del fondo lavori urgenti e necessari per la scala B e alla richiesta di passo carrabile; omesso pagamento dei contributi previdenziali per il portiere dello stabile e di fornitori – come l’impresa che cura la manutenzione degli ascensori -; incompiutezza delle consegne rese al nuovo amministratore; inerzia nella riscossione degli oneri gravanti sui singoli condòmini, nella contabilizzazione di quelli, invece, incassati e nel recupero coattivo nei confronti dei morosi; inerzia, altresì, nelle iniziative necessarie per la risoluzione di controversie e questioni di vicinato e abuso delle cose comuni – come nel caso della installazione dei motori di un impianto di condizionamento di un esercizio commerciale all’interno di una chiostrina del fabbricato -), e ottenerne, perciò, la condanna al risarcimento di tutti i danni cagionati (da quantificarsi nella complessiva somma di Euro 52.000,00 o nella misura, comunque, diversa, ritenuta di giustizia).

Ritualmente evocato in giudizio, il convenuto si è costituito con comparsa di risposta depositata il 9.3.2012 (udienza di prima comparizione fissata, ex art. 168-bis, quinto comma, cod. proc. civ., per il successivo 4.4.2012), eccependo, in rito, la nullità della procura e resistendo, nel merito, alle avverse domande, sulla contestazione degli addebiti di appropriazione indebita e di negligenza nell’adempimento dell’incarico (oltre che della genericità e infondatezza della richiesta risarcitoria) e, nel contempo, sul rilievo della documentazione asseverante il puntuale adempimento degli obblighi inerenti la convocazione dell’assemblea, la tenuta della contabilità (sia in entrata che in uscita e sia preventiva che consuntiva) e la relativa approvazione assembleare, nonché la compiutezza delle rese consegne e la cura avuta nel dare seguito alle necessarie iniziative a tutela sia dei condòmini sia delle cose comuni.

Scambiate le memorie ex art. 183, sesto comma, cod. proc. civ.; acquisite le rispettive produzioni documentali; affidato un incarico di consulenza contabile d’ufficio e precisate le conclusioni definitive all’udienza in epigrafe indicata, la causa viene in decisione dopo la scadenza dell’assegnato termine di legge per il deposito di comparse conclusionali e memorie di replica.

Motivi della decisione

Le domande proposte dal Condominio nell’edificio di Via A. N. n. 138 contro il precedente amministratore oramai cessato dalla carica possono essere accolte soltanto in minima parte.

par.1. E invero, anzitutto, si deve ricordare che l’art. 1131 cod. civ. conferisce una rappresentanza di diritto all’amministratore, il quale è legittimato ad agire (e a resistere) in giudizio (nonché a proporre impugnazione) senza alcuna autorizzazione, nei limiti delle attribuzioni stabilite dall’art. 1130 cod. civ., quando si tratti: a) di eseguire le deliberazioni dell’assemblea e di curare l’osservanza dei regolamenti di condominio; b) di disciplinare l’uso delle cose comuni, così da assicurarne il miglior godimento a tutti i condomini; c) di compiere, altresì, gli atti conservativi dei diritti inerenti alle parti comuni dell’edificio; d) di riscuotere, infine, dai condomini inadempienti il pagamento dei contributi determinati in base allo stato di ripartizione approvato dall’assemblea.

Pertanto, non solo una controversia riguardante i crediti contestati del precedente amministratore (cfr. Cass., 21 maggio 2018, n. 12525, e Cass., 31 gennaio 2011, n. 2179) esula da tutti e quattro i casi di legittimazione ex lege, ma neanche una controversia, intentata dallo stesso condominio, per ottenere dal precedente amministratore (non già la mera restituzione dei documenti occorrenti per il regolare esercizio della gestione del condominio medesimo, siccome assolutamente indispensabile alla stessa – cfr. Cass., 3 dicembre 1999, n. 13504 -, ma) il rendiconto (di tutta o parte) della cessata gestione e il risarcimento dei danni da pretesi inadempimenti del relativo mandato rientra, almeno, nella categoria sub c), che comprende sia gli atti (cautelari e risarcitori) necessari a evitare pregiudizi a questa o a quella parte comune, ma anche analoghi atti rivolti alla salvaguardia dei diritti concernenti l’edificio condominiale unitariamente considerato (senza, tuttavia, incidere sulla condizione giuridica dei beni cui gli atti stessi si riferiscono).

Sennonché, nella fattispecie, l’assemblea condominiale del 27.6.2011 ha dato, all’unanimità, mandato all’attuale difensore di “procedere sia penalmente che civilmente nei confronti del sig. G.S.”.

par.2. In secondo luogo e nel merito, com’è noto (cfr. Cass. Sez. Un., 8 aprile 2008, n. 9148), quello dell’amministratore di condominio è un ufficio di diritto privato, assimilabile a un incarico gestorio con rappresentanza assunto su mandato collettivo, con la conseguente applicabilità, nei rapporti tra l’amministratore mandatario e ciascuno dei condòmini mandanti, delle disposizioni delle quali agli artt. 1703 – 1730 cod. civ. (per gli aspetti dell’incarico medesimo, beninteso, non già appositamente disciplinati dall’art. 1129 cod. civ. e – di rimando a esso – dall’art. 1130 cod. civ.) e, in particolare, di quelle che impongono al mandatario di eseguire l’incarico ricevuto con la diligenza del buon padre di famiglia; di comunicare senza ritardo l’esecuzione dello stesso e, alla scadenza del rapporto (ovvero alla revoca dell’incarico o all’atto dell’accertamento dell’impossibilità di portarlo a compimento o, addirittura, di eseguirlo tout court), di rendere il conto del suo operato e di restituire tutto ciò che ha ricevuto a causa del mandato (nonché gli vietano di eccedere i limiti di quest’ultimo – pena la responsabilità personale per l’atto esorbitante compiuto – e di discostarsi dalle istruzioni ricevute, salvo il caso di circostanze non note e preventivamente riferibili, che facciano presumere l’approvazione della diversa scelta: cfr. artt. 1710 – 1713 cod. civ.).

In particolare, “l’obbligo di rendiconto è legittimamente adempiuto quando chi vi sia tenuto fornisca la prova, attraverso i necessari documenti giustificativi, non soltanto delle somme incassate e dell’entità causale degli esborsi, ma anche di tutti gli elementi di fatto funzionali alla individuazione e al vaglio delle modalità di esecuzione dell’incarico, onde stabilire se il suo operato si sia adeguato a criteri di buona amministrazione” (cfr. Cass., 14 novembre 2012, n. 19991).

In ogni caso, comunque, “in tema di mandato oneroso, l’obbligo di rendiconto gravante sul mandatario consiste nell’informare il mandante di “ciò che è accaduto” e, cioè, nella comunicazione di fatti storici che hanno prodotto entrate e uscite di denaro per effetto dell’attività svolta, al fine di ricostruire i rapporti di dare e avere, con la relativa documentazione di spesa, e non comprende anche l’obbligo di spiegare “ciò che sarebbe dovuto accadere”, essendo onere del mandante, una volta che l’informazione doverosa sia stata resa, non solo di specificare le partite che intende mettere in discussione, ma anche di dimostrare la fondatezza degli specifici motivi di critica della qualità dell’adempimento, con esclusione di generiche doglianze concernenti le modalità di presentazione del conto ovvero il disordine dei documenti giustificativi” (cfr. Cass., 10 dicembre 2009, n. 25904).

par.3. Il rendimento del conto, sotto forma di “bilancio consuntivo condominiale” (la cui essenza risiede – come si suol dire – nel rapporto tra il valore contenuto nell’estratto del conto corrente alla chiusura di ciascun esercizio e il valore dei crediti/debiti derivanti dai conguagli contabili), funge, contemporaneamente, da atto riepilogativo della situazione finanziaria del condominio (dal punto di vista del funzionamento di quest’ultimo, in quanto “organismo superpersonale”) e da elemento (non già di un negozio di mero accertamento, con la sua funzione di rendere certe delle situazioni – anche effettuali – obiettivamente incerte, ma) di un vero e proprio “negozio con funzione ricognitiva della situazione preesistente, cioè dell’esecuzione del mandato, e costitutiva di un’attuale obbligazione diretta a definire un regolamento d’interessi” collegato con il preesistente rapporto gestorio (dal punto di vista, invece, di quest’ultimo: cfr. Cass., 22 agosto 1985, n. 4480).

Sotto il primo aspetto, cioè, la deliberazione assembleare di approvazione (al pari di ogni altra deliberazione dell’organo collegiale) ha un valore non già direttamente negoziale (costitutivo, modificativo o estintivo, cioè, di rapporti giuridici), ma, “semplicemente”, ricognitivo e conformativo (di presupposto delle ulteriori azioni volte all’incasso dei conseguenti oneri contributivi a carico dei singoli condòmini), mentre, sotto il secondo aspetto, costituisce approvazione del rendiconto, reso dal mandatario amministratore, del proprio operato gestorio.

par.3.1. Da un lato, pertanto, la deliberazione può soltanto essere impugnata dai condòmini non consenzienti (per ragioni non già di merito, ma solo di legittimità, restando esclusa una diversa forma di invalidazione ex art. 1418 cod. civ., poiché non è consentito al singolo condòmino rimettere in discussione i provvedimenti adottati dalla maggioranza se non nella forma dell’impugnazione della delibera: cfr. Cass., 4 marzo 2011, n. 5254) o successivamente corretta, sostituita o revocata dall’assemblea (sia in virtù del principio di libera rivedibilità anche del bilancio regolarmente approvato – non ostandovi alcun divieto di legge: cfr. Cass. 6 dicembre 2011, n. 26243; anzi, “i criteri di semplicità e snellezza che presidiano alle vicende dell’amministrazione condominiale” consentendo, “senza concreti pregiudizi per la collettività dei comproprietari, finanche la possibilità di regolarizzazione successiva delle eventuali omissioni nell’approvazione dei rendiconti”: cfr. Cass., 31 marzo 2017, n. 8521 – sia in adempimento dell’obbligo di avere una contabilità corretta e veritiera – rispondente appieno alla funzione informativa voluta dalla legge così sugli aspetti quantitativi come su quelli qualitativi del patrimonio -), fatti, comunque, salvi – come sempre – i diritti nelle more acquisiti dai terzi.

Il regime delle deliberazioni condominiali deve considerarsi, invero, dettato, per identità di ratio legis, dall’art. 2377 cod. civ. (cfr. Cass., 1 novembre 2017, n. 18359), in quanto applicabile (cioè, o in quanto non diversamente disposto “in subiecta materia” o in quanto non escluso per altre ragioni, “de iure” o “de facto”), sicché, in particolare: “le deliberazioni dell’assemblea, prese in conformità della legge e del regolamento, vincolano tutti i condòmini, ancorché non intervenuti o dissenzienti” o astenuti; “la deliberazione non può essere annullata: 1) per la partecipazione all’assemblea di persone non legittimate, salvo che tale partecipazione sia stata determinante ai fini della regolare costituzione dell’assemblea …; 2) per l’invalidità di singoli voti o per il loro errato conteggio, salvo che il voto invalido o l’errore di conteggio siano stati determinanti ai fini del raggiungimento della maggioranza richiesta; 3) per l’incompletezza o l’inesattezza del verbale, salvo che l’una o l’altra impediscano l’accertamento del contenuto, degli effetti e della validità della deliberazione”; “l’annullamento della deliberazione ha effetto rispetto a tutti i condòmini e obbliga gli amministratori … a prendere i conseguenti provvedimenti sotto la propria responsabilità. In ogni caso sono salvi i diritti acquistati in buona fede dai terzi in base ad atti compiuti in esecuzione della deliberazione”; “l’annullamento della deliberazione non può aver luogo, se la deliberazione impugnata è sostituita con altra presa in conformità della legge e del regolamento. In tal caso il giudice provvede sulle spese di lite, ponendole di norma a carico del condominio, e sul risarcimento dell’eventuale danno”; “restano salvi i diritti acquisiti dai terzi sulla base della deliberazione sostituita”.

Deve, invece, escludersi, in linea generale, che il condominio (al pari della società) sia legittimato attivamente a domandare l’annullamento giudiziale di deliberazioni assunte dalla propria assemblea: i rimedi “impugnatori” competono ai singoli componenti della collettività, mentre quest’ultima, attraverso il proprio “organo rappresentativo”, non può che essere legittimata passiva nel relativo giudizio, proprio perché da essa promana la manifestazione di volontà che è oggetto dell’impugnazione (e sarebbe, perciò, inammissibile attribuirle la legittimazione a insorgere giudizialmente contro la sua propria volontà) e perché essa non ha un proprio interesse rispetto a una determinata deliberazione.

Per altro, in materia societaria, è oramai stabilito per legge (ai sensi del primo comma del – nuovo – art. 2434-bis cod. civ.) che tanto le azioni di nullità quanto quelle di annullamento non possono (più) essere proposte nei confronti delle deliberazioni di approvazione di un d e-terminato bilancio dopo che è intervenuta l’approvazione di quello dell’esercizio successivo, intendendosi così – per la forte potenzialità destabilizzante, sui rapporti esterni e su quelli “endosocietari” (ovv ero, si dovrebbe aggiungere, “endocondominiali”), dell’azione di accertamento o costitutiva dell’invalidità di bilanci relativi a esercizi “chiusi” – impedire le impugnazioni cc.dd. di “mero disturbo”: ove, infatti, il vizio dedotto si sia ripercosso anche sul bilancio successivamente approvato, è sufficiente l’impugnativa di quest’ultimo; mentre, ove il vizio non abbia prodotto conseguenze negative sul bilancio successivo, esso costituirebbe soltanto un fatto storico, privo di alcuna incidenza pregiudizievole sulla organizzazione della società (in ogni caso, cioè, si è ritenuto non vi sia più interesse ad agire contro un bilancio superato dall’approvazione del bilancio successivo).

par.3.2. Dall’altro lato, l’approvazione del rendiconto, che il mandatario amministratore è tenuto a rendere ai sensi degli artt. 1130, n. 10, e 1713 cod. civ., pur senza ricorrere necessariamente alla procedura prevista dall’art. 267 cod. proc. civ., si riferisce a tutto l’operato dello stesso per l’esercizio in questione (ovvero per il singolo periodo di prestazione in cui quell’operato possa frazionarsi), come previsto dall’incarico, e comporta (salvo il caso che, all’atto dell’approvazione, il mandante – o, meglio, l’assemblea dei mandanti – abbia formulato espresse riserve per quei diritti non attinenti alle partite contabili enucleate nel conto) che il conseguente regolamento negoziale “acquisti valore ed effetto di esclusiva disciplina definitoria di tutti i rapporti derivanti dall’esecuzione del mandato” (cfr. Cass., 27 aprile 1982, n. 2634).

Residuano, comunque, naturalmente, sia uno “strumento correttivo generale”, poiché l’approvazione può sempre essere impugnata, “in considerazione del suo contenuto negoziale, per eventuali vizi del consenso” (cfr. Cass., 5 giugno 1985, n. 3356: “con riguardo all’obbligo di rendiconto, gravante … in genere sul mandatario nei confronti del mandante, il dovere di formare il conto in modo tale da consentire il riscontro della corrispondenza al vero delle singole poste e dell’entità delle stesse è stabilito a tutela degli interessi dei … destinatari e, pertanto, può trovare deroga, vertendosi in materia di diritti disponibili, tanto in un accordo preventivo con gli aventi diritto al conto, che ne autorizzi la redazione incompleta, quanto in un successivo atto con il quale essi approvino l’operato dell’obbligato, ferma restando la possibilità d’impugnare questa approvazione, in considerazione del suo contenuto negoziale, per eventuali vizi del consenso”) sia uno “strumento correttivo speciale” e, cioè, secondo il principio che si ricava dal disposto dell’art. 266 cod. proc. civ., il potere di revisione del conto (reso da chi vi era obbligato e già accettato), esercitabile (dalla controparte che lo ha approvato) soltanto in caso di errore materiale, omissione o duplicazione di partite, falsità.

par.4. In definitiva e nei limiti consentiti (sul piano – si ribadisce – della lesione sostanziale dei diritti coinvolti), il Condominio, in generale, in quanto mandante, è onerato della prova (da fornirsi tanto attraverso la contabilità – se regolarmente tenuta e approvata – e/o i versamenti eseguiti e le uscite comprovate da documenti di spesa quanto attraverso i movimenti del conto corrente) che determinati esercizi si siano, in realtà, chiusi, non già con debiti di gestione, ma con veri e propri avanzi di cassa, o puntualmente riportati nel bilancio successivo come partite in entrata (ma, poi, a un certo punto, “dispersi” – senza una corrispondente, effettiva partita in uscita -) oppure sin dall’inizio fraudolentemente occultati; il cessato amministratore, per converso, è onerato, in quanto contrattualmente debitore, verso il Condominio, della propria prestazione (anche professionale) di mandatario, della prova della corretta gestione e, perciò, in particolare, dell’effettivo e accorto impiego di tutte le somme riscosse per pagare le spese di volta in volta preventivate o imposte dall’urgenza (previa puntuale registrazione di ogni singolo incasso – con la relativa provenienza – e di ogni singolo esborso – in corrispondenza di adeguata documentazione giustificativa -).

In ogni caso, il rendiconto cui è tenuto (e alla cui redazione potrebbe essere giuridicamente coartato), non già l’amministratore ancora in carica, che si appresti (nella prossima assemblea, per naturale scadenza dell’incarico o per dimissioni) a dismettere l’ufficio gestorio e “rappresentativo”, ma (per così dire “retroattivamente”) l’amministratore uscente, una volta già decaduto da quell’ufficio e sostituito dal suo successore nella gestione condominiale, non è (più) un vero e proprio “atto riepilogativo della situazione finanziaria del condominio (dal punto di vista del funzionamento di quest’ultimo, in quanto “organismo superpersonale”)”, al quale può e deve provvedere sempre e unicamente l’amministratore in carica, ma soltanto la giustificazione del saldo finale di cassa alla chiusura della propria gestione (quale risultante dal corrispondente estratto del conto corrente condominiale) sulla scorta degli introiti per contributi (oltre eventuali indennizzi o risarcimenti) e dei giustificativi di spesa, con l’indicazione di eventuali crediti (già esigibili o non ancora scaduti) e di eventuali debiti (non ancora saldati).

Come si diceva, invece, alla (eventuale) riscrittura e correzione soltanto “formale” di rendiconti consuntivi pregressi e già approvati (come pure alla eventuale redazione di bilanci parziali) deve (non può che) provvedere l’amministratore in carica (poiché quello cessato non avrebbe più titolo a farlo) nel corso dell’esercizio di gestione in cui gli errori contabili vengono scoperti (cfr. art. 2434-bis cod. civ.: “il bilancio dell’esercizio nel corso del quale viene dichiarata” un’invalidità contabile pregressa “tiene conto delle ragioni di questa”), rettificando, in conseguenza, le posizioni di debito-credito dei condòmini e includendo, quindi, le correzioni adeguatamente apportate in seno ai nuovi bilanci che l’assemblea condominiale deve ancora approvare (si tratta di un vero e proprio obbligo, allorquando, a causa di una violazione dei principî di chiarezza, di verità o di correttezza, “risultino in concreto pregiudicati gli interessi generali tutelati dalla norma”, tra l’altro con insorgenza di incertezze o erronee convinzioni circa la situazione economico-patrimoniale dell’ente: cfr. Cass. Sez. Un., 21 febbraio 2000, n. 27, e Cass., 22 gennaio 2003, n. 928).

Infine, per poter esperire eventuali azioni contro l’amministratore uscente, vi è l’onere per il Condominio di procedere in modo formale alla “revisione” sostanziale (facendola, altresì – se non accettata -, verificare giudizialmente) dell’intervenuta approvazione negoziale dei rendiconti consuntivi pregressi, mediante la denunzia dei soli “vizi” che, ex art. 266 cod. proc. civ., la consentano (vale a dire – si ribadisce – errori materiali, omissioni, duplicazioni o vere e proprie falsità).

par.5. Per altro, com’è ben noto, in tema di condominio negli edifici, ciascun condòmino ha diritto di accedere alla documentazione contabile, soprattutto in vista della consapevole partecipazione all’assemblea condominiale, e a tale diritto corrisponde l’obbligo dell’amministratore di predisporre un’organizzazione, sia pur minima, che consenta di esercitare lo stesso e di informarne gli altri condòmini (tant’è vero che, a fronte della richiesta di un singolo partecipante di accedere alla predetta documentazione, grava sull’amministratore – ovvero sul condominio che intenda resistere all’impugnazione della delibera assembleare proposta dal condòmino non consenziente – l’onere della prova dell’inesigibilità e incompatibilità della richiesta con le modalità previamente comunicate: cfr. Cass., 19 settembre 2014, n. 19799); più in generale, ciascun comproprietario ha la facoltà (di richiedere e) di ottenere dall’amministratore del condominio l’esibizione dei documenti contabili in qualsiasi tempo (e, non soltanto, in sede di rendiconto annuale e di approvazione del bilancio da parte dell’assemblea) e senza l’onere di specificare le ragioni della richiesta (finalizzata a prendere visione o estrarre copia dai documenti), purché l’esercizio di tale facoltà non risulti di ostacolo all’attività di amministrazione, non sia contrario ai principi di correttezza e non si risolva in un onere economico per il condominio, dovendo i costi relativi alle operazioni compiute gravare esclusivamente sui condòmini richiedenti (cfr. Cass., 21 settembre 2011, n. 19210).

Si deve, allora, affermare, piuttosto, che, come la mancata disponibilità della documentazione contabile in sede di approvazione del consuntivo da parte dell’assemblea dei condòmini comporta la violazione, da parte dell’amministratore, dell’obbligo di rendiconto e la conseguente invalidità della relativa, eventuale delibera positiva (cfr. Cass., 8 agosto 2003, n. 11940), così, per converso, l’intervenuta approvazione, da parte dell’assemblea condominiale, dei rendiconti consuntivi costituisce pur sempre, dal punto di vista civilistico, un atto vincolante, con conseguente limite a una diversa ricostruzione della contabilità relativa agli esercizi in questione, superabile, bensì, ma soltanto previa “impugnazione”, per errore di fatto o dolo, delle singole poste “incriminate”.

par.6. Ciò premesso, pertanto, e venendo alla fattispecie de qua, in ordine alle richieste dell’attore relative alle risultanze della contabilità e di cassa, poiché il riepilogo e il conteggio operati dal Consulente tecnico d’ufficio (si noti che all’elaborato finale le parti, nelle rispettive difese conclusive, non hanno mosso significative contestazioni) di tutte le somme in entrata nella disponibilità del condominio e di tutte le spese a qualsiasi titolo (quindi anche gli assegni in addebito sui conti correnti senza descrizione) da quest’ultimo effettuate debbono partire, non già dal 4.4.2006 (cioè dalla data di assunzione dell’incarico da parte del convenuto), bensì dall’ultimo rendiconto approvato e non impugnato (a tutto il 2006) e, quindi, da una minor giacenza di cassa, a inizio gestione, di Euro 9.789,23, risulta alla fine omesso il rendiconto del solo importo di Euro 10.380,96 (quale differenza tra la somma delle entrate, così come accertata dalla Consulenza tecnica d’ufficio – pari a complessivi Euro 161.215,26 -, più la ricordata giacenza iniziale di cassa, e la somma delle uscite – pari a complessivi Euro 160.623,53 -).

Ora, la corretta ricostruzione del “saldo cassa” condominiale non può che risultare dal raffronto tra le entrate effettivamente conseguite e le uscite debitamente documentate: in caso di eccedenza degli incassi, il conto economico evidenzierà un avanzo di cassa corrispondente alla differenza (positiva) tra i due totali; in caso, invece, di insufficienza degli incassi, il conto evidenzierà un disavanzo di cassa corrispondente alla differenza (negativa) tra i suddetti totali.

Nel prospetto della “situazione di cassa” viene ricostruita, raggruppata ed esposta, in sintesi, tutta la movimentazione effettiva della liquidità condominiale: vengono, cioè, riportati tutti gli incassi e gli esborsi effettivamente operati durante l’anno, così come risultanti dal “registro di contabilità” (in sostanza, si riportano i saldi liquidi iniziali, ai quali si aggiungono i movimenti in entrata e uscita raggruppati per tipologia, e si perviene alla consistenza finale tanto della cassa quanto del conto corrente condominiale): scopo fondamentale di tale elaborato è la dimostrazione della movimentazione finanziaria che ha determinato la variazione della consistenza di cassa nel periodo di esercizio di pertinenza; voci e importi devono trovare riscontro puntuale nel “Conto consuntivo” e nello “Stato patrimoniale”, così da determinare la quadratura completa della contabilità (il prospetto de quo può, pertanto, costituire il “riepilogo finanziario” indicato in modo impreciso all’art.1130-bis cod. civ.).

par.7. Per contro, una volta fatti quadrare, per quanto possibile, i conti, alla stregua della documentazione in atti e della ricostruzione operata dal CTU (con il rilievo negativo sul saldo cassa teorico, sul quale ci si precedentemente soffermati), gli addebiti di “mala gestio” (ma non di infedeltà – cioè, di vere e proprie malversazioni: distrazioni di risorse comuni per fini personali dello stesso amministratore, di singoli condòmini o di terzi -) mossi al cessato titolare dell’ufficio (addebiti che, si badi, non costituiscono di per sé motivo di irregolare redazione del bilancio), come non comportano affatto la sopravvivenza o reviviscenza di veri e propri obblighi contabili a carico del vecchio amministratore (decaduto, dimesso o esautorato che sia), così non fanno sorgere, in modo automatico, obbligazioni risarcitorie di danni (patrimoniali) anche ingenti, dei quali, pure, avrebbero potuto esser causa.

Infatti, non soltanto non vi è stata, in concreto, l’offerta di un’apprezzabile dimostrazione di altri danni patrimoniali veri e propri (quali, infatti, ben si sarebbero potuti ravvisare – stante, del resto, il principio generale secondo cui l’approvazione del bilancio non libera l’amministratore che lo ha redatto e proposto all’assemblea dalle “responsabilità incorse nella gestione”: cfr. art. 2434 cod. civ. – nelle effettive conseguenze economiche di omissioni o ritardi che non fossero, alla fin fine, riconducibili all’invincibile o, comunque, non trascurata insolvenza dei condòmini obbligati a contribuire pro quota alle spese condominiali – interessi di mora, spese legali, oneri per il riallaccio di utenze distaccate, altri danni contrattuali risarciti ai fornitori, ecc. -), la cui quantificazione non appare assolutamente corrispondere ad alcun pregiudizio concretamente sofferto dal Condominio attore, ma, anzi:

a) non è risultata alcuna interruzione della somministrazione così delle utenze condominiali di acqua, energia elettrica e gas come del servizio ascensori e di quello di portineria;

b) il passaggio di consegne è risultato completo di tutta la documentazione amministrativa e contabile, né consta di alcuna richiesta di integrazione della stessa da parte dell’amministratore subentrato;

c) non sono state prodotte fatture per prestazioni riferibili al periodo di gestione del convenuto gravate di oneri accessori per interessi o altre penali di mora;

d) i ritardi nei versamenti contributivi per il portiere (imputati dal convenuto – senza che sia stata dimostrazione del contrario – alla mancanza di provvista per le morosità dei condomini) risultano superati di successivi adempimenti e, comunque, privi di conseguenze sanzionatorie.

par.8. L’esito della causa, infine, giustifica la compensazione, per quattro quinti, fra le parti, delle spese processuali, che vanno, per il restante quinto, liquidato come in dispositivo, poste a carico del soccombente.

P.Q.M.

Il Tribunale, definitivamente pronunziando sulle domande proposte dal Condominio nell’edificio di Via A. N. n. 138, R., in persona dell’amministratore pro tempore, con atto di citazione notificato in data 12.12.2011, contro l’ex amministratore G.S., convenuto costituito, così decide:

a) Accoglie parzialmente le domande, e, per l’effetto, condanna G.S. a pagare al Condominio nell’edificio di Via A. N. n. 138, R., la somma di Euro 10.380,96, oltre interessi legali dal 1.5.2011;

b) Pone definitivamente a carico del Condominio attore per due quinti e del convenuto per i restanti tre la parcella liquidata al CTU con decreto depositato il 1.10.2014;

c) Compensa per quattro quinti fra le parti le altre spese del presente giudizio e condanna il convenuto a rimborsare al Condominio attore il restante quinto, che liquida, d’ufficio, in complessivi Euro 1.500,00 per competenze difensive ed Euro 120,00 per anticipazioni (compreso il contributo unificato), oltre oneri fiscali e previdenziali di legge.


Sostieni laleggepertutti.it

Non dare per scontata la nostra esistenza. Se puoi accedere gratuitamente a queste informazioni è perché ci sono uomini, non macchine, che lavorano per te ogni giorno. Le recenti crisi hanno tuttavia affossato l’editoria online. Anche noi, con grossi sacrifici, portiamo avanti questo progetto per garantire a tutti un’informazione giuridica indipendente e trasparente. Ti chiediamo un sostegno, una piccola donazione che ci consenta di andare avanti e non chiudere come stanno facendo già numerosi siti. Se ci troverai domani online sarà anche merito tuo.Diventa sostenitore clicca qui

6 Commenti

  1. quand’è che pubblicate un elenco di tutte le responsabilità, doveri, obblighi dei condòmini…, rispetto delle leggi, delle norme, del buon vicinato…del rispetto delle scadenze delle rate ???
    l’imputato è sempre e solo l’amministratore ???

      1. anonimo, prima di tutto qualificati …..
        questo è già la prima cosa che fa una persona seria, prima di scrivere altro…
        poi quando ti sei qualificato, dovresti aggiornarti su tutti gli obblighi dei condomini e non aggiungo altro….
        può darsi che sei stato sfortunato con il tuo amministratore, ma non sono tutti uguali…

  2. se l’amministratore sbaglia la ripartizione non includendo due condomini e tutto ciò gli si fa notare ma lui insiste non correggere perché il condomino deve fare ricorso alle autorità

Lascia un commento

Usa il form per discutere sul tema (max 1000 caratteri). Per richiedere una consulenza vai all’apposito modulo.

 


NEWSLETTER

Iscriviti per rimanere sempre informato e aggiornato.

CERCA CODICI ANNOTATI

CERCA SENTENZA

Canale video Questa è La Legge

Segui il nostro direttore su Youtube