Accompagnamento coattivo: cos’è?


Accompagnamento coatto: cos’è e come funziona? In quali casi l’autorità giudiziaria può obbligare una persona a comparire? Cosa succede nel caso di rifiuto?
Il processo, civile o penale che sia, a volte può aver bisogno della necessaria presenza di una persona per poter andare avanti. Pensa alla classica ipotesi della persona chiamata a testimoniare che, però, nonostante le ripetute intimazioni, non sia comparsa. È evidente che, in un caso del genere e in tutti quelli simili, la giustizia non può subire lo scacco di una persona, la quale da sola può impedire la prosecuzione di un procedimento intero. È qui che entra in gioco l’accompagnamento coattivo. Cos’è?
Quando si può procedere all’accompagnamento coatto e come viene eseguito? Riguarda solo i testimoni oppure anche altre persone? Se ne vuoi sapere di più su questo argomento, prosegui nella lettura.
Indice
Cos’è l’accompagnamento coatto?
L’accompagnamento coattivo (o coatto) è la procedura che consente alle autorità di utilizzare la forza per imporre ad una persona di presentarsi al giudice. Detto in altre parole, con l’accompagnamento coattivo l’autorità giudiziaria dispone una vera e propria limitazione della libertà personale di un individuo, nella misura in cui questi è costretto a recarsi in un posto anche contro la propria volontà.
Chi dispone l’accompagnamento coattivo?
Proprio perché l’accompagnamento coattivo è una limitazione della libertà personale, esso può essere disposto solo nei casi tassativamente previsti dalla legge e solamente su disposizione dell’autorità giudiziaria, ivi incluso, ovviamente, il magistrato del pubblico ministero.
Quando viene disposto l’accompagnamento coatto?
L’accompagnamento coatto può essere disposto solamente nei casi previsti dalla legge: in genere, si procede all’accompagnamento forzato nelle ipotesi in cui la presenza di una persona sia indispensabile per il regolare svolgimento di un procedimento.
Classica ipotesi di accompagnamento coattivo è quella del testimone (sia in sede penale che civile) che, nonostante sia stato regolarmente citato, non si presenti all’udienza per deporre. In casi del genere, dopo un primo avvertimento con ammenda a favore delle casse dello Stato, fa seguito l’accompagnamento coattivo, la cui concreta esecuzione è rimessa, di solito, ai carabinieri o alla polizia.
Ma le ipotesi di accompagnamento coattivo sono anche altre, ed è per lo più il codice di procedura penale a fornircele: la legge dice infatti che se il testimone, il perito, la persona sottoposta all’esame del perito diversa dall’imputato, il consulente tecnico, l’interprete o il custode di cose sequestrate, regolarmente citati o convocati, omettono senza un legittimo impedimento di comparire nel luogo, giorno e ora stabiliti, il giudice può ordinarne l’accompagnamento coattivo e può altresì condannarli, con ordinanza, al pagamento di una somma da cinquantuno a cinquecentosedici euro a favore della cassa delle ammende nonché alle spese alle quali la mancata comparizione ha dato causa [1].
Tutti i soggetti sopra elencati, non presentandosi, rischiano di rallentare o di bloccare del tutto la macchina-giustizia: per tale ragione, se, pur citati, non compaiono senza nemmeno addurre una valida ragione il giudice può disporne l’accompagnamento coattivo.
L’accompagnamento coatto può essere disposto anche nei riguardi dell’indagato, quando la sua presenza è necessaria per compiere un atto da assumere con l’incidente probatorio [2], dell’imputato, quando la sua presenza è necessaria per l’assunzione di una prova diversa dall’esame [3], ovvero ogniqualvolta si debba procedere ad atti di interrogatorio o confronto [4].
L’accompagnamento coattivo del querelante
A seguito della riforma Cartabia, non si applica l’accompagnamento coattivo al testimone che sia anche il querelante, cioè la persona offesa che ha segnalato il reato alle autorità.
L’assenza del querelante ritualmente citato a comparire in udienza per essere sentito come testimone costituisce infatti un’ipotesi di remissione tacita della querela: di conseguenza, egli non potrà essere prelevato dalle forze dell’ordine e costretto a presenziare.
L’eccezione all’accompagnamento coattivo del testimone/querelante vale solo nelle ipotesi di reati procedibili a querela di parte.
Accompagnamento coattivo: come si svolge?
Secondo la legge [5], l’accompagnamento coattivo è disposto dal giudice, nei casi previsti dalla legge, con decreto motivato, con il quale si ordina di condurre la persona alla sua presenza, se occorre anche con la forza.
Il provvedimento che dispone l’accompagnamento coattivo è trasmesso, a cura della cancelleria o della segreteria dell’autorità giudiziaria che lo ha emesso, all’organo che deve provvedere alla esecuzione (ad esempio, ai carabinieri). Copia del provvedimento è consegnata all`interessato [6].
La persona sottoposta ad accompagnamento coattivo non può essere tenuta a disposizione oltre il compimento dell’atto previsto e di quelli conseguenziali per i quali perduri la necessità della sua presenza. In ogni caso la persona non può essere trattenuta oltre le ventiquattro ore.
Si può rifiutare l’accompagnamento coattivo?
Infine, chiudiamo analizzando un’ipotesi limite: cosa succede se la persona che è destinataria del provvedimento di accompagnamento coattivo rifiuti di eseguire l’ordine? In parte abbiamo già risposto: la legge dice che il provvedimento del giudice con cui si dispone l’accompagnamento coatto di un individuo può essere eseguito anche con la forza nel caso in cui non ci sia volontà di collaborare. In buona sostanza, dunque, la polizia può anche prenderti di peso e portarti dal giudice.
Cosa accade, però, se il soggetto non opponga una resistenza passiva, cioè non si limiti a rifiutare l’accompagnamento, ma ponga in essere condotte concrete in grado di evitarne comunque l’esecuzione? Ebbene, dipende dai casi:
- se si oppone una resistenza attiva, fatta di minacce o addirittura dell’uso della violenza, allora si commette il reato di resistenza a pubblico ufficiale [7];
- se, invece, si cerca di sfuggire alla “cattura” delle forze dell’ordine, non si commetterà alcun crimine, in quanto il reato di evasione [8] può applicarsi solamente a chi evada da una struttura carceraria, dalla sua abitazione, o da qualsiasi altro luogo indicato nel provvedimento di restrizione. In altre parole, l’evasione può essere commessa da persona legalmente arrestata o detenuta.
In sintesi, dunque, rifiutarsi di seguire la polizia per un accompagnamento coattivo non è reato se avviene senza violenza, ovvero attraverso l’inerzia o la fuga, seppure messe in atto sempre al fine di impedire al pubblico ufficiale di adempiere ad un suo dovere di ufficio.
note
[1] Art. 133 cod. proc. pen.
[2] Art. 399 cod. proc. pen.
[3] Art. 490 cod. proc. pen.
[4] Art. 376 cod. proc. pen.
[5] Art. 132 cod. proc. pen.
[6] Art. 46 disp. att. cod. proc. pen.
[7] Art. 337 cod. pen.
[8] Art. 385 cod. pen.