Contratto di lavoro autonomo occasionale: come funziona, a chi è rivolto, com’è tassato, come si recuperano le trattenute fiscali.
Ti hanno proposto un breve incarico lavorativo: non si tratta, però, di un rapporto di lavoro subordinato, cioè dipendente, né di una collaborazione, ma di lavoro autonomo. L’attività ti interessa ed il compenso è buono, ma hai paura di accettare perché sai che i lavoratori autonomi sono obbligati ad aprire partita Iva.
Ti hanno detto, però, che ci sono dei casi in cui si può evitare l’apertura della partita Iva, grazie al lavoro con ritenuta d’acconto. Di che cosa si tratta?
Nella generalità dei casi, per contratto con ritenuta d’acconto si intende il contratto di lavoro autonomo occasionale [1]: questo tipo di rapporto si può attivare in presenza di un’attività autonoma svolta in modo puramente saltuario dal lavoratore, in modo non organizzato e non professionale.
Perché si chiama lavoro con ritenuta d’acconto? Questo termine è utilizzato in quanto, nella maggior parte delle ipotesi, sulla retribuzione del lavoratore il committente applica una ritenuta fiscale in acconto, pari al 20% del compenso. Attenzione, però: la ritenuta d’acconto non è applicata se il committente non è un sostituto d’imposta, in sostanza se non è un’impresa o un professionista. Ma procediamo con ordine.
Indice
Chi può lavorare con ritenuta d’acconto?
Può svolgere lavoro autonomo senza necessità di partita Iva chi presta la propria attività rispettando le seguenti condizioni:
- si obbliga a compiere dietro corrispettivo un’opera o un servizio;
- con lavoro prevalentemente proprio, senza vincolo di subordinazione, né potere di coordinamento del committente;
- in via del tutto occasionale;
- in modo non organizzato e non professionale.
Se l’attività è esercitata in modo continuativo, professionale, o se comunque è presente un’organizzazione autonoma nell’esercizio dell’attività, è invece necessario aprire la partita Iva.
In genere, l’attività è considerata autonomamente organizzata se il lavoratore ha la disponibilità di uno studio proprio, se ha dei collaboratori o dipendenti, se esiste un sito internet relativo all’attività esercitata o se l’attività è pubblicizzata.
Lavoro autonomo occasionale e lavoro con ritenuta d’acconto
Bisogna stare particolarmente attenti all’utilizzo improprio del termine “lavoro con ritenuta d’acconto”: con questo termine, come abbiamo osservato, nella generalità dei casi si intende il lavoro autonomo occasionale.
Tuttavia, i compensi per attività di lavoro autonomo occasionale possono anche non essere assoggettati alla ritenuta fiscale in acconto, se il committente non è un sostituto d’imposta (pensiamo a una prestazione resa nei confronti di un privato senza partita Iva).
D’altra parte, anche chi ha la partita Iva aperta subisce l’assoggettamento dei propri compensi alla ritenuta d’acconto, se il cliente, o committente, è sostituto d’imposta e se aderisce al regime fiscale ordinario o semplificato. Solo coloro che aderiscono al regime fiscale forfettario, o dei minimi, non subiscono la ritenuta d’acconto, pur con la partita Iva aperta.
Come funziona la ritenuta d’acconto?
La ritenuta d’acconto è un importo che il cliente, o committente, se è sostituto d’imposta, è obbligato a trattenere dal compenso del lavoratore autonomo.
L’importo, pari al 20% del compenso imponibile fiscalmente, deve poi essere versato all’erario tramite modello F24 (codice 1040) entro il giorno 16 del mese successivo al pagamento del compenso.
Il lavoratore occasionale, per giustificare il compenso, non deve emettere fattura, in quanto non ha la partita Iva, ma emette una ricevuta. Per sapere come deve essere compilata: Ricevuta lavoro autonomo occasionale, come si fa.
Che fine fanno i soldi della ritenuta d’acconto?
I soldi trattenuti dal cliente, o committente, attraverso la ritenuta d’acconto non vanno persi, ma sono recuperati attraverso la dichiarazione dei redditi. Non si è, peraltro, obbligati a presentare il modello Redditi, in quanto i compensi da lavoro autonomo occasionale possono essere anche indicati nel più semplice modello 730.
In particolare, il cliente, o committente, che effettua la ritenuta d’acconto deve certificarla, assieme ai compensi erogati, nel modello Cu (ossia il modello di certificazione unica che ha sostituito il cud).
Il lavoratore dovrà poi inserire i dati nella dichiarazione dei redditi (quadro D del 730, quadro RL del modello Redditi): l’importo già pagato con ritenuta d’acconto sarà sottratto dall’imposta dovuta.
note
[1] Art.2222 cod.civ.