Leggi le ultime sentenze su: contratti stipulati dalle amministrazioni pubbliche; contratto di affitto di azienda; rinnovo; forma scritta; contratto di affitto di fondo rustico; contratti di affitto agrario; rinnovazione tacita del contratto; contratto verbale d’affitto.
Indice
- 1 Contratto di affitto di azienda e rinuncia alla forma scritta per il rinnovo
- 2 Contratti di affitto agrario nella Regione Lazio: termini per il rinnovo
- 3 Affitto beni demaniali e pubblici
- 4 Rinnovo tacito contratto
- 5 Contratti agrari: quando sono annullabili?
- 6 Contratto di affitto di fondo rustico: canone e nullità del contratto
- 7 Affitto a coltivatore diretto: rinnovazione tacita del contratto
- 8 Proroga legale affitto
- 9 Locazione d’immobile
- 10 Affitto e licenza di esercizio
Contratto di affitto di azienda e rinuncia alla forma scritta per il rinnovo
Le parti che abbiano convenuto l’adozione della forma scritta per un determinato atto, nella loro autonomia negoziale possono successivamente rinunciarvi, anche tacitamente, mediante comportamenti incompatibili con il suo mantenimento, costituendo la valutazione in ordine alla sussistenza o meno di una rinuncia tacita un apprezzamento di fatto incensurabile in sede di legittimità, qualora sia sorretto da una motivazione immune da vizi logici, coerente e congruente.
(In applicazione del predetto principio, la S.C., ha confermato la sentenza di merito che aveva ritenuto che, pur a fronte di una clausola di rinnovo espresso di un contratto di affitto di azienda, la prosecuzione di fatto del contratto alle medesime condizioni palesasse “per fatti concludenti” la volontà delle parti di rinunciare alla forma scritta per il rinnovo e di proseguire il rapporto alle medesime condizioni).
Cassazione civile sez. III, 15/02/2019, n.4539
Contratti di affitto agrario nella Regione Lazio: termini per il rinnovo
L’articolo 17 della legge Regione Lazio n. 29 del 2003 come modificato dall’articolo 46 della legge Regione Lazio n. 26 del 2007 fissava al 30 aprile 2008 il termine ultimo per il rinnovo fino al 10 novembre 2002 in favore di coloro che avevano rinnovato il contratto di affitto ai sensi della delibera della Giunta Regionale n. 6797 del 1997. Al riguardo, inoltre, non può ritenersi che la sopravvenuta legge Regione Lazio n. 14 del 2008 abbia posto nel nulla l’avvenuta decadenza, in quanto il rinnovo dei contratti di affitto concerneva soltanto quelli scaduti e non ancora rinnovati (tra i quali non rientrava quello del ricorrente, già rinnovato dal 1998 sino alla scadenza del 10 novembre 2012, e che doveva, pertanto, essere rinnovato entro il termine ultimo del 30 aprile 2008).
Cassazione civile sez. III, 08/06/2017, n.14275
Affitto beni demaniali e pubblici
Per il perfezionamento dei contratti stipulati dalle amministrazioni pubbliche è sempre necessaria anche per quei rapporti per i quali, tra privati, è stabilita la possibilità di una conclusione “per facta concludentia” o il rinnovo tacito una manifestazione documentale della volontà negoziale da parte dell’organo rappresentativo abilitato a concludere, in nome e per conto dell’ente pubblico, negozi giuridici, essendo all’uopo inidonee le deliberazioni adottate da organi collegiali, essendo questi atti interni, di natura meramente preparatoria della successiva manifestazione esterna della volontà negoziale (nella specie è stato escluso che potesse essere configurabile un contratto d’affitto di fondo agrario, nonostante l’asserito comportamento concludente del presunto locatore ente pubblico si fosse protratto per anni).
Consiglio di Stato sez. VI, 03/06/2010, n.3507
Rinnovo tacito contratto
Premesso che l’art. 999 c.c., che consente a determinate condizioni l’ultrattività fino ad un massimo di cinque anni dall’estinzione dell’usufrutto delle locazioni stipulate dall’usufruttuario, non è stato implicitamente abrogato dalla disciplina dei contratti agrari, se nudo proprietario è un ente pubblico, non può considerarsi come un tacito rinnovo del contratto di affitto di fondo rustico il comportamento dell’ente stesso, che, per un certo tempo dopo la scadenza del quinquennio dal termine dell’usufrutto, non ha chiesto il rilascio del terreno, poiché ogni manifestazione negoziale della p.a. deve avere forma scritta “ad substantiam”.
Cassazione civile sez. III, 01/04/2010, n.8000
Contratti agrari: quando sono annullabili?
In tema di contratti agrari, eventuali accordi in deroga, rispetto alla normativa “legale”, lungi dal potersi qualificare “nulli” sono esclusivamente “annullabili” a istanza del solo interessato, cioè della parte che ha sottoscritto il contratto in deroga. Una eventuale “approvazione” delle organizzazioni professionali, inoltre, deve “seguire” il contratto e non certamente precederlo, né intervenire, palesemente, in sede di trattative.
(Nella specie in un giudizio ex art. 1591 c.c. nei confronti degli ex conduttori di un fondo agricolo che avevano rilasciato questo con ritardo rispetto alla cessazione del rapporto, i giudici del merito avevano accertato che una società di capitali aveva preso in affitto altri fondi della stessa
proprietaria ubicati nella medesima zona e rilasciati nelle medesime circostanze di tempo in cui dovevano essere rilasciati quelli oggetto di controversia, che tali contratti hanno avuto tutti regolare svolgimento con tacito rinnovo per gli anni successivi e che la società conduttrice era interessata a condurre in affitto anche tali ulteriori terreni, sì che avevano liquidato i danni in relazione al canone di affitto offerta da quest’ultima.
Deducendo i soccombenti che i giudici del merito avrebbero potuto attribuire efficacia probatoria alle risultanze in questione solo dopo che fosse stata offerta la prova dell’approvazione dei contratti in deroga da parte delle associazioni professionali, altrimenti nulli, la Suprema Corte in applicazione del principio di cui sopra ha rigettato il motivo).
Cassazione civile sez. III, 09/04/2009, n.8706
Contratto di affitto di fondo rustico: canone e nullità del contratto
In presenza di un contratto di affitto di fondo rustico non sussiste nullità del contratto, o della clausola, solo perché le parti hanno previsto che parte del canone sia corrisposto, annualmente, in danaro, e parte, in proporzione ai risultati ottenuti, al termine del rapporto.
Giusta la testuale previsione di cui all’art. 10 l. 12 giugno 1962 n. 567 “si presumono infatti pagamenti senza titolo e si considerano imputabili al canone di affitto e comunque ripetibili i pagamenti effettuati dall’affittuario oltre il canone contrattuale in occasione della stipulazione e del rinnovo del contratto di affitto” e nella specie è indubbio “in occasione della stipulazione” del contratto di affitto, nessun pagamento è stato effettuato, dall’affittuario, oltre il canone contrattuale, ma è stato previsto, unicamente una particolare modalità del pagamento del canone.
Né la detta nullità deriva dalla circostanza che a norma dell’art. 1, comma 1, l. n. 567 del 1962 nell’affitto di fondo rustico il canone è determinato a corrisposto in danaro.
(Nella specie era stata concessa in affitto, per la forestazione, per un periodo di 25 anni, una vasta estensione di terreno, con la previsione sia di un canone, in danaro, annuale, sia di una percentuale, in favore del concedente, del valore del legname al momento della cessazione del rapporto. In applicazione del principio di cui sopra la S.C. ha cassato la sentenza del giudice di merito che aveva ritenuto la nullità di una tale clausola contrattuale per violazione della l. n. 567 del 1962).
Cassazione civile sez. III, 06/05/2008, n.11054
Affitto a coltivatore diretto: rinnovazione tacita del contratto
La rinnovazione tacita del contratto di affitto agrario (così come di quello di locazione ordinaria) non è desumibile dal solo fatto della permanenza dell’affittuario nel fondo oltre la scadenza del termine ma occorre anche che manchi una manifestazione di volontà contraria da parte del concedente, cosicché, qualora questi abbia manifestato con la disdetta la volontà di porre fine al rapporto, la rinnovazione non può desumersi dalla perdurante permanenza nel fondo da parte dell’affittuario o dalla circostanza che il concedente abbia continuato a percepire il canone senza proporre tempestivamente azione di rilascio, occorrendo, invece, un comportamento positivo idoneo ad evidenziare una nuova volontà, contraria a quella precedentemente esternata per la cessazione del rapporto.
(Nella specie, la S.C. ha confermato l’impugnata sentenza con la quale era stata esclusa l’allegazione di alcun idoneo motivo da cui potesse desumersi un’univoca volontà al rinnovo, non essendosi ritenuto tale, peraltro, il lungo lasso di tempo trascorso dall’invio della disdetta rispetto all’esperito tentativo di conciliazione, non prevedendosi alcun termine, anche di decadenza, ai fini di detto tentativo).
Cassazione civile sez. III, 13/04/2007, n.8833
Proroga legale affitto
La denuncia di un contratto verbale d’affitto, avente ad oggetto la prosecuzione da parte dell’originario affittuario della conduzione del fondo rimasto ininterrottamente nella sua detenzione, costituisce un valido ed efficace rinnovo dell’originario contratto, comportando solo una modifica della scadenza inizialmente prevista.
Tribunale Savona, 19/12/2005, n.1112
Intimata tempestiva disdetta del contratto di affitto per la scadenza del 10 novembre 1992 in relazione ad un contratto con scadenza legale posticipata al 10 novembre 1997, la riscossione di canoni di affitto per le annate agrarie 19921993 e 19931994 non di per sé sufficiente a far presumere una dismissione della volontà di ottenere la libera disponibilità del bene locato, ma anche vero che la mancanza di solleciti scritti per ottenere la restituzione del bene e l’assenza di qualsiasi iniziativa giudiziaria diretta al rilascio del bene sino al 2000, possono essere interpretati come manifestazione tacita di rinnovo del contratto, soprattutto se correlate all’avvenuto trattenimento, da parte del locatore, degli assegni circolari inviati dall’affittuario per le annualità successive al 1995. Il trattenimento di predetti assegni, pur senza incassarli, può ingenerare nell’affittuario il ragionevole affidamento in ordine alla prosecuzione del vincolo negoziale, tenuto conto che solo un eventuale rifiuto degli assegni o un’imputazione degli stessi a titolo di acconto dovuto per l’occupazione abusiva, avrebbe potuto inequivocabilmente interpretarsi, da parte dell’affittuario, come esplicita volontà di non rinnovare il contratto.
Tribunale Milano, 20/11/2003, n.15568
Locazione d’immobile
Nel caso in cui più soggetti siano comproprietari di un immobile destinato strutturalmente ad azienda per il rimessaggio, la custodia ed il lavaggio auto, e invece l’azienda sia organizzata da una società per azioni (le cui azioni sono ripartite tra i soci comproprietari in conformità delle quote di comproprietà del complesso aziendale), soltanto quest’ultima è legittimata a locare l’azienda a terzi, mentre i singoli comproprietari dell’immobile hanno unicamente il potere di dare al terzo in locazione l’immobile per la quota di cui essi sono titolari: pertanto, ove il contratto stipulato dai singoli comproprietari con il terzo abbia ad oggetto “l’immobile”, senza riferimento ai componenti essenziali del complesso aziendale ed alle modalità di subentro nei rapporti giuridici facenti capo all’azienda da parte dell’affittuario, il rapporto deve qualificarsi come locazione d’immobile ad uso diverso e non come affitto di azienda con ogni conseguenza in ordine alle norme applicabili, alla durata minima del rapporto prevista dalla legge ed al rinnovo automatico del contratto.
Tribunale Bari, 01/03/1991
Affitto e licenza di esercizio
Il proprietario dei locali utilizzati dall’affittuario per esercitare la somministrazione di prodotti alimentari e bevande (nella specie), non ha una posizione qualificata che lo legittimi a contestare (a motivo del mancato rinnovo del contratto di affitto) la legittimità della autorizzazione rilasciata per tale attività, in quanto tale posizione è riconoscibile solo a coloro che si trovano in rapporto di possibile concorrenzialità con il gestore in relazione all’esercizio dell’azienda. Pertanto, il ricorso del proprietario del locale diretto ad ottenere l’annullamento del provvedimento di autorizzazione commerciale rilasciato dall’affittuario è inammissibile.
T.A.R., (Veneto) sez. I, 04/08/1990, n.853