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Il ribaltone è costituzionale?

26 Agosto 2019
Il ribaltone è costituzionale?

Inciuci e strategie politiche in caso di crisi di Governo: quando il Presidente della Repubblica non è tenuto a indire elezioni anticipate, ma deve nominare un nuovo Capo del Governo.

Quando la politica non si basa su un bipolarismo perfetto ed esistono più di due schieramenti, può avvenire che il terzo partito che ha ottenuto più voti finisca per essere l’ago della bilancia nelle successive alleanze, finendo addirittura per giocare un ruolo chiave per il futuro del Paese. Esso potrebbe, infatti, decidere di allearsi con il secondo partito e, in barba alla coalizione che ha vinto le elezioni, andare a governare. È quello che comunemente viene chiamato ribaltone o, con un termine ancora più dispregiativo, “inciucio”.

In un’ipotesi del genere, non c’è elettore che non voglia tornare al voto e che rivendichi il diritto a «un governo scelto dal popolo», non invece il frutto di alleanze strategiche. Cosa dovrà fare il Capo dello Stato, unico organo con il potere di sciogliere le Camere? Dare rilievo alla voce degli elettori che avevano accordato le proprie preferenze al partito di maggioranza e, quindi, andare alle elezioni anticipate oppure prendere atto della mutata maggioranza e consentirei a quest’ultima di salire a palazzo Chigi? In altre parole, il ribaltone è costituzionale?

Per quanto potrà sembrarti ingiusto, il ribaltone non solo è legittimo e consentito dalla Costituzione, ma è assai abituale in Italia. E questo perché – anche in politica – il nostro Paese è sempre diviso: sono numerosi i partiti che si propongono alle elezioni, ciascuno rivendicando una propria autonomia ideologica, salvo poi trovare accordi in un momento successivo e formare alleanze anche molto eterogenee.

Ma perché il ribaltone è costituzionale? Se leggi attentamente le norme della nostra Costituzione dedicate al funzionamento delle Camere, del Governo e ai poteri del Presidente della Repubblica te ne renderai conto tu stesso. Qui di seguito, ti forniremo comunque tutte le spiegazioni di cui hai bisogno.

Il governo scelto dal popolo

Partiamo da una premessa: contrariamente a quanto molte persone ritengono, il governo scelto dal popolo è una pura invenzione degli elettori e di chi sta all’opposizione. Il Governo è formalmente deciso dal Capo dello Stato su proposta dei partiti di maggioranza: questo perché sono proprio questi ultimi che dovranno dare la fiducia all’esecutivo affinché questo possa operare. Il Governo, dunque, non è, né deve essere scelto e nominato dal popolo. Agli elettori è concesso soltanto di votare i due rami del Parlamento, organo differente dal Governo ma che, di fatto, dovrebbe controllarlo.

Il condizionale è d’obbligo: il nostro Parlamento è, infatti, sempre più inerte e incapace di esplicare un effettivo controllo sull’Esecutivo. Da un lato, tutte le principali leggi sono ormai di produzione governativa e frutto della politica di quest’ultimo; residuali sono, invece, le norme a firma dei deputati e senatori che preferiscono piuttosto limitarsi a votare decreti legge e legislativi inviati loro dall’Esecutivo.

Dall’altro lato, il Governo tiene sempre più sotto “ricatto” le Camere imponendo la cosiddetta “questione di fiducia”: in pratica, subordina il voto favorevole di una norma alla crisi di governo, situazione che comprometterebbe la poltrona degli stessi onorevoli. Così, pur di conservare il posto, questi preferiscono evitare voti di dissenso, non potendo però neanche modificare il testo delle norme.

Ritorniamo al punto da cui siamo partiti: il popolo non può scegliere il suo Governo. I rappresentanti della base sono solo deputati e senatori. Sono questi ultimi poi a votare il Governo tramite la cosiddetta fiducia. Leggi l’approfondimento Il Governo è scelto e nominato dal popolo?

Come stabilisce l’articolo 92 della Costituzione, il Presidente della Repubblica sceglie prima il premier e poi, su proposta di questi, la compagine dei vari ministri. L’Esecutivo rappresenta, quindi, la scelta che il Capo dello Stato fa sulla basa dell’attuale maggioranza parlamentare. Maggioranza che può anche cambiare in corso d’opera senza perciò violare alcuna norma.

Che succede in caso di ribaltone?

Il ribaltone si verifica, di solito, quando il partito che ha la maggioranza viene messo in minoranza da un accordo stretto tra le altre forze politiche. Nonostante queste ultime non abbiano singolarmente i numeri per governare, possono tuttavia farlo se, aggregandosi tra loro, costituiscono una nuova maggioranza.

Cosa deve fare il Presidente della Repubblica dinanzi a una situazione del genere? Per Costituzione, egli deve solo accertarsi che vi sia una maggioranza netta ed in grado di far funzionare l’esecutivo, non anche che questa sia necessariamente quella risultante vincitrice dalle ultime consultazioni elettorali.

Risultato: dinanzi a un ribaltone, il Capo dello Stato deve limitarsi a prenderne atto. Se la mutata maggioranza ha i numeri per governare – in quanto supportata da un Parlamento che dia ad essa il voto di fiducia e approvi poi le singole leggi – può solo limitarsi a nominare un nuovo premier (maggiori approfondimenti in Presidente della Repubblica, quando scioglie le Camere?).

Con la conseguenza che, in caso di crisi di governo, il Presidente della Repubblica non deve subito sciogliere le Camere: nessuna norma gli consente di farlo, ma deve prima accertarsi se vi sia una nuova maggioranza che supporti un nuovo Esecutivo, a prescindere dalla sua composizione. Se così fosse, si dovrà procedere alla nomina di un nuovo premier.

Cosa possono fare gli elettori

In questo gioco strategico, gli elettori non possono più mettere mano. Questi, infatti, hanno possibilità di intervenire solo in occasione del successivo voto, eventualmente negando la preferenza ai parlamentari “complici” dell’inciucio che, così facendo, hanno tradito le promesse elettorali, gli ideali e le linee originarie del partito.


note

Autore immagine: 123rf com


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