La multa è valida non solo se la polizia attesta il corretto funzionamento dell’apparecchio: è necessario l’originale o la copia conforme dell’attestato di taratura.
Se hai in mano una multa, è molto probabile che avrai notato, all’interno di essa, l’attestazione, fatta dai verbalizzanti, circa il corretto funzionamento dell’apparecchio a seguito di attenta verifica preventiva. Basta davvero così poco a far ritenere “funzionante” uno strumento di controllo elettronico della velocità così sensibile e delicato? Assolutamente no e a spiegarlo è una recente sentenza del giudice di pace di Savona [1]. In realtà, bisogna fare un passo indietro per comprendere la pronuncia e spiegare la ragione per cui, in casi come questo, è possibile fare ricorso e non pagare. Ma procediamo con ordine e vediamo cosa succede, in caso di indicazione nel verbale della taratura autovelox e tutor.
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Tutor e autovelox: ci deve essere la taratura
A seguito di una sentenza della Corte Costituzionale del 2015 [2], tutti i tutor, gli autovelox e i telelaser devono essere sottoposti a controllo di funzionalità almeno una volta all’anno. Questo per garantire che il continuo utilizzo non ne alteri le rilevazioni elettroniche. Tale controllo viene detto taratura e si distingue dal collaudo che, invece, viene effettuato una sola volta, dalla ditta produttrice, prima dell’utilizzo dello strumento.
Chiaramente, la taratura viene fatta da privati, in appositi centri autorizzati. Ma di essa bisogna darne pubblica attestazione con un verbale che, peraltro, deve essere messo a disposizione del cittadino qualora faccia richiesta di visione.
Il verbale deve indicare la taratura
A questo punto, la giurisprudenza si è posta un secondo problema: come fa il cittadino a sapere se l’autovelox o il tutor impiegato per elevargli la contravvenzione è stato davvero tarato? Bisogna costringerlo ogni volta a presentare un’istanza di accesso agli atti e, magari, attendere tanto tempo prima di una risposta, perdendo, però, la possibilità di fare ricorso?
Per evitare problemi di questo tipo, la Cassazione ha “inventato” un rimedio: non basta sottoporre lo strumento di controllo a taratura periodica, ma il verbale deve anche indicare l’ultima data in cui il check-up è stato effettuato. In tal modo, l’automobilista è in grado di sapere se è rispettato il termine di un anno per la taratura come imposto dalla Corte Costituzionale.
La funzionalità dell’apparecchio va dimostrata solo con la taratura
Prima della sentenza della Consulta, i poliziotti attestavano, su ogni verbale, che l’apparecchio era stato sottoposto a preventiva verifica di funzionalità proprio per garantire che lo stesso fosse in grado di accertare correttamente la velocità dei veicoli. Questa abitudine è rimasta tutt’ora, anche perché c’è qualche giudice che ritiene tale indicazione essenziale, in aggiunta quindi alla taratura. Ma attenzione: la taratura deve essere comunque effettuata. Non basta che il verbale della Stradale attesti «la corretta installazione e il perfetto funzionamento» del tutor o dell’autovelox con cui risulta rilevata l’infrazione. E ciò perché l’accertamento degli agenti non fa fede fino a querela di falso rispetto alla regolare rilevazione elettronica della velocità. L’affermazione è, infatti, frutto di una semplice valutazione dei poliziotti.
Come dire: i poliziotti non sono dei tecnici e non possono essere sicuri dell’assenza di guasti. Potrebbero al limite attestare, con assoluta certezza, il luogo in cui l’autovelox è collocato o l’orario in cui il tutor ha rilevato la velocità (si tratta infatti di circostanze che si svolgono sotto i loro occhi), ma non certo se tale strumento era realmente funzionante. Per dimostrare ciò, esiste una sola strada: esibire l’attestato di taratura in originale o in copia conforme. Così, se l’automobilista presenta ricorso contro il verbale e contesta la mancata taratura dell’apparecchio, l’amministrazione che rimane inerte nella prova contraria non può più chiedergli il pagamento della multa. È quanto emerge dalla sentenza del giudice di pace di Savona.
Spetta, dunque, alla polizia dimostrare di aver adempiuto l’onere del controllo periodico; non giova produrre i semplici certificati di omologazione e conformità.
note
[1] Gdp Savona, sent. n. 333/19.
[2] C. Cost. sent. n. 113/15.