Leggi le ultime sentenze su: scoperta dell’adulterio; prova della conoscenza dell’adulterio; disconoscimento della paternità; termine di decadenza per l’esercizio dell’azione di disconoscimento della paternità.
Indice
- 1 Momento della conoscenza dell’adulterio
- 2 Conoscenza della relazione
- 3 Adulterio: data della conoscenza certa del fatto
- 4 Scoperta dell’adulterio e azione di disconoscimento di paternità
- 5 Domanda di disconoscimento della paternità
- 6 Certezza dell’adulterio: fa decorrere il termine per il disconoscimento della paternità?
- 7 Adulterio: termine di decadenza dall’azione di disconoscimento della paternità
- 8 Decadenza dall’esercizio dell’azione di disconoscimento di paternità
- 9 Disconoscimento di figlio nato prima dei 180 giorni dal matrimonio
- 10 Figlio concepito durante il matrimonio
- 11 Interesse del minore
Momento della conoscenza dell’adulterio
La scoperta dell’adulterio va intesa come acquisizione certa della conoscenza di un fatto rappresentato o da una vera e propria relazione, o da un incontro, comunque sessuale, idoneo a determinare il concepimento del figlio che si vuole disconoscere. Il giudice deve accertare ex officio il rispetto del termine decadenziale di un anno dalla scoperta, dovendo correlativamente l’attore fornire la prova che l’azione sia stata proposta entro il termine previsto.
Cassazione civile sez. I, 11/06/2019, n.15727
Conoscenza della relazione
Ai fini dell’azione per il disconoscimento della paternità del figlio concepito durante il matrimonio, il “dies a quo” del termine annuale va collocato nel momento della scoperta dell’adulterio, intesa quale conoscenza della relazione o dell’incontro di carattere sessuale della donna con altro uomo, idonei a determinare il concepimento del figlio che s’intende disconoscere.
Cassazione civile sez. I, 26/03/2013, n.7581
Adulterio: data della conoscenza certa del fatto
In tema di azione di disconoscimento di paternità esercitata dal figlio, ai sensi dell’art. 235, comma 1, n. 3, c.c., in caso di adulterio della madre, il termine annuale di decadenza di cui all’art. 244, comma 3, per l’introduzione dell’azione decorre dalla data dell’acquisizione della conoscenza dell’adulterio e non da quella della raggiunta certezza negativa (da parte del figlio) della paternità biologica .
Cassazione civile sez. I, 02/07/2010, n.15777
Scoperta dell’adulterio e azione di disconoscimento di paternità
Il termine di decadenza per l’esercizio dell’azione di disconoscimento di paternità avanzato dal padre è correlato alla scoperta in maniera certa dell’adulterio della moglie.
Cassazione civile sez. VI, 07/06/2017, n.14243
Domanda di disconoscimento della paternità
Posto che la “scoperta” dell’adulterio commesso all’epoca del concepimento – alla quale si collega il decorso del termine annuale di decadenza fissato dall’art. 244 cod. civ. – va intesa come acquisizione certa della conoscenza (e non come mero sospetto) di un fatto, la domanda di disconoscimento della paternità è fondata e deve essere accolta.
Deve, tuttavia, essere accolta la domanda svolta dalla minore di mantenimento dei cognome paterno. Infatti, il diritto al nome costituisce uno dei diritti fondamentali, costituzionalmente garantiti di ciascun individuo (art. 2 e 22 Cost), pertanto, la scelta che deve esser fatta, in ordine al cognome, deve essere ponderata in riferimento all’identità personale posseduta dalla minore nell’ambiente in cui è cresciuta fino al momento del disconoscimento da parte dell’attore.
Tribunale Bologna sez. I, 10/08/2015, n.2495
Certezza dell’adulterio: fa decorrere il termine per il disconoscimento della paternità?
La scoperta dell’adulterio commesso all’epoca del concepimento – alla quale si collega il decorso del termine annuale di decadenza fissato dall’art. 244 c.c. (come additivamente emendato con sentenza n. 134 del 1985 della Corte costituzionale) – va intesa come acquisizione certa della conoscenza (e non come mero sospetto) di un fatto rappresentato o da una vera e propria relazione, o da un incontro, comunque sessuale, idoneo a determinare il concepimento del figlio che si vuole disconoscere, non essendo sufficiente la mera infatuazione, la mera relazione sentimentale o la frequentazione della moglie con un altro uomo. (Nella specie la S.C. ha confermato la sentenza di appello che ha riconosciuto la tempestività della domanda di disconoscimento della paternità, ritenendo che, pur risultando una pregressa conoscenza dell’adulterio da parte dell’attore, solo all’esito dell’espletamento della prova del DNA, questi ne avesse acquisito la certezza).
Cassazione civile sez. I, 09/02/2018, n.3263
Adulterio: termine di decadenza dall’azione di disconoscimento della paternità
La scoperta dell’adulterio commesso all’epoca del concepimento – alla quale si collega il decorso del termine annuale di decadenza fissato dall’art. 244 c.c. – va intesa come acquisizione certa della conoscenza (e non come mero sospetto) di un fatto rappresentato o da una vera e propria relazione, o da un incontro, comunque sessuale, idoneo a determinare il concepimento del figlio che si vuole disconoscere, non essendo sufficiente la mera infatuazione, la mera relazione sentimentale o la frequentazione della moglie con un altro uomo.
Cassazione civile sez. I, 06/03/2019, n.6517
Decadenza dall’esercizio dell’azione di disconoscimento di paternità
In tema di azione di disconoscimento di paternità, grava sull’attore la prova della conoscenza dell’adulterio, che si pone come “dies a quo” del termine di decadenza per l’esercizio dell’azione ex art. 244 c.c., in ciò avvalendosi anche del principio di non contestazione, che opera – anche in materia di diritti indisponibili – espungendo il fatto generatore della decadenza dall’ambito del “thema probandum”, fermo restando che l’esistenza di una non contestazione sulla data della scoperta dell’adulterio non esclude che il giudice, in ragione della preminenza dell’interesse pubblico nelle questioni di stato delle persone, non possa rilevare “ex actis” un eventuale ulteriore termine di decorrenza che renda l’azione inammissibile.
Cassazione civile sez. I, 30/06/2016, n.13436
Disconoscimento di figlio nato prima dei 180 giorni dal matrimonio
Anche in relazione all’ipotesi dell’azione di disconoscimento di paternità di figlio “reputato legittimo” nato prima che siano decorsi 180 giorni dalle nozze, la “scoperta” dell’adulterio commesso all’epoca del concepimento – alla quale si collega il decorso del termine annuale di decadenza fissato dall’art. 244 cod. civ. (come additivamente emendato con sentenza n. 134 del 1985 della Corte costituzionale) – va intesa come acquisizione certa della conoscenza (e non come mero sospetto) di un fatto – non riducibile, perciò, a mera infatuazione, o a mera relazione sentimentale, o a mera frequentazione della moglie con un altro uomo – rappresentato o da una vera e propria relazione, o da un incontro, comunque sessuale, idoneo a determinare il concepimento del figlio che si vuole disconoscere.
Cassazione civile sez. I, 26/06/2014, n.14556
Figlio concepito durante il matrimonio
Ai fini dell’azione per il disconoscimento della paternità del figlio concepito durante il matrimonio, il “dies a quo” del termine annuale va collocato nel momento della scoperta dell’adulterio, intesa quale conoscenza della relazione o dell’incontro di carattere sessuale della donna con altro uomo, idonei a determinare il concepimento del figlio che s’intende disconoscere.
Cassazione civile sez. I, 26/03/2013, n.7581
Interesse del minore
In tema di azione per il disconoscimento della paternità, è manifestamente infondata la q.l.c. dell’art. 244 c.c. in relazione all’art. 117 cost., con riferimento all’art. 8 della convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, laddove vieta eventuali ingerenze di una autorità pubblica nell’esercizio del diritto al rispetto della propria vita privata e familiare, dal momento che il termine di decadenza per l’esercizio di detta azione è correlato ad un evento (scoperta in maniera certa dell’adulterio) che pone il presunto padre in condizione di valutare se proporre o meno, entro un termine congruo, la domanda di cui all’art. 235 c.c. ed al contempo garantisce sufficientemente, in ragione di tale congruità, l’interesse del minore alla certezza del suo “status”.
Cassazione civile sez. I, 30/05/2013, n.13638
Vorrei capire una cosa. Ma l’adulterio ed il tradimento sono sinonimi? Cioè sono la stessa cosa? Se non è così, allora potete spiegarmi qual è la differenza tra adulterio e tradimento?
La differenza tra adulterio e tradimento risiede:
-nel legame della coppia. Si commette tradimento quando due persone sono fidanzate (e una delle due intraprende una relazione con un altro soggetto), oppure quando il rapporto extraconiugale è semplicemente occasionale e non continuo. L’adulterio, viceversa, si ha solo qualora due soggetti siano sposati;
-nella durata. In riferimento al matrimonio, l’adulterio è un tradimento continuo che si traduce in una relazione extraconiugale con un partner diverso dal coniuge. La semplice scappatella senza legami affettivi non configura adulterio.
È possibile trovare ulteriori differenze tra adulterio e tradimento. Ad esempio:
l’adulterio, secondo la storia, era l’infedeltà della moglie nei confronti del marito. Non esistevano termini che potessero indicare l’esempio opposto, ossia l’infedeltà del marito nei confronti della moglie. La stessa legge [1] puniva esclusivamente la donna qualora commetteva adulterio,
il tradimento è considerato tale dalla società anche quando si intrecciano rapporti platonici, senza necessariamente consumare quello carnale.
Oggi non esiste una differenza netta tra adulterio e tradimento e la parola ”adulterio” viene usata nel linguaggio comune. Nessun giudice e nessun avvocato utilizza il termine adulterio per definire l’infedeltà di una donna e non anche quella dell’uomo, mentre sembra consuetudine adoperare la parola ”tradimento” nelle aule giudiziarie.
Infine solo il tradimento commesso da uno dei due coniugi consente di procedere per la separazione con addebito, mentre l’infedeltà di un partner (nei rapporti di fidanzamento o nelle coppie di fatto) non dà diritto né a risarcimento, né tanto meno all’addebito della separazione.
L’adulterio è illegale? tradire rappresenta un reato? Quali sono le conseguenze dell’adulterio?
Partiamo da un dato certo e a tutti noto: l’adulterio è vietato solo per chi è sposato. Non vale quindi per i conviventi e per le unioni civili tra omosessuali che, pertanto, si possono reciprocamente tradire senza alcuna conseguenza legale. Il dovere di fedeltà per coppie unite in matrimonio deriva dal codice civile il quale stabilisce, tra i doveri dei coniugi, il vincolo di fedeltà. Come vedremo a breve, però, si tratta di una norma che non pone sanzioni. Per cui, le conseguenze legali di un tradimento hanno una portata limitata solo al successivo (ed eventuale) giudizio di separazione e divorzio tra i coniugi. In pratica, le uniche ripercussioni dell’adulterio possono aversi solo nel caso in cui la coppia decida, proprio a causa della relazione extraconiugale, di dirsi addio. Intanto togliamo un dubbio che molti si pongono: tradire è reato? Assolutamente no: se, come abbiamo detto, l’infedeltà non ha conseguenze rilevanti sul piano civilistico, ancor meno ne ha su quello penale. Dunque, l’adulterio non è reato e non risulta da nessun documento o certificato. Se chiedi a un avvocato se tradire è legale ti dirà di no, proprio perché il codice vieta l’infedeltà. Ma cosa può fare il coniuge tradito contro il traditore? Ben poco: salvo rarissimi casi in cui può chiedere il risarcimento (di questi ci occuperemo più in là), può solo presentare una domanda di separazione con addebito. Cosa significa? Lo spiegheremo nel nostro articolo https://www.laleggepertutti.it/235476_adulterio-conseguenze-legali
Se due intrattengono una relazione platonica e sentimentale, si parla di adulterio? Anche se non c’è un contatto fisico?
Secondo la Cassazione (Cass. sent. n. 9472/1999), per integrare l’adulterio è sufficiente, anche in assenza di una prova specifica di relazione sessuale con terzi, l’esternazione di comportamenti tali da ledere il rapporto di dedizione fisica e spirituale tra i coniugi, ferendo la sensibilità e la dignità di colui o colei che subisce gli effetti di quei comportamenti. Rileva, sotto questo aspetto, anche il semplice tentativo e un rapporto platonico ove però si confessino i propri sentimenti affettivi. Per maggiori informazioni, leggi il nostro articolo Adulterio: conseguenze legali https://www.laleggepertutti.it/235476_adulterio-conseguenze-legali
Le foto sono utilizzabili per l’addebito a causa di un tradimento?
Siamo abituati a pensare alla foto come alla prova massima di un evento, superiore anche al racconto di un testimone. Essa è infatti la riproduzione fedele della realtà, mentre le dichiarazioni di un terzo possono essere manipolate dalla memoria, dalle convinzioni personali e dai rapporti tra le parti. Eppure nel nostro processo le cose vanno all’inverso: la fotografia non è una prova se viene contestata dalla parte contro cui viene prodotta. In tal caso, essa vale quanto la carta straccia. Ma non basta una generica contestazione: è necessario suggerire al giudice le ragioni per cui lo scatto potrebbe dire qualcosa di diverso dalla realtà. Qui le cose potrebbero complicarsi perché è necessario gettare l’ombra del dubbio sull’immagine e sulla sua corrispondenza ai fatti rappresentati. Tanto per fare un esempio, se in una causa di separazione la moglie esibisce una foto che vede il marito in auto con una donna, di sera, questo non basta a dire che si tratta dell’amante, visto che potrebbe essere una collega di lavoro o una passante che ha chiesto un passaggio. Le giustificazioni possono essere numerose e se anche all’interno delle mura domestiche possono non reggere, dinanzi al giudice invece i sospetti non sono sufficienti per arrivare a una condanna per adulterio e all’addebito. Se invece la foto non viene contestata – per dimenticanza o per assenza di malizia giuridica – essa diventa però prova documentale e, quindi, può fondare una sentenza di condanna per infedeltà.