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Colf, badanti e baby sitter: stipendio e nuove regole

19 Giugno 2018 | Autore:
Colf, badanti e baby sitter: stipendio e nuove regole

Vediamo tutte le nuove regole concernenti colf, badanti e baby sitter; quanto pagare colf e badanti nel 2018; cosa dispone la legge in ordine all’orario massimo di lavoro per i collaboratori domestici ed in cosa consiste il nuovo bonus baby sitter

Il lavoro domestico molto spesso viene “sottovalutato”. Niente di più errato: badanti, colf, baby sitter e collaboratori domestici sono lavoratori come tutti gli altri. Ciò posto, è molto importante instaurare correttamente il rapporto con un collaboratore domestico, sia per evitare incomprensioni e malintesi, sia per scongiurare spiacevoli strascichi legali ed evitare di esporsi a sanzioni.

Per tutti i dettagli e gli approfondimenti sul lavoro domestico, vi consigliamo la lettura di una semplice guida: Lavoro domestico: tutto quello che c’è da sapere. In questo articolo, invece, ci occuperemo delle nuove regole vigenti in materia. Sul punto, infatti, è bene sapere che è aumentato lo stipendio da corrispondere a badanti, collaboratrici domestiche, colf e baby sitter. In questo periodo, inoltre, ci sono molti riflettori puntati sull’orario massimo di lavoro di colf e badanti. Eventuali violazioni da parte del datore di lavoro, infatti, saranno pesantemente sanzionate. È molto importante, inoltre, sapere che è stata appena introdotta la possibilità per le madri lavoratrici di richiedere, al termine del congedo di maternità ed entro gli undici mesi successivi, il cosiddetto Bonus baby sitter, in alternativa al congedo parentale. Il Bonus baby sitter consiste nella corresponsione di voucher per l’acquisto dei servizi di baby sitting e si concretizza in un contributo per far fronte agli oneri della rete pubblica dei servizi per l’infanzia o dei servizi privati accreditati, per un massimo di sei mesi.

Ma procediamo con ordine. Vediamo allora tutte le nuove regole concernenti colf, badanti e baby sitter; quanto pagare colf e badanti nel 2018. In seguito vedremo cosa dispone la legge in ordine all’orario massimo di lavoro per i collaboratori domestici ed in cosa consiste il nuovo bonus baby sitter.

Quanto pagare colf, badanti e baby-sitter 

Come per ogni settore lavorativo, anche il rapporto di lavoro domestico, che di norma riguarda colfbadantibaby-sitter, ecc., è regolato da un apposito contratto, vale a dire il contratto collettivo nazionale di lavoro (ccnl), che indica i minimi tabellari ossia la retribuzione minima che va riconosciuta a chi svolge questo lavoro. Il Ccnl lavoro domestico indica in modo preciso quanto pagare la colf, la badante, la baby-sitter o la donna delle pulizie. Qualora le parti dovessero concordare un compenso più basso di quello stabilito dal contratto collettivo, il contratto resterebbe valido, ma la colf o badante –  al termine del rapporto di lavoro – potrà chiedere un’integrazione retributiva. Quanto poi ai contributi, questi vanno versati ogni tre mesi all’Inps. Il loro ammontare varia a seconda del numero di ore di lavoro svolte alla settimana e dalla retribuzione oraria. Molto importante è non retribuire mai i lavoratori domestici in contanti, poiché – di fronte a possibili contestazioni – potrebbe essere difficile dimostrare l’adempimento dei pagamenti. Meglio allora prescegliere un assegno circolare o un bonifico, che garantiscono sempre la tracciabilità dei pagamenti e la prova degli stessi.

Lavoro domestico e stipendio minimo 

Ciò detto è bene sapere che per quanto riguarda il lavoro domestico, il Ccnl di categoria è stato aggiornato nel 2017, ma la materia è in continua evoluzione, tant’è che in favore di colf, badanti e di tutti gli altri lavoratori inquadrati secondo le regole stabilite dal Ccnl lavoro domestico, sono state di recente aggiornate le fasce stipendiali, cioè lo stipendio minimo da erogare ai lavoratori domestici. Di conseguenza, nei confronti di colf, badanti, baby-sitter e di tutti gli altri lavoratori domestici assunti con regolare contratto dovrà essere erogato obbligatoriamente da parte del datore di lavoro l’aumento in busta paga. Vediamo, dunque, di quanto è aumentato lo stipendio  di colf e badanti nel 2018.

Stipendio minimo colf e badanti

Ecco le tabelle di stipendio minimo per colf, badanti e lavoratori domestici disposte con l’adeguamento Istat del Ccnl lavoro domestico 2017.


Tabella A: Conviventi a servizio intero

 

LivelloMinimi salariali mensili (€)
A625,15
AS738,82
B795,65
BS852,48
C909,33
CS966,15
D1.136,64 (+ indennità 168,07)
DS1.193,47 (+ indennità 168,07)
 

Tabella B: Conviventi a servizio ridotto

 

LivelloMinimi salariali mensili (€)
B568,32
BS596,74
C659,24
 

Tabella C: Non conviventi

 

LivelloMinimi salariali orari (€)
A4,54
AS5,36
B5,68
BS6,02
C6,36
CS6,70
D7,73
DS8,07
 

Tabella D: Assistenza notturna

 

LivelloMinimi salariali mensili (€)
BS980,35 (autosufficienti)
CS1.111,07 (non autosufficienti)
DS1.372,52 (non autosufficienti)
 

Tabella E: Presenza notturna (€)

 

Livello unico656,41
 

Tabella F: Indennità (€ – valori giornalieri)

 

pranzo e/o colazione1,91
cena1,91
alloggio1,66
totale5,48
 

Tabella G: Casi di copertura (*)

 

LivelloMinimi salariali orari (€)
CS7,21
DS8,69
 

(*) Assistenza a persone non autosufficienti, con prestazioni limitate alla copertura dei giorni di riposo dei lavoratori titolari.


Stipendio colf e badanti: cosa cambia nel 2018

Come anticipato, per il 2018, è stato disposto un aumento dello stipendio minimo da corrispondere a colf, badanti e donne delle pulizie. Gli aumenti si sono resi necessari in base alla variazione dell’indice Istat (+0,8%).

Gli incrementi, in realtà, non sono elevatissimi. Così, per fare un esempio, colf, badanti e baby sitter  inquadrate nel livello B (non conviventi, con esperienza) riceveranno in busta paga  un aumento pari a circa 5 euro mensili.  Per l’ assistenza a persone non autosufficienti in regime di convivenza, invece, lo stipendio mensile aumenterà di 6,18 euro.

Per comodità, invitiamo alla consultazione della nuova tabella relativa ai minimi retributivi da corrispondere ai lavoratori domestici, disponibile al seguente link:  Tabella stipendi minimi colf e badanti 2018.

Sul punto si rende necessario precisare che l’aumento riguarda solo coloro che retribuiscono il proprio collaboratore in base alle tariffe sindacali. Per i datori di lavoro domestico che già corrispondono invece importi più elevati per la presenza di un superminimo assorbibile la retribuzione non varierà.

Colf e badanti: l’orario massimo di lavoro

Il lavoro nobilita l’uomo. Come in tutte le cose, però, il “troppo storpia” e dal lavoro che nobilita l’uomo a quello che lo debilita il passo è davvero breve. Proprio per questo motivo, la legge fissa determinati limiti all’orario di lavoro, che non possono essere travalicati dal datore di lavoro, il quale  – in caso contrario – andrà incontro a sanzioni particolarmente onerose. Ciò vale per tutti i settori dell’economia e per tutte le tipologie di lavoro, nessuno escluso. In particolare, con una recente sentenza, la Corte di Cassazione [1]  ha avuto modo di chiarire che la disciplina sull’orario di lavoro si applica anche alle badanti e che tale disciplina fissa dei limiti che non possono mai essere valicati dal datore di lavoro (nel caso di specie una Onlus). Vediamo, dunque, cosa dispone la legge in materia di orario massimo di lavoro; a quante ore di risposo hanno diritto in particolare le bandati e quali le sanzioni per i datori di lavoro o le aziende che impongano orari di lavoro illegittimi.

Orario di lavoro: quali limiti?

Con un’apposita Direttiva [2] il Legislatore europeo ha stabilito i principi fondamentali in materia di riposipause, ferie, orario massimo di lavoro e lavoro notturno.

La normativa è molto chiara e prevede, in particolare, quanto segue:

  • Riposo giornaliero: nell’arco di 24 ore ogni lavoratore ha diritto, come minimo, a 11 ore consecutive di riposo.
  • Tempo di lavoro massimo settimanale: non si può lavorare per più di 48 ore a settimana, straordinari compresi.

 

A chi si applica la normativa sull’orario di lavoro?

La risposta è molto semplice. La normativa europea sul cosiddetto eurorario di lavoro stabilisce standard comuni che disciplinano l’orario di lavoro. Tali principi si applicano nei confronti di tutti i lavoratori dell’Unione Europea e sono validi per tutti i settori dell’economia, nessuno escluso. Il rispetto dei predetti limiti è importantissimo: orari di lavoro “umani” alternati a riposi sufficienti servono proprio ad evitare che l’eccessivo affaticamento del personale possa costituire  un pericolo per la salute e l’incolumità degli stessi lavoratori. Detta in maniera semplice: per essere lucidi, lavorare bene ed evitare di incappare in pericoli determinati dall’eccessivo affaticamento fra un turno di lavoro e l’altro bisogna andare a casa, mangiare qualcosa e farsi una bella dormita. Gli orari, quindi, devono lasciare libere da impegni le persone per almeno 11 ore al giorno senza interruzioni.

Orario di lavoro: cosa prevede la legge

In Italia i principi stabiliti dal Legislatore europeo sono stati correttamente recepiti nel 2003 con un apposito il Decreto legislativo [3]. Ed infatti, a partire dal 2003, il Legislatore italiano ha garantito a tutti i lavoratori tutele e diritti conformi a quelli previsti dalla normativa europea. Peccato che però non sempre la legge viene rispettata e molte volte i lavoratori sono costretti a turni massacranti. Come visto, la legge non prevede un limite giornaliero di durata della prestazione lavorativa. Tuttavia, atteso che spettano almeno 11 ore di riposo consecutive al giorno, tale limite può essere determinato in 13 ore giornaliere, interpretando “a contrario” le disposizioni in materia di riposi giornalieri e pause.

Orario di lavoro illegittimo: le sanzioni per il datore di lavoro

Se l’azienda viola i limiti dell’orario giornaliero di lavoro appena indicati rischia una sanzione che va da 200 a 1.500 euro. Se la violazione si riferisce a più di cinque lavoratori ovvero si è verificata in almeno tre periodi di riferimento, la sanzione amministrativa è da 800 a 3.000 euro. Se la violazione si riferisce a più di dieci lavoratori oppure si è verificata in almeno cinque periodi di riferimento la sanzione amministrativa è da 2.000 a 10.000 euro e non è ammesso il pagamento della sanzione in misura ridotta. Per casi più gravi non si escludono sanzioni più onerose (come a breve vedremo).

Badanti: quante ore di riposo spettano?

Tutti i principi sin qui descritti, valgono anche per le badanti, le quali – come tutti i lavoratori – hanno diritto ad almeno 11 ore di riposo giornaliero consecutive. A chiarirlo, come anticipato, è stata proprio la Corte di Cassazione, la quale  – dando torto a una Onlus di Lecco che forniva personale per l’assistenza familiare e che sosteneva che le ore di riposo dei dipendenti non dovevano essere per forza godute di fila – ha invece ribadito come il diritto al riposo dei lavoratori deve intendersi consecutivo.

Orario di lavoro badanti: le 11 ore di risposo devono essere consecutive

I principi sopra esposti sono talmente importanti da non poter essere derogati da alcun contratto di categoria. A nulla, dunque, sono valse le difese della Onlus che ha cercato di correre ai ripari sostenendo che il contratto Uneba – Unione nazionale istituzioni ed iniziative di assistenza sociale – nello stabilire che le lavoratrici e i lavoratori avevano diritto ad un riposo giornaliero di 11 ore ogni 24 ore, non aveva previsto che le ore di riposo dovessero essere consecutive.

Ad avviso dei giudici, invece, non si può in alcun modo tentare di eludere la legge e non c’è contratto o esigenza aziendale che tenga di fronte al diritto dei lavoratori (tutti, comprese le badanti) di poter godere del riposo minimo giornaliero, fissato in 11 ore di fila. Il mancato rispetto di questa previsione è costato molto caro alla Onlus che era stata già condannata dal Ministero del lavoro con una multa da 13.620 euro e sanzionata  per sfruttamento della manodopera.

Ore di riposo colf e badanti: precisazioni

È evidente, dunque, che  se il dipendente necessita di 11 ore di riposo continuativo, lo stesso non potrà lavorare di giorno e di notte. In questi casi, quindi, servirebbero due lavoratori uno per la notte ed uno per il giorno. Al riguardo va ricordato che – in base alle ultime novità ed agli incrementi stipendiali da ultimo disposti – la parte relativa al lavoro notturno nel Ccnl prevede che per l’assistenza alle persone autosufficienti la paga minima sia di € 986,62 per mese che sale a € 1.118,18 ed a € 1.381,530 se l’assistito non è autosufficiente e rispettivamente se il lavoratore è inquadrato nelle categorie CS o DS. Resta inteso che negli altri casi di presenza notturna e di livello unico di inquadramento la paga mensile minima è pari a € 660,61.

Colf, badanti e giorno di riposo  

Ogni collaboratrice domestica ha diritto ad almeno un giorno di riposo a settimana, ovvero ad una giornata in cui è completamente libera dalle mansioni e dalle attività lavorative previste dal contratto. Nella maggior parte dei casi il giorno di riposo cade di domenica, ma non è la legge ad imporlo. Dunque, le parti sono libere di accordarsi diversamente e di stabilire un diverso giorno di risposo, cosa che accade spesso, ad esempio, per i lavoratori domestici di fede diversa da quella cristiana.

Riposo settimanale badanti: quanto dura e quali regole

In merito alla durata del riposo settimanale è necessario fare una distinzione a seconda che il collaboratore domestico sia o meno convivente:

  • Collaboratori domestici non conviventi: 24 ore il giorno stabilito dalle parti nella lettera di assunzione
  • Collaboratori domestici conviventi: 36 ore, di cui 24 che devono essere godute il giorno stabilito dalle parti nella lettera di assunzione, mentre le restanti 12 possono essere godute in un altro giorno della settimana, concordato sempre tra le parti.

Se per esigenze imprevedibili il datore di lavoro chiede al lavoratore domestico di restare operativo nel giorno di riposo, dovrà essere concesso un uguale numero di ore di riposo nel corso della giornata immediatamente successiva. Sul punto, inoltre, è bene sapere che le ore lavorate durante il riposo settimanale devono essere retribuite con una maggiorazione del 60%. Se si tratta di una lavoratrice convivente che, come visto, ha diritto ad un’ulteriore mezza giornata di riposo settimanale, le ore lavorate durante quelle 12 ore settimanali devono essere retribuite con una maggiorazione del 40%.

Colf e badanti: quando spettano gli straordinari

Colf e badanti non hanno diritto agli straordinari pagati separatamente senza uno specifico e dettagliato patto di conglobamento, soprattutto  se l’accordo tra le parti si riferisce ad un orario complessivo giornaliero superiore a quello ordinario. Ciò è quanto emerge da una recentissima pronuncia della Cassazione [4], la quale ha dato ragione ai parenti del datore di lavoro di una domestica assunta in nero. La donna, giustamente, aveva già ottenuto le differenze retributive; in più aveva chiesto il pagamento degli straordinari.

Sul punto, tuttavia, i giudici della Corte di Cassazione hanno rilevato che il patto di conglobamento per la retribuzione di corrispettivi ulteriormente dovuti al lavoratore per legge o per contratto è valido solo se dal patto di conglobamento stesso risultino gli specifici titoli cui è riferibile la prestazione patrimoniale complessiva, poiché solo in tal caso è superabile la presunzione che il compenso convenuto è dovuto quale corrispettivo della sola prestazione ordinaria e si rende possibile un controllo da parte del giudice circa l’effettivo riconoscimento dei diritti inderogabilmente spettanti al lavoratore per legge o per contratto.

Patto di conglobamento: quando è valido

Conformemente a quanto scritto sopra, può affermarsi che il patto di conglobamento è valido a condizione che sia specificato il compenso per il lavoro ordinario e quello per il lavoro straordinario e che risultino riconosciuti tutti i diritti inderogabili dei lavoratori.

Ai fini della validità del patto di conglobamento del compenso per il lavoro straordinario nella retribuzione ordinaria, dunque, è necessario che risultino riconosciuti i diritti inderogabili dei lavoratori e che sia determinato quale sia il compenso per il lavoro ordinario e quale l’ammontare del compenso per lavoro straordinario, in modo da consentire al giudice il controllo circa l’effettivo riconoscimento al lavoratore dei diritti inderogabilmente spettantigli per legge o in virtù della contrattazione collettiva.

Non è valido, invece,  il patto di conglobamento di tutte le voci retributive in una somma complessiva da erogarsi mensilmente. Serve infatti un’elencazione degli importi specifica per ogni singola voce [5].

Bonus baby sitter: cos’è e come funziona

Occupiamoci adesso più specificatamente delle baby sitter. Ebbene, l’esigenza di una baby sitter che si prenda cura dei bambini piccoli è sempre più diffusa, soprattutto in quelle situazioni in cui i nonni non possono sopperire all’assenza dei genitori che lavorano. La legge [6], dunque, ha introdotto la possibilità per le madri lavoratrici di richiedere, al termine del congedo di maternità ed entro gli undici mesi successivi il cosiddetto Bonus baby sitter, in alternativa al congedo parentale. Il Bonus baby sitter consiste nella corresponsione di voucher per l’acquisto dei servizi di baby sitting e si concretizza in un contributo per far fronte agli oneri della rete pubblica dei servizi per l’infanzia o dei servizi privati accreditati, per un massimo di sei mesi. A partire dall’anno 2018, i voucher per l’acquisto di servizi di baby sitting in alternativa al congedo parentale vengono rinominati “contributo per l’acquisto di servizi di baby sitting”, il quale viene erogato secondo le modalità previste per il Libretto famiglia. La novità, in realtà in vigore dal 1° gennaio 2018, è stata comunicata dall’Inps con un apposito messaggio [7]. Vediamo allora cos’è  e come funziona il Bonus baby sitter 2018, chi sono i soggetti ammessi al beneficio, qual è la misura e la durata del bonus baby sitter 2018, quali le modalità di erogazione e come presentare la relativa domanda.

Bonus baby sitter 2018: cos’è

Il Bonus baby sitter consiste nelle seguenti forme di contributo, alternative tra loro:

  • il contributo per far fronte agli oneri della rete pubblica dei servizi per l’infanzia o dei servizi privati accreditati;
  • il contributo per l’acquisto di servizi di baby-sitting erogato secondo le modalità del “Libretto Famiglia”.

Bonus baby sitter 2018: come funziona

Dal 2018 i voucher escono definitivamente di scena. Dunque, le mamme che vogliono rinunciare in tutto o in parte al congedo parentale per sostituirlo con il contributo economico per pagare la baby sitter devono utilizzare il Libretto famiglia.  Si precisa, al riguardo, che i voucher già acquisiti telematicamente entro il 31 dicembre 2017 continueranno ad avere validità fino al 31 dicembre 2018.

Le caratteristiche del contributo non variano rispetto all’anno scorso e prevedono, quindi, un importo massimo di 600 euro per un massimo di 6 mesi per le lavoratrici dipendenti (il valore viene ridotto in proporzione in caso di impiego part time). La durata massima, invece, è di 3 mesi per le lavoratrici autonome. Il passaggio alla procedura del Libretto lavoro comporta il rispetto delle istruzioni già fornite dall’Inps nel 2017. Quindi, sia la mamma, sia la baby sitter si devono registrare sulla piattaforma informatica dell’istituto di previdenza, con le modalità che vedremo di seguito. Ma procediamo con ordine.

Bonus baby sitter 2018: chi può usufruirne

Possono accedere al beneficio le seguenti categorie di mamme lavoratrici:

  • le lavoratrici dipendenti di amministrazioni pubbliche o di privati datori di lavoro;
  • le lavoratrici iscritte alla Gestione separata Inps [8] (ivi comprese le libere professioniste, che non risultino iscritte ad altra forma previdenziale obbligatoria e non siano pensionate, pertanto tenute al versamento della contribuzione in misura piena), che si trovino, al momento della presentazione della domanda, ancora all’interno degli 11 mesi successivi alla conclusione del teorico periodo di indennità di maternità e non abbiano fruito ancora di tutto il periodo di congedo parentale;
  • le lavoratrici autonome o imprenditrici (coltivatrici dirette, mezzadre e colone; artigiane ed esercenti attività commerciali; imprenditrici agricole a titolo principale e pescatrici autonome della piccola pesca marittima e delle acque interne), che abbiano concluso il teorico periodo di fruizione dell’indennità di maternità e per le quali non sia decorso 1 anno dalla nascita o dall’ingresso in famiglia (nei casi di adozione e affidamento) del minore e che non abbiano fruito ancora di tutto il periodo di congedo parentale;

Le madri lavoratrici possono accedere al beneficio anche per più figli, presentando una domanda per ogni figlio e purché ricorrano, per ciascuno di essi, i requisiti sopra richiamati.

Bonus baby sitter 2018: chi non può usufruirne

Non sono ammesse al beneficio le seguenti categorie di lavoratrici:

  • le lavoratrici che non hanno diritto al congedo parentale;
  • le lavoratrici in fase di gestazione;
  • le lavoratrici che siano ancora in congedo di maternità (o nel teorico periodo di fruizione dell’indennità di maternità in caso di lavoratrici autonome o imprenditrici e di lavoratrici iscritte alla Gestione separata);
  • le lavoratrici esentate totalmente dal pagamento della rete pubblica dei servizi per l’infanzia o dei servizi privati convenzionati;
  • le lavoratrici che usufruiscono dei benefici di cui al Fondo per le Politiche relative ai diritti e alle pari opportunità.

Bonus baby sitter 2018: quali importi

L’importo del contributo è pari a 600 euro mensili ed è erogato per un periodo massimo di sei mesi (tre mesi per le lavoratrici autonome), divisibile solo per frazioni mensili intere, in alternativa alla fruizione del congedo parentale, comportando conseguentemente la rinuncia allo stesso da parte della lavoratrice. Si precisa che per frazione mensile intera deve intendersi un mese continuativo di congedo; pertanto, a titolo esemplificativo, se una lavoratrice autonoma ha usufruito di un mese e un giorno di congedo parentale potrà accedere al beneficio per un solo mese. I residui 29 giorni potranno essere utilizzati solo come congedo parentale; analogamente, se una lavoratrice dipendente ha fruito di 5 mesi e un giorno di congedo parentale non avrà più mesi di congedo a cui rinunciare per ottenere il beneficio, ma potrà soltanto usufruire dei 29 giorni di congedo parentale residui. Allo stesso modo il beneficio, una volta richiesto, potrà essere interrotto solo al compimento di una frazione mensile, così come sopra definita. Ai fini del calcolo del periodo di congedo parentale, le frazioni di mese si sommano tra di loro fino a raggiungere il numero di trenta giorni, da considerarsi equivalenti a un mese, mentre i mesi interi si computano come tali, qualunque sia il numero delle giornate di cui sono formati.

Bonus baby sitter 2018: come viene erogato

Il contributo per la fruizione della rete pubblica dei servizi per l’infanzia o dei servizi privati accreditati viene erogato attraverso pagamento diretto alla struttura scolastica prescelta dalla madre, dietro esibizione, da parte della struttura stessa, della documentazione attestante l’effettiva fruizione del servizio e della delegazione liberatoria di pagamento, e fino a concorrenza dell’importo di 600 euro mensili, per ogni mese di congedo parentale non fruito dalla lavoratrice. Il contributo sarà erogato esclusivamente se il servizio per l’infanzia viene svolto da una struttura scolastica scelta dalla lavoratrice tra quelle presenti nell’elenco formato sulla base delle iscrizioni effettuate dalle strutture stesse. Tale elenco è pubblicato sul sito web istituzionale (www.inps.it) affinché la madre lavoratrice, prima di presentare la domanda di ammissione al beneficio, possa verificare la presenza in elenco della struttura scolastica presso cui ha iscritto il figlio.

Il contributo concesso per il pagamento dei servizi di baby-sitting, invece, viene erogato mediante il “Libretto Famiglia”. Le madri – che si siano preventivamente registrate in procedura “Prestazioni Occasionali” – dovranno procedere all’acquisizione telematica del contributo per l’acquisto dei servizi di babysitting, erogato tramite “Libretto Famiglia”, entro e non oltre 120 giorni dalla comunicazione di accoglimento della domanda ricevuta tramite i seguenti canali telematici: indirizzo di posta elettronica certificata (Pec) indicato in domanda oppure pubblicazione del provvedimento nella stessa procedura telematica alla quale si è acceduto per la presentazione della domanda. Il superamento di detto termine si intende come rinuncia al beneficio. Pertanto, per poter usufruire dei bonus che saranno oggetto di acquisizione telematica a decorrere dal 1° gennaio 2018, le mamme beneficiarie e i lavoratori/lavoratrici incaricati dell’attività di baby-sitting, utilizzando l’apposita piattaforma telematica predisposta dall’Istituto, devono registrarsi preventivamente al seguente servizio: www.inps.it/Prestazioni Occasionali. Al momento dell’inserimento della prestazione bisognerà selezionare l’apposita voce del menù a tendina “acquisto di servizi di baby-sitting (L. 92/2012, art. 4, comma 24, lett.b)”. L’utilizzatore e il prestatore possono accedere alla procedura con le seguenti modalità:

  • direttamente con l’utilizzo delle proprie credenziali personali (Pin Inps, credenziali Spid – Sistema Pubblico di Identità Digitale, Cns – Carta Nazionale dei Servizi);
  • avvalendosi dei servizi di Contact Center che gestiranno, per conto dell’utente (utilizzatore/prestatore), lo svolgimento delle attività di registrazione e/o degli adempimenti di comunicazione della prestazione lavorativa. Anche in tal caso è preliminarmente necessario che l’utente risulti in possesso delle predette credenziali personali;
  • tramite gli intermediari o gli Enti di patronato.

All’atto della registrazione, gli utilizzatori e i prestatori forniranno le informazioni identificative necessarie per la gestione del rapporto di lavoro e dei connessi adempimenti contributivi. Una volta effettuata la registrazione, le mamme beneficiarie del bonus, verificata la capienza del portafoglio elettronico, al fine di garantire il pagamento nei termini di legge da parte dell’Inps inseriranno le prestazioni lavorative entro il giorno 3 del mese successivo rispetto a quello di svolgimento delle prestazioni stesse.

Bonus baby sitter 2018: come presentare la domanda

La mamma lavoratrice che vuole beneficiare del bonus baby sitter 2018 deve procedere come di seguito indicato:

  • verificare i propri dati anagrafici, di residenza e inserire i dati del domicilio nel caso in cui sia diverso dalla residenza;
  • indicare il numero di telefono cellulare e l’indirizzo Pec o e-mail per la ricezione delle comunicazioni da parte dell’Inps;
  • inserire i seguenti dati relativi al padre del minore per cui si chiede il beneficio: nome, cognome, codice fiscale, data di nascita, stato di nascita, provincia di nascita, luogo di nascita, cittadinanza, stato di residenza, provincia di residenza, luogo di residenza, indirizzo, numero civico e Cap, tipo di rapporto lavorativo, codice fiscale del datore di lavoro, periodi di congedo parentale fruiti dal padre in relazione al minore per cui si chiede il beneficio e presso quale datore di lavoro in caso di più rapporti lavorativi;
  • inserire i seguenti dati del minore: cognome, nome, codice fiscale, data di nascita, sesso e luogo di nascita; in caso di adozione o affidamento: data di ingresso in famiglia, data di ingresso in Italia, data di adozione/affidamento, numero dei bambini, data di trascrizione del provvedimento straniero di adozione, provvedimento straniero di adozione trascritto nel registro di stato civile di (provincia e comune);
  • inserire la data dell’ultimo giorno del congedo di maternità/periodo teorico di fruizione dell’indennità di maternità, relativo al minore indicato;
  • indicare a quale dei due benefici intende accedere e per quante mensilità, con conseguente riduzione di altrettante mensilità di congedo parentale;
  • confermare o eventualmente inserire i seguenti dati relativi al proprio datore di lavoro/committente: nome, cognome/ragione sociale, codice fiscale, Pec o e-mail, tipo di contratto o di collaborazione, data di iscrizione alla Gestione separata (solo per le tipologie di lavoro che prevedono l’iscrizione a tale gestione) ovvero dichiarare di non avere datori di lavoro o committenti (solo per le libere professioniste iscritte alla Gestione separata);
  • scegliere, in caso di part-time, il rapporto o i rapporti di lavoro per cui si chiede la concessione del beneficio;
  • dichiarare di aver presentato la dichiarazione Isee.

La domanda va presentata all’Inps esclusivamente attraverso uno dei seguenti canali:

  • Web – servizi telematici accessibili direttamente dal cittadino tramite Pin dispositivo attraverso il portale dell’Istituto;
  • Enti di patronato, avvalendosi dei servizi telematici offerti dagli stessi;
  • Contact Center (numero 803 164 da rete fissa oppure 06 164 164 da rete mobile).

 

 

 


note

[1] Cass. sent. n. 24 del 04.01.2018.

[2] Direttiva 88/2003/CE.

[3] D. Lgs. n. 66 del 08.04.2003.

[4] Cass. ord. n. 15604 del 14.06.2018.

[5] Cfr. Cass. sent. n. 16710/2014.

[6]  Cfr. art. 4, comma 24, lett. b) della legge n. 92 del 28.06.2012 e successive proroghe e modificazioni.

[7] Messaggio Inps del 30.03.2018.  Sul punto, si precisa che la nuova modalità di erogazione è conseguenza dell’abolizione dei voucher con cui venivano pagate le prestazioni di lavoro accessorio, cancellazione avvenuta ad opera del decreto legge 25/2017 con effetto dal 17 marzo del 2017.

[8] Di cui all’articolo 2, comma 26, della legge 8 agosto 1995, n. 335.

Autore immagine: Pixabay.com


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